DIECI
-Ti avevo detto di raggiungermi a casa, non di farti mettere sotto da un'auto-
Abel si passò una mano dietro al collo e socchiuse gli occhi. Non aveva più voglia di vedere le facce delle persone che si erano appollaiate intorno al suo letto come degli avvoltoio preoccupati. Gli erano sembrati tutti sul punto di balzargli addosso e scuoterlo per assicurarsi che fosse ancora vivo.
Vivo lo era.
Più o meno.
Riaprì gli occhi.
Si sentiva a pezzi. Non c'era una sola parte del corpo che non gli facesse male.
Beh, ti hanno messo sotto con tanta precisione.
Florian continuava ad accarezzargli una gamba e Reik passeggiava avanti e indietro per la stanza, borbottando come una pentola a pressione. John stava in piedi a fianco del letto, fissandolo dall'alto con la sua solita espressione imperscrutabile. Sapeva che anche Rudi, Telsa e Roberto lo avevano già raggiunto in ospedale, ma aveva imposto loro di restare fuori dalla camera, già decisamente sovraffollata.
-È assurdo- disse Reik, gesticolando nervosamente. -Perché non ti sei fatto accompagnare da Roberto?-
-Non immaginavo che l'assenza di Roberto avrebbe in automatico chiamato un'auto per investirmi- ribatté Abel e gli rivolse un'occhiataccia.
Reik imprecò e distolse lo sguardo da lui. Abel si mosse infastidito e fece in modo che anche le carezze di Florian si interrompessero.
-Come ti senti?- chiese il vampiro, con voce tesa.
-Esattamente come quando me l'hai chiesto trenta secondi fa: di merda-
-Abel...- disse John e il tono che usò non gli piacque per niente.
-Vi ricordo che io, qui, sarei la vittima!- sbottò. -Non me la sono andata a cercare, mi hanno messo sotto e basta-
Baker sospirò. -Sei almeno riuscito a riconoscere il modello dell'auto o a leggere la targa?-
-Non l'ho nemmeno vista arrivare. Ero al telefono. E non capisco un cazzo di modelli di auto. Era grigia. Ti può essere d'aiuto?-
-Sei incorreggibile!- tuonò Reik. -Ti sembra che questo sia un gioco? Hanno cercato di ammazzarti!-
-Fino a qui c'ero arrivato anch'io-
-Allora perché diavolo continui a cazzeggiare e a non prendere la cosa sul serio?-
Abel si batté le mani sulle guance. -Hai ragione! Aspetta che adesso mi metto a piangere, così magari capiamo prima chi cazzo ha cercato di ammazzarmi e perché-
Reik uscì di corsa dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle con violenza.
Florian scosse la testa. -Ha avuto paura per te- mormorò. -Anch'io- aggiunse in un sussurro appena percettibile - e forse neanche avrebbe compreso le sue parole se, proprio in quel momento, non si fosse trovato intentato a fissargli le labbra. E pure lui uscì dalla camera, forse per inseguire il loro amante.
Quando la porta si chiuse di nuovo, Abel sospirò mesto e John sedette sul bordo del letto. -C'è qualcosa che non va?-
-Dici?- domandò ironico, indicandosi.
-Intendevo fra voi tre, Abel-
Si strinse nelle spalle. -In realtà... Non lo so. Forse sono solo troppo stanco e più stronzo del solito. Non è colpa loro. Reik... Beh. È nel suo periodo, e Florian cerca di mediare con scarsi successi-
John annuì. -Sì. Reik si è preso un altro periodo di ferie-
Abel annuì. -Sta male e io non lo sto aiutando affatto-
-Anche tu stai male. La sua è una routine, terribile, ma comunque qualcosa di prevedibile e... normale. Il tuo stato d'animo delle ultime settimane lo è decisamente di meno-
-Lo so-
John prese una sua mano tra le proprie. -Lo sai che se hai bisogno di aiuto, io ci sono, Abel. Siamo amici-
-Sul serio?- disse e sfilò la mano dalle sue. -E perché non mi hai detto che sono sotto il mirino dell'A.S.S.S.?- aggiunse, sentendosi incendiare di rabbia.
-Era prevedibile...-
-Sì! Certo!- lo interruppe. -Ma io sono troppo fuori rotta in questo periodo, è ormai evidente pure ai muri. Quindi vi sarei grato se la smettesse di dare per scontate cose che io non riesco a dare per scontate!-
-Okay-
Abel si morse un labbro. Quell'unica parola, così calma, pronunciata in modo pacato e gentile, aveva smontato tutta la sua rabbia in un battito di ciglia. -Non ho idea di chi possa essere stato. Magari qualcuno dell'Associazione?-
John scosse la testa. Si guardò intorno con aria furtiva e poi scivolò ancora di più vicino a lui, accostando il viso al suo. -Credi davvero...- disse in un sussurro. -... che io lascerei l'Associazione libera di fare il cazzo che vogliono?-
Abel scosse la testa e sgranò gli occhi. -Ma non puoi permetterti di mettere l'intero commissariato alle calcagna dell'Associazione per controllarli-
-Vero. Ma c'è sempre il Regno pronto a chiudersi a cerchio intorno a te- disse John, puntandogli un dito contro il petto.
-Magda- disse Abel e sorrise triste.
Neppure lei era una santa - anzi, era una lamia, la regina delle lamia -, ma anche lei, proprio come Saul, parevano impazzire di colpo e porre tutto in secondo piano quando c'era di mezzo lui. Scosse la testa. Gli sembrava assurdo che Magda si fosse alleata con degli umani per proteggere lui, ma era pure vero che proprio questo genere di cose rientravano tra le follie che erano soliti mettere in atto i suoi genitori per lui. Genitori, sì: perché Magda, aveva scoperto, lo aveva cresciuto e tenuto al sicuro proprio come una madre avrebbe fatto con un figlio, durante i suoi primi anni di vita, quando era stato bandito da Mandus dal Clan, perché nato umano. E Saul aveva messo da parte tutti i dissapori che lo tenevano lontano dal Regno, alleandosi con la regina delle lamia per lui.
Folli. Sono circondato da folli. E poi mi stupisco se pure io sto cominciando a impazzire...
-Qualcuno del Clan?- domandò John, strappandolo dai suoi pensieri.
Scrollò le spalle e una fitta dolorosa gli attraversò la parte posteriore del collo, obbligandolo a interrompersi di colpo nel movimento. Si portò una mano alla testa e premette due dita su una tempia. Il mal di testa stava diventando intollerabile, era quasi tentato di convocare un infermiere in stanza e implorarlo di impasticcarlo con qualcosa di estremamente pesante. -Non so nemmeno se ci sia qualcuno con la patente, nel Clan-
John ridacchiò. -Non serve una patente, in questi casi. Basta saper accendere e accelerare-
Abel si strinse nelle spalle e un'altra fitta di dolore gli strappò un lamento di frustrazione. -Mi sembra comunque un mezzo troppo umano per loro...- e tacque all'improvviso. Aggrottò la fronte. E se lo avessero fatto proprio per questo motivo? Per sviare le indagini? -Forse dovrei muovermi a eleggere un Krieger- aggiunse sovrappensiero.
-Come?-
-Niente. Stavo pensando a voce alta-
John tornò a indossare la sua maschera imperscrutabile, e Abel comprese subito che il suo tentativo di non rispondergli non era affatto passato inosservato.
Ma se così fosse.
È così. Lo era già prima.
Speravo si fossero calmati.
Non sembra proprio.
Allora, forse, dovrei decidermi a chiedere aiuto.
•
La stanza in cui fece irruzione non l'aveva mai vista prima, ma puzzava esattamente come tutte le altre di muffa e stantio. Aveva varcato l'ingresso scortato da Roberto e Hias - era stato proprio quest'ultimo ad accoglierlo nel covo. Quando se lo era visto spuntare, suo cugino si era limitato ad aggrottare la fronte, non aveva posto domande, non gli aveva neppure chiesto come stesse, in effetti - ma Abel era certo che la notizia del suo investimento si fosse già diffusa in tutto il Clan e oltre. Gli aveva ceduto il passo e Abel aveva preso a correre per i corridoi lunghi e lugubri della struttura, finché non aveva dovuto ammettere di non avere idea di dove stesse andando. Hias si era messo alla guida del piccolo gruppo e li aveva condotti fin lì - sempre senza proferire parola. Eppure ricordava che suo cugino avesse il dono della parola, ma forse aveva perso la lingua negli ultimi anni ed era, questo, un dettaglio che gli era sfuggito.
Nella stanza scorse una televisione accesa, una lampadina nuda che pendeva dal soffitto, vari scatoloni sparsi in giro e macchiati, umidi, di muffa. Un divano su cui stavano appollaiati un uomo e una donna.
Insieme. Insieme sullo stesso divano. Insieme a guardare la televisione.
Non lo avrei mai detto.
Le due persone nella camera sobbalzarono all'improvviso nel vederlo spuntare, proprio come due pupazzetti sincronizzati.
-Che diavolo ci fai qui?- chiese Geert.
-Non ti avevano messo sotto?- domandò Else.
-E voi lo sapete già? Wow. O mi state spiando, oppure uno dei due mi ha investito-
-Non dire cazzate!- tuonò Else e balzò in piedi.
-Sapevate, però- disse Abel e compì un passo indietro istintivamente. Non gli piaceva averla vicino, anche se era sua cugina. Preferiva continuare a mantenere le distanze - pure fisiche - con il branco.
-Certo, perché seguiamo ogni tuo passo e...- si intromise Geert.
-Tutti mi seguono e nessuno riesce a proteggermi davvero. Doppio Wow- disse, interrompendolo.
Dietro di sé percepì Roberto farsi sfuggire una risatina.
Almeno qualcuno si diverte.
Else incrociò le braccia sotto al seno e assunse un'espressione indispettita. -Abel, dovresti essere in ospedale-
Non gli piaceva il tono che sua cugina aveva usato per rivolgersi a lui: sembrava una mammina petulante e pronta a fargli una ramanzina. -Ho lasciato loro, in dono, un mio unicornoso autografo e sono uscito- ribatté e Roberto rise sonoramente.
-Sei uno spasso, capo!- esclamò e batté una mano su una sua spalla. Abel trasalì per il dolore. -Ops-
Gli rivolse un'occhiataccia e riportò la propria attenzione sui due licantropi davanti a sé.
-Sicuro di stare bene?- chiese Hias in un sussurro e Abel sussultò nel trovarselo di colpo vicino. Troppo vicino per i suoi gusti - e in più aveva parlato, finalmente.
Annuì. -Sì. In forma come una pera cotta, ma sì, sto bene- Geert gli rivolse uno sguardo severo e Abel gli puntò contro un dito accusatore. -Niente ramanzina-
Geert aprì le palme delle mani e si strinse nelle spalle. -Nessuna ramanzina. Sei un uomo adulto. Libero di fare tutte le cazzate che ritieni opportune, nanerottolo-
-Uhm- fece Roberto.
Abel gli rivolse uno sguardo di sottecchi. -Uhm?-
-Sì- disse il vampiro e tirò fuori il proprio cellulare da una tasca della giacca, incollando lo sguardo allo schermo.
-Credo che ci sia bisogno di ampliare la Guardia del Clan- disse Abel e nella stanza calò un silenzio teso, interrotto solo dai monosillabi privi di senso che Roberto continuava a farsi sfuggire di tanto in tanto.
Geert aggrottò la fronte. -Che cosa intendi dire?-
-Beh. A quanto pare, la Guardia, così com'è adesso, non è in grado di difendere tutto il Clan. Magari abbiamo bisogno di aiuto-
Else reclinò il capo da un lato, e i suoi lunghi capelli biondi le scivolarono su una spalla, liberando la linea delicata del collo sulla parte opposta. -E hai bisogno di aiuto? Basterebbe cercare direttamente tra i giovani del Clan-
Abel sorrise triste. -Eviterei di portare dentro la Guardia troppe teste di cazzo. Non conosco il Clan così bene. Preferisco qualcuno di esterno-
-Perché? Pensi di poterti fidare di qualcuno che non conosci proprio?- domandò Geert.
-Beh. Se in cambio gli do qualcosa che per loro ha uguale valore...-
Hias si accarezzò il mento con una mano e gli rivolse uno sguardo di sottecchi. -Hai già un'idea- disse piano.
Abel annuì. Ricordava suo cugino più loquace e con una voce più possente, ma era pure vero che non aveva rapporti con lui da anni, e forse aveva le sue buone ragioni per essere diventato tanto schivo. -Penso di cercare appoggio altrove. Magari un altro clan. Qualcuno che possa condividere l'obiettivo-
Else si morse un labbro e irrigidì le spalle. -Un altro clan?- mormorò.
-Sì. Qualcuno disposto a darci supporto in cambio di un'alleanza... o una cosa del genere. Devo ancora delineare l'idea nella mia mente-
-E perché ne stai parlando con noi?- domandò Geert, rivolgendogli uno sguardo diffidente.
-Perché siete i primi che mi siete capitati a tiro-
L'uomo rise. -Cazzate. Hai fatto irruzione direttamente qui, guidato da Hias. Cercavi noi-
-Forse- disse Abel e sorrise teso.
-Credi davvero che qualcuno del Clan abbia tentato di farti fuori?- domandò Hias e mentre parlava la sua voce si fece graffiante e incerta.
Abel aggrottò la fronte. Lo osservò con più attenzione: sentiva che gli stava sfuggendo qualcosa. -Hai subito una qualche operazione alle corde vocali di cui non so niente?- chiese e l'espressione di suo cugino si fece cupa.
-Rispondi prima a me- ribatté lui.
Abel sbuffò. -Te ne meravigli, cugino? Sono circa trentatré anni che il Clan tenta di ammazzarmi- disse con stizza.
Hias scrollò le spalle e smise di ricambiare il suo sguardo. Si abbassò con un dito il collo alto del maglione che indossava, rivelando profonde cicatrici, parzialmente arrossate, che partivano da sotto un orecchio e arrivavano fino all'altro, marchiandogli la pelle come una macabra collana. -In ospedale. Lo scorso autunno- disse piano e lasciò andare il maglione, che tornò subito al suo posto.
-C'eri anche tu-
Hias annuì.
-Eravamo tutti lì- disse Else, indicando anche Geert.
Forse mi posso fidare di loro? -Chi è stato?- domandò Abel, rivolgendosi al cugino.
Hias accennò un sorriso. -Cassius-
Abel aggrottò la fronte, mentre l'espressione del licantropo si faceva tesa, sempre più cupa. -Ah- disse semplicemente, mentre nella sua mente prendeva forma l'ipotesi per cui era stato proprio Hias a far fuori il loro adorabile zietto folle. Ma non lo voleva sapere, non ne voleva la conferma.
Scrollò le spalle. -Allora?- chiese e la sua voce ebbe un'incertezza.
-Hai già un'idea?- domandò Geert.
-Pensavo che avreste potuto indirizzarmi voi da qualche parte-
-A 'fanculo?- Abel gli rivolse un'occhiataccia. -Sei adorabile quando ti incazzi, nanerottolo-
-Potremmo chiedere a Valerio- disse Roberto e smise di armeggiare con il suo cellulare, riponendolo in una tasca dei pantaloni.
-Chi?- domandò Abel, sentendosi confuso dalla sua improvvisa intromissione.
-Valerio. Mio fratello Valerio. Il capoclan dei Greci-
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