QUINDICI

Abel inserì la chiave nella toppa e rimase immobile. Fissò la porta che introduceva al proprio appartamento come se fosse una persona, con sguardo truce – forse immaginando che il proprio disappunto potesse attraversare il legno, le stanze e arrivare dritto a Saul, colpendolo come una padellata in fronte.

Si sentiva bene. Rilassato, calmo. Pronto a mettere K.O. chiunque si fosse azzardato a incrinare quella perfetta sensazione di tranquillità che lo aveva fatto sorridere ininterrottamente dal momento in cui aveva lasciato l'appartamento di Reik.
Saul per primo.
Non aveva voglia di litigare con lui.
Con nessuno.

Aprì la porta di casa e si stupì di scoprire la luce della cucina accesa. Aggrottò la fronte. Non ce lo vedeva proprio Saul in versione padre apprensivo che passava la notte in bianco in attesa del figliolo scapestrato disperso chissà dove. Non aveva mai dato segni, in trent'anni della sua vita, che potesse interessarsi di cosa lui faceva quando passava la notte fuori casa. Anzi, se avesse scoperto che aveva passato buona parte dell'alba a fare sesso con un uomo, sicuro sarebbe partito con uno dei suoi odiosi sermoni.
Non gli sembrava proprio il caso che Saul scegliesse proprio quel giorno per diventare un padre premuroso e attento.

Sospirò e si diresse verso la cucina con la stessa gioia di un condannato al patibolo.

Per fortuna lui non è un telepate, si disse con un sospiro e immaginò come invece avrebbe reagito Magda se avesse saputo che il suo zuccherino, quella mattina, aveva fatto sesso con qualcuno. Lo avrebbe tempestato di domande per ottenere più dettagli possibili e dove Abel avrebbe taciuto, lei si sarebbe cercata le risposte da sola direttamente nella sua mente.

Magda, pensò e si domandò se la donna gli avesse già messo qualcuno alle calcagna. Sicuro lui non se ne era accorto.

Entrò nella stanza e per poco non gli prese un colpo.

-Mi spiegate perché vi piace tanto la cucina?- chiese con voce tesa.

-Come?-

-Non mi sembra che sia poi tutta questa gran location dove girare filmini di rimpatriate strappalacrime-

-Continuo a non seguirti-

Abel fece una smorfia e si tolse il cappotto, gettandolo malamente sul tavolo.

-Hai fatto sesso-

L'olfatto, dannazione.

-Possibile- borbottò e sedette. Si passò entrambe le mani sul viso. Magari è un fantasma, un tiro mancino da parte della mia povera mente rincoglionita. Sparisci, allucinazione!

-Non è l'odore di Hauke, però-

Abel trattenne a stento un urlo. La sorpresa, la stanchezza, la rabbia e chissà quali altre emozioni che lo stavano travolgendo in quel momento, giunsero tutte insieme, colpendolo come una frana improvvisa. -Ada- sibilò, fissandola dritto negli occhi bricromi. -Che cazzo ci fai qui?-

La ragazza aggrottò la fronte e si portò una ciocca dei suoi lunghi capelli color miele dietro un orecchio. -Se avessi risposto al telefono, lo sapresti già. Mio padre è dovuto andar via-

Mio padre. Abel percepì una leggera fitta pungergli il petto. Fastidiosa, antipatica, più che dolorosa. Era assurdo e insopportabile che lui ci rimanesse ancora male per certe battute sottili che sapeva – sapeva – gli venivano rifilate apposta per ferirlo. -Avevano riacceso il suo falò?-

-Certo che sei stronzo-

-Non è una novità, per te, o sbaglio? Non è che hai vissuto venticinque anni della tua vita con il mio sosia simpatico. Ero sempre io. E sempre stronzo sono stato-

-Me lo ricordo bene- e gli rifilò uno dei suoi caratteristici sguardi omicida.

-Sei qui per litigare?-

-No. Per proteggerti-

-Non mi sembri molto contenta di questa tua nuova missione. Per non dire, poi, quanto mi appari poco protettiva nei miei confronti...-

-Solo perché hai il carbone bagnato- lo interruppe. -È quello che succede quando si mettono gli occhi addosso a un uomo già impegnato. Si chiamano sensi di colpa-

-Sensi di colpa- disse Abel, ironico.

-Sensi di colpa, sì- ripeté Ada e sollevò il mento, assumendo un atteggiamento di sfida. -Ma sono qui per proteggerti e ti proteggerò-

Almeno non è Rudi, quindi significa che Saul non ha ancora intenzione di ammazzare nessuno, pensò e sospirò mesto.

-Perché? Non avevo mica capito che tuo padre...- e marcò la voce sul pronome possessivo apposta, fissandola dritto negli occhi. Lei sussultò appena, ma dissimulò presto il proprio stupore con una smorfia. -... fosse tornato qui in pompa magna per proteggermi, eh-

-In realtà era tornato in gran segreto, correndo un rischio enorme per la propria incolumità solo per te, coglione-

Abel rise amaro. -Come no-

-Puoi pensare quello che vuoi, ma stava qui per te-

-Per farmi le sue ramanzine del cazzo-

-No, per proteggerti. Tu rimani sempre lo stesso idiota e quindi lui...-

-Ada!- la interruppe, alzando la voce. -Non andiamo da nessuna parte se incominciamo a litigare pure noi due-

Lei sgranò gli occhi e serrò le labbra. -Dovevi pensarci prima di innamorati del mio promesso sposo-

-Hauke a malapena mi vede come uno del Clan... anzi, a malapena mi vedeva come uno del Clan. Ed è sempre stato omofobo, quindi tutte queste tue pippe mentali sono assolutamente inutili-

-Certo...-

-Erano inutili prima, figurati adesso- la interruppe ancora.

Lei rimase interdetta, sbuffò e sedette accanto a lui. -Perché non ti vede più come uno del Clan? Che cosa è successo?- gli chiese, fissandolo in tralice.

Abel spostò lo sguardo tra il suo occhio marrone e quello dall'iride di colore rosso, sentendosi, come sempre, più calamitato dal secondo che dal primo. -Perché abbiamo litigato. Litigo con tutti, ultimamente-

-Tu litighi sempre con tutti. Litighi pure da solo, con te stesso, ... Saresti in grado di litigare pure con una cosa priva di vita-

-Ma grazie...-

-Non c'è di ché. La sincerità è il mio pregio più grande-

Abel tornò ad aggrottare la fronte, ma, nonostante tutto, l'ostilità nei confronti di sua sorella si era già esaurita. Ada aveva ragione: in qualche modo, era colpa sua se i loro rapporti, nel tempo, prima ancora dell'intervento dell'A.S.S.S., si erano deteriorati. Ada era sempre stata innamorata di Hauke e quando Saul aveva eletto la figlia a suo "braccio sinistro" in automatico l'aveva legata al suo "braccio destro" – e quindi ad Hauke – combinando persino il loro matrimonio.
Hauke aveva accettato senza muovere neppure la più piccola protesta contro la decisione del capoclan.
Ada ne era stata entusiasta.
Abel si era sentito come seppellito vivo da una valanga e aveva iniziato a prendere le distanze dalla sorella, comportandosi in modo parecchio infantile con lei.

-Non avevo idea che Saul fosse qui per proteggermi-

-Per quale motivo credi che avrebbe rischiato un faccia a faccia con quelli dell'Associazione, altrimenti?-

Si strinse nelle spalle. -Non sapevo nulla di quello che combinava quando vivevamo sotto lo stesso tetto, figurati adesso che siete spariti dalla mia vita da un anno-

-Davvero non avevi pensato che fosse qui per te?-

-Perché avrei dovuto?-

Ada aggrottò la fronte e distolse gli occhi da lui. Prese a picchiettare le unghie sulla superficie del tavolo, come se stesse seguendo il ritmo preciso di una melodia, una melodia che suonava alle orecchie di Abel nervosa e tesa.

-Era maschio quello con cui hai fatto sesso?- gli chiese di punto in bianco.

Abel sbuffò e si alzò per prepararsi del caffè. -Che ti importa?-

-Mi importa-

-No, stai solo tentando di cambiare argomento-

-Affatto. Sei tu quello che combina casini di continuo e non se ne risparmia neppure una-

-Casini?!-

-Sì, certo. Ci mancava solo che in tutto questo casino tornassi a casa e papà sentisse su di te puzza di uomo-

-Ti assicuro che il mio amante è un tipo che cura la propria igiene. Odorava di prati in fiore, guarda...-

-La tua ironia è insopportabile. Hai capito benissimo cosa intendevo dire-

-Anche se fosse?-

Ada tacque e si morse un labbro. Condividevano lo stesso tic. Condividevano lo stesso passato, gli stessi genitori.
Condividevano l'amore per lo stesso uomo.
Nella casa in cui si trovavano avevano condiviso episodi di vita comune che si erano trasformati in ricordi piacevoli.
Episodi meno felici.
L'irruzione degli agenti dell'A.S.S.S.
Avevano condiviso l'orrore di vedere il proprio padre rischiare di essere bruciato vivo.

-Stai combinando troppi casini- ripeté lei.

-Io?!-

-Sì, tu- e Ada tornò a fissarlo con ostilità. -Anche questa storia con la Polizia. Come ti è saltato in mente?-

-Sto cercando di proteggere voi- sibilò Abel, esausto.

Finalmente il caffè fu pronto e ne bevve qualche sorso. Fece una smorfia: per un attimo gli parve meno buono di quello che aveva bevuto in casa di Reik.

-Lo so- disse la ragazza e trasse un profondo respiro. Scosse la testa. -Papà era preoccupato per te, mamma a momenti si faceva venire un colpo quando l'ha saputo-

Abel reclinò il capo da un lato, fissandola in tralice. Stentava a credere alle sue parole.

-Mamma ha mandato anche Magda da te-

-È arrivata solo ieri sera-

Ada annuì. -Ha dovuto viaggiare come un'umana per evitare di farsi beccare alla frontiera dall'A.S.S.S., per questo ha impiegato più tempo di papà per raggiungerti-

-Non sapevo avesse lasciato Idstein-

-Dopo... quello che è successo a papà, molti leader hanno lasciato la città, per tutelarsi-

Abel deglutì sonoramente.

Ada sorrise e tornò a scuotere la testa. -Hai capito, adesso? Si stanno smuovendo mari e monti per te che, come un coglione, ti sei messo in pericolo da solo-

-Se avessi saputo che eravate al sicuro...-

-Ti sarebbe bastato parlarne prima con Hauke-

-Sì, come no...-

-Abel- lo richiamò la sorella e lui si fermò a guardarla negli occhi, scorgendo in lei una serietà assoluta. -La devi smettere di pensare che nessuno di noi ti voglia bene-

-Hauke me l'ha praticamente detto in faccia-

-Ne sono contenta- e il momento di serietà si esaurì con una sonora risata della ragazza.

-Stronza-

-No, sul serio. Magari era arrabbiato, e conoscendo te posso anche capirlo. Però ne sono certa: anche lui ci tiene a te, ti vuole bene-

Abel si strinse nelle spalle. -C'è un poliziotto, di quelli che mi hanno coinvolto in questa storia, che ha iniziato pure a professarsi come una specie di amico mio-

-Ci dobbiamo fidare?-

-Io non mi fido-

-Meglio. I poliziotti leali sono pochi rispetto a quelli che sono corrotti e molti non sono neanche poliziotti veri, ce li ha messi l'Associazione per avere delle talpe nel Sistema e...-

-Però c'ho fatto sesso- la interruppe e sorrise soddisfatto, tornando a sorseggiare il suo caffè.

Contò mentalmente fino a cinque, poi Ada cacciò fuori un urlo e riprese a inveire contro di lui.

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