6 minacce
"vi ucciderò"
"Morirete"
"Di addio ai tuoi figli"
"So dove sei."
"Non puoi nasconderti per sempre."
"Ti sei dimenticata di me?"
"Tutto torna, prima o poi."
"Hai scelto male, Rose."
"Lui non può proteggerti."
"Guarda alle tue spalle."
"Ti osservo."
"Sei ancora mia."
"Non farò lo stesso errore due volte."
"Ti riprenderò, che tu lo voglia o no."
"Vuoi che i tuoi figli paghino per le tue scelte?"
"L’amore che avevamo non finisce così."
"Non hai via di scampo, Rose."
Jack
Rose dormiva profondamente accanto a me.
La sua respirazione era lenta, regolare, e nel silenzio della notte sembrava quasi una melodia rassicurante.
Io, invece, non riuscivo a chiudere occhio.
Era come se qualcosa dentro di me mi tenesse sveglio.
Un presentimento.
Un’ombra nella mente che non voleva andarsene.
Dopo un po’, decisi di alzarmi.
Con movimenti lenti, scivolai fuori dal letto senza svegliare Rose.
Sentivo la gola secca.
Un bicchiere d’acqua, forse, mi avrebbe aiutato.
Scendendo le scale, ogni passo sembrava più pesante del precedente.
La casa era avvolta in un silenzio irreale, il tipo di silenzio che ti fa tendere l’orecchio, come se stessi aspettando qualcosa.
Entrai in cucina e aprii l’armadietto. Presi un bicchiere e lo riempii d’acqua.
Bevvi a grandi sorsi, cercando di scacciare quella strana sensazione.
Poi, deciso a mangiarmi uno yogurt, aprii il cassetto della cucina per prendere un cucchiaino.
E lì lo vidi.
Un pezzo di carta, piegato male.
Sembrava un biglietto qualsiasi, ma qualcosa mi spinse a prenderlo. Lo aprii, e le parole scritte mi fecero gelare il sangue.
"Attenta.
April.14.1912"
Il bicchiere mi scivolò quasi di mano.
Che diavolo significava?
Chi aveva scritto questo biglietto?
E perché era nascosto nel cassetto?
Alzai lo sguardo, improvvisamente vigile.
L’aria sembrava più pesante. Poi, un rumore.
Un suono appena percettibile, ma abbastanza per farmi fermare.
Veniva dal piano di sopra.
Mi irrigidii, il cuore che prese a battere forte.
Chiusi il cassetto lentamente, cercando di non fare rumore. P
oi iniziai a salire le scale, un gradino alla volta, ogni fibra del mio corpo in allerta.
Quando arrivai al piano superiore, il rumore si fece più chiaro.
Un fruscio, un movimento leggero.
Mi mossi verso la camera dei bambini.
Aprii piano la porta, e quello che vidi mi fermò il cuore.
C’era un uomo.
Indossava una maschera scura, qualcosa che copriva quasi tutto il viso.
Ma non era solo quello.
Teneva un coltello. Un coltello puntato contro Tommy.
Il mio sangue si gelò e si incendiò allo stesso tempo.
Tommy era immobile, il suo piccolo corpo tremante. Ellie nel lettino aveva iniziato a piangere piano, quasi soffocata dal terrore.
"Lascia stare mio figlio," ringhiai, con una rabbia che non avevo mai provato prima.
L’uomo si girò verso di me, senza dire una parola.
Solo un attimo di esitazione, poi si mosse.
Scattò in avanti, il coltello che brillava sotto la luce fioca della lampada notturna.
Non pensai, agii.
Mi lanciai contro di lui con tutta la forza che avevo, lo colpii con il peso del mio corpo.
Andammo a sbattere contro la parete, facendo tremare la stanza.
Lottammo.
Le sue mani cercarono di affondare il coltello nella mia carne, ma io le afferrai, spingendole via con tutte le mie forze.
Lui era forte, ma io avevo qualcosa che lui non aveva: la paura di perdere la mia famiglia.
Sentii una lama sfiorarmi il fianco, il dolore esplose come fuoco nella mia pelle, ma non mi fermai.
Con un pugno cieco colpii la sua mascella, poi un altro, fino a farlo indietreggiare.
Respiravo a fatica, il dolore che pulsava nella ferita.
Ma lui era più veloce.
Prima che potessi fermarlo, si girò e scattò fuori dalla stanza, correndo verso le scale.
Mi alzai di scatto, ignorando il dolore, ma quando arrivai all’ingresso, la porta era già aperta.
L’uomo era svanito nella notte.
Mi appoggiai al muro, il fianco che bruciava, il sangue che iniziava a inzuppare la maglietta.
Dietro di me, Tommy era ancora paralizzato, gli occhi enormi e lucidi. Ellie singhiozzava.
Poi sentii un rumore alle mie spalle.
Rose.
Era sulla soglia della porta, i capelli arruffati, gli occhi spalancati dall’orrore.
Guardò prima me, poi il sangue sulla mia camicia, poi Tommy ed Ellie.
Il suo viso si sbiancò.
"Jack…"
Non riuscì a dire altro.
Mi passai una mano sulla ferita, cercando di fermare il sangue.
Il mio respiro era irregolare, ma la mia mente era lucida.
Era il momento della verità.
"Rose…" dissi piano, guardandola negli occhi. "Chi cazzo era quello?"
Lei impallidì ancora di più.
Il suo sguardo cadde su Tommy, che tremava ancora, e su Ellie, che si stringeva le coperte attorno a sé.
Poi tornò a me.
E nei suoi occhi vidi qualcosa che mi spaventò più dell’uomo con il coltello.
Segreti.
Bugie.
E una verità che fino a quel momento aveva tenuto nascosta.
Rose
Il sangue non smetteva di scorrere.
"Jack, devi stare fermo!" esclamai, premendo la garza sulla ferita.
Lui si contorse, stringendo i denti. Il dolore lo faceva rabbrividire, ma non era solo quello. C’era qualcosa di più profondo che lo stava facendo impazzire.
Avevo visto il suo sguardo cambiare nel momento in cui aveva trovato quel biglietto. Sapevo che stava collegando i pezzi.
Non potevo più nasconderlo.
Ma prima, dovevo sistemare la sua ferita.
"Fermo," ripetei, con voce più dura. "Se continui a muoverti, peggiorerai le cose!"
Jack sbuffò, ma rimase immobile mentre passavo il disinfettante sulla ferita.
Poi, all’improvviso, scoppiò.
"Rose, cosa cazzo sta succedendo?" urlò.
Mi fermai di colpo, il fiato mozzato.
"La verità. Adesso." La sua voce era dura, ma gli occhi… gli occhi erano feriti.
Deglutii. Avevo sempre saputo che questo momento sarebbe arrivato. Non avevo mai voluto mentirgli, ma avevo avuto paura. Paura di cosa avrebbe pensato. Paura di metterlo in pericolo.
Ora, però, non potevo più nascondere nulla.
Mi sedetti accanto a lui, lasciando che il silenzio tra noi si allungasse per qualche secondo.
"Jack," iniziai, con un filo di voce. "C'è qualcosa che non ti ho mai detto."
Lui rimase in silenzio, ma il suo respiro si fece più pesante.
"Quel biglietto…" presi un respiro profondo. "Non è il primo che ricevo."
Jack si irrigidì.
"Cosa?"
"Ce ne sono stati altri."
Si tirò su di scatto, ignorando il dolore. Il suo sguardo era incandescente.
"Da quanto tempo?"
Abbassai lo sguardo.
"Settimane."
Fu come se avessi acceso una miccia.
"SETTIMANE?!" urlò, facendo sobbalzare Tommy ed Ellie dall’altra stanza. "E NON ME NE HAI MAI PARLATO?!"
"Jack…" provai a calmarlo, ma lui si alzò di scatto, stringendo i pugni.
"Tu… tu hai mentito a me! Hai mentito alla nostra famiglia! E ora un uomo con un coltello è entrato in casa nostra!"
La sua voce rimbombò nelle pareti, riempiendo l’aria di tensione.
Sentii le lacrime pungere i miei occhi, ma le ricacciai indietro.
"Non volevo che ti preoccupassi," sussurrai.
"NON VOLEVI CHE MI PREOCCUPASSI?" rise, ma era una risata amara, spezzata. "Rose, qualcuno ci sta minacciando e tu hai pensato che fosse meglio tenermelo nascosto?!"
Scosse la testa, come se non riuscisse a crederci.
"Che altro non mi hai detto?"
Quella domanda mi colpì come uno schiaffo.
"Jack…"
"No, Rose. Dimmi tutto. Ora."
Deglutii.
"Ho paura di perdere te! Non so chi c'è lha con noi...ma...ma"
Mi sentivo svuotata. Esausta. Come se ogni energia dentro di me fosse stata risucchiata via.
Jack era ancora lì, davanti a me, con la maglietta sporca di sangue e il fianco fasciato alla meglio. Ma adesso non c’era più rabbia nei suoi occhi. Solo preoccupazione.
Il silenzio tra noi era denso. Io non riuscivo a smettere di tremare. Sentivo le mani fredde, la gola stretta.
Lui mi guardò, aspettando. Sapeva che dovevo dirgli qualcosa. Qualcosa di grosso.
Abbassai la testa, lasciando che le lacrime iniziassero a scendere senza più trattenerle.
"Jack…" la mia voce era solo un sussurro spezzato. "Io… io ho paura."
Lui si avvicinò, cauto, come se avesse paura di toccarmi e farmi a pezzi.
"Paura di cosa, Rose?" chiese, piano.
Strinsi le braccia attorno a me, cercando di trovare il coraggio di dirlo ad alta voce.
Deglutii a fatica.
"Credo di sapere chi è," confessai, il cuore che batteva forte. "Chi sta lasciando quei biglietti… chi ha mandato quell’uomo stanotte."
Jack non disse nulla. Ma vidi il suo respiro farsi più lento, più controllato.
Era pronto a sentire la verità.
Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano, ma altre presero il loro posto.
"È Cal."
Jack si irrigidì.
"Cal?" ripeté, confuso.
Annuii, singhiozzando.
"Caledon Hockley," mormorai, sentendo il suo nome bruciarmi sulle labbra. "Il mio ex."
Jack rimase immobile. Poi, piano, si appoggiò alla sedia.
Ricordava quel nome.
Gliene avevo parlato anni prima, all’inizio della nostra storia. Gli avevo raccontato di lui, di come fosse stato possessivo, manipolatore. Di come mi avesse fatto sentire intrappolata.
Ma non gli avevo mai detto tutto.
E ora, il passato stava tornando a cercarmi.
Jack si passò una mano tra i capelli, chiudendo gli occhi per un istante.
"Sei sicura?"
Scossi la testa, sconvolta.
"Sì," singhiozzai. "Lo so. Lo sento. Lui non ha mai accettato che io l’abbia lasciato. Non ha mai accettato che io abbia scelto te."
Jack mi guardò con un’intensità che mi fece tremare.
"E tu hai paura che torni per riprenderti?"
Mi coprii il volto con le mani.
"Sì," sussurrai. "E non ho mai avuto così tanta paura in vita mia."
Jack si avvicinò, prendendomi delicatamente le mani. Me le strinse, forte.
"Rose, guardami," disse.
Lo feci, anche se i miei occhi erano pieni di lacrime.
"Non permetterò che ti tocchi," promise, la sua voce roca. "Non permetterò che si avvicini a te, o ai bambini. Mai."
Scossi la testa.
"Jack, non capisci," singhiozzai. "Lui ha potere. Ha soldi. Ha sempre avuto tutto ciò che voleva. E ora vuole me."
Jack strinse la mascella.
"Non avrà niente," ringhiò. "Non senza passare sopra il mio cadavere."
Mi gettai tra le sue braccia, stringendolo come se fosse la mia ancora.
"Non voglio perderti," piansi contro il suo petto.
"Lui non ti porterà via da me," sussurrò Jack, baciandomi i capelli. "Te lo giuro."
Ma dentro di me, una parte di me sapeva che Cal non si sarebbe fermato.
Non finché non avesse avuto ciò che voleva.
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