CINQUE

-Allora, signor Schmidt, com'è andata la sua prima volta su una scena del crimine?-

Abel aggrottò la fronte e accavallò le gambe. Il Commissario Krause era tornato a dargli del lei. C'era di che preoccuparsi – forse. Tuttavia, prima ancora che gli fosse concesso di formulare una risposta di senso compiuto, venne preceduto dall'Ispettore Baker.

-Ha vomitato due volte- disse l'uomo, con fare compiaciuto e, a conferma di quanto la cosa lo divertisse, sorrise pure.

Abel dovette trattenersi dall'esternare tutti i suoi istinti omicida.

Il Commissario Krause gli rivolse un lungo sguardo, carico di sottintesi che Abel non fu in grado di afferrare. Si sentiva ancora troppo sconvolto. Riusciva a capire che l'altro stesse tentando di comunicare con lui tramite la mimica del viso, dei gesti, ma a causa dello stato in cui versava, c'era pure la possibilità che Abel stesse fraintendendo tutto. Che l'altro lo stesse guardando e basta.

Il commissario indossava un completo che aveva visto sicuramente giorni migliori. Grigio, pieno di spiegazzature. La cravatta a mezz'asta. Pareva fosse stato appena vomitato da una lavatrice. Forse anche lui aveva passato dei momenti difficili prima di incontrarlo, ma questo non lo rincuorava neppure un po'.

Fece una smorfia e si strinse nel cappotto. Sentiva freddo. Il sudore gli si era asciugato addosso e bastava un sottile alito di vento per farlo rabbrividire. Era probabile che si trovasse in stato di shock e detestava esserlo proprio mentre era in mano di quegli uomini.

-È rimasto sconvolto? Non si aspettava tanta brutalità dai suoi amici?- domandò il commissario.

Abel aggrottò di nuovo la fronte. La sua voce gli arrivava alle orecchie ovattata, distante. Aveva una sola certezza: odiava quell'uomo. Di un odio viscerale, intuitivo. -I miei amici non sono dei criminali-

-I mostri sono mostri-

Abel sussultò e tornò a stringersi nel cappotto, distogliendo gli occhi da lui. Finì per incontrare lo sguardo dell'Agente Wagner, seduto sul divano. Le spalle curve, le mani strette tra le ginocchia. L'espressione sul suo viso gli fece storcere il naso: sembrava dispiaciuto. Ma era possibile pure che anche la sua percezione delle espressioni altrui si fosse alterata. Oppure era colpa del riflesso sulle lenti dell'uomo, ma di certo doveva essersi sbagliato. Wagner era uno di loro: sicuro stava godendo nel vederlo tanto in difficoltà, non poteva essere dispiaciuto.

-Il medico legale ipotizza che la vittima prima sia stata uccisa. Ha trovato un traccia, sotto un orecchio, che potrebbe combaciare con il foro di un proiettile. Ma ci fornirà ulteriori dettagli e conferme dopo l'autopsia-

Abel si ripeté mentalmente le parole del commissario. Più volte. Alla fine, quando ne colse il senso, balzò sulla sedia e batté le mani sulle ginocchia. Il commissario sussultò, forse non aspettandosi una sua tale reazione, ma si ricompose subito, nascondendo lo stupore dietro una maschera impenetrabile. Tanto bastò perché Abel ritornasse in sé, tentando di dissimulare il suo ritrovato entusiasmo con un sorriso tirato. Magari se avesse flirtato con lui, l'uomo si sarebbe distratto abbastanza da tralasciare quel breve siparietto.

Ovviamente, non andò esattamente così. Ma ciò lo aiutò a comprendere che, di tutta quella faccenda, quello che più gli faceva male era la possibilità di scoprire davvero un mostro dietro qualcuno dei suoi amici. Aggrottò la fronte, sentendosi sopraffare dallo stupore per quella consapevolezza improvvisa che pareva avergli illuminato la mente, snebbiando un po' la coscienza.

-Cosa ci è sfuggito?- chiese il commissario.

Lo fissò con uno sguardo che, se Abel non fosse cresciuto tra i licantropi, probabilmente avrebbe interpretato come spaventoso. Intimidatorio. In confronto allo stesso tipo di sguardo di Saul, però, quello del commissario pareva più quello di un bambino a cui avevano appena rubato le caramelle e che millantava vendetta per il torto subito.

Abel si morse il labbro inferiore, trattenendo un sorrisino di scherno. Si sentiva già meglio. Forse proprio perché, in quel preciso istante, comprese anche che, per quanto quegli uomini volessero apparirgli informati, in realtà ignoravano tante cose. Cose che invece lui conosceva bene.

Quest'ultimo pensiero gliene suscitò un altro, più spiacevole dei precedenti.

Aveva ragione Hauke: rischiava di scatenare una guerra all'interno del Clan.

Si accartocciò sulla sedia, fissando il commissario in tralice, furioso con lui. Prese a dondolare un piede, colpendo un paio di volte una piega del pantalone che l'uomo indossava. Senza battere ciglia, il commissario si pulì con una mano l'indumento, mentre la sua espressione si faceva sempre più torva.
Ma Abel aveva altro su cui riflettere, in quel momento, e distrarre il commissario con i suoi giochetti infantili sperava gli sarebbe risultato utile per guadagnare tempo.

Mentire equivaleva a lasciare i poliziotti nella loro ignoranza, con la probabilità che avrebbero continuato ad additare i licantropi – tutti – come colpevoli di quell'omicidio, fomentando la paura nella popolazione.
E nella situazione sociale-politica in cui si trovavano poteva davvero rivelarsi un guaio enorme.

Proprio in quei giorni, nel Governo si stava discutendo la possibilità di modificare o addirittura eliminare la Legge. Quella con la elle maiuscola, quella che era l'incubo di tutte le creature sovrannaturali da circa vent'anni. Si sarebbe votato a giorni e non voleva essere il colpevole per cui la Legge sarebbe rimasta immutata.

Immaginava che sarebbe potuto succedere, che la Legge sarebbe potuta rimanere inalterata, o che avrebbero potuto addirittura inasprirla invece di cancellarla, se fosse saltata fuori la notizia che c'era un licantropo a piede libero che si divertiva a banchettare con la popolazione.

D'altra parte, dirgli perché effettivamente l'assassino non poteva essere un licantropo – in quel caso – avrebbe significato spiattellare al nemico uno dei maggiori segreti del Clan. Anzi, due.

Cazzo.

Abel si maledisse mentalmente per aver aperto la porta ai poliziotti, meno di una settimana prima. Per essersi presentato di sua spontanea volontà nello stesso ufficio in cui si trovava in quel momento. Avrebbe fatto meglio a farsi trascinare lì con la forza, magari con la speranza che, in un impeto di esasperazione, lo facessero fuori.

Socchiuse gli occhi, tremò.

-Allora?- lo incalzò il commissario e nello stesso istante percepì una presenza alle proprie spalle.

Baker.

Gli mise ansia accorgersi che gli si era fatto tanto vicino da poter percepire il profumo della sua eau de toilettes da quattro soldi arrivargli alle narici. Si chiuse il naso con due dita, spinse il fiato in fuori. Gli si sturarono le orecchie e il mondo parve farsi di colpo meno ovattato.
Più brutto.

-I licantropi non usano armi da fuoco-

Il commissario rizzò la testa. Ad Abel ricordò Magda, quando si sollevava sulla coda, irrigidiva spalle e collo e poi attaccava. Dritta alla giugulare.

-Perché no?-

Sono troppo umane e loro sono troppo antiquati e testoni.

Anche se, a essere sinceri, non è che ne abbiano bisogno.

Li disgustano.

Non le sanno usare... ma non fate sapere loro di averlo capito!

Alcune armi sono fatte di materiali a cui sono repellenti.

Le trovano stupide, meno efficaci della propria velocità. Meno pericolose dei propri artigli.

Nessuna delle risposte che avrebbe potuto fornirgli gli sembrava quella giusta. Nulla di quello che gli era passato per la mente avrebbe aiutato il Clan a restare al sicuro, lontano dalle attenzioni morbose del commissario e dell'A.S.S.S.

Dannazione.

Abel si strinse nelle spalle, optando per il silenzio.

-Ci sarà un motivo-

-A me non l'hanno detto- e lo fissò dritto negli occhi, cercando di non vacillare, di non farsi sorprendere nel pieno di una bugia.

-Io non vi tradirò-

-Per difendere me, hai già accettato di schierarti dall'altra parte-

-Ma hai visto quello che hanno fatto alla vittima!- urlò l'Ispettore Baker, passando a dargli del tu.

Abel sussultò. -Non è come pensate-

-Quella di oggi non era la prima scena del crimine con queste caratteristiche. Signor Schmidt, potrebbe trattarsi di un seriale, di una creatura fuori controllo...-

-Wagner- disse soltanto il commissario e l'agente si zittì.

Abel aggrottò la fronte. Forse avrebbe dovuto dare un pasticcino all'Agente Wagner, dopotutto, per ringraziarlo della facilità con cui fino a quel momento gli aveva fornito dettagli interessanti sul suo stesso lavoro. Dettagli che – era quasi certo – i suoi colleghi avrebbero preferito tacere con lui.

-Allora com'è?- chiese il commissario, tornando a incalzarlo.

Abel chiuse gli occhi e scosse la testa, ricacciando indietro nella gola l'ultimo caffè che gli era rimasto in pancia. -Non a sangue freddo- sussurrò e il prolabio tornò a inumidirsi.

Se lo asciugò malamente con una mano. Non poteva spifferare loro che Saul aveva proibito al Clan di attaccare gli essere umani, che per salvaguardare il più possibile la propria famiglia aveva reso illegali alcune pratiche che per la loro specie erano addirittura naturali. Che attaccare un umano era consentito solo ed esclusivamente per autodifesa.
Ma le parole gli rimasero piantate nella gola, per fortuna.

-Che intende?- lo incalzò il commissario con voce pacata.

Abel rabbrividì ancora. Detestava la flemma di quell'uomo. Sarebbe stato sicuramente più facile per lui prendere parte a una bella litigata, sfogarsi. Controbattere alle domande incalzanti del commissario che continuava a parlargli come se stessero discutendo del più del meno, invece, gli stava risultando più difficile. 

-Quello che sapevo ve l'ho detto- disse.

-Lei mente-

-Non avete prove che io stia mentendo-

Il commissario gli rifilò il suo sorriso raggelante, antipatico, inquietante. Il sorriso che Abel aveva già iniziato a classificare come indigesto.

-Vero. Ma se le trovassimo, le posso assicurare che il nostro patto verrebbe immediatamente meno- il commissario prese una pausa prima di riprendere a parlare. -Non vuole rivedere la sua ultima risposta?-

Abel fissò gli occhi in quelli dell'uomo, cercando di ignorare Baker che ancora incombeva alle sue spalle.

Davvero, sentiva che lo stavano sottovalutando.

Non aveva avuto ancora modo di darsi risposte esaustive sui veri perché avessero portato quegli uomini sulla sua strada, cosa loro si auguravano davvero di ottenere da quella stramba collaborazione, ma era certo che non avrebbe permesso a nessuno di trasformarlo in una marionetta.

Si schiarì la gola e sorrise serafico. -No. Ho detto la verità: non ho altro da aggiungere-

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