5 problemi...

Rose

Non mi aspettavo niente di particolare oggi.

Il sole filtrava attraverso le tende della cucina, proiettando ombre leggere sulle piastrelle.

Tommy ed Ellie erano in soggiorno, immersi nei loro giochi.

Jack era uscito presto, in cerca di lavoro, e io mi ero ritrovata sola con i miei pensieri, come al solito.

Ma poi, mentre sistemavo il tavolo della colazione, ho visto qualcosa sulla soglia di casa. Un piccolo foglio bianco, piegato in due.

All'inizio ho pensato fosse pubblicità, uno di quei volantini che ogni tanto lasciavano per strada.

Ma c’era qualcosa di strano.

Qualcosa di sbagliato.

L'ho raccolto con esitazione, il cuore che già batteva forte prima ancora di sapere il perché.

L’ho aperto lentamente, e il respiro mi si è fermato in gola.

"Attenta...
April. 14. 1912"

Queste parole, scritte con un inchiostro nero e tremante, hanno gelato il sangue nelle mie vene. Era una minaccia.

Una minaccia vera.

Ho guardato intorno, istintivamente, cercando qualche segno di chi potesse averlo lasciato.

Ma la strada era vuota.

Solo il vento che muoveva le foglie. Solo il silenzio.

Ho sentito un brivido salirmi lungo la schiena.

Cosa significava?

Chi mi stava minacciando?

E perché?

Ho stretto il biglietto tra le dita, come se potessi spezzare la paura schiacciandolo.

Non volevo farmi vedere scossa dai bambini, non volevo che Tommy o Ellie si accorgessero che c’era qualcosa che non andava.

Così ho preso il foglio, l’ho infilato nel cassetto della cucina e ho provato a dimenticarlo.

A ignorarlo.

Ma non potevo.

______

Più tardi, quando Jack è tornato a casa, i bambini gli sono corsi incontro ridendo.

Lui li ha sollevati entrambi tra le braccia, baciando Ellie sulla fronte e scompigliando i capelli di Tommy.

"Ho trovato lavoro!" ha annunciato, con un sorriso stanco ma soddisfatto.

Mi si è sciolto qualcosa dentro.

Finalmente, una buona notizia.

“Dove?” ho chiesto, cercando di scacciare l’ansia che ancora mi stringeva lo stomaco.

“Da un meccanico in città. Luigi mi ha fatto assumere dal suo capo. Non è granché, ma è qualcosa.”

Ho annuito, sforzandomi di sorridere. Lui sembrava felice, e non volevo rovinare quel momento.

Ma non riuscivo a non pensare a quel biglietto.

---

Più tardi, mentre Jack giocava con i bambini nel soggiorno, io mi sentivo sempre più strana.

Una nausea sottile, un malessere che non riuscivo a ignorare.

Lui ha notato subito il mio viso teso.

"Rose? Va tutto bene?"

Ho scosso la testa.

Il mondo intorno a me sembrava oscillare, la vista mi si appannava.

Mi sono alzata di scatto, cercando di raggiungere il bagno.

Jack mi ha seguito subito, mi ha preso per un braccio prima che potessi vacillare.

Appena arrivata, sono crollata in ginocchio davanti al water.

E ho vomitato.

Ancora.

Ancora.

Jack si è inginocchiato accanto a me, preoccupato.

Mi teneva i capelli indietro, mi accarezzava la schiena mentre il mio corpo si svuotava in spasmi dolorosi.

Quando finalmente mi sono fermata, mi sono seduta sul pavimento, esausta.

Il respiro pesante.

Jack mi ha guardato negli occhi, e ho visto la sua espressione cambiare.

"Rose…" ha detto piano, con un’intuizione improvvisa. "Da quanto tempo…?"

Ho capito cosa stava chiedendo.

Il mio cuore ha saltato un battito.

Ho fatto un rapido calcolo nella mia testa. Il mio ciclo… era in ritardo.

Non di poco.

L’ho guardato con occhi spalancati.

Jack ha sorriso piano, come se non volesse darmi false speranze.

Ma nei suoi occhi c’era qualcosa.

"Potresti essere incinta," ha detto, quasi un sussurro.

Ho sentito il mondo fermarsi per un attimo.

Incinta.

Ho posato una mano sul mio ventre, come se potessi già sentire qualcosa.

"Non lo so…" ho sussurrato. "Non ci avevo nemmeno pensato."

Jack mi ha preso le mani tra le sue, il suo tocco caldo contro la mia pelle fredda.

"Facciamo un test," ha detto. "Solo per esserne sicuri."

Ho annuito, anche se dentro di me il cuore batteva all’impazzata.

Non sapevo se avere paura o sperare.




Quella sera, con il test tra le mani, mi sono chiusa in bagno.

Jack aspettava fuori, seduto sul letto con le mani intrecciate. Potevo sentire il suo respiro nervoso anche attraverso la porta.

Ho guardato il bastoncino bianco, il cuore in gola.

Uno.

Due.

Due linee rosa.

Incinta.

Mi sono seduta sul bordo della vasca, sentendo le gambe cedere sotto di me.

Jack ha bussato piano.

"Rose? Ci sei?"

Non riuscivo a parlare.

Lui ha aperto piano la porta, mi ha trovato lì, ferma, con il test tra le dita tremanti.

I suoi occhi hanno trovato i miei, poi si sono abbassati verso il bastoncino.

Un silenzio.

Poi un sorriso incredulo ha iniziato a formarsi sul suo viso.

"Sei incinta...il nostro 3 figlio!"

Ho annuito, senza fiato.

Lui mi ha presa tra le braccia, mi ha stretta forte.

"Ehi," ha sussurrato, la voce rotta dall’emozione. "Andrà tutto bene. Ti prometto che questa volta andrà tutto bene."

Ho nascosto il viso contro il suo petto, lasciando che le lacrime scendessero.

Ma dentro di me, qualcosa mi diceva che non sarebbe stato così semplice.

C’era ancora quel biglietto.

Quelle parole minacciose.

E il senso di pericolo che non mi abbandonava.

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