capitolo Aiden
Aiden
Arrivo alla galleria d'arte cinque minuti dopo l'orario di chiusura, mi scontro con l'ultimo gruppo di visitatori del giorno.
La ragazza alla reception avvisa subito Violet al telefono del mio arrivo e mi accompagna nella sala principale dove c'è il primo quadro che ci interessa, ovvero, le ninfee di Monet.
Poso sulla panca in legno la borsa blu con dentro la fotocamera e i due obiettivi che mi serviranno, mi avvicino al quadro e poso a terra il borsone nero contenente il faretto con l' asta smontata.
Con delicatezza apro il borsone ed estraggo i vari pezzi e lo compongo.
Non ho voluto nessun altro intorno rifiutando qualche collaboratore dell'agenzia che in genere mi aiuta nei vari servizi fotografici.
Stasera sarò da solo, lavoro meglio in solitaria, ma soprattutto, voglio restare solo con lei e continuare il gioco iniziato l'ultima volta.
Il piccolo fiorellino crede di poter dare il via ad una partita di seduzione con me e uscirne vincitrice? Non sa con chi ha a che fare.
Ho intenzione di tormentarla un po'.
Aggancio le varie aste fra loro e monto il supporto al faro, che collego subito, rivolgo la luce verso il quadro e ne regolo l'intensità, ad un tratto il rumore di tacchi mi fa voltare.
Ogni muscolo si ferma, resto con le mani a mezz'aria vicino il faretto, devo sbattere le palpebre più volte per essere certo di non avere allucinazioni, per essere certo che la visione davanti a me sia lei in carne ed ossa.
La voglia di andare da lei e toccarla sembra quasi un bisogno, ma che diavolo mi succede?
Mi volto nuovamente verso il quadro, sperando di trovare la lucidità che mi contraddistingue, io non mi lascio mai trasportare dalle emozioni, sono un tipo molto freddo e pragmatico.
Continuo nel mio lavoro, regolata la luce giusta, vado a prendere la fotocamera, monto l'obiettivo, in rigoroso silenzio, ignorando Violet e l'amica, almeno ci sto provando perché Patty inizia a chiedermi informazioni sul da farsi, dalla posa, al profilo migliore.
Mentre la bruna continua a gesticolare e straparlare, mi avvicino a lei, poso il braccio sulla sua spalla e inizio ad accompagnarla verso l'uscita.
" Cara mia, adesso dobbiamo salutarti, perché io e la mia modella abbiamo bisogno di intimità per catturare la sua essenza e dare il meglio."
Gli occhioni neri di Patty mi guardano confusi mentre i suoi piedi barcollanti oltrepassano la porta d'ingresso della sala principale.
"Sono certo che Thomas sarà felice se lo chiamerai."
Le faccio 'ciao' con la mano e chiudo le enormi ante della porta praticamente contro il suo nasino.
Mi volto verso la mia preda, vederla così conciata, per quanto stupenda, mi stranisce.
Il mio passo è deciso e con altrettanta decisione mi avvicino al suo viso come un lupo famelico, Violet fa un passo indietro per la sorpresa ma non mi respinge.
"Allora, fiorellino, siamo rimasti soli."
Sussurro ad un soffio da lei, dalle sue labbra che calamitano il mio sguardo e devo mandare giù il nodo che mi si forma in gola.
La mano corre ai suoi capelli sfilando la grande forcina, o quello che è, piena di Swarovski, i lunghi boccoli color cioccolato ricadono sulle sue spalle nude.
"Ma..."
Ignoro le sue domande e accarezzo una ciocca sistemandogliela dietro l'orecchio.
"Mi piacciono i tuoi capelli."
Osservo i suoi occhi, le pagliuzze dorate che affogano nel caramello delle sue iridi, la pelle olivastra sembra quasi di seta e vorrei tanto accarezzarla per scoprire se è davvero morbida come sembra, il nasino leggermente tondo e piccolo, ed infine quella boccuccia che mi piacerebbe molto...
"Come mai siamo soli?"
Violet disintegra le mie fantasie, ma devo ringraziarla perché mi stavo nuovamente perdendo in esse.
"Hai paura che ti mangi?"
L'angolo sinistro della mia bocca si alza appena e la guardo di sottecchi.
"Magari è così, o magari non sono io la preda."
Le sue parole mi divertono e mi stuzzicano allo stesso tempo.
Siamo ancora così vicini, tanto da non saper dire se il profumo che invade le mie narici sia mio o suo.
Un misto fra una fragranza dolce, credo pesca , misto ad un aroma frizzante, credo il mio bagnoschiuma al muschio.
Scosto i suoi capelli da un lato e
le mie labbra si dirigono verso il suo orecchio e per un attimo mi ritrovo a tener a bada la malsana tentazione di posarle nell'incavo del suo collo longilineo.
"Vorresti essere il predatore che mi dà la caccia? Puoi catturarmi quando vuoi!"
La sento trattenere il respiro e mi diverte molto questo gioco lento e provocante che abbiamo iniziato.
Mi allontano dal suo corpo a malavoglia, quando incontro i suoi occhi scorgo un barlume di eccitazione, ma mi limito a farle un occhiolino giocoso.
Afferro un clinex dalla confezione posta sullo sgabello accanto alla porta e glielo porgo.
"Togli anche il rossetto, ti preferisco al naturale, sei già perfetta."
Il mio pollice sta già sfiorando la rotondità del suo labbro inferiore e un movimento nel bassoventre mi fa agitare un attimo.
Resomi conto delle mie parole e dell'eccitazione del mio corpo, mi maledico e mi allontano da lei, raggiungo la macchina fotografica e, dopo aver schiarito la voce, indosso i panni del fotografo professionista.
Dopo essere riuscito a fatica a trovare la giusta concentrazione, riesco a mantenerla per la prima mezz'ora, riusciamo entrambi a non far trapelare l'interesse reciproco, ma quando torna da me con indosso il quarto vestito, che richiama i colori e lo stile egizio per pubblicizzare la sfinge disegnata sulla quarta borsa, faccio fatica.
Sarà che ci siamo spostati nel reparto delle sculture, sarà questa atmosfera particolare che ti riporta indietro di millenni, con luci soffuse e grandi dèi raffigurati ovunque.
Magari è il suo vestito color oro, corto fino alla coscia, o i finti diamanti sulla sua tiara che luccicano troppo, oppure è lei che sprigiona troppa luce, ma resto abbagliato nel vederla così, talmente tanto da sentire una fitta in tutto il corpo per restare fermo e non andare da lei e strapparle tutto di dosso e prenderla adesso.
Si siede per sistemare meglio il sandalo alla schiava con tacchi alti e stretti, ma non resisto e mi accovaccio davanti a Violet,afferro la sua gamba e poso il piede sul mio ginocchio.
Slaccio questo laccio che circonda il polpaccio e sfilo la scarpa, faccio la stessa cosa con l'altra, è la giusta scusa per accarezzare la sua pelle, ebbene sì, è davvero morbida.
"Ti voglio nuda."
Solo quando sgrana gli occhi mi rendo conto di ciò che ho detto e devo correggermi subito.
"Scalza, volevo dire scalza."
Le immagini di Violet nuda su quella dannata panca in legno si palesano nella mia testa dandomi il tormento.
"Potrei volerlo anche io...volevo dire... togliere finalmente i tacchi."
Mi volto di scatto, giusto in tempo per vedere le sue guance colorarsi e il suo labbro inferiore finire intrappolato fra i denti.
Tutto il mio autocontrollo e il mio buon senso se ne vanno a farsi benedire con una frase e due iridi che mi risucchiano in un vortice di perdizione.
In questo preciso istante decido che lei sarà mia.
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