VENTINOVE

Si svegliò di soprassalto – ancora una volta. O forse aveva dormito ininterrottamente fino a quell'istante?
Aggrottò la fronte e si guardò intorno: nessuna traccia di Rudi.

Forse l'ho sognato.

Un alito di vento lo fece rabbrividire e si rese conto all'improvviso di sentire davvero freddo. Si strinse le braccia intorno al busto, stringendo tra le dita il tessuto spesso del maglione.

Rudi.

Si girò in direzione della finestra che dava sulla strada, trovandola aperta, spalancata sul cielo notturno, stellato di Idstein. Si riuscivano a intravedere i profili delle case di fronte, palazzi di pochi piani, intervallati da villette di cui si scorgevano a stento soltanto gli alberi che sapeva abbellirne i giardini.

Si alzò dal letto e in un attimo di lucidità si rese conto di non provare alcun dolore alla gamba sinistra. Abbassò lo sguardo su di essa: era di nuovo in mutande, perciò gli venne facile individuare la parte su cui spiccavano i segni rossi lasciategli in ricordo da Rei... dal mannaro.

Tornò ad aggrottare la fronte e accese la luce della stanza. Assottigliò lo sguardo, finché non si abituò all'assenza improvvisa di buio e abbassò gli occhi ancora sulla propria gamba sinistra. I segni, lunghi, rossi, sembravano ormai in procinto di guarigione. Le croste tiravano un po', ma solo in quella che era stata la ferita più profonda, mentre gli altri graffi, più superficiali, erano diventati dei segni bianchi sulla sua pelle, come se si trovassero lì da anni.

Abel deglutì a vuoto e si precipitò verso il comodino su cui aveva lasciato il proprio cellulare. Azionò lo schermo e lesse ora e data: le diciannove e zero sette del ventidue dicembre.
Non erano trascorse neppure dieci ore da quando erano tornati a casa dopo essere stati alla Stazione di Polizia, ma le sue ferite sembravano suggerirgli diversamente. Non era possibile che fossero quasi del tutto guarite quando era stato aggredito dal mannaro soltanto il giorno prima. Aveva persino corso per recuperare il cellulare e non aveva provato il minimo dolore.
Tornò ad aggrottare la fronte.

Rudi.

Era stato davvero solo un incubo?

Scosse la testa e i suoi pensieri vennero interrotti dalla porta della camera che veniva aperta da qualcuno. Sulla soglia comparve Hauke, immenso, bellissimo e decisamente incazzato. La sua espressione imperscrutabile era, per lui che lo conosceva bene, manifesto della sua ira.

-Ti sei svegliato- disse l'uomo.

-Che acume- ribatté Abel e si precipitò in direzione dell'armadio, ne aprì un'anta e prese a frugarci dentro, in cerca di abiti comodi da indossare. -Mi hai portato del caffè?- domandò, continuando a dargli le spalle mentre tirava fuori dall'armadio un paio di leggings e un'ampia felpa.

-Sì- grugnì Hauke.

Abel si girò a guardarlo e lo sorprese con una tazza di caffè stretta in una mano. Sollevò un sopracciglio con scetticismo: non era proprio da lui essere così gentile. Si cambiò in fretta, sotto lo sguardo attento dell'altro e poi gli tolse la tazza dalle mani, sedendo sul bordo del letto.

-La gamba non ti fa più male?- chiese Hauke e Abel rischiò di strozzarsi con un sorso di caffè.

-Gli altri?- domandò di rimando, tentando di rimandare il più possibile il momento in cui avrebbe dovuto fornirgli una risposta per quella sua prodigiosa guarigione. Una risposta che in verità non possedeva, ma che poteva immaginare. Una risposta pericolosa che avrebbe potuto portarsi dietro le ennesime conseguenze catastrofiche per cui non si sentiva ancora pronto.

-Chi? Il tuo amante? Il tuo fido servitore?-

-Il mio... che?- esclamò indignato.

-Credi davvero che non mi sia accorto di come hai iniziato a guardare anche quel Florian?-

-Florian?-

-Quella specie di mummia con i canini che puzza di cadavere in decomposizione-

Abel gli rivolse uno sguardo fulminante. -Non puzza di cadavere-

-Soltanto perché il tuo olfatto è meno sviluppato del mio-

-Florian è solo gentile con me perché gliel'ha ordinato Magda-

-E tu ti sciogli come un cazzo di cubetto di ghiaccio al sole davanti a quattro moine. Immagino che tu sia pronto ad aprire le gambe pure per lui, adesso-

-Smettila-

-Proprio come hai fatto con il mannaro. Una cena, un po' di coccole e sei diventato la sua puttana-

-Io non sono la puttana di nessuno- sibilò Abel.

-Vuoi negare di averci fatto sesso?-

-Non nego proprio un bel niente!- esclamò, accompagnando le proprie parole con una risata amara. -Io sono un uomo libero e faccio sesso con chi cazzo mi pare, non devo darne conto a te-

-Invece sì, perché sei stato affidato a me-

-Non sei mio padre, Hauke, e anche se fosse, io sono maggiorenne da talmente tanto che, quello che faccio, non sono neppure cazzi di mio padre-

-Tu stai combinando un casino dietro l'altro! Prima il mannaro e adesso il vampiro. Non ci pensi alle conseguenze che tutto questo potrebbe avere su Saul?! Sei sempre suo figlio-

-Primo: io sono figlio di Saul soltanto quando vi conviene. Secondo: sono l'amante di Reik, non di un mannaro e...-

-È un mannaro!-

-E terzo! Florian è gentile con me. A differenza tua, per dirne una. E io ho bisogno di gentilezza in questo periodo. Perché tu sei tutto rincoglionito da questa insensata gelosia, così egoista e chiuso da non vedere che cazzo hai sotto il naso, ma io sono a pezzi e ho bisogno di aiuto! Di persone gentili che si prendano davvero cura di me!-

Aveva urlato così forte che la gola aveva iniziato a bruciargli e gli occhi si erano riempiti di lacrime. Strinse con forza le tazza tra le mani, facendosi sbiancare le nocche e bevve con avidità qualche sorso di caffè, nel tentativo di sciogliere il nodo che gli aveva serrato la gola. Hauke rimase in silenzio, imperscrutabile e rigido. -Ho visto persone, persino un bambino!, uccisi brutalmente. Ho avuto paura. Sono stato attaccato da un mannaro. Ho rischiato di morire e invece di abbracciarmi sei qui a litigare con me!-

-Tutto questo, rimane conseguenza delle cazzate che hai fatto tu-

Abel sollevò un braccio e prima di rendersene conto aveva già lanciato la tazza contro di lui. Non lo prese in pieno, ma colpì il muro subito al suo fianco destro e una scheggia di ceramica finì per ferirlo sotto un occhio. Hauke si fece ancora più cupo.

-Mi dispiace- mormorò Abel e l'altro si limitò a passarsi un pollice sul taglietto, raccogliendo la gocciolina di sangue che ne era uscita.

Gli diede le spalle e uscì dalla stanza, senza aggiungere altro.

Abel si portò le mani tra i capelli, sentendosi sul punto di crollare. Era ancora più stanco e spaventato di quando Florian lo aveva aiutato a mettersi a letto.

Decise di uscire dalla stanza, anche se temeva un nuovo incontro-scontro con Hauke. Non ce la faceva più a stare rintanato lì dentro, al freddo, collezionando visite spiacevoli.
Chiuse la finestra e si recò in cucina.
Passò dal soggiorno trovandolo praticamente deserto, a eccezione di Roberto ancora sintonizzato sui vari notiziari nazionali.

-Ci sono novità?- chiese con un filo di voce.

Si schiarì la gola e fece per ripetersi, ma Roberto si volse nella sua direzione e scosse la testa.

-Lui se n'è andato, però- disse e gli diede di nuovo le spalle, tornando a trafficare con TV, tablet, cellulare e radio.

Si irrigidì e comprese che il vampiro si era riferito ad Hauke – o forse sperava si fosse riferito a lui.

Ci hanno sentito litigare, grandioso! Rudi in versione Emissario Mortale no, io e Hauke che litighiamo sì. Potevo morire e non se ne sarebbero accorti, ma del delirio di Hauke sono stati testimoni... sono proprio fortunato! 

Si recò in cucina, trovandovi Florian. L'uomo lo fissò in tralice, poi si alzò dal posto che occupava e, senza dire neppure mezza parola, gli diede le spalle e prese a riempire una tazza con del caffè.

-È per me?- domandò con voce rauca. Si schiarì la gola, ma anche quella volta non gli fu necessario ripetersi e Florian gli porse la tazza.

-Giornataccia-

-Te l'ho già detto: giornataccia, periodo no. È la mia routine, è sempre così una merda-

-Credo che tu stia arrivando al punto in cui non ne potrai più-

Abel trasalì e dovette sedersi mentre il suo stesso peso diventava improvvisamente troppo da sopportare. Accarezzò con un pollice il bordo della tazza, fissando con sguardo assente il liquido bruno che conteneva. -Dovrei anche mangiare qualcosa-

Florian annuì. -Ti preparo qualcosa...-

-Sai anche cucinare- lo interruppe. -Grandioso. Ma io non credo di aver avuto tempo per fare la spesa, negli ultimi giorni. Di dormire otto ore consecutive senza svenire, di farmi una doccia che durasse più di trenta secondi. Di bere caffè che fosse anche decente e per il semplice piacere di strafogarmi con la mia bevanda preferita. Di... non so neppure io che cosa-

-Sei stanco-

Abel annuì e prese un altro sorso di caffè.

-Ti ordino qualcosa. Hai delle preferenze?-

-Tutto ciò che non sia a base animale, va bene. Sono vegetariano, in questo periodo-

Florian sorrise e scosse la testa. Fece per alzarsi, ma Abel lo afferrò per un polso, trattenendolo. Fissò la sua pelle scura, così diversa dalla propria, liscia e pallida. Non voleva che si allontanasse da lui, non voleva privarsi del "mantello" di gentilezza che pareva avvolgerlo ogni volta che si trovava al suo fianco. Sembrava tutto meno brutto, al suo fianco. 

Intrufolò due dita sotto il polsino della manica del suo golfino e spinse verso l'alto, accarezzandolo con estrema cautela, timoroso di essere rifiutato, percependo sotto i polpastrelli i peli sottili delle sue braccia. C'era qualcosa, che percepiva dentro di sé, ma che gli arrivava come una calda carezza per mano del vampiro, che lo caricava di una strana sicurezza, una sicurezza che gli permetteva di credere di non poter essere rifiutato da lui. E quella stessa sensazione che tanto lo rincuorava, lo spaventava, anche.

-Anche se per finta. Se te lo chiedessi, tu mi prenderesti così come sono, sceglieresti me e resteresti al mio fianco senza mai spaventarmi? So che sembra un discorso egoista e insensato, dove io pretendo tutto e in cambio non do niente. Non ti parlo di sentimenti, o forse sì. Forse voglio solo un po' di calore e sono disposto a darti molto di più di me in cambio, soltanto per un po' di calore...-

Florian sorrise e Abel intravide le punte dei suoi canini sfiorargli il labbro inferiore. Il vampiro si mosse prima ancora che lui riuscisse a concludere la propria frase, gli strinse il mento con una mano e interruppe le sue parole con un bacio.

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