SEDICI
-Erich è riuscito a scappare. Rudi lo sta inseguendo-
Abel scosse la testa e si trovò, anche se stava tentando di evitarlo da minuti infiniti, a fissare il corpo inerme di Gideon riverso sul pavimento.
-Siete stati stupidi! Un solo uomo per sorvegliare tre licantropi!-
Abel rabbrividì. Gli sembrava insensato che Hauke lo stesse rimproverando, proprio in quel momento, invece di fare qualcosa di utile. Tipo rincorrere Rudi, aiutarlo contro Erich. Accertarsi che Gideon fosse ancora vivo. Consolare, abbracciare lui.
Si sentiva confuso, ma era quasi certo che una qualsiasi di queste cose fosse più importante di stare lì a rimproverare lui per aver lasciato da solo un vampiro con tre licantropi rinchiusi all'interno di celle a prova persino di mannari.
-Perché sei ancora qui?- biascicò, finendo per mordersi la lingua e battere i denti.
Hauke scivolò al suo fianco e lo abbracciò. -Rudi, senza distrazioni, è in grado di cavarsela da solo-
Abel lo respinse malamente. -Stai dicendo...?- domandò con tono tagliente, muovendosi a scatti, sentendosi impossibilitato a iniziare e concludere qualsiasi azione in maniera fluida, senza tremare violentemente.
-Lo spazio è piccolo. Il primo e unico pensiero di Rudi sei sempre tu-
-E quindi mio fratello non è riuscito a sopraffare Erich per colpa mia?!- tuonò. -E tu? Tu perché non sei riuscito a fare un cazzo?-
Hauke distolse gli occhi da lui, ma poi parve ripensarci e gli si fece più vicino, premendo la fronte contro la sua.
Ad Abel non servirono altre parole. Sperava solo che ciò che aveva intuito dalla sua reazione fosse la verità e non l'ennesima illusione. -Sono vivo- Hauke annuì e gli baciò la fronte. -Gideon?-
Percepì rumori sinistri provenire dalle celle. Si girò di scatto in quella direzione, ma i licantropi si erano nascosti negli angoli più bui delle loro prigioni. Non riusciva a vedere neppure quello che tra i due lo aveva aggredito e gli sembrava una gran benedizione. Tanto era sicuro che il suo volto mostruoso avrebbe continuato a perseguitarlo negli incubi.
-Abel...-
-Stai sbagliando di nuovo- disse, senza darsi tempo per edulcorare le proprie parole con dei filtri. Era troppo stanco e sconvolto per darsi ai filtri. -Gideon- aggiunse, puntando lo sguardo di nuovo sul vampiro, ma Hauke gli poggiò una mano sul petto, impedendogli di avvicinarsi a lui e lo fissò dritto negli occhi, con un'espressione impenetrabile stampata in volto.
Avrebbe voluto prenderlo a pugni. Sul serio. Riempirlo di cazzotti. Il momento di speranza vissuto pochi istanti prima si era già dissolto. Tuttavia, l'ultima volta che aveva "picchiato" Hauke, si era fatto male lui.
-Fammi avvicinare- intimò con tono tagliente, ma l'altro scosse la testa.
-Non c'è più niente che puoi fare per lui-
Abel si sentì impallidire e ricacciò in gola l'ennesimo conato. -È un vampiro-
-Legato a una lamia-
-Quindi?- lo incalzò, dato che l'altro sembrava del tutto intenzionato a fornirgli informazioni a gocce. Ed era quasi certo che, se fosse stato per lui, Hauke neppure quelle gli avrebbe rivelato. Ma lui doveva assolutamente sapere perché cazzo Gideon non si rialzava, perché le sue ferite non si stavano rimarginando.
-Sei connesso a un vampiro, Abel. Dovresti saperlo meglio di me-
-Non so un cazzo-
-Tu sei umano. Sei pieno di vita-
Sgranò gli occhi.
Florian.
La prima volta in cui si erano incontrati il suo corpo gli aveva ricordato quello di una mummia. Rinsecchito, colmo di solchi profondi al posto di quelle che sarebbero dovute essere delle semplici rughe. I capelli brizzolati, crespi, le mani scheletriche sotto la cui pelle si potevano scorgere con chiarezza i movimenti di ossa e tendini. Non aveva ancora idea di come fosse riuscito a connettersi a lui, ma era accaduto, Florian si era nutrito di lui, della sua essenza vitale, ed era rinato, era diventato un uomo bellissimo, forte.
Gideon era legato a Krista, da sempre. Li aveva già conosciuti che stavano insieme. Eppure, era rimasto sempre lo stesso individuo dall'aspetto malaticcio.
Aggrottò la fronte.
-Gideon è sempre rimasto lo stesso- sussurrò e reclinò il capo da un lato, tentando di riportare gli occhi sul corpo del vampiro.
Hauke annuì. -Se ti riferisci al fatto che non si nutriva di Krista, si è così. Non c'era vita in lui. È difficile da spiegare, ma i vampiri che non si nutrono sono come degli spettri rinchiusi all'interno di involucri. Traggono nutrimento solo dagli umani perché tutte le altre tipologie di creature non riescano a saziare la loro esigenza di vita. In queste condizioni, spezzato l'involucro, lo spettro vola via. Sono dei parassiti all'interno dei loro stessi corpi-
Gli diede uno schiaffo. Non gli era piaciuta per nulla quella spiegazione e gli occhi gli si erano riempiti di lacrime. Aveva capito benissimo il senso delle sue parole, ma stava parlando di Gideon. Di Gideon che era appena morto e che lui aveva apostrofato come "parassita".
Hauke accusò il colpo e distolse gli occhi da lui. -Mi dispiace-
•
Rudi ed Erich erano spariti dalla circolazione. Krista aveva dato di matto. Inconsolabile. In un impeto di rabbia e dolore, era scappata via. Abel stava in pensiero anche per lei, oltre che per Rudi, ma, davvero, rischiava di continuare a farsi a spezzatino per tutti con il rischio che venisse colto sul serio da un infarto. Lui che era umano, stava decisamente sopportando anche fin troppo.
E troppo sicuro si stava preoccupando per creature non umane che, nel peggiore dei casi, avrebbero potuto sopportare fisicamente tutto quello molto meglio di lui.
Gideon.
Si diede mentalmente dello stupido e iniziò a domandarsi come e quando era diventato in grado di sopportare tutto quello senza neanche farsi scalfire.
La verità era un'altra e lo sapeva pure lui, ma ammetterlo avrebbe comportato anche guardare in faccia una realtà di sé che preferiva continuare a nascondere.
Si terse il sudore dal prolabio con una mano.
Stava crollando.
Lentamente, in silenzio, sotto strati infiniti di battute acide e ironia. Si sentiva a pezzi anche nel fisico e questo gli fece intuire che il suo malessere emotivo stava emergendo anche all'esterno. Se avesse continuato di quel passo era certo che non sarebbe più stato in grado di nascondere la propria emotività. Non gli era mai piaciuto che gli altri si rendessero conto di quello che pensava, provava davvero.
Erano i suoi pensieri, i suoi sentimenti. Era stato abituato a cavarsela da solo – era stato solo durante la sua primissima infanzia, era stato cresciuto all'interno di un ambiente dove la sensibilità era considerata una debolezza.
E lui era sempre stato solo.
E era diventato forte.
Insensibile.
Apparentemente insensibile.
Adesso si sentiva sul punto di sbriciolarsi.
Telsa e Roberto si erano offerti di prendere il posto di Gideon e Hauke aveva deciso di restare con loro – almeno fino a quando la situazione non si fosse un po' calmata.
Abel, in preda al caos mentale, si trovava per strada, in superficie, lontano dall'incubo che si era svolto sotto terra. Procedeva a passo incerto in direzione del MoonClan e anche se era riuscito a ripulirsi dal sangue di Gideon, si sentiva ancora i vestiti pesanti, fradici, anche si era cambiato, gettando quelli sporchi.
Era passato da casa, dopo l'accaduto. Conservava vaghi ricordi delle proprie azioni e delle parole che lui stesso aveva pronunciato.
Non era bastata una doccia per lavare via l'orrore, ma si sentiva come se l'acqua lo avesse invece privato della propria vitalità. Avrebbe dovuto ascoltare il consiglio di Reik e Florian e restare a casa, ma le loro parole gli erano diventate chiare nella mente solo in quell'istante ed era ormai tardi per tornare indietro, visto che si trovava davanti l'ingresso del locale.
-Sicuro di voler entrare?- domandò Florian e Abel annuì piano.
Non si erano rivolti parola per tutto il tragitto da casa fino a lì. Neppure dal covo di Magda a casa. Persino dentro il covo di Magda, una volta appreso l'accaduto, Florian non aveva spiccicato parola. Forse era come lui. Forse non era mai in grado di trovare le parole giuste, o le trovava quando ormai era troppo tardi e l'attimo giusto in cui pronunciarle si era già esaurito.
Lo aveva abbracciato, però. Scortato come un'ombra silenziosa. Se aveva detto qualcosa non lo ricordava con chiarezza, a eccezione, appunto, del suo consiglio di restare a casa.
Restare a casa. Come avrebbe potuto restarsene rannicchiato sotto le coperte sapendo che Gideon era morto per colpa sua?
-Un solo uomo per sorvegliare tre licantropi!-
Si morse un labbro, ignorò la domanda di Florian e iniziò a scendere la stretta scalinata che conduceva nel cuore del MoonClan.
Neanche lavorare gli sembrava un'idea geniale con cui tentare di mettere da parte gli angoscianti pensieri che gli affollavano la mente.
Stava sudando. La pesantezza che sentiva sui propri abiti doveva essere data dal sudore, ma gli riportava alla mente sensazioni spiacevoli, viscosità disgustose, percezioni rivoltanti.
Sospirò ed entrò in sala senza passare dal proprio camerino, in abiti civili, decidendo di non esibirsi per quella sera.
Non aveva alcuna intenzione di causare un pianto di massa dentro il locale e neppure lui voleva più piangere. Si sentiva costantemente sul punto di sciogliersi in lacrime.
Inaudito.
Debole.
Prese posto su uno sgabello a ridosso del bar, lasciando carta bianca a Florian per ordinare qualcosa da bere. Si trovò presto tra le mani un piatto di stuzzichini e finì per rivolgere un'occhiataccia al vampiro.
Di certo non aveva fame.
Florian lo fulminò con lo sguardo.
Abel si portò un cubetto di formaggio tra le labbra, masticandolo senza riuscire a percepirne il vero sapore – sapeva vagamente di squisita gomma che gli si appiccicata tra i denti.
-Devo chiamare John- disse e passò il piatto a Florian e, senza neanche dargli tempo di protestare, scese dallo sgabello e corse cuori dalla sala, in direzione del proprio camerino.
Fece partire la chiamata, dandosi mentalmente dello stupido per non aver pensato prima di contattare il suo amico commissario. Aveva agito esattamente come avrebbe fatto qualsiasi altro membro del Clan: coprendo agli occhi degli umani le atrocità della sua gente.
La sua gente.
Aveva agito d'istinto come se ne facesse ancora parte.
Disgustoso.
Non era certo che John avrebbe capito perché non lo aveva contattato immediatamente dopo l'accaduto.
-Baker-
-Sono Abel-
-Lo so. Che succede?-
Abel si lasciò cadere sulla sedia che si trovava nel camerino. -Deve essere per forza successo qualcosa?-
Idiota.
-Non mi chiami mai di tua spontanea volontà per fare due chiacchiere-
Sospirò. -Ho bisogno di vederti-
-Ah- fece John. -Non puoi parlarmene per telefono?-
-No. Mi trovi al MoonClan-
Chiuse la telefonata con John senza neanche concedersi il tempo di un saluto e si premette le mani sulle tempie, poggiando i gomiti sulla superficie del tavolino.
Bussarono alla porta, anche se l'aveva lasciata aperta, ma si sentiva troppo stanco persino per cambiare posizione.
-Abel?-
Deglutì.
E riconobbe la voce di Telsa.
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