CAPITOLO 2 (Parte 3)
Passò qualche minuto. Alla fine, i tre bulli videro Chris che usciva dalla porta principale della scuola, con la schiena curva e zoppicando al suo solito, come se avesse una puntina conficcata sotto la pianta del piede. Il giovane bambino scimmia che girava con la bicicletta, invece, se n'era andato non appena aveva visto arrivare i bulli. Chris uscì fischiettando, ignorando quello che gli sarebbe successo di lì a pochi minuti. I tre, come segugi nella notte, cominciarono a seguirlo a distanza. «Guarda che gobba! E guarda che andatura da malato!» sentenziò John, cercando di trattenere le risate. Chris percorse l'intero isolato, attraversando la Main Street e percorrendo la perpendicolare Up Street. Fece ancora un paio d'isolati e prima di rendersene conto era già arrivato in aperta campagna. A poco più di trenta minuti di cammino rispetto a dove era partito, aveva già lasciato la città alle sue spalle con tutti i suoi palazzi di mattoni, cemento e arenaria, come delle costruzioni al centro di una stanza enorme che era la contea. Percorreva ora una stradina non asfaltata, con al lato sinistro uno steccato bianco. Poco più avanti c'era una casa di campagna abbandonata e un grosso mulino a vento, con le pale cupe e annerite. Sentiva il gracidare delle rane giù al Derrick. Quella zona, una distesa di erba alta, suffrutici, canne e arbusti nani, prendeva il nome dell'omonimo ruscello, un sottile corso d'acqua che si riversava nel fiume Pinnot poco più a valle, in leggera pendenza rispetto al resto della città. Pensava come in un sogno a occhi aperti a Sophia, ai figli che avrebbero potuto fare insieme e al suo amico Leonard. Come ha potuto non dirmi che conosceva Sophia Williams? Quel maledetto, bella amicizia! Gliela farò pagare!
A un tratto, il suo sogno di amore e di vendetta fu interrotto. Avvertì un forte dolore alla testa che lo fece piombare in avanti. Per poco non cadde a terra con la faccia in giù. John Harris, a breve distanza gli aveva appena scagliato una pietra in testa. «Accoppiamo quello storpio di merda!» urlò il capo dei bulli indemoniato. Chris, ancora scosso, provò a voltarsi, ma si sentì avvinghiare alla vita e finì a pancia in giù in modo rovinoso. Era stato appena placcato da Clint Brown, il più giovane dei bulli. Riuscì comunque a divincolarsi, ma non fece molta strada. Appena si fu rialzato, i fratelli Brown lo avevano già preso per le braccia e lo stavano trascinando dietro allo steccato. «No! Lasciatemi andare!» gridò Chris terrorizzato. Che figura di merda! Devo essere forte... ma quale forte, questi mi lasceranno tanti di quei lividi che resteranno per tutta la vita! Non basta essere zoppo alla gamba destra, gobbo e con un difetto al petto, ora pure i lividi! «Ehi, avete sentito come grida!? Proprio come una ragazzina!». All'esclamazione di Bobby, il fratello Clint rise di gusto. Misero Chris con la schiena contro il freddo e bagnato steccato. Non importa che avesse il giubbino, sentiva l'acqua nei muscoli e nelle ossa. Fu preso dalla paura. Sentiva il cuore che stava per esplodere come una bomba e un nodo alla gola grosso quanto una mela.
«Bene, bene, coglione!» abbaiò John. «Tenetelo fermi ragazzi! Tutti hanno debiti con me e oggi, brutto sgorbio, imparerai cosa significa riscuotere i debiti!». «Aspetta John, calmiamoci, proviamo a parlarne...» Le parole di Chris furono vane. John sollevò il braccio destro nel grigiore di quel cielo di dicembre. Sotto la manica del giubbino di pelle, sembrava che qualcosa si stesse muovendo. Chiuse la mano a pugno. Pochi secondi dopo, da rosata era già di uno scintillante color rame. «Beccati questo» sussurrò John. Chris provò a divincolarsi, ma la presa dei fratelli Brown era ferma. Tutto quello che sentì fu un dolore lancinante allo stomaco. Harris lo aveva colpito con tutta la sua forza. L'urto fu così violento che Chris sfondò con la schiena lo steccato, portando con sé anche Bobby e Clint, che dovettero mollare la presa. Rotolarono oltre la strada in un piccolo dirupo. Chris arrestò la sua corsa, dopo aver rotolato nella fredda fanghiglia. Si contorceva dal dolore. Sputò un fiotto di saliva e sangue dalla bocca, come un gatto che ha ingerito una palla di pelo e prova a liberarsene. Era come se fosse stato colpito a gran forza da una mazza di ferro.
«Che aspettate idioti, prendetelo e mettetelo a testa in giù!». Al comando di John, Bobby e Clint reagirono come dei bravi soldati e afferrarono per le caviglie il povero Chris. Quest'ultimo provò ancora una volta a divincolarsi e, ormai già a testa in giù, sferrò un colpo con un piede nell'occhio di Bobby. «Maledetto!» disse il maggiore dei Brown, portandosi una mano sull'occhio, mentre con l'altra continuava a tenere per le caviglie Chris. Harris si scagliò contro il ragazzetto capovolto e gli sfilò prima il giubbino e poi la felpa. Chris Light era a torso nudo. Che vergogna, che vergogna! Non di nuovo, non di nuovo! Al centro del petto aveva una piccola pietra grezza trasparente di circa otto centimetri in lunghezza e tre in larghezza, frastagliata di molti lati e angoli, color arancio. «Dio, che schifo! Clint, fa più schifo della tua faccia!». John provava curiosità e disgusto. «Bobby, ora lo voltiamo verso di te, poi tu con il tuo pungiglione gli strappi via la pietra» disse John con sguardo diabolico. Il sorrisetto dai volti di Clint e Bobby sparì (soprattutto quello di Bobby) ed entrambi si impaurirono. «John ma...». «Ma cosa!?», sbraitò John contro Bobby, come se la sua esitazione fosse un muro d'abbattere con un urlo. Bobby Brown ora tremava un po' e con voce vibrante continuò: «John, se gli stacchiamo la pietra, può essere che muore, che ne sappiamo?». «Ha ragione − continuò Clint − non possiamo uccidere le persone!». Gli occhi di John cominciarono a riempirsi di piccoli capillari di sangue, come infiniti fiumi in una foresta pluviale. Aprì la bocca serrando i denti, che strusciavano tra di loro producendo uno stridio fastidioso.
«Ho capito, lo faccio io visto che siete dei conigli!». John, senza esitare un istante, affondò le dita ramate nella pelle di Chris, ai lati della pietra. Light sentì come se dei grossi aghi gli stessero perforando la carne. Sentì un leggero calore e un liquido che colava. Era il suo sangue. Cominciò ad ansimare, a sudare freddo e ad agitarsi ancora di più. I fratelli Brown dovettero irrigidire la presa. Nel suo movimento, Chris strisciava i capelli cadenti sul sottile strato di melma. Ora mi farà fuori, questo pazzo maniaco mi farà fuori! Cosa posso fare, cosa posso fare!? Non sei un coniglio, non sei un coniglio, reagisci per la miseria! Lo sguardo di Chris sembrò pietrificarsi e all'improvviso smise di dimenarsi. I suoi occhi s'illuminarono di arancione e la pietra prese a brillare di una luce viva e vorticosa. John ritrasse di scatto la mano assassina. Il fluido vitale di Chris schizzava ovunque. «Che cazzo stai facendo?» chiese John con sincero stupore. I fratelli Brown, che continuavano a tenere Chris a testa in giù, notarono una luce arancione riflettersi sul loro amico John. «Che roba è? John che sta facendo questo?» chiese Bobby. Quasi nello stesso momento, Chris lanciò un urlo potente, come il ruggito di un leone che sta per mordere al collo la sua preda. Allargò le braccia e gli occhi e la gemma s'illuminarono ancora di più. Devo togliermi, pensò l'istinto di John Harris. Ma fu tardi. Un cilindro di luce arancione partì dal petto di Chris e colpì in pieno il capo della gang. I suoi occhi sembravano uscire dalle orbite. Il raggio di luce lo scaraventò contro il terreno inclinato del piccolo dirupo e lo trascinò fino alla strada appena sopra. Quando il corpo di John fu oltre il ciglio della strada, il raggio svanì, ma il bullo fece un volo di quasi otto metri, finendo dall'altra parte della stessa. Il rinculo fu così potente che Bobby e Clint furono sbalzati all'indietro e mollarono la presa alle caviglie di Chris, che finì con la schiena a terra. I giovani fratelli si alzarono di scatto e cominciarono a guaire come cani bastonati. «Bobby, hai visto che cazzo ha fatto, hai visto che cazzo ha fatto?» urlò Clint con voce tremante e carica di profonda paura e stupore. «Cristo santo, l'ha ucciso» sussurrò il fratello maggiore. Chris si alzò a stento, ma appena fu in piedi osservò gli sguardi di tremore dei fratelli Brown e cominciò a inveire. «State alla larga, lasciatemi stare o farò fuori anche voi!». Clint e Bobby misero le mani avanti, per paura che Chris li colpisse. Nell'indietreggiare, Clint inciampò e finì con il sedere per terra, strisciando per allontanarsi da lui. Ma Chris si voltò e cominciò a correre in direzione del Derrick. Forse Leonard ed Ed sono già arrivati. Se è così allora sarò salvo!
Appena si fu allontanato di qualche metro, Bobby e Clint sentirono le urla strazianti di John oltre il dirupo. Salirono in fretta sul terreno in pendenza, attraversarono la strada e si diressero dall'altro lato, in mezzo all'erba. John Harris si contorceva a terra disperato, con gli occhi carichi di lacrime e rosso in volto. I vestiti erano del tutto bruciati e strappati davanti, nel punto in cui era stato colpito dal raggio di Chris, e il suo addome era ustionato. Fili di fumo bianco e grigio partivano dal petto e dallo stomaco, solcati da venature rosa e rosse e piccole bolle trasparenti. «Cazzo fa male, Dio come brucia! Dov'è quel bastardo!? Dov'è quello sgorbio!? Voglio la sua testa, voglio la sua testa! Prendetelo, che ci fate qui, prendetelo!!!». L'urlo di John sembrò quasi squarciare il cielo. Fu così violento e acuto che perfino Chris poté sentirlo. Clint e Bobby, spaventati a morte, si voltarono e corsero subito a inseguire Chris. Di chi avere più paura, di John o di Chris? Nel frattempo, Chris sentiva la fatica aggrapparsi alle sue gambe. Gli sembrava come se avesse appena finito di trascinare un tir con una catena a mani nude. Nonostante ciò, proseguì la sua corsa, sentendo i passi dei fratelli avvicinarsi sempre più. S'immerse nella vegetazione, diretto al ruscello. Arrivato lì, lo costeggiò. Piccole pietruzze e ciottoli risuonavano al suo passaggio. «Eccolo, lo vedo!» sentì Chris urlare in lontananza. Era la voce di Clint, il più veloce dei tre. Chris arrivò in un punto in cui la vegetazione si diradava. Ormai aveva il cuore al limite e le gambe avrebbero ceduto da un momento all'altro. La vista cominciò a sfocare e aveva il respiro di un elefante. «Aiuto» disse con un filo di voce, «aiuto». Ma la fortuna non lo aveva abbandonato. In lontananza, sedute su delle pietre, vide tre ragazze. Una di loro era Sophia Williams.
«Merda, ne sono rimaste solo tre, domani devo per forza passarne a prenderne altre!» sentenziò Sophia con voce preoccupata, ma che allo stesso tempo appariva fiera come una star snob. «Non posso mica restare senza». Jennifer intanto aveva la faccia imbronciata e faceva piccoli sbadigli delicati, portando la mano davanti alla bocca. «Le signorine devono essere educate, Jennifer». La piccola Taylor invece girava in tondo, ridendo come un elfo lieto e portando a spasso il suo peluche per un orecchio. «I ragazzi sono proprio un branco d'idioti, far aspettare delle ragazze...». Sophia si voltò schifata e, passandosi la mano tra i capelli, sollevò le ciocche terminali della sua folta chioma. «Tesoro − continuò rivolgendosi a Jennifer − dai, prendi una sigaretta, così ammazzi il tempo». Jennifer, ancora pensierosa, interruppe il suo sbadiglio e si sentì tornare alla realtà. «Hai mai fumato?» le chiese Sophia con voce atona. «Qualche... qualche volta» rispose timida Jennifer. «Le puttanelle fumano Jennifer. Solo le puttanelle fumano!». Nella sua mente risuonavano le parole del padre, ma il sorriso e l'energia emanata da Sophia la fecero rinsavire. Quest'ultima passò una sigaretta a Jennifer, che l'afferrò con un attimo di esitazione. La portò alla bocca, mentre Sophia aveva già sollevato l'indice, che emanava una fiammella di un rosso vivo. Fece un piccolo sospiro, allontanò il tubicino di tabacco dalla bocca ed espirò. «Ecco, brava». Le parole di Sophia erano cariche di soddisfazione, come un maratoneta che ha appena vinto la sua corsa. «Anche io voglio fumare, anche io voglio fumare!». Taylor aveva osservato tutta la scena con gli occhi sempre gioiosi di un infante e nella spensieratezza dei suoi anni. «No, Taylor, sei troppo piccola! Fra qualche anno, ma ora no». Alle parole della "sorellona", come amava definirla Taylor, gonfiò le labbra, mise il broncio, le braccia conserte e, come uno schiocco di dita nell'aria, espresse tutto il suo disappunto: «uffa!». Si voltò di spalle e si sedette su una piccola roccia.
Passarono una decina di secondi. Nello stesso momento, sia Sophia che Jennifer sentirono urla e passi svelti provenire da oltre le alte canne. Il rumore del ruscello attutiva tutti i suoni, ma via via quei sussulti di voci e piedi sulle pietre diventavano sempre più distinti. Sophia si alzò, così come Taylor, che corse dietro la sorellona, Jennifer le seguiva a ruota. «Sta arrivando qualcuno» disse Sophia. Le piante cominciarono a muoversi. E come d'incanto, sbucò fuori un ragazzo, zoppicante su un piede, curvo in avanti, con la lingua di fuori, i capelli scompigliati e sporchi di fango, senza alcun indumento sul dorso e le pupille dilatate. Ansimava pesante come se i polmoni gli stessero per esplodere. «Sophia aiutami, Harris e i suoi mi stanno inseguendo» disse Chris con un filo di voce. Non pensava per niente al fatto che Sophia gli potesse vedere la pelle nuda e soprattutto la gemma di cui tanto si vergognava. Le caviglie gli tremavano, così come tutti gli arti inferiori. Esausto, si sbilanciò in avanti e chiuse gli occhi. Stava per battere la testa a terra, quando Sophia, dopo aver gettato la sigaretta a terra, lo prese al volo. Lo cinse alle spalle, si portò con delicatezza la testa di Chris al petto e lo adagiò poi a terra. «Oddio Chris, ma cosa ti è successo? Cosa ti hanno fatto!?». Il volto della ragazza appariva corrugato dalla preoccupazione, mentre Taylor espresse i suoi pensieri di bimba con un sonoro «ohhh». Jennifer portò la mano sinistra alla bocca, lasciando cadere al fianco il braccio destro, con la sigaretta ancora in mano. Emise un urletto, quasi come un singhiozzo. Nel frattempo, altri passi e altre voci si avvicinavano. Sbucarono fuori gli altri due, affannati dalla folle corsa.
«Merda, è Sophia» disse Clint sussurrando. Bobby guardò Sophia con aria di sfida, mentre la ragazza appariva stranita, ma aveva capito che la situazione non era buona e se c'erano i fratelli Brown allora senza ombra di dubbio c'era anche il re dei bulli, John Harris. «Sophia, non vogliamo farti del male, vogliamo solo quello sgorbio. Tu allontanati per favore.» Bobby non alzava mai le mani contro le ragazze, anche quando glielo ordinava John (prendendo per questo spesso e volentieri sonore mazzate dal compagno), inoltre provava una certa simpatia per Sophia e delle volte si soffermava a guardarla di nascosto, quando era solo, mentre lei andava a prendere le sigarette alla tabaccheria abbandonata lungo la Main Street. Notava che alle volte il cuore gli batteva più in fretta e gli ci volevano un paio di ore almeno per farlo ritornare a battere in modo normale.
«Mi dispiace Bobby, ma Chris sta con me... cioè non proprio in quel senso, ma avevamo un appuntamento, quindi... cioè, non appuntamento in quel senso... oh, al diavolo, non te lo do Bobby!». Sophia mostrò i denti, si posizionò davanti al corpo disteso di Chris e il suo sguardo divenne feroce come quello di una tigre pronta a proteggere i suoi cuccioli. Clint e Bobby fecero un paio di passi indietro. La ragazza sollevò la mano a palmo aperto e in una frazione di secondo divenne rossa, poi arancione e infine gialla, illuminandosi come un piccolo sole e fumando come un uovo in padella. Una densa fiamma le avvolse la mano.
«Bobby, te lo ripeterò una sola volta, tu e tuo fratello alzate i tacchi, altrimenti vi incenerisco». I fratelli Brown fissavano preoccupati la mano della ragazza, ma i loro pensieri furono interrotti da urla demoniache alle loro spalle. Senza neanche il tempo di voltarsi, le canne appena dietro di loro furono spazzate via dalle possenti braccia color rame di John che arrivava di corsa, a petto nudo, gli occhi iniettati di sangue e la bava alla bocca. Le ragazze notarono subito l'addome ustionato del ragazzo, che sembrava come posseduto tanto era esagitato, e anche le braccia di quel colore anomalo. «Oh, oh, guarda chi c'è, quella zoccoletta di Sophia Williams... e anche quel mostriciattolo di biondina...». Poi, mentre la piccola Taylor cacciava la linguetta a John, lo sguardo del bullo si posò su Jennifer. Occhi perversi, come quelli di papà. La ragazza fece un passo indietro. Le sembrava che John emanasse un'aura negativa, un flusso di pensieri malvagi, densi come un vento ostile.
«Chi è quella, Sophia, una tua nuova amica? Un'altra zoccoletta come te?». «Piantala Harris, sparisci da qui e lasciaci in pace!». Sophia appariva a un primo sguardo fiera e coraggiosa, ma Jennifer notò una piccola esitazione nella sua voce. John si avventò come un falco in picchiata su Sophia. La ragazza posizionò il braccio tra sé e il suo nemico e dal suo palmo la fiamma si allungò, come in un piccolo lanciafiamme. John incrociò le mani per proteggersi il volto e senza esitare un istante placcò alla pancia la ragazza dai capelli rossi e la scaraventò a terra. «Cazzo, John piantala, è una ragazza!» urlò Bobby. Ma John, che avrebbe menato anche un neonato in quel momento e la cui bocca era impastata da una copiosa e densa bava, cominciò a sbraitare come un pazzo. «Chiudi quella fogna Bobby! Prima sistemo lei, poi pesto a morte quello sgorbio di Chris!». Sophia provò ad afferrarlo per il collo, ma John le menò un ceffone sulla guancia. La ragazza emise un urlo di dolore. I suoi capelli rossi erano sparsi per terra, in quel sottile strato di terriccio bagnato, come le radici di un albero. Con la mano destra, le aprì la cerniera del cappotto e con la sinistra poggiò il palmo sul petto, in corrispondenza del cuore. John avvertì un sottile reggiseno sotto la felpa e una superficie appena gonfia e tesa. «Oh, ma che delizia... non fare la timida, prova a essere utile in qualche modo, anche tu devi pagare i debiti in qualche modo!». Sophia lanciò un grido di terrore. La piccola Taylor si lanciò contro il braccio sinistro di John, ma fu travolta dalla forza spropositata del ragazzo. Un suono sordo e metallico fece vibrare l'aria. La bimba ruzzolò a terra e si mise a piangere. John allora posò di nuovo lo sguardo perverso su Sophia ed era pronto a lanciare un nuovo manrovescio. Ma come acqua fredda che gela le menti durante un'improvviso acquazzone estivo, avvertì una fitta lancinante al fianco destro. Si sentì come sollevare e in un attimo piombò a terra a quattro metri di distanza da Sophia. I fratelli Brown sbarrarono gli occhi. John si sollevò, tenendosi la mano sul fianco. Iracondo, buttò lo sguardo ovunque, muovendo la testa come una marionetta. Fissò poi negli occhi i suoi compagni.
«Chi è stato!? Chi mi ha spinto!?». Clint aveva la bocca aperta e non proferiva parola, mentre Bobby fece spallucce e sollevò le braccia in un gesto d'incomprensione. «John... nessuno ti ha colpito...» Lo sguardo di John divenne perplesso. Mentre Sophia provava a rialzarsi e Taylor terminava il suo pianto, John rivolse lo sguardo alla ragazza che aveva visto quel giorno per la prima volta. Jennifer aveva lo sguardo serio e minaccioso, gli occhi bassi e la testa inclinata di poco, con la mano aperta rivolta verso di lui. Ira. John fu pervaso da un brivido di freddo. Ho paura? Questa ragazzetta mi mette paura? No... è solo una zoccoletta... e anche lei pagherà il suo debito.
I debiti tutti li dovevano pagare, tutti. John aveva sempre pagato i suoi. Lui li pagava ricevendo botte. Li aveva ricevuti dal padre alcolizzato, dalla madre alcolizzata («tua madre è una zoccola, deve fare quello per vivere, tutto per colpa tua» diceva sempre suo padre) e dai suoi zii. Ricordava ancora quella fredda, umida e buia cantina. Il suo migliore amico era un grosso topo che viveva lì, ma non ebbe vita lunga. La fame a cui lo sottoponevano i suoi zii lo costrinse a cibarsene. Per colpa tua, per colpa del tuo stato di salute, i tuoi genitori hanno dovuto indebitarsi. Tua madre è una puttana, tuo padre è un alcolizzato e tuo nonno è morto dal dispiacere. Sei una sciagura, sei una maledizione, un cancro John! Ora devi pagare i tuoi debiti! Tutti devono pagare i propri debiti. Anche gli zii di John pagarono i propri debiti nei confronti del nipote. Con la morte, per sua stessa mano. Così John era finito a Primestone. E ora si ritrovava davanti a quella ragazzina dai capelli corvino a caschetto con la frangetta e una lucente iride verde a illuminare i suoi occhi, come un faro nella notte più buia.
«Tu... sei stata tu... non so come tu abbia fatto, ma... anche tu pagherai i tuoi debiti!!!». John dimenticò la paura che un attimo prima aveva provato, la stessa paura di quando suo padre lo picchiava, di quando sua madre lo picchiava o di quando i suoi zii lo torturavano. Jennifer aguzzò lo sguardo verso quel toro indemoniato. Il bullo si sentì come bloccato alle spalle e arrestò la sua corsa. Spinse con tutte le forze in avanti, strusciando le punte delle scarpe sul terreno sdrucciolevole. «Non so come tu ci riesca, ma non riuscirai a fermarmi, ti faccio fuori, zoccoletta!». Con uno scatto potente e deciso, fece un piccolo salto e proseguì la sua corsa. Merda, non ce la faccio, non riesco a fermarlo, mi sento ancora stanca. Il bullo era ormai a pochi passi da lei, quando avvertì un sibilo minaccioso e poi una forte ditta alla guancia. Si ritrovò di nuovo scaraventato a terra, ma questa volta il dolore era insopportabile. Le sue guance si riempirono di lacrime e non poté fare a meno di trattenere un urlo sommesso. Sollevò subito il capo, per vedere chi lo avesse colpito. Pochi metri più in là si ergeva come la statua di un eroe un ragazzo dai capelli castano chiaro, rasati ai lati e con un ciuffo ben pettinato all'insù. Indossava un maglione grigio, con jeans blu e scarpe da ginnastica. Il suo braccio destro era assai più di grande di quello sinistro, così gonfio che le fibre del suo maglione sembravano dovessero strapparsi da un momento all'altro. Il suo sguardo. «Leonard... Leonard, maledetto!» tuonò John ancora più arrabbiato. «Leonard, quegli stronzi hanno fatto del male al povero Chris» tribolò Sophia quasi piangendo. «Merda, è arrivato Leonard, credo che sia meglio andarsene». All'esternazione di Clint, suo fratello Bobby fece cenno affermativo con il capo. Proprio in quel momento, un ragazzetto bassino con degli occhiali tondi con lenti a fondo di bottiglia e i capelli schiacciati verso il basso, come se fossero stati leccati da una mucca, sputò dalla bocca una piccola pallina di muco e saliva in direzione dei fratelli Brown. Indossava uno smanicato nero e un maglione giallo sotto, con delle maniche così lunghe da coprirgli le mani. Bobby tirò il fratello indietro. La malsana pallina si fermò a pochi centimetri dalle scarpe di Bobby e cominciò a fumare, sprofondando piano piano nel terreno, come acqua sulla sabbia bagnata.
«Fatefi da pafte lestofanti! Io sono il mitifo Ed Kaspafof!». Se non fosse per la situazione concitata, chiunque avrebbe riso a quelle parole così goffe e scoordinate, con lo sputacchio generale che svolazzava in ogni dove. Intanto, John si rialzò minaccioso tenendosi per la guancia. Strinse i denti e partì per l'ennesima volta contro un bersaglio umano. Leonard divaricò le gambe e la prima cosa che dovette fermare fu l'urlo disumano di John che ormai aveva perso del tutto il lume della ragione, attaccando in pratica qualsiasi cosa si ponesse lungo il suo cammino. Leonard era pronto all'impatto, ma un tremendo boato fece vibrare l'aria umida di quel giorno di dicembre, arrestando anche il bullo. Era un colpo di pistola.
Poco dietro ai ragazzi, due uomini che sembravano cavalieri del futuro erano appena apparsi oltre l'alta vegetazione. Erano protetti da tute scintillanti d'argento con lamelle sovrapposte fino ai piedi e dei caschi integrali col vetro scuro, come quelli da moto. Una spessa cinghia di cuoio teneva fermi i mitra M249 sul fianco. Uno dei due teneva con la mano destra una pistola puntata in alto ancora fumante, mentre l'altro aveva un bastone corto e nero, più stretto verso l'estremità, che terminava con due piccole punte. «Le Guardie di Sicurezza» mormorò Sophia. «Signor Harris, basta così» ordinò una delle guardie con voce metallica e distorta. «Ora la portiamo al laboratorio dal dottor Brandt». John cominciò a tremare e, in una frazione di secondo, si voltò e corse via. L'altra guardia però puntò il bastone verso il fuggitivo e premette un piccolo pulsante. Si vide una piccola scarica elettrica e dal bastone fuoriuscì un ago invisibile che in una frazione di secondo si conficcò nella schiena di John. All'istante il bullo arrestò la sua corsa, si raddrizzò e cadde pesante, tremolante come una foglia infreddolita dal vento d'autunno. «Voi altri, basta così! Tornatevene nei vostri alloggi!». Al comando delle guardie, i fratelli Brown corsero via a gambe levate, mentre Leonard si caricò Chris sulla schiena. Sophia aiutò Taylor a rialzarsi, le spolverò i pantaloni e le diede il suo peluche. Jennifer restò qualche attimo a fissare i due uomini d'argento. Una delle guardie si voltò verso di lei. Jennifer distolse lo sguardò, gettò la cicca che ancora aveva in mano per terra e si voltò verso la strada di ritorno.
«Che fregatura, quei bulli ci hanno rovinato il pomeriggio. Va beh, sarà per domani». Leonard era sconsolato e guardava il terreno dando di tanto in tanto un calcio a qualche pietra lungo il sentiero. Il suo braccio destro si era sgonfiato come un palloncino ed era tornato della stessa grandezza dell'altro. Chris sonnecchiava come un angioletto sulla schiena di Leonard. «Non fa niente Leonard, quelli dell'amministrazione daranno una bella lezione a John. Se la ricorderà per molto tempo, non ci darà fastidio per un po'» rispose con allegria Sophia. «A proposito, va tutto bene? Hai ancora il segno delle cinque dita di quel bastardo sul volto». Sophia, alla domanda di Leonard, poggiò la mano sulla guancia e abbassò lo sguardo, arrossendo. Si preoccupa per me. «Sì, tutto ok» rispose quasi sottovoce. Leonard era alto quasi un metro e sessanta (qualche centimetro in meno di John Harris che aveva due anni in più), era magro ma con una muscolatura molto definita (seppur meno massiccia di quella del capo dei bulli), al punto che la si poteva vedere scolpita anche sotto abiti invernali, ma in quel frangente era ancora più visibile. Aveva coperto il suo amico Chris con il maglione, e adesso indossava la sola canottiera bianca. Jennifer lo osservava incuriosita, ma quando lui si voltò, distolse lo sguardo e si fece rossa. Carino. «Leonard, non hai freddo?» chiese Sophia. Ma il ragazzo stava continuando a guardare Jennifer. «Chi è lei? Non l'ho mai vista». «Oh, che sbadata, lei è Jennifer, Jennifer ti presento Leonard. Quel piccoletto invece è Ed». Ed subito fece capolino con la testa oltre Leonard e rispose seccato. «Non fono un piccoletto, Sophia!». Jennifer mosse il capo verso i due ragazzi e li salutò accennando con la mano. «Ciao». «Ciao Jennifer!» risposero in coro Leonard ed Ed, con quest'ultimo che aggiunse qualche "f" di troppo. «Jennifer, invece questo ragazzo che sta dormendo si chiama Chris, domani te lo presento meglio». «Ok, Sophia». In men che non si dica il piccolo gruppo di ragazzini era arrivato sulla Main Street, nel pieno del ferro e del cemento di Primestone. «Ok, domani mattina ci vediamo in laboratorio, poi ci incontriamo verso le tre e mezza giù al Derrick». «D'accordo Leonard, a domani» rispose Sophia. «Ciao» disse Jennifer. «Ciao Ed!» gridò Taylor, in modo così stridulo che il povero bambino dovette tapparsi le orecchie. I ragazzi si diressero verso ovest lungo la Main, mentre le ragazze andarono verso est, di ritorno al dormitorio. Prima che le loro strade si separassero, all'angolo tra la Main e l'Up, videro alcuni bambini che scorrazzavano per le strade, giocando con dei bastoni a fare la guerra, utilizzando come finto fortino un vecchio scuolabus malmesso e abbandonato.
«Non è un tesoro Leonard?». Jennifer si voltò di scatto verso Sophia, che la guardava con uno strano sorriso, intriso di quella che più in là con gli anni avrebbe definito seduzione, ma che ora non riusciva a comprendere. «Sophia, dai!» rispose imbarazzata. «Ma guardati, sei diventata rossa come un peperone!». Sophia rise di gusto, con quella vocina soave e giovanile. Taylor invece, saltellando con il suo peluche, esclamò: «a me invece piace Ed!».
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