QUARANTADUE
-Dove sono gli occhiali di Reik?-
Era una domanda che aveva già posto un numero infinito di volte. A bassa voce, con insistenza, e mai l'ispettore gli aveva fornito una risposta. Passo dopo passo, sempre allerta, con i muscoli di spalle e collo rigidi a causa della tensione. Gli dolevano pure i muscoli delle gambe e ogni passo era diventato presto un supplizio. Gli bruciavano da dentro, come se gli avessero attaccato dei tizzoni ardenti direttamente alle ossa. La fronte bagnata dal sudore, la maglietta incollata al petto e l'aria sempre più gelida, mentre si avvicinavano all'ultima stanza prima di tornare all'esterno.
Abel deglutì sonoramente e si fermò dietro John. Il poliziotto si fece avanti, perlustrò la stanza in maniera approssimativa – impiegando il tempo strettamente necessario per accertarsi che non ci fosse nessuno. Abel ne approfittò per allungare una mano verso quella che Reik aveva lasciato penzoloni su un fianco di Ada. L'accarezzò piano, puntando gli occhi sulle dita, cercando di captare ogni minimo movimento. Reik non rispose al suo tocco, lui impiegò un secondo di troppo per decidersi di arrampicarsi sui fianchi del lupo e constatare che Reik fosse ancora vivo, e John richiamò la sua attenzione con uno schiocco di dita. Deglutì a vuoto e gli si fece vicino. Il poliziotto gli indicò con un dito lo spiazzo.
Saul era vivo. Incredibile, ma vero, stava in piedi, vicino a un falò – e in una situazione diversa era certo che sarebbe stato in grado di partorire chissà quale esilarante battuta nel trovarsi davanti una tale immagine.
Il proiettile che si era beccato al posto suo sembrava aver perso chissà quale battaglia contro la forza di volontà del licantropo – di suo padre.
Dall'altra parte stavano immobili una ventina di becchini, rigidi, impettiti, con le loro tetre divise sgualcite e lorde.
Erano giunti a una situazione di stallo. Al centro, tra i non umani e i membri dell'A.S.S.S., si trovava un uomo, in ginocchio, la testa china, pericolosamente vicino alle fiamme.
-Hauke Vogel- disse Saul e un brusio sommesso si diffuse tra i presenti.
Uno dei becchini fece un passo avanti. Pareva che tra un tentativo di assassinare qualcuno e un rotolamento nel terriccio, una folata di fuliggine, si fosse premurato di evitare accuratamente di sporcarsi la divisa. Immacolata, nera, lucida, senza una piega fuori posto. Era probabile che neanche avesse preso parte allo scontro eppure si fece avanti in quel momento. -Ci siamo arresi. Libereremo Vogel- disse con tono solenne e Abel trasalì.
Non riusciva a capire se la sua voce avesse tradito una certa ironia, oppure se ciò che aveva percepito fosse il principio di una risata isterica – non che gli importasse granché: aveva altre priorità in quel momento. Strattonò John per un braccio, indicandogli l'uscita. Era certo che non sarebbero passati inosservati – stentava a credere che due uomini al fianco di un lupo gigante potessero muoversi tra la folla senza attirare l'attenzione di nessuno.
Rudi si staccò dal gruppo dei licantropi e gli corse incontro, muovendosi al tempo di una musica che loro – evidentemente – non potevano udire. Si fermò a un passo da lui, un'espressione serafica stampata in viso, gli occhi colmi di una gioia incontenibile. -Sei vivo!- esclamò, abbracciandolo stretto.
In molti si girarono nella loro direzione, un paio aggrottarono la fronte, altri distolsero subito gli occhi, scuotendo la testa. In un attimo tutti parvero dimenticarsi della loro presenza... tutti, tranne Saul. Saul continuava a fissarli, ma poi il becchino tornò a parlare e, a fatica, l'uomo spostò l'attenzione su di lui.
-Usciamo- soffiò Rudi contro il suo collo, strofinando la punta del naso sulla sua pelle. Gli diede un bacetto sotto un orecchio e sciolse di colpo il loro abbraccio.
-Se ci sparassero addosso?- domandò John, ma Ada si era già mossa in direzione dell'uscita.
-A cosa devono sparare? Siamo invisibili!- trillò Rudi, muovendo le mani davanti al viso, scimmiottando gesti da illusionisti.
Abel aggrottò la fronte e rammentò l'apparizione del fratello e di sua madre in casa propria. Intuì che Rudi aveva fatto qualcosa per cui nessun altro dei presenti poteva ancora vederli – e ciò spiegava le espressioni improvvisamente sgomente e incredule che aveva letto sui volti dei loro nemici. -Andate- disse, tornando a prendere una mano di Reik tra le proprie.
John gli rivolse uno sguardo scettico. -Non ti mollo-
-Sono al sicuro. Reik è gelido, ha bisogno di aiuto-
-Lo portiamo in ospedale, insieme...-
-No. Devo restare qui-
-Non mi fido di lei- ribatté l'ispettore e Ada reclinò il muso, abbassando gli occhi al suolo.
-Neppure io. Ma se fa qualche cazzata, tu puoi... rispondere-
-Abel-
Ada sollevò lo sguardo su di lui. Lesse in lei un principio di rabbia mista a paura, ma rimase impassibile, assorbendo le sue emozioni, senza farsi scalfire.
-Non puoi portarlo dai dottori umani, però. Se diventa lupo potrebbero arrabbiarsi tanto- disse Rudi e Abel trasalì.
-Non c'è luna piena- obiettò John.
-È sempre un pericolo, ha ragione mio fratello. Rudi vi porterà dove potranno aiutarlo per davvero. Io vi raggiungo dopo-
-Non mi fido di lei!- ripeté l'ispettore.
Deglutì a vuoto un paio di volte e si morse un labbro. Non voleva lasciare Reik da solo con Ada, ma capiva che John, allo stesso modo, non voleva lasciare lui da solo all'interno di quel covo di pazzi. Seguire Reik o restare al fianco della sua famiglia? Non capiva neppure lui per quale motivo le sue priorità stavano cambiando di nuovo, ma era certo di dover restare.
-Ci sono io!- esclamò Rudi.
-... e renderete pubblico che la comunità sovrannaturale non ha nulla a che vedere con gli assassini che hanno sconvolto il Paese-
La sua attenzione venne catturata di nuovo dalle parole di Saul.
Doveva e voleva sapere.
-Resta con me, allora- disse Abel.
-Ma...!-
-Io mi fido di Rudi-
Annuì in direzione di Rudi, la cui espressione si era illuminata di una gioia a dir poco scoppiettante, decidendo di affidare al suo fratello Tod – e diversamente sano di mente – l'uomo che amava. Li vide sparire oltre l'ingresso e seppe di essere tornato "visibile" nel momento in cui percepì la magia abbandonare il suo corpo, proprio come un velo che veniva tirato giù. Si scambiò uno sguardo incerto con John, e l'uomo scosse la testa. Qualcuno gli poggiò una mano su una spalla e Abel si girò di scatto, trovandosi Florian al proprio fianco. Si lasciò andare contro di lui, percependo un desiderio irrefrenabile di piangere. La sua presenza lo rincuorò e, proprio come se un fulmine lo avesse attraversato in quel preciso istante, comprese pure quanto il vampiro fosse diventato per lui un porto sicuro, un punto di riferimento in tutto quel caos di sentimenti e legami instabili.
-Ognuno crede quello che vuole- stava dicendo il becchino e Abel decise di mettere da parte il cuore, in quel momento – non aveva proprio la forza per affrontarsi – e di concentrarsi su quello che stava succedendo davanti ai suoi occhi.
-Ci sono delle vittime e le vittime meritano giustizia- disse Saul e ciò lo stupì: per Hauke gli umani che avevano perso la vita non erano state vittime meritevoli di giustizia. Lo rassicurava sapere che suo padre, invece, la vedeva esattamente come lui – c'era pure la possibilità che si riferisse ad altre vittime, ma non voleva sondarla e scoprire Saul più stronzo e crudele di quanto già sapeva.
Il suo interlocutore indicò con un dito il tizio in ginocchio davanti a sé. -È lui il vostro colpevole. La mente-
Abel si mosse d'istinto, avvicinandosi al gruppo. Attirò l'attenzione di diversi sguardi, ma si fermò prima che la tensione che gli crepitava intorno si trasformasse in azioni.
Riconobbe subito il tizio in ginocchio. Gli bastò trovarsi alla giusta distanza per poter distinguere con chiarezza i suoi lineamenti. Prima i baffi, poi il resto.
Il Commissario Krause.
-Impossibile- si lasciò sfuggire ed ebbe la spiacevole certezza di aver catturato fin troppe attenzioni da parte dei presenti, di aver infranto chissà quale equilibrio.
Mannaggia a Rudi, pensò, Non poteva lasciarmi invisibile?
-Perché è un poliziotto?- chiese Divisa Immacolata e sì, quella volta Abel fu certo di leggere nel suo tono una macabra ironia.
-Era a capo dell'indagine della nostra città-
-Membro onorario dell'A.S.S.S., figlio del fondatore stesso dell'Associazione-
Figlio.
Anche Mandus era figlio del fondatore, rammentò Abel e sgranò gli occhi. Non era solo una questione di padre e figli.
-Mandus era suo fratello?- domandò con un filo di voce.
Ha senso, si disse, Ha senso che sapesse tanto su di noi, che sapesse di me, di chi sono. Voleva colpire Saul fin dal principio, usando lo stesso metodo che aveva utilizzato Mandus: me.
-Vendetta- sussurrò John al suo fianco e la presa di Florian sulla sua spalla si fece più forte.
Sesso, soldi e vendetta: i tre moventi per eccellenza.
Proprio come nei film. La risposta era sempre quella più semplice.
Il becchino annuì una sola volta. -Ha cambiato cognome quando ha deciso di diventare un poliziotto, per far sì che non si risalisse al suo legame particolare con l'A.S.S.S.-
-E un poliziotto uccide degli innocenti solo per vendetta?- sibilò John e gli sguardi dei presenti si spostarono su di lui.
Abel si morse un labbro, socchiuse gli occhi. C'erano ancora tanti punti oscuri, ma aveva già intuito come sarebbe andata a finire: l'A.S.S.S era pronta ad agire esattamente come aveva tentato di fare Saul e avrebbe scaricato tutte le proprie colpe addosso a un'unica persona – in quel caso specifico, l'agnello sacrificale sarebbe stato il commissario. Non era certo dove iniziassero e finissero le colpe di Krause, ma non aveva dubbi che avrebbero assunto proporzioni epiche, assorbendo tutto, liberando chiunque altro dalle colpe che lo rendevano partecipe di quella brutta storia.
Non gli bastava.
Non gli sembrava giusto.
Non poteva essere giustizia, quella.
Lui voleva i nomi. Di tutti. Le mani che avevano reciso vite innocenti, aiutando il commissario a portare a compimento il suo folle piano. Erano tutti colpevoli: mente e mani. Tutti avrebbero dovuto pagare il proprio conto con la giustizia.
-Un solo uomo non può essere colpevole di tutti gli omicidi che sono stati commessi in tutta la Federazione- disse John ed era bello sapere che la pensava esattamente come lui.
-È stato tutto un suo piano, fin dal principio- ribadì Divisa Immacolata e il suo sguardo si fece gelido.
-Ma la giustizia non può basarsi sulle parole di uno...-
-Vi porteremo le prove- lo interruppe e John si irrigidì, rifugiandosi dietro il suo solito sguardo impenetrabile.
-Delle prove costruite come quelle che avete portato per incastrare Hauke?-
-Noi avevamo le prove che Vogel è un licantropo. La Legge è venuta meno, avevamo tutto il diritto di...-
-Nessun diritto-
-Avremmo potuto ucciderlo, non lo abbiamo fatto-
-Dovremmo ringraziarvi per questo?- ringhiò Saul.
-No- disse l'uomo, con voce pacata. -Noi ci siamo sempre stati, come voi, abbiamo vissuto nell'ombra, come voi, e abbiamo mantenuto l'equilibrio-
-L'equilibrio?- ripeté Saul, accompagnando le proprie parole con una risata sprezzante. -Ci davate il tormento prima e...-
-No. Prima eravamo alleati. Poi tu hai ucciso il vecchio capoclan, hai spezzato l'equilibrio, costringendo noi e voi a venire allo scoperto. Per una vita, ne hai sacrificate un numero di gran lunga superiore- l'uomo aprì le braccia, indicando approssimativamente intorno a sé, i corpi privi di vita che giacevano al suolo.
Tra i membri del Clan si diffuse un mormorio che divenne sempre più intenso. Saul contrasse la mandibola e i muscoli delle braccia guizzarono sotto pelle, mentre contraeva con forza le mani.
Abel percepì l'adrenalina abbandonare il suo corpo.
Si sentì di colpo stanco, esausto.
Si pentì di aver lasciato Reik in mano dei suoi fratelli.
Si pentì di aver insistito tanto per ottenere la verità da sua madre.
Si pentì di tutti i capricci sentimentali con cui si era lasciato distrarre.
Si pentì di essersi presentato su tutte le scene del crimine in cui lo avevano convocato.
E si pentì di aver accettato di collaborare con la polizia per difendere Hauke.
A che prezzo?
E avrebbero dovuto accontentarsi di un colpevole di facciata, consapevolmente con degli assassini a piede libero, mentre all'interno dei suoi occhi teneva ancora piantate immagini da incubo?
Reik.
E seppe con certezza che, nonostante tutti i pentimenti e la stanchezza che si portava addosso, non si sarebbe mai potuto accontentare di una mezza verità.
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