VENTISEI
-Eri tu ad essere arrabbiato con me- le labbra di Florian gli sfiorarono il contorno esterno di un orecchio, mentre soffiava parola per parola sulla sua pelle, facendolo rabbrividire.
In bagno, porta chiusa, finestra chiusa, tenda chiusa.
Soli.
Lui e Florian.
Reik non li aveva seguiti.
Aveva creduto davvero che le intenzioni di Florian fossero quelle di aiutarlo a farsi una casta doccia?
Era certo che non ci avrebbe creduto neppure se il mannaro avesse giurato.
Non sono arrabbiato con te, ho paura di te. Abel chiuse gli occhi e si morse un labbro, chinando il capo in avanti. Ho paura dei miei sentimenti per te, ho paura dei tuoi sentimenti per me. Ho paura che l'amore non basti. L'amore non basta, non è sufficiente per mettere a tacere la paura. E io ho paura di te. Non si fidava più di Florian.
Era bastato così poco – dubbi, domande senza risposta, strani atteggiamenti. Piccole cose, ma che accumulate nel tempo lo avevano portato a guardare il suo amante con occhi diversi. La paura più grande, tuttavia, restava una soltanto: il timore che fosse tutto vero, il timore che dietro ogni campanello d'allarme si nascondesse una valanga pronto a travolgerlo.
Percepì dietro di sé il vampiro aderire al suo corpo e rabbrividì.
Non poteva esserci nulla di male in Florian.
Non può e basta.
Se ne sarebbe convinto ed era certo che l'amore che nutriva nei suoi confronti avrebbe risolto tutto. Era un pensiero romantico che sentiva non appartenergli. Forse perché prima di Reik e Florian l'amore era stato così tormentato.
Hauke era stato un amore tormentato: non ricambiato, ostacolato. Non gli sembrava vero di poter vivere qualcosa di semplice, una relazione che avesse di base solo sentimenti e problemi – piccoli e grandi – che da questa derivavano.
Infatti stai cercando di ostacolati in ogni modo.
Sbuffò e si diede mentalmente dello stupido, mentre le labbra del vampiro scendevano alla base del suo collo, poi risalivano, catturando un lobo tra i denti.
Sicuro, Reik l'ha fatto apposta.
Florian lo abbracciò e Abel ricambiò la sua stretta piantandogli le unghie nei polsi, sentendosi di colpo teso. -Vuoi che mi fermi?-
No.
Assolutamente no.
-Ti voglio- sussurrò e si girò nel suo abbraccio, circondandogli il collo, sollevandosi in punta di piedi e schiacciandosi contro di lui.
Voglio cancellare ogni dubbio e lasciare spazio solo all'amore.
Si avventò sulle sue labbra e si aggrappò alle sue spalle, mentre Florian stringeva con forza due lembi della sua maglia e tirava verso l'alto, sfilandola dai pantaloni. -Cancella ogni cosa e fammi tuo- soffiò sulle sue labbra umide e gli leccò quello inferiore, scendendo a palmi aperti sul suo petto, facendosi strada verso il cavallo dei suoi pantaloni.
Cancella gli incubi. Le paure.
Lo toccò da oltre il tessuto sottile dell'indumento dal taglio elegante che indossava e risalì verso il bordo, per poi iniziare ad armeggiare con impazienza per aprire la patta.
Florian cercò i suoi occhi e pose le proprie mani sui suoi polsi, trattenendolo dal continuare. -Che cosa vuoi da me?-
Abel si morse ancora un labbro e, continuando a guardarlo negli occhi, si mosse piano, ponendosi in ginocchio. Fece scivolare le mani sui suoi fianchi, liberandosi della sua presa, poi riprese il percorso a ritroso, ritrovandosi nuovamente con le dita a tamburellare sul bordo superiore dei suoi pantaloni.
Rivoglio fiducia. Voglio amore, passione. Voglio averti al mio fianco e sentire sulla lingua il sapore di un per sempre. Sorrisi, tranquillità. Certezze.
Era certo che stesse chiedendo troppo pure a se stesso, era certo che non sarebbe riuscito a cancellare tutto quello che era accaduto nell'ultimo periodo con un semplice sì.
Ma l'amore non è semplice.
Non lo è nelle situazioni normali, figurarsi se può esserlo nel nostro casino.
Pensieri romantici che non gli appartenevano, pensieri romantici che non erano mai stati nel suo carattere. O forse sì. Forse quei pensieri romantici, in realtà, gli appartenevano da sempre, ma non aveva mai avuto, fino a quel momento, modo di dare loro spazio. Reik e Florian gliene stavano donando la possibilità. Avrebbe dovuto smetterla di tormentarsi e lasciarsi andare per davvero, senza riserve.
Può non essere tutto orribile nella mia vita. Può esserci anche qualcosa di bello fine a se stesso.
E quel pensiero terminò nella sua mente con una flebile inclinazione tonale in grado di tramutarlo in una domanda.
Aprì i suoi pantaloni, calando con estrema lentezza la zip. Accompagnò l'indumento lungo le sue gambe, mentre Florian si sbottonava la camicia. Quella volta fu Abel ad afferrarlo per i polsi e gli baciò il dorso di una mano, leccò il palmo della stessa e introdusse l'indice tra le labbra. -Voglio tutto- disse e fu sicuro che l'altro avesse pienamente capito che cosa intendesse dire. Tutto. Senza riserve, senza più dubbi, senza più perché. -Voglio fidarmi di te-
-Fidati di me, Abel. Ti amo-
Bastava l'amore? Non ne era ancora certo. Voleva averne la certezza. Voleva tutto e non sapeva da che parte cominciare, come arrivare al tutto, come spogliare il tutto dalla paura.
Florian si tolse la camicia e Abel si aggrappò ai suoi slip, muovendo anche quelli verso il basso, liberando piano il suo sesso. Lo prese in bocca e sollevò gli occhi a incontrare lo sguardo del suo amante. Rabbrividì nel leggere in lui emozioni bollenti, scottanti, ustionanti. Si sentiva bruciare di passione, aspettativa, e l'afrodisiaco più strabiliante che stava gustando, in quel momento, era il corpo di Florian.
Accostò una mano alla bocca, aiutandosi a stimolarlo, e un basso ruggito di piacere sfuggì dalle labbra del vampiro. Florian, sempre così composto e morigerato. Florian, che scappava pure dai litigi pur di non litigare e togliersi la maschera da perfetto gentiluomo.
Florian. Che lo stava guardando con una passione tale da mozzargli il respiro, uno sguardo pieno di oscurità, lussuria.
Ansimò e reclinò il capo all'indietro, esponendo il corpo alla luce, riempiendogli gli occhi di bellezza e sensualità.
Florian lo afferrò per i capelli, costringendolo a interrompersi. Lo fece sollevare da terra in modo repentino. Abel barcollò, rischiò di cadere, ma il vampiro lo afferrò in vita, lo spinse dentro la doccia e aprì il getto d'acqua facendolo rabbrividire. Lo baciò profondamente, spingendo il bacino contro il suo. Abel gemette e Florian lo spinse contro una parete interna della doccia. Chiuse l'acqua, recuperò la bottiglia del bagnoschiuma e se ne versò una dose generosa in una delle mani. Prese a insaponarlo, esplorando tutto il suo corpo, lasciandosi dietro scie di schiuma, pelle bollente, lievi rossori. Riaprì l'acqua.
Le piastrelle che ricoprivano le pareti interne della doccia erano fredde, gelide, e non aveva granché senso, dato che fuori da lì le temperature si aggiravano intorno ai trentacinque gradi, le abitazioni erano piene di calore, un caldo denso, afoso, umido che assorbivano durante il giorno, rilasciandolo come un respiro febbricitante durante la notte. Era l'alba. Faceva caldo, le piastrelle del bagno erano gelide. No, non aveva senso. Ma l'acqua che gli bagnava i capelli era gelida, eppure scendeva sulle ciocche e scivolava in rivoli sottili sulla sua pelle diventando presto tiepida, fino a fondersi del tutto in temperatura con quella del suo corpo.
Era lui a essere bollente e tutto intorno diventava all'improvviso meno caldo.
Le mani di Florian erano fresche, le sue dita che si muovevano sinuose sulle sue spalle, erano fresche.
Ripresero a baciarsi, con maggior foga. Lingua, labbra, denti, fiati spezzati. Abel poggiò la fronte contro una delle pareti della doccia, chiuse gli occhi, mentre le labbra del vampiro gli accarezzavano la pelle tesa del collo, sotto la nuca, scendendo piano sulle spalle, al centro della schiena, sempre più giù. Ansimò e reclinò il capo all'indietro, le gambe tremarono e premette le palme delle mani contro le piastrelle, in cerca di un appiglio.
Le dita di Florian scesero sulle sue cosce, poi risalirono verso l'inguine, fino ad arrivare al suo sesso.
Non ricordava più il motivo per cui era stato arrabbiato con lui, non ricordava perché mai avrebbe dovuto essere arrabbiato con lui. Perché avrebbe dovuto avere paura di lui. Paura dell'uomo che amava, dell'uomo che lo stava amando con selvaggia tenerezza.
Aderì alla sua schiena con il proprio petto e Abel si sentì avvolgere dal suo corpo, sparire in lui, esattamente come aveva desiderato accadesse prima che rimettesse piede in casa – esattamente come aveva avuto paura che potesse accadere, ma non ricordava più perché avrebbe dovuto averne paura.
Le sue labbra tornarono ad esplorare la pelle del collo, mentre le mani di Abel scioglievano la presa su quelle del suo amante, scivolando sui suoi fianchi. Strinse e si spinse contro di lui e le labbra di Florian si mossero, dando vita a un sorriso che non poté vedere, ma che fu in grado di immaginare con una tale deliziosa perfezione da sentirsi contagiare.
Florian entrò dentro di lui e Abel si morse con forza un labbro per non urlare. Era eccitato, si sentiva pronto, ma il suo corpo era ancora teso, nonostante tutto, la sua mente troppo piena di pensieri inutili, il cuore colmo di emozioni contrastanti. Florian si fece sempre più strada in lui e Abel percepì una fitta attraversargli il corpo e un singulto gli sfuggì dalle labbra. Il vampiro gli chiuse la bocca con una mano e spinse ancora, ancora di più. La mano sulla bocca soffocò l'urlo e subito si susseguirono movimenti veloci, pieni, e al bruciore dell'unione subentrò presto uno stato di euforia pura, sensazioni amplificate da un piacere travolgente.
Voleva tutto: gli stava dando tutto.
Lo morse e Abel perse la concezione dello spazio e del tempo. I sensi esplosero, il piacere divenne soverchiante e accecante.
Si trovò in ginocchio sul piatto doccia, con l'acqua che gli impregnava i capelli, scivolava sinuosa solleticandogli la pelle accaldata. Ansimava e tremava. E Florian lo stringeva a sé, in un abbraccio rassicurante, gli baciava una guancia, una tempia, gli accarezzava la punta del naso con la propria, le labbra con le proprie. -Ti amo-
Abel sorrise e si lasciò andare contro di lui. -Ti amo anch'io-
E su quello, no, non aveva assolutamente alcun dubbio.
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