Epilogo
Abel uscì dalla doccia e fece per recuperare l'accappatoio, ma si fermò subito, restando a metà tra dentro e fuori dalla doccia, con il braccio proteso verso il punto in cui si trovava l'accappatoio, gocciolante e indispettito. -Come sei entrato?- chiese.
Rudi sollevò i suoi occhioni bicromi su di lui, restando seduto sotto al lavandino, continuando a stringere tra le mani il suo cellulare – il cellulare di Abel. Udì una musica carina e idiota e comprese che stava giocando. -Dalla porta-
-Come no- e recuperò l'accappatoio, lo indossò con gesti nervosi. -Era chiusa a chiave-
Rudi sorrise e riprese a giocare con il telefono. Abel sbuffò. Immaginava che suo fratello sarebbe rimasto, che avrebbe mosso ferme opposizioni all'idea di lasciare Idstein per l'Italia – e aveva avuto ragione. Tuttavia, avrebbe preferito che la sua permanenza non si tramutasse come un'ulteriore forma di ossessione di Rudi nei suoi confronti, portandolo a diventare molesto più di una cozza attaccata a uno scoglio.
Uscì dal bagno, si rivestì e Rudi smise di giocare con il suo cellulare, lo seguì passo passo, per poi restituirgli l'apparecchio lanciandolo sul letto. Abel sbuffò ancora. Scosse la testa.
-Reik è sveglio-
Rimase come pietrificato. Lo stupore pervase ogni fibra del suo essere, raggelandolo sul posto. -In che senso?-
Rudi rise e non aggiunse altro.
Abel corse fuori dalla stanza e si precipitò in direzione della camera in cui aveva lasciato Reik, fino alla notte prima – un Reik dormiente. Spalancò la porta e si fermò di colpo sulla soglia e Rudi gli si schiantò contro, facendogli fare un altro passo avanti, ma Abel riuscì a mantenere l'equilibrio e a non cadere.
E Reik era sveglio, seduto, con le spalle poggiate contro il muro. Aveva un'espressione confusa, appariva abbattuto, pallido, ma era sveglio. Indossava gli occhiali, ma li aveva messi male e una delle asticelle premeva sull'arcata esterna dell'orecchio di sinistra, mentre con una mano cercava di sistemarli, ma muovendo l'asticella opposta.
Abel si avvicinò a lui trattenendo il fiato. Sollevò un braccio e Reik si irrigidì, spalancò gli occhi e lo fissò stordito. Deglutì a vuoto e allungò piano una mano verso di lui, gli aggiustò gli occhiali e ritrasse il braccio, distendendolo lungo il fianco, sentendosi in bilico tra il desiderio di saltargli addosso e la paura di romperlo.
Reik sorrise teso. -Abel- disse con voce incerta.
-Non mi avevi riconosciuto-
L'uomo strinse le labbra in una linea sottile e il suo sguardo ebbe un fremito. -Ora sì-
Abel reclinò il capo da un lato. Sedette con estrema cautela vicino a lui, senza mai distogliere gli occhi dai suoi. Ed erano esattamente come li ricordava: di un intenso celeste, vibrante di vita ed emozioni, colmo di quella strana alchimia che lo legava a lui, che lo convinceva sempre di più, ad ogni battito di ciglia, di riconoscere in lui una parte importante della sua anima.
Andrà via pure lui?
La paura gli serrò la gola. Gli occhi si riempirono di spine, di commozione, pizzicavano e bruciavano un po'. Accarezzò piano il dorso di una sua mano, con un dito. Reik sorrise ancora. -Come ti senti?-
-Un po' confuso-
-Hai dormito parecchio-
-Rudi me l'ha detto- e si schiarì la voce, per poi portarsi una mano alla gola e piegare il viso in una smorfia di fastidio.
Moriva dalla voglia di soffocarlo di baci e stritolarlo in un abbraccio, assicurarsi che fosse vivo, solido, reale. Ma si trattenne per non spaventarlo.
Abel cercò con lo sguardo Rudi e lo trovò seduto sul pavimento, le gambe piegate nella posizione del loto, intento a schiacciare con un dito la fuga tra due mattoni, apparentemente disinteressato a ciò che stava succedendo poco distante da lui. Che attore. -Ricordi nulla di quello che è successo prima che... Beh, ricordi per quale motivo ti trovi qui?- chiese, riportando l'attenzione sul suo amante.
Reik si strinse nelle spalle. -No. Rudi mi ha accennato qualcosa... È tuo fratello, giusto?-
Abel spalancò gli occhi, stupito. -Sì- rispose con voce incerta e Reik annuì.
Prese un profondo respiro e iniziò a raccontargli tutto quello che era successo mentre non era stato sveglio, finché non arrivò a pronunciare il nome di Florian.
-Florian chi?- lo interruppe Reik.
Abel sussultò. -Come chi? Florian... Il nostro Florian- sussurrò con voce incerta e assottigliò lo sguardo, studiando la sua espressione smarrita, ancora più confusa di quando aveva fatto il suo ingresso nella stanza. Aggrottò la fronte. Le rughe, dannazione. -Non ricordi Florian?-
-Sinceramente non ricordavo nemmeno tuo fratello. E la metà dei nomi che hai pronunciato non mi dicono niente. Ricordo John, però-
-E Brigit?-
-Chi è?-
-L'Ispettore Klein. Ha preso il tuo posto lo scorso anno quando sei stato in malattia-
-Malattia?-
Abel rimase in silenzio per qualche istante. E un dubbio atroce gli attraversò la mente. Tentò di riportare al presente l'ultimo ricordo che conservava, e che condivideva con lui, del prima di Florian. Sgranò ancora gli occhi e rammentò che non era un ricordo affatto piacevole. -Ricordi quando mi hai aggredito in forma mannara nel tuo appartamento?-
Reik annuì piano. -Hauke è ancora arrabbiato con me per averti messo in pericolo?-
Abel si sporse di slancio verso di lui e lo abbracciò. Avrebbe voluto urlare, ma si morse le labbra con forza, lo strinse a sé, bagnandogli il collo di lacrime ribelli, fuggite dal suo autocontrollo. La tensione si era sciolta, tramutata all'improvviso in emozioni soverchianti.
-Magda deve averlo soggiogato- borbottò Rudi.
Abel trasalì e sciolse il loro abbraccio.
Reik lo trattenne per i gomiti e lo fissò con espressione da cucciolo bastonato. -Sei ancora arrabbiato con me per averti nascosto la verità?-
Sorrise triste e scosse la testa. -Ti amo... E mi dispiace tanto-
-Per cosa?-
-Per aver portato Florian nella tua vita-
Reik fece una smorfia. -Non mi ricordo di lui. Il suo nome mi suscita qualcosa, tipo quando si accendono i sensi durante un'indagine, ecco, è la stessa sensazione strana, ma...-
-Perché è esattamente come sua madre- si asciugò gli angoli degli occhi e scosse la testa. Deluso, amareggiato, ferito, incazzato. Si girò verso Rudi. -Non penso sia stata opera di Magda. Credo piuttosto che lei gli abbia affidato un compito, e lui ha usato tutti i mezzi a sua disposizione per infiltrarsi nella mia vita, per portare a termine il suo compito-
Gli aveva mentito. Florian non aveva mai amato Reik – non ne aveva la certezza, ma ne era sicuro. O forse Florian, alla fine, era rimasto coinvolto nel suo stesso incantesimo, si era innamorato di Reik. – Per questo voleva portarlo via con sé. Ma questo significa che non ha mai amato me, mi ha solo sedotto per raggiungere il suo obiettivo.
Florian aveva stregato Reik, usando i suoi poteri di vampiro, proprio come era solita fare Magda, e si era rubato i ricordi di quasi un anno della vita di Reik, glielo aveva messo contro in ogni modo e aveva tentato di ucciderlo. E forse era stato tutto un piano di Saul e Magda fin dal principio – un piano orchestrato ad arte per liberarsi del mannaro che non volevano nel letto dell'Erede.
Si pentiva un po' di aver messo suo padre al sicuro, di averlo spedito in Italia con il Clan, anziché sparargli. Ma non sapeva ancora usare le pistole, per fortuna di Saul – John non glielo aveva ancora insegnato.
Scosse la testa. Reik lo fissava come se fosse il centro del suo mondo. Aveva perso quello sguardo su di sé per così tanto tempo da non essersene neppure accorto. Si era dimenticato dell'intensità di quello sguardo, lo stesso che li aveva legati per l'eternità la prima volta che avevano fatto l'amore, senza conoscersi, senza fidarsi l'uno dell'altro.
Si era riconosciuti.
Ma poi era arrivato Florian e Abel aveva perso quello sguardo, aveva persino temuto troppo a lungo di averlo solo sognato, di aver dato vita e speranza nella sua mente a qualcosa di irreale. Si era persino convinto che Reik avesse finito per amare più Florian che lui – e invece era stata tutta una finzione.
Si passò una mano sulla testa.
-Hai tagliato i capelli- e Reik gli accarezzò un angolo delle labbra.
-Ti ho tradito- mormorò con un filo di voce. -Si chiama Mark e...-
-Avevamo già affrontato questo argomento, credo, quando mi hai parlato di Hauke- lo interruppe. -Hauke che ne dice? Si è arrabbiato di nuovo?-
Abel deglutì a vuoto. -Hauke non dice niente. Non può più dire niente. È morto. Infesta i miei incubi impedendomi di dormire- lo sgomento e il rammarico che lesse sul suo viso lo fece pentire di essere stato tanto drastico nel parlare. Gli baciò la fronte. -Scusami...-
-Che incubi?- si intromise Rudi.
Abel sbuffò spazientito. -Senti...-
-Che incubi?- insistette suo fratello.
Rimase in silenzio per qualche istante, comprendendo che qualcosa era cambiato. Rudi aveva abbandonato di colpo la sua espressione da ragazzino dispettoso, si era fatto uomo, serio, teso, e si trovava in piedi a un passo da lui, incombeva su di lui, anche se erano alti uguali e Abel, da seduto sul letto, non era poi molto più basso di lui. Ma permeava una tale eccitabilità nell'aria, tanto da renderla più irrespirabile del solito – e non era colpa della muffa, quella volta. Aveva appena scoperto di aver amato un uomo che si era preso gioco di lui, non gli piaceva che pure suo fratello impazzisse di colpo e proprio in quel preciso istante. Si sentiva troppo fragile. -Sono solo sogni-
Rudi sorrise. E Abel rabbrividì. Riconobbe quel sorriso, e non gli piacque per niente che suo fratello lo rivolgesse proprio a lui. I sensi di Abel erano all'erta, captavano pericolo da ogni dove. Tornò a stringere una mano di Reik, intrecciò le dita alle sue.
-Che cosa succede in questi sogni?- chiese suo fratello.
Abel si stava indispettendo e non poco. Gli scocciava parecchio dover parlare dei suoi incubi, rivelare a voce le proprie debolezze e i propri tormenti interiori. Fece schioccare la lingua contro il palato e, senza far trapelare nessuna emozione, gli descrisse sommariamente un paio di sogni, con lo stesso coinvolgimento con cui avrebbe potuto leggere la lista della spesa. Non voleva più piangere e forse, proprio come con la voce, poteva plasmare le espressioni del proprio volto ponendosi come obiettivo il non piangere. – Che abbia finito per scoprire la tattica segreta di John? Stentava a crederlo, ma ormai aveva imparato che nulla era impossibile, ed era pure plausibile che John Caro si rivelasse un frignone peggiore di lui.
Tacque e distolse lo sguardo da Rudi, riportandolo su Reik, che gli sorrise timido.
-Tu lo sai che io sono in parte un demone, vero?-
Abel trasalì. Rudi aveva parlato soffiando quelle parole direttamente in suo orecchio, facendolo rabbrividire. -Sì-
-Che la mia è una maledizione che ho ereditato uccidendo il vecchio Tod, sì?-
Annuì. -Per questo mi sono arrabbiato molto con Saul quando...-
-Non ha importanza- lo interruppe.
Abel tornò a ricambiare finalmente il suo sguardo. -Hauke ha ucciso un demone-
-Tecnicamente è stata Brigit...-
-Brigit è una strega. Le streghe manipolano il mondo demoniaco, ma ne sono a loro volta protette-
Deglutì a vuoto. -C'ero io...-
-Eri troppo distante-
-Magda...-
-Magda è una lamia. È una creatura demoniaca per metà donna e per metà serpente dalla nascita-
Abel si morse un labbro, mentre la paura faceva a pugni con l'intuito dentro la propria testa. -Cosa stai cercando di dirmi?- e sentiva di avere già la risposta, anche in quel caso.
Solo che era stato così distratto e spaventato da non essere riuscito a vederla – fino a quel momento.
-Hai mai sognato il demone che ha ucciso Hauke?- Abel annuì ancora. -E non ti è venuto in mente, sapendo di me, che Hauke potesse aver preso il posto di quel demone, e che stia infestando i tuoi sogni per chiederti aiuto?-
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