CAPITOLO 4 (Parte 2)
«Cazzo, avete finito di confabulare?» urlò Bobby Brown all'improvviso, che fino a quel momento era stato in silenzio accanto a suo fratello. Leonard fece un paio di passi in avanti e disse: «Accetto Harris, ma voglio aggiungere una regola». «Sentiamo!». «Fino a quando un giocatore non si arrende, può sempre chiedere un cambio per farsi sostituire da un suo compagno. Si può chiedere un solo cambio. Che ne pensi?». Harris ci rifletté un attimo e gli parve che quella regola fosse vantaggiosa anche per lui. «Accetto!». Leonard aveva pensato che, essendo più numerosi, avrebbero potuto con quella regola affaticare di più gli avversari, avendo maggiori possibilità di vittoria. «Quindi facciamo voi otto contro noi quattro!». Leonard guardò Harris con tentennamento. «Come quattro, non siete in tre?». «Ah, giusto! Non vi ho mostrato il mio nuovo amico... Fatti avanti Johnny!». A quell'ordine, i fratelli Brown si fecero da parte, come le ante di una porta scorrevole in un supermarket. Un'ombra possente si palesò davanti all'uscita della palestra. Entrò un ragazzo enorme, davvero enorme. Era così grasso che ci sarebbe voluta una traversata dell'oceano per poter circumnavigare le sue chiappe. Aveva un ventre abnorme e a guardarlo non si poteva fare a meno di giudicarlo un autentico rimorchio, un treno merci carico al massimo. Quel ragazzo si chiamava Johnny Goodman ed era alto quanto Harris. Aveva tredici anni e indossava una maglietta verde scolorita che, nonostante fosse una tripla XL, non riusciva a coprire il suo ombelico e quella pancia flaccida bombardata di enormi brufoli che sembravano vulcani in procinto di esplodere. Non portava nulla sopra la t-shirt, malgrado fosse dicembre inoltrato. Aveva dei jeans taglia calibrata che premevano contro il basso ventre, formando un paio di enormi rotoli di grasso, cannelloni ripieni di lipidi. Portava delle scarpe nere eleganti, prese da uno dei negozi di calzature abbandonati sulla Main. La fronte era ricoperta di uno spesso stagno di sudore che gli colava a picco lungo tutto il volto e che gli inzuppava le enormi tette.
«Mio Dio... quello è Goodman... alla mensa gli danno sempre una razione tripla speciale, fatta apposta per lui» ricordò Thomas. «Che schifo, sta sudando ed è così... grasso» disse Sophia, inorridendo in una faccia schifata. «Sapete che potere ha?» chiese Leonard. Nessuno rispose. «Non importa, vinceremo noi» dichiarò il capo degli Sfigati, convinto. «Allora Leonard, cominciamo? Il mio primo sfidante è Clint». Clint avanzò verso il gruppo degli Sfigati, ma prima che superasse John, quest'ultimo lo afferrò con violenza per il collo. «Ascoltami bene, se ti azzardi a perdere, dopo riceverai il resto. Se proprio non ce la fai, chiedi il cambio, ma non farti sconfiggere, hai capito stronzo!?». Harris, senza neanche accorgersene, teneva sollevato dal pavimento il più giovane dei Brown che si ritrovò con l'alito puzzolente di Harris sul volto che gli sbraitava contro. «Ho... ho capito, capo» tentennò il ragazzo. «Bene... ora va'!». John lo strattonò e lo spinse verso i suoi avversari. Clint avanzò fino a fermarsi a metà strada. «Se proprio dobbiamo ballare signori... ballerò io per primo!» sentenziò Thomas che si fece avanti con decisione, fino ad arrivare a pochi passi dallo sfidante. «Thomas Watt... ti faccio a pezzi, figlio di puttana!» ringhiò Clint. «In effetti, l'altro giorno ho incontrato tua madre e sembrava felice di vedermi, ti manda i suoi saluti».
Clint urlò di rabbia e si scagliò come una belva sul suo nemico. Provò a colpirlo con un pugno, ma Thomas lo schivò con destrezza. Si abbassò e un calcio colpì la caviglia sinistra di Clint, che crollò a terra di peso, schiacciandosi il polso. Thomas, senza indugiare, gli mollò un colpo dritto nello stomaco con la punta della scarpa. Clint lanciò un urlo di dolore, rotolò sul pavimento, lanciando dei fiotti di saliva densa. Fu accecato dalla rabbia e dall'adrenalina e si sollevò lesto. Questa volta però, fu Thomas a fare la prima mossa. Provò a colpirlo con un dritto, ma fu Clint a schivarlo. Tutto quello che Thomas sentì fu una fitta fortissima alla guancia, come se fosse stato appena colpito da una frustata. Cadde in modo rovinoso tenendosi con la mano la ferita. Avvertiva tra le dita il denso sangue che usciva copioso. Si alzò in fretta. Sentiva delle goccioline calde cadere sulla felpa. Guardò il volto di Clint carico di soddisfazione per aver preso il nemico alla sprovvista. In particolare, notò le chiazze verdi squamate sul suo volto e i suoi occhi di ghiaccio. Sollevò di poco lo sguardo e vide spuntare alle sue spalle qualcosa di inaspettato. Thomas per un attimo credette di aver visto male e di avere la vista appannata. Agitò la testa e focalizzò meglio l'attenzione. Non si stava sbagliando. Dal coccige di Clint era appena spuntata una massiccia coda verde, come quella di una lucertola, ma a misura di essere umano. «Che schifo è?» inorridì Thomas. «È un mezzo rettile» disse Chris. Gli altri restarono sbigottiti. «Cosa c'è Watt, hai paura per caso?» sghignazzò Clint. «Vai Clint, fallo nero!» lo incoraggiò il fratello maggiore. «Thomas, sei ferito?» chiese preoccupata Sophia. «Stai bene, Thomas?» le fece eco Jennifer. «Sto bene, è solo una ferita superficiale» rispose il ragazzo. «Incredibile a che velocità si sia fatto crescere la coda...» giudicò Chris. «Thomas, ricorda che puoi giocarti un cambio, se non sei sicuro non proseguire». Thomas guardò Leonard con determinazione: non avrebbe mollato. Thomas gonfiò il petto, poi si abbassò, mettendosi nella stessa posizione di un centometrista quando sta per scattare. Ora si fa sul serio. Lui è più forte di me, non c'è dubbio, ma è solo forza fisica. Devo rendere l'incontro il più breve possibile, devo finirlo in questo round. In una frazione di secondo, si trovò a meno di un metro da Clint. Quest'ultimo spalancò gli occhi, sorpreso dallo scatto di Thomas. Curvò la schiena all'indietro e provò a colpirlo con la sua poderosa coda. L'attacco di Clint fu così rapido che a Thomas sembrò che la coda si fosse assottigliata tanto da diventare uno spago. Nonostante ciò, la schivò e si spostò. Sembrava che Thomas fosse sparito all'improvviso, come teletrasportato. Dove cazzo è andato? pensò il minore dei Brown. Poi avvertì un dolore pungente alla parte sinistra del volto e un intenso calore, seguito da un prurito, come un piccolo spasmo involontario lungo la mascella. Thomas lo aveva appena colpito con un pugno elettrico. La sua mano era avvolta da scintille e piccoli fulmini che brillavano e ballavano. Clint sentì la parte colpita come paralizzata e non avvertiva più le sue labbra. Provò a parlare ma riuscì soltanto a farfugliare qualcosa d'incomprensibile. Si toccava la mascella e la smuoveva come a volerla rimettere a posto.
«Cazzo Clint, che ti prende!? Che ti ha fatto quel bastardo!?» chiese preoccupato Bobby. Harris non disse niente, ma perfino sul suo volto poté notarsi la sorpresa. Clint entrò nel pallone e si lasciò prendere dal panico. Cominciò ad ansimare e diede un urlo sgraziato a causa della mascella bloccata. Si scagliò di nuovo contro Thomas, fendendo un altro dei suoi micidiali colpi di coda. Ma Thomas riuscì a evitare anche quello. Quindi, poggiò le mani sul petto di Clint, che si immobilizzò di colpo. Thomas aveva le braccia e le mani avvolte da piccole cariche elettriche azzurre che producevano uno scintillio. Avvicinò il capo a Clint e gli sussurrò parole di vittoria: «Sei fottuto, caro... Shock!». Si sentì come un sibilo prolungato e tutti videro Clint tendere la schiena, dritta come se fosse stato legato a un palo. Tremò tutto per qualche secondo, poi rovinò a terra battendo la testa. Batteva i denti e tremava come assalito da un vento glaciale. «Direi che non è più in grado di combattere! E il primo round se lo aggiudica il mitico, l'inimitabile e strepitoso Thomas Watt!» disse il ragazzino, imitando la voce del Superman interpretato da Christopher Reeve. I suoi compagni gioirono con urla festanti. Jennifer si sentì sollevata. «Maledizione» borbottò Bobby. John mostrò i denti e sentì l'ira fargli tremare gli occhi. Poi sembrò calmarsi e divenne all'improvviso riflessivo. Leonard si accorse di questo cambiamento. «Non volevo giocarmi subito il jolly ma, viste le circostanze... tocca a te, Goodman». Harris gli diede un colpo d'incoraggiamento a mano aperta sull'enorme pancia che molleggiò tutta per alcuni secondi, come un tappetino elastico. Johnny annuì.
«Leonard, io resto in campo» sorrise Thomas. Leonard sollevò il pollice. L'enorme Goodman avanzò con malsana pesantezza verso Thomas. Le sue scarpe sembravano contorcersi e gridare dal dolore, supplicando di non subire più quella tortura. Le suole si erano già assottigliate come se fossero state indossate per decenni. Thomas sentì un nodo alla gola. Quel goffo, brutto e grasso ragazzo, con quei capelli unti di sudore e cadenti a punta sulla fronte, metteva in agitazione i sensi del ragazzino. «Goodman, non deludermi» intimò Harris. Intanto Bobby aveva recuperato suo fratello, trascinandolo verso una parete. Clint era svenuto, mentre Johnny ansimava, pensando a far finire il prima possibile quell'incontro. Il suo enorme peso gli faceva bruciare i piedi e la schiena lo torturava di continuo, con le vertebre che sembravano aghi che gli perforavano da dietro. Non riusciva a stare in piedi per molto tempo e inoltre aveva fame. Fu Thomas a fare la prima mossa. Metto subito giù questo ciccione, così chiedo il cambio e mi riposo un po'. A palmo aperto si lanciò verso Johnny, che non provò nemmeno a muoversi. Ansimava come se stesse per avere un infarto e gocciolava così tanto che la sua maglietta era già impregnata. Thomas lo colpì e la sua mano sprofondò di qualche centimetro in quel flaccido e disgustoso ventre gelatinoso. «Shock!». Calò il silenzio. Tutti guardavano incuriositi. Thomas era sicuro che il suo colpo fosse andato a segno e aveva avvertito la forza passare dal suo corpo a quella del suo avversario. Ma Johnny non tremò, non grugnì, non imprecò. Non fece nulla. Continuava solo ad ansimare in modo preoccupante. Poi pronunciò: «Rilascio».
Si avvertì un boato, come un colpo di fucile. Thomas sentì una fitta lancinante al braccio e si sentì sbalzato via, come se qualcuno lo stesse sollevando di peso. Lanciò un grido che rimbombò in tutta la palestra. Volò via e rovinò con la spalla a terra, strisciando per alcuni metri. Si contorceva disperato dal dolore e piangeva in modo isterico. Gli aveva rotto il braccio, spezzando il radio e l'ulna in più punti e gli aveva fratturato le ossa carpali. Thomas non riusciva a smettere di contorcersi, di gridare e di piangere. Gli Sfigati accorsero tutti, circondando l'amico. Bobby rimase impassibile, non provò alcuna gioia, nonostante Thomas avesse ferito il fratello, mentre Harris rise a crepapelle, risate isteriche e a scena aperta condite dal suo solito sadismo. Goodman invece se ne stava fermo con le braccia lungo i fianchi, ansimando e con le gambe tremanti. «Thomas oddio, che ti ha fatto quel bastardo!?» urlò Leonard. Sophia si sedette in ginocchio, sollevò la testa di Thomas e la poggiò sulle sue gambe e gli pulì la fronte e le lacrime con un fazzoletto, mentre Jennifer gli teneva la mano sana e quasi si mise a frignare. «Merda, si vedono le ossa quasi fuori! Presto Ed, corri a prendere delle bende e una stecca per tenere fermo l'avambraccio! Fatti accompagnare da Lucas, tu sai dove sono!». Mentre i due ragazzi si precipitarono, prima di superare la porta Chris gridò: «Non vi dimenticate gli antidolorifici!».
Thomas respirava a fatica e il dolore non gli dava tregua. Leonard ringhiò contro Johnny e gli puntò il dito contro. «Ciccione di merda, fra poco te la vedrai con me!». Goodman rimase impassibile. «Oh, poverino, il piccolo Thomas si è fatto la bua» ridacchiò John. «Verrà anche il tuo turno Harris, stanne certo!» inveì Leonard. John sorrise e bisbigliò: «Non vedo l'ora». Ed e Lucas tornarono con l'occorrente. Fasciarono l'arto malridotto di Thomas, inserendo tra le stoffe un tubo di ferro che Ed aveva trovato in uno sgabuzzino. «Tieni duro Thomas, ingoiane un paio di queste, anzi facciamo tre» disse Chris, dandogli delle aspirine, mentre Lucas lo aiutava a bere da un bottiglia. «Siete cattivi!» urlò Taylor. «Vero, fiete cattivi!» proseguì a ruota Ed. Passò qualche minuto e Thomas chiuse gli occhi dalla fatica e dal dolore. «Leonard, non possiamo lasciarlo qui, dobbiamo portarlo in infermeria e farlo curare» singhiozzò Sophia. Jennifer fu colta a sua volta dal singhiozzo, così come Taylor. «Neanche per sogno! Se ve ne andate, perderete in automatico!» urlò John. Leonard fissò il volto di Thomas dolorante, che con lentezza riaprì gli occhi e disse: «Non ti preoccupare, Leonard... sto bene, me la caverò... pensate a combattere e fate più in fretta che potete.» Leonard si sentì rincuorato e si voltò con ferocia. «Ora tocca a me!». Il ragazzo avanzò con decisione verso Johnny. Quest'ultimo fece uno starnuto, scagliando del denso muco giallognolo sul pavimento. Si pulì con il dorso della mano il naso strofinandolo con violenza e poi la passò su tutto il volto, anche sui capelli per asciugarsi dal sudore. «Vai Leonard, fagli vedere chi sei!» lo incitò Chris. Gli altri fecero lo stesso. Leonard si tolse il maglione e lo gettò a terra con foga. Non sopportava l'idea che qualcuno facesse del male ai propri amici, ma la verità era che si sentiva in colpa. Li aveva trascinati in quella lotta organizzata da John e ora non poteva più sottrarsi. Provava rabbia verso sé stesso. Incupì lo sguardo, mostrò i denti come un cane che sta per mordere e inarcò le spalle, mettendosi in posizione di guardia. La palestra piombò nel silenzio, l'unica cosa percepibile erano i respiri, soprattutto quello di Goodman, pesante e turbinoso, come delle grosse pale che spingono il vento con decisione. Leonard lo guardò con attenzione e credette per un attimo che al posto dei polmoni avesse delle pompe a vuoto. Provò a trovare un punto debole, una falla nella difesa di quel colosso. Come ha fatto a resistere a una scossa elettrica? Non si è neanche mosso! Ci è riuscito solo perché è grosso? No... il suo corpo è particolare. Facciamo dei test, lo colpirò più volte, ma senza troppa forza, voglio vedere come reagisce.
Leonard attaccò in modo così rapido che gli occhi degli amici si dovettero sforzare per seguirne la traiettoria. Allungò il pugno in avanti, leggiadro ma deciso come un proiettile. Johnny grugnì in preda allo spavento e d'istinto spostò il corpo all'indietro, quasi inciampando in quelle enormi scarpe da pagliaccio. Provò a mollargli un ceffone, ma si rese conto che Leonard non era più lì. All'improvviso diede un urlo di dolore e si sentì nello stesso momento uno schiocco violento, come aria vorticosa che passa in un tubo di metallo e fuoriesce a elevata pressione. Johnny sentì una fitta alla schiena, un calore intenso e penetrante che lo fece saltellare in avanti. Stava quasi per perdere l'equilibrio, ma avrebbe perso e vedersela con John Harris per lui sarebbe stato un supplizio. Era un ragazzo solo, da sempre, fin dall'infanzia, abbandonato dai genitori e maltrattato per la sua condizione fisica; per tutta la vita aveva cercato l'approvazione degli altri e l'appartenenza a un gruppo. Entrare in quello di Harris significava per lui essere un vincente, la prima vittoria della sua vita. Alla fine, il suo volto privo d'espressioni si aggrottò e l'ira e l'istinto di sopravvivenza presero il sopravvento. Fece pressione su quelle gambe goffe e gonfie, così tanta che sembrò che il pavimento scricchiolasse. I suoi arti sgraziati ma solidi come colonne greche lo tennero in piedi e non lo fecero tramortire. Leonard lo aveva colpito alla colonna vertebrale, intuendo che quel punto fosse il più scoperto del corpo. Come pensavo... ora proverò a colpirlo in altri punti e vediamo che succede.
Caricò subito il secondo colpo e lo scagliò verso il bersaglio. Goodman, ancora scosso, si voltò iracondo e descrivendo un arco col suo braccio sinistro provò a colpirlo, ma per il giovane Star i movimenti di Johnny erano lenti come un lottatore di Sumo che ha perso lo smalto degli anni migliori e si sta godendo la pensione. Leonard schivò il colpo e gli diede un diretto sinistro in pieno volto. Johnny sentì il pugno in tutta la sua pienezza. Dal naso gli usciva sangue a fiotti e Goodman cominciò a frignare, assalito dalla paura. Il suo avversario lo stava colpendo in tutti i suoi punti più delicati. Per istinto sollevò le braccia mostrando i gomiti, per proteggersi il capo, lasciando scoperti addome e ventre. Leonard lo fissò per qualche istante. Mi sta mostrando tutto il corpo. In teoria sarebbe una follia difendersi in quel modo, ma... lui vuole che lo colpisca alla pancia, perché quella è la parte più resistente e pericolosa del suo corpo, come sospettavo... d'accordo ti colpirò lì, ma prima vediamo come reggono le tue gambe. Sferrò un calcio al ginocchio dell'avversario, colpendolo con forza. Goodman lanciò un piccolo grido, che subito si interruppe. Tremò in maniera di poco percettibile, anche quel punto era avvolto da uno spesso e morbido strato di grasso e Leonard ebbe la sensazione di avergli sentito qualcosa sotto la pelle, ma aveva bisogno di conferme. Ok, è arrivato il momento di colpirlo alla pancia e allo stomaco, ma non con colpi normali. Devo colpirlo con l'intenzione di fargli male sul serio. Leonard distese le braccia che cominciarono a gonfiarsi. Si aprirono dei piccoli fori sugli arti che cominciarono a suonare al passaggio dell'aria, come in un flauto suonato con violenza. In non più di dieci secondi le dimensioni di braccio e avambraccio erano quasi triplicate. Quando lo faceva, Leonard provava un formicolio e un senso di leggerezza. Senza esitare, caricò il peso del suo corpo sulla gamba sinistra usandola come perno e scagliò con un movimento circolare un destro violentissimo allo stomaco di Johnny. Goodman sobbalzò all'indietro e sentì il colpo che aveva ricevuto in tutta la sua pesantezza. Provò a trattenere le lacrime. Leonard si aspettava di sentire un boato simile al colpo dato da Goodman quando aveva rotto le ossa di Thomas, ma tutto quello che notò fu la flaccidezza (disgustoso...) del ventre. Il suo pugno era come incollato a quello strato di grasso e attorno alla sua mano c'erano due cuscinetti più duri, come delle... molle! Rilasciò l'aria da un paio di fori presenti sulla mano e tirò fuori il pugno prima che sprofondasse. Goodman continuava a proteggersi il capo con le braccia. Leonard comunque era deciso a metterlo al tappeto. Caricò gli arti d'aria fino al massimo. Le sue braccia erano così gonfie che sembravano maiali interi attaccati. I suoi occhi s'iniettarono di sangue.
Goodman diede una rapida occhiata al volto di Leonard e fu percorso da una lieve scossa, come quella che aveva sentito quando Thomas lo aveva colpito, ma questa volta non era una reale scarica elettrica, quanto piuttosto paura. Intuiva che Leonard gli si sarebbe scagliato addosso con tutta la ferocia di cui era capace da quel momento in poi e così fu. Leonard lo colpì con una scarica violentissima di pugni. Non aveva mai dato colpi con una simile cadenza prima d'allora. Ogni volta che ritraeva il braccio, lo ricaricava d'aria e lo scagliava di nuovo e così via, come un martello pneumatico che picchia con forza l'asfalto consumato. Goodman cominciò a frignare e a stento tratteneva le lacrime. Avvertiva un forte bruciore e i punti colpiti via via gli sembravano sempre meno sensibili. Intorno ai due combattenti si formò un turbinio e l'aria tremava come per l'esplosione di una granata. Leonard continuava a colpire con tutta la forza che aveva. I suoi muscoli stavano cominciando a fumare, perché l'aria all'interno degli arti si stava surriscaldando per l'attrito. Leonard si accorse che i suoi colpi perdevano in precisione e forza, come se venissero in parte assorbiti e in parte rimandati indietro. Il ragazzo aveva intuito le capacità di Goodman, ma l'arsenico nel suo corpo stava cominciando a fare effetto. Decise di fare una scelta strategica. Stancarsi ancora avrebbe significato non essere al meglio nello scontro contro John Harris, al quale non voleva mancare per nessuna ragione, perché il capo dei bulli doveva affrontarlo lui, capitano contro capitano, non c'era altro modo e nessun altro doveva farlo. Era una questione di principio, una questione di onore, una parola di cui il ragazzo stava iniziando solo allora a comprendere il significato, sintomo che non era più un piccolo bambino indifeso nella vasca di sua nonna, ma che ora era un ragazzo e che l'età adulta non era poi così lontana. Leonard si rese conto che non era solo e che aveva degli alleati. Amici con cui avrebbe affrontato alcune delle gioie e dei dolori più grandi della sua vita. Il vento che si era formato intorno ai due ragazzi cessò. Leonard aveva smesso di colpire, facendo tre passi indietro.
«Cambio!» disse con tono squillante. I suoi amici rimasero a bocca aperta. Leonard si avviò con le mani in tasca verso i suoi amici, fischiettando in modo allegro, come quando qualcuno ha appena vinto alla lotteria. Goodman abbassò la guardia e osservava con stupore Leonard allontanarsi. Chris si avvicinò a lui. «Leonard, ti sei arreso?» chiese preoccupato l'amico. «Per niente Chris, ho un'idea. La forza fisica non funziona su di lui, ci vuole strategia, quindi...». «Quindi cosa?» chiese Lucas. Leonard fissò uno a uno i suoi compagni, che provarono un senso d'imbarazzo, come se Leonard li stesse guardando da sotto i vestiti. Le più imbarazzate sembravano le ragazze che cinsero le braccia all'altezza dello stomaco e abbassarono lo sguardo. Leonard pensò: Thomas è fuori combattimento, Taylor è una bimba e non so come potrebbe reagire in uno scontro reale. Non vedo che utilità possa avere l'abilità di Lucas in questo momento... cazzo, se mi sentisse si deprimerebbe così tanto che non uscirebbe di casa per un mese! Chris ha il colpo più potente ma, dato quello, diventa poi inutilizzabile e non voglio giocarmelo così... Ed con il suo potere lo infastidirebbe soltanto e rischierebbe di essere travolto. Potrei usare Jennifer, ma riuscirebbe a smuovere con la telecinesi un bufalo del genere? Forse sì, forse no... ho deciso, il suo potere è il migliore! Leonard si avvicinò all'orecchio di Chris e cominciò a bisbigliare. Chris aveva una faccia stupita e mentre ascoltava si grattava il mento. Di tanto in tanto sorrideva.
«Ma che stanno blaterando?» domandò Sophia rivolta a Jennifer. L'amica sollevò le spalle. «Ragaffi, che vi ftate dicendo?» chiese Ed incuriosito. «Allora, sei d'accordo?» disse Leonard sorridente. «Sì, penso che possa funzionare... ha senso» rispose Chris, serio. «È deciso! Sophia, combatterai tu contro Goodman!». Alle parole di Leonard, Sophia sbarrò gli occhi e indicò sé stessa con l'indice titubante e chiese, per essere sicura di ciò che aveva sentito: «io!?». «Sì, tu Sophia! Mi raccomando, voglio tanto fuoco! Ascolta...». Leonard cominciò a confabulare con la ragazza. La vicinanza del ragazzo e il suo corpo scolpito, coperto solo da una canotta, le avevano fatto infuocare le guance e seccato le labbra. «Ho capito» disse Sophia. Leonard alzò il pollice. «Ragazzi, volete dirmi cosa vi siete detti?». Lucas si sentiva un po' escluso e anche Ed, Taylor e Jennifer provavano lo stesso sentimento. Sophia con i suoi modi aggraziati si avvicinò a Goodman. Poi aprì bocca e da quel momento perse tutta la sua femminilità. «Rotto in culo di un ciccione puzzolente, ora te la vedrai con me. Ti spedirò dritto dalla mamma a ciucciare il biberon e quando ti saranno cresciute le palle mi verrai a chiedere scusa per avermi fatto perdere tempo, perché sei un maiale di merda!». Leonard arrossì e abbassò lo sguardo, grattandosi la nuca. Ed spalancò la bocca e non disse nulla. Chris e Lucas volevano sprofondare dalla vergogna. Taylor tappò le orecchie del suo peluche, mentre Jennifer si fece rossa dall'imbarazzo e portò le mani sulle guance, rimproverando l'amica: «Sophia, ma insomma! Non c'è bisogno di essere così offensiva e volgare!». Bobby Brown iniziò a ridacchiare, ma lo sguardo severo di John lo mise subito a tacere.
«Ora ti faccio secca, mocciosa!» urlò all'improvviso Goodman. Gli insulti subiti da Sophia gli riportarono alla mente le offese che subiva fin da quando era un bambino. Fu accecato dalla rabbia e i circuiti nervosi del suo corpo smisero di funzionare. Attaccò per puro istinto, come un toro che vede solo rosso e carica indistamente tutto ciò che si trova davanti. Sophia si spaventò e le si formò un nodo alla gola, ma fu rapida. A palmo aperto, incrociò con un movimento svelto le braccia e dai palmi partirono due fiammate calde e intense che si mescolarono, generando un fuoco chiaro e vivo. Goodman ne fu travolto in pieno. L'intensità del colpo stupì la stessa Sophia che non aveva in realtà intenzione di scagliare un colpo così violento. Le fiamme avvolsero il ragazzo che ruzzolò a terra e cominciò a rotolarsi. Avvertiva un bruciore intenso su tutto il corpo e lanciò urla disperate. «Oddio!» gridò Sophia, resasi conto che aveva passato, e non di poco, il confine che c'è tra combattere e rischiare d'uccidere l'altro. «Cazzo Sophia, così è esagerato!» la rimproverò Leonard. Jennifer iniziò a tremare dall'agitazione. Perfino Harris rimase perplesso e una goccia di sudore gli attraversò la tempia e questa volta fu lui a ridacchiare. Non rimproverò Johnny del fatto che non stesse chiedendo il cambio, anzi provava divertimento nel vedere quel corpo obeso rotolarsi come un gomitolo di lana e saltellare come un tizzone ardente in un camino. Bobby invece aveva lo sguardo serio come se ciò che aveva fatto Sophia fosse giusto e non si capacitava del perché di tanto stupore. «Il mio potere è inutile, il mio potere è inutile, il mio potere è inutile...» continuava a farfugliare Lucas in preda al panico. «Lucas è il contrario, il tuo potere è utile, l'acqua stempera il fuoco, vai che aspetti!» gli consigliò con fare deciso Chris. Lucas si sentì scosso da quelle parole e senza nemmeno pensare a ciò che stava facendo, corse verso Goodman e gli puntò i palmi delle mani contro. Si formarono delle piccole bolle d'acqua sospese che vennero sparate via come il getto di una fontanella, ma più intenso. Come una doccia, l'acqua di Lucas spense il fuoco dagli abiti di Johnny. La sua maglietta era bruciacchiata e si vedevano i rotoli di grasso anneriti, mentre i suoi pantaloni erano diventati pantaloncini. Un odore di plastica bruciata si sparse nell'aria.
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