Aiden

Mangia di gusto la seconda crepes piena di Nutella, emettendo un suono godurioso che arriva dritto al mio cavallo dei pantaloni, l'angolo del labbro è sporco e vorrei davvero tanto pulirla con la mia lingua.

Per quanto riesca a trattenermi, non posso dire lo stesso della mia mano che è già sul suo viso, il pollice cattura la Nutella e lo porto alle mie labbra.
I suoi occhi, intrappolati dai miei, si spalancano e le labbra restano socchiuse.
È seduta accanto a me, in questo piccolo bar vicino al museo, ed è impossibile non notare come ad un tratto stringa le gambe, segno che i suoi pensieri siano peccaminosi quanto i miei.
Un sorriso compiaciuto si disegna sul mio viso.

"Complimenti per la mostra, hai fatto davvero un ottimo lavoro, Thomas mi ha detto che dalla riuscita della serata può dipendere una promozione."
Tento di riportare sulla retta via la serata smorzando l'atmosfera che stava diventando bollente.
"Già, non sono più sicura che al mio capo basti questa mostra per decidere del mio futuro nella galleria."
Più che altro è un sussurro fra sé e sé, mi chiedo cosa voglia dire.
"Ma, tu non saresti dovuto essere a ricevere un premio per i tuoi lavori?"
"Non mi è mai importato di quelle statuette o delle prime pagine delle riviste, ciò che mi gratifica è che la gente apprezzi i miei scatti, si emozioni attraverso di loro."

Mi viene in mente ciò che ho letto nei suoi occhi quando stava osservando la foto di Marcus, poche ore fa, il dolore che vi ho letto.
"Mi piace che tu sia così trasparente, che riesca a leggere nei tuoi occhi quando ti emozioni per un quadro o uno scatto."
Abbassa lo sguardo mentre le guance si tingono di un porpora leggero.

"Perché provavi sofferenza alla vista di unamadre che stringe il figlio soldato?"
Le sue iridi corrono a cercare le mie, ma solo per pochi istanti, poi sfuggono.
Dato il suo silenzio, mi maledico per aver voluto approfondire il discorso, sto per parlare ma lo fa prima lei.
" Non ho mai avuto quel tipo di affetto dai miei genitori, nemmeno in un letto d'ospedale, sapere di non essere abbastanza ti fa crescere con il pensiero costante di essere sbagliata."

Non credevo si aprisse con me fino a questo punto e stringo forte i pugni per la rabbia improvvisa che sento crescere.
Non mi capacito del senso di protezione che nutro nei confronti di questa ragazza che conosco a malapena.
"Tu non sei sbagliata."
Affermo con forse troppo vigore.

"Lo so, grazie a Patty e a sua madre, che è diventata anche un po' la mia fin da quando ero solo una bambina, sono cresciuta con loro due."
Il sorriso forzato che prova a farmi esprimere tristezza, velata da riconoscenza.
"I tuoi genitori si vede da lontano che sono due grandi' stronzi."
Sussurro colpendo leggermente la sua spalla con la mia.
Ad un tratto scoppia a ridere e questo suono mi piace.

Ad un tratto, a seguito di questo pensiero, mi viene in mente la lista che ho in tasca e il suo contenuto.
"Vieni, voglio portarti in un posto."
Allungo la mia mano e lei non perde tempo, la afferra sorridendo.
Attraversiamo la città velocemente grazie alla mia auto parcheggiata poco distante, raggiungiamo la spiaggia, proprio il luogo esatto dove ci incontrammo la prima volta, poche settimane fa.
"Forza, andiamo."

Parcheggio e scendo dall'auto, lei mi segue chiedendo che ci facciamo qui, cosa ho intenzione di fare, ma la ignoro volutamente.
Scaravento le scarpe e i calzini in aria a casaccio, non so dove finiscono, sento solo due tonfi soffocati dalla sabbia.
Cammino a piedi nudi sentendo i granelli dorati freddi, ma è una bella sensazione data l'afa soffocante che mi ha torturato per tutto il giorno.

Per fortuna le serate estive qui a New York sono più miti ultimamente.
La luce dei lampioni sul lungomare è meno potente qui sulla battigia, loceano di fronte a me è una distesa nera, ma lo sciabordio delle piccole onde che arrivano sul bagnasciuga è quasi melodioso.
Sbottono il jeans e lo sfilo gettandolo poi sulla sabbia, la camicia scura fa la stessa fine.
"Che hai intenzione di fare?"
Con la coda dell'occhio noto le sue scarpe finire sulla sabbia.
"Faremo il bagno di notte."

Sorrido perfido quando mi volto verso di lei e con sole due falcate sono al suo fianco, mi abbasso e la carico in spalla facendola urlare per la sorpresa.
"Aiden, sei impazzito, lasciami."
Ridacchio perché con le sue parole, con le sue urla, mi sembra di rivivere la mattinata in vui la salvai, o per lo meno, credetti avesse bisogno di essere salvata.
"Sono vestita, non posso, mettimi giù."
Si dimena e per non finire entrambi a terra, esaudisco la sua richiesta.
"Andiamo, non dirmi che non hai mai voluto fare il bagno di notte, e soprattutto non dirmi che mi lasceresti farlo da solo."

La vedo riflettere, mentre osserva i miei piedi sparire in acqua, poi è il turno delle caviglie e dei polpacci, l'acqua è fresca ma non credo che i brividi che attraversano il mio corpo siano per colpa del cambio di temperatura, bensì per ciò che sto vedendo.
Violet indossa ancora quel bel vestito rosso, i capelli svolazzano per la brezza che c'è qui, le sue mani corrono ad acciuffare tutti i capelli e intrappolarli in una coda alta e disordinata.

Poi ,le dita, afferrano la cerniera laterale e la tirano giù.
"Non posso credere che sto davvero per fare il bagno quasi nuda con te."
Sussurra a sé stessa ma la parola nuda si imprime nella mia mente e non appena quel tessuto pesante finisce ai suoi piedi, il mio membro ha uno spasmo.
Le sue guance sono colorate e apprezzo molto ciò che sto guardando.
"Puoi smetterla di guardarmi così e voltarti?"
Tenta di coprirsi con la mano, imbarazzata.
"Stai scherzando? Non riuscirei a fralo nemmeno volendo."
Sorride dolcemente e non posso credere che non si renda conto di essere bellissima.

"Ho sempre voluto fare il bagno di notte, ma non potevo, poteva essere tutto rischioso per me, per il freddo, per..."
Le sfugge non appena siamo entrambi immersi, ma si rende conto di aver detto troppo e si zittisce.
" Cosa vuoi dire?"
"No, niente, solo che fino a poco tempo fa ho vissuto attraverso le sbarre di una gabbia."
Evito di chiedere altro perché è palese che non voglia rispondere alle mie domande, non posso non pensare a quella dannata lista, soprattutto al primo punto.

Vivere finalmente.

Prendo un grosso respiro e mi immergo, sento in modo ovattato la voce di Violet chiamarmi, riemergo ad un soffio da lei.
I suoi occhi scuri sono talmente vicini, le sue labbra anche, il suo corpo a pochi millimetri mi chiama.
Le mie mani raggiungono la sua schiena, un solo gesto e siamo un corpo solo.
Le gambe snelle e lunghe si agganciano al mio bacino automaticamente, le braccia stringono il mio collo.
"Che stai facendo?"
Sussurra con il respiro accelerato.
"Sccch..."

È l'unica cosa che riesco a dire e subito dopo, sono alla deriva.
Assaporo le sue labbra, sentendomi finalmente integro dopo diverso tempo, perdo ogni controllo di me e non mi premuro di rallentare, anzi, le mie dita si intrufolano fra di noi.
La sua intimità, che preme sulla mia, dolorante e dura, mi sta facendo impazzire, quindi voglio fare impazzire anche lei.
Raggiungo le sue mutandine, il tessuto è appiccicato alla sua pelle, ma riesco a scostarlo.

Iniziano i giochi.

Disegno cerchi immaginari, i mugolii che inizia ad emettere compongono una sinfonia perfetta.
"Se vuoi fermarmi è il momento adatto."
Riesco a dire fra i mille baci che riempiono l'aria di scintille pronte ad incendiare il mondo intero.
All'inizio ho qualche dubbio che mi abbia sentito visto che non riscevo risposta, ma è palese che il mio assalto sia ben gradito, soprattutto quando i movimenti del suo bacino accompagnano quelli della mano.
Sto impazzendo nel vederla così e non essere dentro di lei.

"Lasciati andare per me."
Le sussurro nell'orecchio quando capisco che è vicina all'estasi, e lo fa.
Compiaciuto, sorrido, ed è impossibile non pensare che sia una visione in questo momento.
Un lampeggiante blu attira a stento la mia attenzione, troppo impegnato a fantasticare di fare l'amore con Violet in acqua, ma poi la voce metallica che fuoriesce dall'alto parlante dalla macchina della polizia, rovina tutti i miei piani.

" È vietato fare il bagno di notte, uscite immediatamente dall'acqua."
La donna fra le mie braccia si allontana da me immediatamente, esce di corsa e tenta, con difficoltà, di rivestirsi.
La seguo e indosso i pantaloni strattonandoli un po', urlo verso il poliziotto che ci osserva.
"Scusi agente, stiamo andando via."
"Aiden Steward, non costringermi ad arrestarti, perché sappiamo entrambi che accadrà prima o poi."
Risale in auto e si allontana.

"Perché sapeva il tuo nome?"
"Diciamo che mi ritrovo spesso in situazioni e luoghi poco legali, se decido che un momento o una persona vanno immortalate, non mi importa del dove o come farlo."
Non volendo per il momento aggiungere altro la incito a raggiungere l'auto.

In poco tempo, in silenzio, raggiungiamo casa sua.
"Quindi è qui che abiti."
Davanti a me una villa enorme e lussuosa, circondata da un cancello sorvegliato da una telecamera.
"Sono stata bene questa sera, potremmo vederci domani."
Mi rabbuio al pensiero di doverla salutare, soprattutto perché sono ancora molto eccitato.
Catturo le sue labbra con passione e mi piace che lei reagisca con altrettanta grinta.
Le sue mani minute si intrufolano fra i miei capelli e tirano leggermente quando le strizzo un seno attraverso questo maledetto vestito.

Mi avvicino più di quanto potrei fare per riuscire ad essere padrone delle mie azioni.
"Pensi quello che penso io?"
Sossurro fissando quelle labbra piene e succose mentre la mano viaggia sulla sua coscia risalendo sempre di più.
Si schiarisce la gola alla ricerca di un po' di contegno.
"Io dovrei...ehm... dovrei andare."
Sfugge, letteralmente, ciò che resta è il profumo dei suoi capelli e un'erezione che fa male.

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