CAPITOLO 5 (Parte 2)
Dalle erbacce, come sciami di mosche portatrici delle peggiori epidemie di questo mondo, sbucarono fuori delle bambole funerarie vestite di nero, alcune in frac, altre con lunghe gonne nere, piccoli animaletti alti non più di trenta centimetri, con dei capelli che sembravano più setole di una spazzola, riccioli duri come fili di ferro, e occhi colmi di sadico e malevolo spirito, con un'intelligenza propria. Mosse da fili invisibili, seguendo le dita ossute e putrefatte della Pervertita, si muovevano senza seguire uno schema preciso in tutte le direzioni. «Attenti, ragazzi!» urlò Leonard. Reagirono per istinto a quelle macchie leste che svolazzavano per confondere l'avversario. Sophia gridò di rabbia e scagliò una fiammata possente verso un gruppetto di bambole che si era separato. Si sentirono lamenti femminili e risatine sadiche risuonare nell'aria. Un paio di bambole raggiunsero Jennifer, che con prontezza le scagliò a terra con la forza del pensiero, spezzandole come rami. Un altro gruppetto di bambole con occhi gialli, cariche d'odio, sporche di fuliggine nera e polverose da far starnutire, raggiunsero Leonard, che reagì sparando un turbine di aria compressa dal palmo della sua mano, con uno scoppio assordante che polverizzò i bersagli come zanzare schiacciate tra due mani. Una bambola si aggrappò alla schiena di Edward, sfilò un laccio di nylon da una piccola tasca e afferrò il ragazzino per il collo, provando a strozzarlo. Ed sentì il respiro venire meno. La bambola aveva le guance incavate e rivoletti di saliva biancastra le scivolavano dai bordi inferiori delle labbra, come in preda a una fame senza limiti, proprio come quella che tutti i ragazzi provavano in quel momento. Ma la mossa di Leonard di non farli mangiare per far aumentare le abilità a tutti sembrò funzionare. Taylor attaccò la bambola che stava strozzando Ed, mostrando fiera e decisa un osso appuntito che sbucava tra due nocche della mano destra. Tranciò di netto la testa di segatura della bambola, rotolando a terra fino ai piedi di Thomas, che si girò a fissare quegli occhi limacciosi, impregnati di una vita morente. La bambola sorrideva come soddisfatta.
Mentre Ed si riprendeva, Thomas lanciò un fulmine che elettrizzò tre bambole che stavano per sopraggiungere, producendo scintille bluastre nell'aria e piccole vibrazioni come metallo percosso. Edward, ripresosi, scagliò del densissimo muco bianco-verde dalla bocca, quasi come uno zampillo prepotente, che colpì un paio di bambole che caddero a terra in preda alle convulsioni, contorcendosi a causa dell'acido che stava sciogliendo i loro vestiti e i loro corpi. Lucas intanto era paralizzato dalla paura. Si era abbassato e aveva portato le mani alla testa e borbottava tra sé e sé: «Il mio potere è inutile, il mio potere è inutile...». Ma quello che si sentiva più inutile di tutti era Chris. Sapeva di non essere in grado di controllare il suo potere e che, se avesse attaccato, avrebbe esaurito in un solo colpo tutte le energie. Ma Leonard gli aveva assicurato che anche lui avrebbe fatto la sua parte, che lui era «l'asso nella manica». Si gettò su Lucas e provò a farlo ritornare alla realtà. «Lucas, guardami, il tuo potere non è inutile, guardami Lucas! Puoi farcela, coraggio, non sei inutile!». Ma quelle parole sembravano non sortire alcun effetto. Lucas lacrimava e tremava come un bambino infreddolito. Intanto la bambola continuava a guardare con quelli occhi maniaci che ora avevano assunto delle striature fosforescenti, di un fucsia acceso. Jennifer fu la prima a notarlo. «Nonna cara, mi sa che dobbiamo aumentare il livello. Questi mocciosi umani non sono niente male».
Una risatina echeggiò nell'aria come una campana in un giorno di lutto nazionale. La Nonna Pervertita diede l'ennesimo urlo, a metà tra uomo e bestia. Le marionette si fermarono di colpo e sorrisero all'unisono, risate malvagie quanto finte, piccoli dentini avorio come aghi che lasciavano trasparire intenti omicidi e soffocavano gli animi in una morsa di disperazione. Aprirono la bocca di scatto, producendo un ticchettio legnoso, come di parti che si sfregano. La bambola che somigliava a Chucky urlò: «bombardamento!». Come piccole mitragliette sospese in aria, le marionette senza fili spararono centinaia e centinaia di piccoli aghi, spessi poco più di un capello e lunghi qualche centimetro. Piccoli scoppi rapidi percuotevano le mascelle lignee di quei pupazzi fatali. Quella pioggia scintillante cadde sui ragazzi. Thomas gridò, imitando la voce del General Superiore: «uomini, ritirata!». Vennero colpiti da quei microscopici dardi, come punte di cactus, che si conficcarono per pochi millimetri dentro la loro pelle, nelle cosce, nelle gambe, sui polsi e qualcuna sul viso. Corsero a ripararsi dietro alle carcasse d'auto. Le lamiere vibravano come attraversate da miliardi di formiche, producendo sibili come serpenti a sonagli.
«Leonard, che facciamo?» domandò disperato Chris. Il capo di quel gruppetto di ragazzi che una domenica mattina a Primestone si era riunito per battere una bambola assassina e una nonna pazza (pervertita), si trovava con le spalle al muro e non sapeva a chi affidarsi. Avrebbe avuto bisogno di un miracolo, un qualcosa che gli indicasse la via da seguire. Già immaginava il suo funerale, con l'incisione della lapide che riportava come causa di morte delle bambole assassine. "Ucciso dalle sue paure". Solo che quelle paure erano fin troppo realistiche! «Leonard, non puoi fuggire, prima o poi ti cattureremo e la nonnina ti farà una bella sega, a secco però!» sbraitò la bambola dalle guance vermiglie che cominciavano a colare come trucco sciolto dal troppo sudore. Cadde a terra e cominciò a ridere a crepapelle, un'orribile orchestra di lamenti perversi e deliranti. Intanto, il bruciore provocato dagli aghi non permetteva a nessuno dei ragazzi di riflettere con lucidità. Sophia estrasse un paio di quelle punte dal polso e notò come fosse difficile farlo. Quando li toglieva sembrava che fossero più spessi di quanto in realtà non fossero. A un'analisi più attenta, la ragazza notò che sulla punta presentavano un rigonfiamento e che avevano altre due puntine piccolissime di lato. «Che merda! Sono fatte apposta per provocare ancora più dolore quando le estrai» mormorò. Una vocina preoccupata la fece ritornare in sé, a quella situazione parecchio sgradevole, con quei proiettili che continuavano a picchiare sulle lamiere, lasciando cadere come polvere la ruggine che si cospargeva sull'asfalto polveroso ed eroso dal tempo e dalle intemperie.
«Sophia, mi fanno male la testa e le spalle». La piccola Taylor singhiozzava, ma Sophia si accorse con stupore che la bambina non era stata colpita neanche da un aghetto. Le accarezzò le guance per rincuorarla e poi la spostò in avanti per guardarle la schiena prima e la testa poi. Notò che appena sotto la pelle, per tutta la lunghezza delle spalle e nella parte posteriore del cranio, si erano formate delle placche ossee, dure come l'acciaio, che non avevano permesso a quelle subdole armi di conficcarsi. Leonard aveva ancora gli occhi persi nel vuoto, cercava una soluzione per togliersi da quell'impiccio. «Leonard! Leonard! Guarda!». Il ragazzo si voltò verso Sophia, gli sembrò un angelo che gli indicava la via del paradiso, proprio quello che il ragazzo stava aspettando. «Taylor non si è fatta niente! Gli aghi a lei non fanno niente!». Leonard guardò il volto morbido e candido della biondina che stringeva forte a sé il suo coniglietto, con sguardo preoccupato e con le lacrime che formavano piccoli canaletti risplendenti sul volto impolverato. «Scudo! – sussultò il ragazzo – Usiamo Taylor come uno scudo!». «Come uno scudo!? Leonard ma ti ha dato di volta il cervello? Vuoi usare una bambina come scudo? E le regole di guerra che fine hanno fatto!?» strillò Thomas imitando la voce del solito General Supremo, anche se in realtà tutte le sue voci erano un tentativo maldestro di imitare un adulto.
«Thomas ha ragione. Leonard, non puoi usarla come scudo» disse Chris, mentre Lucas appariva ancora più depresso e scuro in volto. Jennifer ascoltava in silenzio. Lei non era una stratega come Leonard e lo sapeva. «Questa non è una guerra contro dei soldati, qui stiamo parlando di demoni, mostri e roba simile. Dobbiamo fare di tutto se vogliamo vincere!» ribatté Leonard. Sophia guardò negli occhi la bambina e con un semplice sguardo (quattro occhi azzurri che si riflettevano tra di loro, come il cielo nell'acqua) capì che la bambina era pronta a combattere come un vero guerriero. Taylor si voltò verso Leonard, che gli stava sorridendo. «Leonard io... sì, voglio fare lo scudo. Vi proteggerò io!» gridò la bambina, con ciocche di capelli che di tanto in tanto le coprivano i bordi degli occhi. Frattanto, le marionette continuavano a martellare, come se i loro colpi fossero infiniti. Le lamiere delle auto cominciarono ad ammaccarsi e a presentare i segni spigolosi e incavati degli aghi. La bambola principe continuava a ridere in preda all'isteria, perché quella situazione la divertiva in modo particolare ed era sicura di avere messo in scacco i ragazzi e che avrebbe gustato della deliziosa carne umana giovane, ricca di paura. Ma le cose non andarono proprio a quel modo.
Sophia sbucò da una delle auto parandosi con la schiena di Taylor. Gli aghi, che ora si erano concentrati tutti su di lei, le percuotevano la schiena, ma tutto quello che le procuravano era solletico e un principio di risa. Da dietro un'altra auto sbucarono Leonard e Thomas che in pochi secondi, con un attacco combinato, misero al tappeto una decina di marionette, mentre Jennifer venne fuori dal lato opposto, facendone fuori quasi lo stesso numero, facendole schiantare contro la parete di una casa, con un movimento rapido e deciso della mano, come a voler schiaffeggiare l'aria. Ed, che si era posizionato alle spalle di Sophia, lanciò dalla bocca, come una gomma da masticare, una densa pallina di muco, sparata via con un getto colloso verdognolo che tranciò a metà un paio di bambole e colpì in pieno una terza. «Che mira fantastica, Ed!» disse Sophia. Il ragazzo arrossì. «Grafie Fophia». Chris e Lucas se ne stavano invece ancora dietro un rottame, il primo in attesa del suo momento, l'altro rintanato nel suo senso d'inadeguatezza, con lo sguardo a scrutare dei fiorellini che si facevano strada tra una lieve spaccatura nel manto stradale e la neve annerita che stava cominciando a sciogliersi. I ragazzi erano cosparsi del loro sangue, che cominciava a fluire dalle loro ferite in maniera preoccupante, formando delle macchie sui colletti dei loro cappotti e sui pantaloni, ma nonostante ciò riuscirono in meno di un minuto a sbaragliare tutte le marionette. Avevano sprecato molte energie e la stanchezza cominciava a farsi sentire. Nonostante il freddo, sudavano. La bambola applaudì.
«Complimenti mocciosi, vi ho sottovalutati, lo ammetto. Ma non cantate vittoria, ho ancora un asso nella manica... nonnina, sei pronta!?». La Nonna Pervertita proferì una serie di suoni insensati e grotteschi. Sfilò gli enormi chiodi che incernieravano la botte di legno che aveva posato poco prima al suolo. Li lasciò cadere a terra, pesanti come macigni. Infilò le unghie infette e seghettate nello spazio che si era formato e aprì non senza sforzo quel forziere dell'orrore. Inchiodata alle assi della botte, c'era una bambola che sollevò la testa di scatto. Aveva gli occhi infestati dalle mosche, come sorrisi che augurano i mali peggiori del mondo, e i vestiti strappati, dai pantaloni fino alla maglietta, sbiaditi e anonimi come pezze da mercatino. I piedi erano scalzi e intagliati in modo grezzo. Aveva dei denti d'avorio, incollati sulle mascelle di rovere, agganciate alle mandibole da dei bulloni arrugginiti. I capelli erano arruffati e di un marrone scuro. Sembravano reali, come se fossero stati strappati a una persona vera e cuciti sulla testa di legno di quella marionetta. La Nonna Pervertita pronunciò sottovoce: «Spirito delle Parole: Tecnica finale... Marionetta Imitatrice!!!».
La bambola legnosa, che aveva le gambe inchiodate e le mani incrociate come una mummia, sfilò il pezzo di ferro arrugginito che la teneva appesa per le rotule e lo scagliò a terra. Si sradicò con colpi di schiena improvvisi e violenti dalle assi della botte e si sollevò in piedi. Era alta poco più di un metro e venti, ma il suo istinto omicida si percepiva nell'aria, come una vibrazione, come un mormorio fastidioso che ti ricorda che la morte è vicina. Le mosche volarono via dai suoi occhi, lasciando degli incavi vuoti sul volto della marionetta. Gli insetti si dissolsero nell'aria, come a nascondersi nella foschia che stava calando in quel momento, mentre dai palmi della marionetta uscirono lunghe spade, che sventolò in aria, come una tigre che mostra i denti e intima di non avvicinarsi. Fece un balzo improvviso in avanti e cominciò a correre in direzione dei ragazzi. La loro pelle si accapponò e in quel momento capirono che si erano cacciati in una situazione più grande delle loro possibilità. Non stavano combattendo per non perdere una scommessa con dei bulli (i ragazzi, del resto, non avrebbero mai fatto da schiavi a John Harris). Dovevano combattere per non morire. Il terrore sembrò immobilizzarli e impedirgli di respirare. La marionetta ninja stava per colpire con quel ferro finemente lavorato e acuminato il petto di Leonard, che proprio all'ultimo schivò il colpo e spezzò la lama della marionetta con uno sparo d'aria compressa dai muscoli del braccio destro, gonfio come un enorme pallone da parata. La seconda lama, però, lo infilzò dritto nella spalla e fuoriuscì dall'altra parte, all'altezza della scapola destra. Leonard lanciò un intenso urlo di dolore. La marionetta sfilò la lama insanguinata. Il sangue fluiva intenso come un ruscello dalla spalla del ragazzo. Leonard cadde a terra contorcendosi e urlando. Vedeva la sua breve vita scorrergli davanti, come la pellicola di un film, mentre il sangue gli sgorgava copioso, nonostante la premesse con le dita per rallentare l'emorragia. L'Imitatrice provò a finire il ragazzo con un colpo mortale al collo, ma fu colpita al palmo da uno sputo di Ed. La marionetta lo guardò imbufalita e gonfiò le guance (Ed pensò che fosse innaturale quel movimento, visto che era fatta di legno), e rispose con un getto caldo e colloso nerastro, come inchiostro di polpo. Quella sostanza liquida e maleodorante come pesce marcio colpì il braccio del ragazzino. Gli sciolse la manica del cappotto, che si incollò alla pelle del braccio, ustionandolo. Ed cadde a terra con gli occhi rivolti all'indietro, in preda agli spasmi. Non svenne, ma poco ci mancò.
«Cazzo, ha usato lo stesso attacco di Ed, ma più potente!» gridò Sophia. La ragazza si fece avanti e scaricò un'ardente fiammata contro la marionetta. Quest'ultima fece un balzo in alto come una lepre, ma fu colpita da una scossa di Thomas al volo. «Ben ti sta, maledetta!» esultò il ragazzo. Jennifer protese il braccio in avanti e tenne ferma la marionetta che era piombata di pancia a terra. Si sentì un rumore di legno che s'incrina, come un parquet scricchiolante sotto il peso di un uomo grasso. Ma con incredibile sbigottimento da parte di Jennifer, l'Imitatrice si rialzò, sforzandosi di caricare il peso sulle rotule, che produssero un sinistro cigolio. «Maledizione, non riesco a tenerla giù» disse Jennifer. La marionetta scagliò una fiammata dalla bocca che investì Sophia. La ragazza si rotolò per terra, fumando un nero fumo tossico di tessuto bruciato. Poi il demone di legno si volse verso Thomas. «Perbacco signori, la vedo nera!» disse il ragazzo. Dalla bocca della marionetta brillò una violenta scarica elettrica che colpì l'asfalto a pochi passi da Thomas, generando un'esplosione. Thomas fu colpito da una serie di pietre e detriti che gli procurarono dei tagli netti e profondi alla fronte. Grondava sangue, che gli impastava le palpebre. Piombò con la spalla sinistra a terra, in un groviglio di braccia e gambe. Il ragazzo salutò l'osso dolente con un latrato di dolore. A quel verso, gli occhi di Jennifer schizzarono, in preda alla rabbia. Ben tre dei suoi amici erano stati feriti. Con entrambe le braccia sembrò voler spostare un armadio, tendendo i muscoli delle braccia verso la marionetta e i palmi così aperti che il rosa naturale della pelle divenne più bianco. Ma quel freddo pezzo di legno non si mosse quasi per nulla. Jennifer rimase sbigottita. Stava pensando a una contromisura per poterla sconfiggere, quando la marionetta, con un gesto simile a un manrovescio, colpì la ragazza col pensiero, che sentì un forte calore al petto e urtò la schiena contro la portiera di un'auto, dopo un volo di qualche metro. Sbatté con l'osso sacro sul terreno. Si sentiva indolenzita e dolorante e non riusciva ad alzarsi. La bambola che somigliava a Chucky rise di soddisfazione al cielo, come a voler schernire la Creazione.
Poi un rumore come di ventola e un fruscio sempre crescente pervasero l'aria umida e impregnata delle peggiori puzze del mondo, un suono immerso nella nebbia che diventava sempre più fitta. Chris era uscito dal suo nascondiglio, a torso nudo, mostrando la pietra incastonata al centro del petto, ricco di sfumature arancioni e riflessi generati dalle goccioline di umidità che si posavano su di essa. Aveva la solita gobba e la spalla cadente. Si sforzò di raddrizzarsi, con le articolazioni che gli crepitavano. Aveva uno sguardo penetrante e guardava l'Imitatrice con rabbia e odio. I loro sguardi s'incrociarono a metà strada, addensandosi in una funesta tormenta di sfida. «Prova a imitare questo, maledetta!!!». La pietra di Chris s'illuminò di una luce così abbagliante che le nuvole nel cielo sembrarono scomparire, dissipate da quella luminosità. Un fascio d'energia prorompente squarciò l'aria, provocando un cambiamento di pressione istantaneo al suo passaggio. Sembrava un tornado, ma arancione e parallelo al terreno. La marionetta non ebbe scampo. Fu investita in pieno e polverizzata come un fiammifero gettato in un altoforno. Il raggio proseguì nella sua corsa, sbalzando via i ramoscelli, le foglie e la neve accumulatisi sull'asfalto, sminuzzando tutto come coriandoli. La Nonna Pervertita e la bambola assassina riuscirono per poco a evitare il colpo, che distrusse la botte e trapassò la casa poco dietro, quella da dove Leonard aveva visto per la prima volta la nonnina e da dove i due mostri erano usciti. L'abitazione si gonfiò, come un panettone in piena lievitazione e, spinta dall'interno come una pentola a pressione, esplose in mille pezzi con un rombo assordante, lasciando un corposo fungo fiammeggiante. L'onda d'urto sbalzò tutti i ragazzi all'indietro. Quando il fumo si diradò e i resti della casa cessarono di piovere, Chris riapparve, svenuto sul cemento bagnato. La sua pietra fumava come un lampione sotto la pioggia. Lucas, che era rimasto tutto il tempo dietro l'auto, sollevò con timore lo sguardo. I ragazzi stavano bene, ma alcuni di loro erano feriti. Il calore generato dall'esplosione accarezzava il suo viso, come un abbraccio amorevole, ma che nasconde infimi tradimenti e congiure. La copia ancora più pazza di Chucky si alzò in piedi, con un sorriso da maniaco, così come la Pervertita, con i suoi denti sporchi e ingialliti.
«Oh, oh, oh, quello sì che era un attacco! Sono dispiaciuto, la vostra resistenza è alquanto seccante... vorrà dire che dovremo agire noi in prima persona a quanto pare, giusto nonnina? Tieni, a te l'onore: ammazza per primo Leonard Star». Le parole provenienti da quella bambolina, con le guance rosse e le treccine, fecero sobbalzare Leonard. Non c'è modo di farli fuori, non c'è modo... è finita, è finita. I pensieri di Leonard in quel momento fluirono chiari nella mente di Jennifer. La ragazza, con la schiena a pezzi come se avesse spaccato rocce per tutto il giorno, corse verso il ragazzo zoppicando e gli poggiò le mani sulle tempie. «Che stai facendo Jennifer?». «Sta' zitto e chiudi gli occhi. Ripensa a tua nonna. Pensa a qualcosa che la spaventava» disse la ragazza quasi in tono di rimprovero. Leonard eseguì. Tutto quello che gli venne in mente fu la nonna nella vasca da bagno che affogava, ansimante e con la mano al petto. Jennifer cominciò a singhiozzare e a piangere. «Non devi sentirti in colpa Leonard, non è stata colpa tua... non è stata colpa tua! Tua nonna era cattiva, non potevi fare altro! La colpa è sua, non tua!». Un profondo e indescrivibile senso di liberazione fece rilassare i muscoli del ragazzo, che scoppiò a piangere. «Lucas presto, ci serve l'acqua! Il punto debole della Nonna Pervertita è l'acqua!» strillò Jennifer con gli occhi lucidi.
Lucas balzò fuori dal suo nascondiglio scosso, disorientato dalla richiesta. Corse verso Jennifer. «Jennifer, ma il mio potere è inutile...». La ragazza lo guardò dritto negli occhi. A Lucas sembrò come se gli stesse guardando dentro, privandolo della corazza che difendeva la sua anima e la sua intimità. Sembrava che Jennifer riuscisse a vedere i suoi pensieri più reconditi, anche quelli che sfuggivano alla sua stessa coscienza. «Tu hai bisogno di una bella scossa». Jennifer afferrò Lucas per le guance e gli schioccò un tenero bacio sulle labbra. Lucas avvampò. Vedeva il sorriso gioioso e carico di speranza di Jennifer. Si sentiva... libero. Se al mondo esiste la libertà, deve essere per forza ciò che ora provo. «Vai Lucas, è il tuo momento. Non sei inutile, non lo sei mai stato». Le parole della ragazza diedero un'iniezione di fiducia a Lucas, che uscì dal suo stato di torpore, dal suo loop infinito di avvilimento. La Nonna Pervertita ringhiava a pochi passi da Jennifer, Leonard e Lucas e si avvicinava minacciosa con il pugnale datole dalla bambola. Colava bava nera, sporcando la sua vestaglia ingiallita. Sollevò l'arma. «Vieni Leonard! La nonnina vuole solo farti una sega!» grugnì come se in gola avesse una palla di vomito. Stava per scagliare il suo fendente, quando fu investita da un freddo e possente doppio getto d'acqua. Proveniva da due sfere vorticose, sospese a pochi centimetri dai palmi di Lucas. Il getto trascinò per alcuni metri la Nonna Pervertita, arando il terreno e maciullando le erbacce alte che infestavano il prato di fronte alla casa, ormai un cumulo di macerie e polvere. Quando il flusso d'acqua terminò, la Nonna si rotolò a terra, urlando e ringhiando. Erano lamenti, lamenti di dolore. I suoi vestiti fumavano, mentre lei sembrava dimagrire in fretta, con la pelle che si consumava, come il tabacco di una sigaretta. Si contorceva in un misto di guaiti e latrati, grida di collera e paura. In pochi secondi, tutto ciò che rimaneva della nonnina era solo un mucchietto di vestiti.
«Nooo!!! Maledetti!!! Come avete potuto... come avete potuto! Vi ucciderò... fosse l'ultima cosa che faccio, vi ucciderò... vi ucciderò tutti!!! E alle fine, oh sì, alla fine... ballerete tutti e... sarà un'orgia senza fine!!!». La bambola cominciò a battere i piedi a terra gemendo e piagnucolando come un bambino a cui sono stati confiscati i giocattoli dai genitori. Svanì nel nulla, lasciando dietro di sé uno schiocco come di dita e un lieve spostamento d'aria che fece roteare i lunghi gambi dei fiori attorno. Ballerete tutti. E sarà un'orgia senza fine. Una leggera pioggia cominciò a cadere e a battere debole sul terreno asfaltato e nelle campagne circostanti. Il pugnale della bambola giaceva per terra, accanto ai vestiti sbiaditi della Nonna Pervertita, e venne presto inghiottito dalla fanghiglia. I ragazzi erano esausti e respiravano come se avessero le narici otturate. La puzza di uova marce era sparita. Si guardarono intorno e videro che la strada era deserta, come avrebbe sempre dovuto essere. Nulla si muoveva. A uno a uno i ragazzi scoppiarono a piangere. Leonard singhiozzò e portò una mano al volto. Non poteva fare a meno di trattenere le lacrime, mentre Jennifer abbracciò forte prima Lucas che ricambiò, poi insieme abbracciarono Leonard. Sophia abbracciò Taylor, mentre Thomas fece altrettanto con Ed. I due abbracciarono Chris ancora svenuto a terra. Le gocce che scendevano sui loro volti scoprivano strisce di guance arrossate e sporche. Quello fu un giorno di liberazione, sia per Leonard sia per Lucas. Il primo era riuscito a sconfiggere la sua paura e si era liberato di quel senso di colpa recondito che si nascondeva furtivo e silenzioso nell'angolo più appartato della sua mente, come uno sguardo che ti fissa e non ti lascia mai in pace. Lucas invece aveva imparato che non esistono abilità del tutto inutili, ogni essere vivente sul pianeta ha ricevuto in dono qualcosa di utile. Imparò che l'inutilità appartiene soltanto a chi non ha il coraggio di reagire e a chi non ha la volontà di superare gli ostacoli e affrontare le sfide che di volta in volta il caso o il fato (scegliete voi) ci mettono davanti. Da quel giorno, Leonard non si sentì mai più in colpa per aver lasciato morire la sua aguzzina nella vasca da bagno e mai più avrebbe avuto paura di bambole e marionette, mentre Lucas non ebbe mai più timore di usare i suoi poteri, sebbene quel senso di "saggezza depressa" (così la chiamavano Leonard e Thomas) non lo avrebbe mai abbandonato, tratto distintivo dell'animo gentile, puro ma martoriato del ragazzo, che tanto inteneriva e incuriosiva gli altri membri del gruppo, lasciandoli sempre spaesati, attirati da quel fascino misterioso e adulto che il ragazzo emanava.
Chris, con un pizzico di timore reverenziale, quando la sera si riprese, constatò che ora, oltre a Leonard, anche Lucas era entrato in qualche modo in una sorta di nuova dimensione, sembrava cresciuto. Allo stesso tempo, Chris si accorse, così come Lucas, che Jennifer aveva qualcosa di diverso, qualcosa di magico, quella stessa sensazione che Thomas e Leonard già provavano da diverso tempo nei confronti della ragazza.
Spazio autore
Termina così il quinto capitolo, più corto dei precedenti. Gli Sfigati hanno superato il "primo nemico" e Leonard ha sconfitto così le sue paure. Il prossimo capitolo sarà molto grande e sarà probabilmente diviso in cinque o sei parti. Il capitolo sei sarà sotto molti aspetti particolarmente disturbante, vi avverto. Detto ciò, vi ringrazio sempre tutti per i commenti, feedback e voti che mi lasciate :)
P.S. Facendo due conti, mi sono reso conto che dopo cinque capitoli, il romanzo ha raggiunto circa le stesse dimensioni in parole di quello precedente. Attualmente siamo al 28% della storia... Una vera epopea!
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