CAPITOLO 6 (Parte 4)
Quella stessa sera, un paio di Guardie allarmate dalle chiamate ricevute da alcune stanze del dormitorio che riferivano di forti grida e rumori, entrarono nella stanza delle tre ragazze e le rimproverarono aspramente. Notarono la porta fatta a pezzi, i detriti, il vomito per terra. Ma non vedevano lo strano liquido nero, era per loro invisibile, così come non avvertivano quella nauseante puzza. Le ragazze si giustificarono dell'accaduto inventando di avere avuto una semplice litigata. Vista l'ora, le guardie non presero provvedimenti e, con stupore per le tre amiche, nei giorni successivi non furono prese sanzioni. Appena le guardie se ne andarono, le tre ragazze si trasferirono in una stanza vuota in fondo al corridoio, perché ormai la loro era un'autentica discarica. Jennifer aprì la porta chiusa a chiave forzando la serratura con i suoi poteri e tutte e tre le amiche entrarono. Usarono la vasca per lavarsi (dopo averla prima pulita per bene con degli stracci e della candeggina, visto che per anni non era mai stata utilizzata) e mentre si insaponavano a vicenda, scoppiarono a piangere: si sentivano come umiliate. Il demone non le aveva ferite sul corpo, ma lo aveva fatto nell'animo. Riuscirono a recuperare tutti i vestiti che per fortuna erano chiusi negli armadi e nei cassetti e li portarono nella loro nuova dimora. Si fecero quasi le quattro del mattino prima che ebbero finito. Si addormentarono, seppur con difficoltà. Pochissime ore dopo si sarebbero dovute svegliare per andare a scuola.
Durante le lezioni, furono portate in infermeria perché avvertirono un forte senso di nausea, dolori addominali e mal di testa quasi nello stesso momento. Gli fu misurata la temperatura corporea e gli inservienti constatarono che avevano la febbre. «Jennifer, secondo te è colpa di quella robaccia nera?» chiese preoccupata Sophia. «Può essere» rispose Jennifer un po' alla cieca. «Io non voglio morire e nemmeno il signor Coniglio» si preoccupò Taylor. «Tranquilla piccola, andrà tutto bene» la rassicurò Jennifer. Era convinta davvero che sarebbe passato in fretta quel malanno. Guardò Taylor e le sorrise. La bambina ricambiò con una risatina allegra e simpatica. Jennifer e Sophia amavano quella risata così bambinesca, le faceva ritornare a quelle volte (poche) che anche loro erano divertite da bambine. Sarebbero volute tornare indietro solo per riprodurre quelle risate e sentire di nuovo quella contentezza. Ma quei tempi erano già finiti da un bel pezzo. Solo brandelli di fanciullezza erano rimasti loro, la vita le aveva costrette a lanciarsi nell'età adulta, e senza paracadute. Se ne stavano tutte e tre sul lettino, una accanto all'altra, spalla contro spalla, a contemplarsi i piedi penzolanti. «Dobbiamo metterci lo smalto anche lì» sentenziò Sophia. Jennifer annuì con convinzione. «Io voglio quello giallo» ridacchio Taylor. «No Taylor, quello giallo è per l'estate, ora è ancora inverno» rispose Sophia quasi con rimprovero. Taylor fece una smorfia di disapprovazione gonfiando le guance e stringendo le labbra. Mise le mani conserte e sbuffò alacremente. Jennifer si mise a ridere. Quella fu l'ultima volta in quella settimana. Passarono i giorni successivi a letto nella loro nuova stanza. Tre volte al giorno gli inservienti passavano per portare loro il cibo. Quando chiesero alle ragazze perché avessero cambiato stanza, Sophia rispose stizzita: «non avete proprio il senso della moda e dell'estetica! Bisogna cambiare abitazione ogni tanto, altrimenti stanca!». Roteava gli occhi e aveva un'aria di (finto) disgusto e ciondolava la mano come una vera e propria snob, notò con curiosità Jennifer. Ma sapeva che l'amica era sfinita nell'animo. Sophia avrebbe voluto urlare gli inservienti: «abbiamo cambiato stanza perché l'altra è piana di sangue e vomito nero stupidi idioti, solo che voi non potete vederlo perché... perché... che cazzo ne so perché non potete vederlo!». E lo avrebbe fatto, ma la forza morale emanata da Jennifer e l'idea di essere strapazzata dal dottor Brandt come un uovo in padella la fecero desistere dall'intento.
Quei giorni a letto la febbre fu terribile e i dolori di stomaco insopportabili. Rimisero più e più volte, così tanto che i medici furono costretti a dare alle ragazze farmaci antiemetici, tachipirina per abbassare la temperatura corporea e antibiotici ad ampio spettro. Il sabato successivo la febbre era ormai passata e le ragazze stavano già molto meglio, dopo nove giorni di autentiche sofferenze. La domenica pomeriggio, ristabilitesi del tutto («questi mutanti hanno una capacità di recupero a cui non mi abituerò mai» notò stupito uno dei medici) decisero di respirare l'aria fresca di febbraio. La neve si era sciolta, ma per le quarantotto ore successive erano previste forti nevicate e una tormenta di neve. Verso le tre di quel pomeriggio, Jennifer Pittsburgh, Taylor Rosenthal e Sophia Williams sbucarono in Small Alley, una scorciatoia che portava dalla Main a Violet Market e s'imbatterono in Leonard Star, Chris Light, Thomas Watt, Lucas Kirchner ed Edward Kasparov. «Ciao ragazze! Eravamo in pensiero per voi!» salutò Leonard con occhi brillanti. Scrutava Jennifer come se avesse visto una dea e la ragazza a quelle attenzioni così evidenti arrossì. «Ciao ragazzi!» risposero in coro le tre amiche. «Ma che vi è successo?» chiese con una punta di preoccupazione Lucas. «Ora non ci va di parlarne... siamo state poco bene» tagliò corto Sophia. «L'importante è che ora stiate bene, señoritas» disse Thomas facendo un inchino. «Chris e Leonard erano quelli più preoccupati per voi» disse indicando i due ragazzi, che divennero così paonazzi che un pomodoro a confronto sarebbe risultato pallido. A Jennifer e Sophia sembrava incomprensibile il motivo per cui i due ragazzi erano arrossiti. «Allora, la chiudiamo questa partita, sì o no?» pronunciò Lucas, stemperando l'imbarazzo di quel momento. «Certo!» rispose Chris. Lo guardò appena, poi voltò subito lo sguardo verso Sophia. Notava che aveva i capelli sciolti. Una fiammata lo prese per la gola e si curvò in avanti, a voler mettere freno ai suoi impulsi. Sarebbe sembrato imbalsamato, agli occhi di un osservatore esterno.
«Ragazze, avete cambiato look! Sophia con i capelli sciolti e Jennifer senza cappello... state benissimo!» pronunciò Thomas con sincerità. Le ragazze divennero rosse e abbassarono lo sguardo. Sophia lucidò pomposamente le unghie sul giubbino e ridacchiò. «Possiamo giocare anche noi?» pregò Jennifer con voce fioca. «Certo» esaudì Leonard senza esitare, incapace di negarle qualsiasi cosa. «Forza, prendete le palline». «Prima le signore» disse Thomas. «Basta con questa stronzata del prima le signore, lanciate prima voi!» ribatté stizzita Jennifer. Sophia annuì in segno di rispetto e approvazione. Provava grande gioia e gonfiò il petto. Perfino Taylor fece un segno di approvazione con il capo. I ragazzi invece trasecolarono. Jennifer che risponde in modo volgare e con tanta foga? Provarono imbarazzo e anche un pizzico di timore. Se era stata in grado di spiaccicare al muro con la sola forza del pensiero John Harris e di farlo svenire, di rimanere immune alle allucinazioni provocate da un demone e di aver sondato la mente di quest'ultimo conservando anche l'integrità mentale, allora farla arrabbiare non era la scelta più felice. I ragazzi avevano capito che è meglio obbedire agli ordini di una donna, specie se si tratta di una donna mutante. Abbassarono lo sguardo con espressione molto assorta e pensarono in sincronia che alle ragazze fosse successo qualcosa di molto grave. Pensarono al peggio e una mezza idea già se l'erano fatta. Il più ansioso di tutti, però, sembrava Lucas.
Prima tirarono i ragazzi. Stabilirono di non poter usare alcun potere. Lanciavano le palline contro la parete posteriore di un vecchio supermercato di Violet Market. Qualche volta le palline colorate toccavano il muro rimbalzando indietro. Fecero più turni, ma, tranne uno in cui vinse Leonard, gli altri quattro se li aggiudicò Sophia. «Impoffibile, hai battuto pure Leonard» commentò sbalordito Ed. I ragazzi si sentivano un po' imbarazzati e umiliati. «Perché non posso averlo battuto!? Siamo mutanti alla fine, quindi le forze si equivalgono. E poi le ragazze sono forti e coraggiose quanto gli uomini!» sentenziò in modo grave Sophia. «Ha ragione!» rincarò la dose Jennifer. «Sophia, Jennifer, ma non c'è bisogno di scaldarsi tanto, state calme» disse Leonard in tono rassicurante, sollevando le mani, come a voler frenare quella tempesta femminile. Leonard, quasi per istinto, si diresse verso Jennifer e lo stesso fece Chris con Sophia. Leonard avrebbe voluto consolare e abbracciare Jennifer, perché si era accorto che nei suoi occhi brillavano due lacrime e quelli di Sophia erano identici. Anche Taylor sembrò avere dei tremiti e un paio di lacrime stavano per traboccare anche dai suoi occhi. Passarono pochi secondi, quando tutt'e tre, come sincronizzate, si misero a piangere. I ragazzi osservavano con imbarazzo. Ed e Thomas si chinarono per raccogliere le palline da terra, con diligente impegno. Nonostante piangesse, Leonard notò la bellezza di Jennifer. Era così bella che si sentì impotente. Una bellezza esagerata. Leonard si voltò d'istinto verso Chris e notò che il suo amico stava fissando Sophia sconsolato. Giudicò che anche lui provava lo stesso sentimento per la ragazza. «Su con il morale» disse Chris, pur sapendo che un simile incoraggiamento sarebbe suonato come il più idiota e stupido possibile, ma fu incapace di dire qualcosa di più utile. Lucas se ne stava assorto nei suoi pensieri, con le mani nei pantaloni, a fissare il cielo grigiastro e candido. Gli sguardi degli altri ragazzi, intanto, si erano posati anche sulla piccola Taylor. Faceva sempre pena vedere una bambina piangere in quel modo. Avvertirono tutti un nodo alla gola. Quando Ed ebbe finito di raccogliere le ultime palline, sentì il desiderio di consolarla, come un genitore con sua figlia. Si diresse verso di lei e le mise una mano sulla spalla. La bambina si voltò verso di lui e si buttò fra le sue braccia, inzuppandogli il cappotto di lacrime. Ed, in un gesto istintivo, le accarezzò la testa. Gli altri ragazzi sorrisero a quella scena così dolce. Quando le ragazze smisero di piangere, Lucas allungò loro dei fazzolettini. Taylor, Sophia e Jennifer si asciugarono i visi e si soffiarono il naso. La sinfonia di quei mocci sbarellati verso l'esterno fece un po' senso ai membri maschi degli Sfigati. Le ragazze si nascosero il volto fra le mani per non lasciar vedere gli occhi bagnati e le chiazze rosse sulle guance.
«Grazie ragazzi» disse Jennifer singhiozzando. «Vi chiedo scusa, siete stati carini» ribatté Sophia. «I ragazzi sono bravi» disse sorridendo Taylor. Arrossirono tutti e i maschietti abbassarono lo sguardo. Thomas cominciò a fischiettare, quando all'improvviso gli partì un rutto che sembrò come il rintocco di una campana. Si mise la mano davanti alla bocca dalla vergogna. «Non abbiamo capito Thomas, puoi ripete più forte?» chiese Lucas e tutti gli altri scoppiarono a ridere. «Basta ragazzi» supplicarono Jennifer e Sophia. «Ci fate morire dalle risate». «Bacio per tutti i ragazzi» trillò Taylor con una ritrovata allegria. «Concordo!» sentenziò Sophia. Le due ragazze e la bambina baciarono a uno a uno tutti i ragazzi. Tutti loro divennero paonazzi, soprattutto Leonard, quando fu baciato da Jennifer, e Chris, quando fu baciato da Sophia. Taylor intanto s'era appiccicata a Ed e non lo lasciava più andare. Si era avvinghiata a lui e se lo stava sbaciucchiando sulle guance. «Taylor bafta, Taylor bafta! Aiutatemi!» strepitò il ragazzo. Lucas fu costretto a staccare con la forza Taylor da Ed. In ogni caso, quella sera, prima di addormentarsi, Leonard e Chris avrebbero sognato quei baci e avrebbero rivissuto quei momenti per almeno centomila volte. Magari mi avesse baciato in bocca, pensò Leonard. Merda, mi sta diventando duro, pensò invece Chris. «Siete sicure che v'è passato tutto?» s'informò Thomas. Le ragazze annuirono. «Noi non volevamo prendercela con voi è che... è per quello che è successo la settimana scorsa, che è anche il motivo per cui siamo state assenti da scuola» esitò Jennifer, dando una rapida occhiata a tutti i ragazzi e poi fissando la sua attenzione su Sophia. Si guardarono negli occhi e a un tratto la ragazza dai capelli rossi annuì e disse: «si tratta di me, a dire il vero. A un certo punto ho creduto di impazzire. Che saremmo impazzite tutt'e tre». «Matte?» chiese titubante Lucas. Ormai anche lui sembrava un piccolo adulto, ma spesso se ne stava per le sue, parlando poco, e di tanto in tanto lanciava qualche battuta. Aveva sempre l'aria di qualcuno che è in difficoltà e cerca di estraniarsi dal mondo, come se avesse qualcosa da gridare, ma non trovasse il coraggio o le parole per dirlo. Sophia e Jennifer avevano intuito che se avessero raccontato la loro storia, Lucas sarebbe crollato, abbattendo la parete che aveva costruito attorno a sé. Parlare avrebbe significato non solo sfogarsi, ma liberare anche l'ultima catena che teneva prigioniero il ragazzo. Sophia cominciò a parlare e le si accapponò nuovamente la pelle mentre raccontava. Lucas era quello più immobile e serio di tutti, non che gli altri non lo fossero, ma in quel momento sembrava avere un'espressione ancora più adulta di quella di Leonard. Nessuno interruppe la ragazza. Raccontò loro del corvo, di come Jennifer l'avesse aiutata, del fatto che la loro stanza fosse imbrattata e che erano state costrette a trasferirsi, di come le guardie non si fossero accorte di nulla. Quando ebbe finito, Sophia scrutò a uno a uno i ragazzi, nel dubbio e nel timore. Non registrò alcuna incredulità. Solo terrore. Terrore puro e semplice. «Penso che vi dobbiate trasferire da noi e prendere l'appartamento sotto il nostro» disse Leonard. Le ragazze rimasero un attimo interdette. Dovettero rifletterci un attimo, ma alla fine concordarono che era un'idea perfetta. «Tutti insieme, se stiamo vicini, saremo più al sicuro» disse Chris. Le ragazze annuirono. Taylor guardò Ed e si mise a ridacchiare. Ed rimase perplesso e distolse lo sguardo. «Ma perché mi ftai cofì a fiffare?» chiese Ed a Lucas. «Perché sei un gonzo» lo apostrofò l'amico. Ed fece un gesto di reazione, ma vide il volto bianco e teso di Lucas e decise di tenere la bocca chiusa.
Quello stesso pomeriggio, i ragazzi aspettarono le ragazze appena fuori il dormitorio. Loro non potevano entrare (anche se avrebbero voluto vedere le condizioni in cui si trovava la stanza), ma nulla vietava alle ragazze di andare ad abitare dove preferivano. In genere, per sentirsi meno guardate e in qualche modo più al sicuro, il dormitorio rappresentava un porto sicuro dalle minacce di qualche ragazzo troppo focoso. Neanche il più scatenato e coraggioso di tutti avrebbe osato entrare lì dentro, sapendo poi quello che le Guardie di Sicurezza avrebbero potuto fare. I ragazzi aiutarono le ragazze a portare la roba. Misero i vestiti nei borsoni che avevano preso poco prima al vecchio supermercato abbandonato. Sophia si era sincerata che nessuno dei ragazzi, soprattutto Thomas, vi sbirciasse. «Se qualcuno si azzarda a guardare dentro, giuro su Dio che l'ultima cosa che vedrà in vita sua sarà il fuoco!» ringhiò Sophia. I ragazzi erano spaventati all'idea di farsi ustionare dalla ragazza (e l'avrebbe fatto, se fosse stato necessario) e ubbidirono come tanti soldatini diligenti. Durante il tragitto che portava all'angolo tra la Main e la Yellow, Thomas si avvicinò a Leonard e gli sussurrò: «delle ragazze al piano di sotto?». Leonard lo fissò come se non avesse afferrato, in realtà non capiva benissimo cosa intendeva. Nella mente di Thomas, era strano che delle ragazze dormissero vicino a dei ragazzi (che poi si trattava di appartamenti diversi su due piani). «Sì, Thomas e vedi di non fare l'idiota» lo rimproverò il più grosso degli Sfigati. «Agli ordini, capitano» chiuse la conversazione Thomas.
Agli altri ragazzi invece sembrò non dare fastidio. Entrarono nella casetta, passando dalla porta coi tre tagli, che le ragazze notarono con un brivido. Salirono le scale e si fermarono al primo pianerottolo, con quella fioca luce giallognola, l'intonaco bianco macchiato e consumato dall'umidità. «Scegliete voi l'appartamento, sinistra o destra. Noi ragazzi abbiamo i due di sopra, anche se ormai ne usiamo solo uno» disse Leonard, lanciando un'occhiata minacciosa a Thomas. Quest'ultimo fece un finto sorriso di diamanti. «La mattina sembra un'ammucchiata gay. Così sporchi e trasandati» mormorò Lucas. Le ragazze scelsero l'appartamento a sinistra, sotto a quello dove all'inizio abitavano solo Leonard, Chris ed Ed, che ora era una «simpatica caverna», a detta di Thomas. «Be', direi che dovremmo aiutarle a dare una bella ripulita» propose Lucas. «Ripulita?» chiese Sophia voltandosi verso di lui. «Certo, è un appartamento abbandonato, pieno di polvere e forse anche d'insetti». Ed fece una smorfia di disgusto. Anche Jennifer sembrava non apprezzare l'idea di trovarsi formiche, ragni e scarafaggi nel letto. «D'accordo, allora diamoci da fare» disse Leonard. «I vestiti li togliamo noi dalle borse però, quando voi ve ne sarete andati» pronunciò preoccupata Sophia. I ragazzi annuirono. Chris già stava per svenire all'idea di sapere che in una delle due borse che stava portando (e che erano così pesanti da fargli sbiancare i palmi e da fargli pensare: ma quanta roba si porta una ragazza?) potevano esserci le mutandine e i reggiseni di Sophia. In realtà non avrebbe disdegnato nemmeno quelli di Jennifer, ma guai se Leonard lo avesse saputo! Poi pensò che, vista la sua sfiga, forse stava portando con sé i vestiti della mocciosa. Per quasi due ore, tutti e otto, come elfi laboriosi, si adoperarono per pulire da cima a fondo l'appartamento. A parte la polvere e qualche ragnatela, non trovarono insetti, tranne qualche scarafaggio stecchito dietro il frigorifero. Leonard si premurò che nessuna delle ragazze li vedesse. Prese una paletta, li spazzò con una scopa e li gettò nel wc, premendo lo sciacquone. Con gli stracci puliti presi da un negozio vicino, acqua calda e sapone, i pavimenti, le superfici vetrate e tutti i sanitari brillavano come se avessero una luce propria. Alla fine, Lucas indietreggiò e contemplò il soggiorno con l'occhio critico di un ragazzo che aveva un senso della pulizia innato e annunciò con fare soddisfatto: «Ora è perfetta! Meglio di così non si può fare!». Jennifer e Sophia saltarono di gioia e corsero ad abbracciare Lucas. Diedero dei baci sulle guance schioccanti al ragazzo che divenne vermiglio a tal punto che potevano intravedersi i capillari sulle scocche, irrigidendosi tutto. Thomas, e soprattutto Chris e Leonard, provarono un senso di gelosia. Anche loro avrebbero voluto altri baci, anche perché avevano contribuito in egual misura. Ma il premio spettava a chi aveva avuto l'idea, pensarono le ragazze. Ed invece non ci fece molto caso, mentre anche Taylor chiese a Lucas di abbassarsi perché voleva dargli un bacio sulla guancia. Il ragazzo eseguì e ricevette un bacio su ogni guancia.
«Grazie a tutti» disse Jennifer con profonda gratitudine. «Grazie» disse Taylor con una voce tenerissima. «Grazie ragazzi» concluse Sophia. «Che ne dite se venite sopra a dare un'occhiata? Abbiamo della cioccolata in polvere che abbiamo preso ai distributori» propose all'improvviso Leonard. Le ragazze accettarono di buon grado, mentre Chris era imbarazzato e un po' lo era anche Thomas, mentre Lucas era preoccupato di come avrebbero reagito le amiche alla vista di tanto disordine. In effetti, il loro appartamento sembrava più un campo di battaglia. Panni ovunque e roba da mangiare appoggiata su ogni superficie possibile. C'era un pezzo di barretta energetica sul lampadario. Le ragazze fissarono il soggiorno inorridite e perplesse. «Che idea brillante» sussurrò Chris a Leonard. Quest'ultimo si accorse della scelta infelice, si grattò la testa con fare nervoso e divenne rosso. «Se volete, possiamo aiutarvi a mettere in ordine» chiese titubante Jennifer. «Tranquille, invitiamo delle ragazze e vi dovremmo costringere anche a mettere ordine? Non sia mai!» sentenziò Lucas. Sophia e Jennifer risero in modo sommesso. I ragazzi diedero una rapida scotolata con le mani al divano, di un marrone scuro e in parte sgualcito, pieno di briciole di patatine (sempre all'arsenico) come in un cinema, e spostarono le cartacce che erano sul tavolino di vetro davanti al divano. Lucas prese uno straccio e lo passò con vigore sulla superficie, togliendo fino all'ultima macchia. Poco dopo, Chris e Thomas stavano preparando la cioccolata calda. «Lavate per bene le tazze» li rimproverò, con fare severo e adulto, Lucas. I due annuirono. Qualche minuto dopo, ciascuno di loro aveva una tazza fumante e ne furono tutti contenti. Si sedettero tutti e otto sul divano a quattro posti. Erano vicini l'uno all'altro, maschi e femmine agli estremi, stretti con le spalle, mentre Taylor era salita in braccio a Leonard e aveva appoggiato la sua testolina sul petto del ragazzo; si sentiva al sicuro, protetta come se a reggerla ci fosse un gigante buono. Jennifer era accanto a Leonard e ne era felicissima, ma provava una fitta allo stomaco, mentre il ragazzo sembrava paralizzato dall'odore di rose che emanava la ragazza. Per qualche momento, rimasero tutti e otto in silenzio, con gli occhi a fissare il pavimento con le briciole non ancora spazzate e di tanto in tanto si sentiva sorseggiare.
«Direi che è arrivato il momento di raccontare anche la mia storia» sbottò all'improvviso Lucas. «Non ho mai voluto parlarne perché pensavo di essermelo sognato, ma... ora so che è reale». «Cosa hai visto?» chiese Sophia senza essere davvero sicura di volerlo sapere. La ragazza aveva una paura tremenda e tutti gli altri provavano la stessa emozione. Thomas ingoiò un bolo di saliva. Chris cominciò a sudare freddo. Leonard si asciugò il sudore dalla fronte. Taylor era agitata e tremava, Jennifer aveva i polsi che sembravano un frullatore. Quella stanza, con quel freddo umido, con i granelli di polvere che danzavano in controluce, con fumetti accatastati e impolverati a terra, con le macchie di sporco alle finestre, sembrava così tranquilla, normale, noiosa. Sapevano tutti di stare per ascoltare un'altra storia di mostri, ma non quelli delle storie che erano soliti leggere, dove c'era il buono di turno che sconfiggeva il cattivo. Questi erano veri mostri, bestie che avevano toccato con mano. Il Freddy Krueger di Chris, il barboncino gigante e palestrato di Ed, la Nonna Pervertita di Leonard, il corvo di Sophia, l'uomo nero di Taylor e Jennifer. Eppure, quando Lucas non rispose con prontezza, Sophia lo incalzò: «Dai Lucas, parla, cosa hai visto?». «Giusto Lucas, non hai mai raccontato niente, neanche a me» disse Thomas un po' amareggiato. La faccia di Lucas era diventata grigia e sembrava pesante come di piombo. Pareva trattenesse il respiro. Provò a parlare. Le labbra si mossero: «la cartiera sulla collina alla fine di Bauman Street...». Gli si rovesciarono gli occhi nelle orbite, al punto che sul bordo superiore si potevano vedere i contorni inferiori delle iridi. Thomas, che era alla sua sinistra, lo sostenne con il braccio intorno al collo, ma fu troppo tardi. Lucas perse i sensi e si accasciò sulla seduta del divano.
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