CAPITOLO 12 (Parte 5)

Innanzi a sé, un tornado fu sparato in avanti, investendo in pieno il Titano. Due strisce di luce si aprirono nelle nubi nere, come a formare un triangolo il cui vertice superiore si trovava in corrispondenza del demone. Per due secondi, la luce solare filtrò su Primestone, bruciando l'aria infetta di follia omicida, per poi scomparire. Quando il polverone alto come un piccolo monte si dissipò, solchi enormi si erano aperti ai due lati del Titano, sul terreno, unendosi davanti ai suoi piedi per poi proseguire per chilometri verso luoghi ignoti. Il mostro gigantesco aveva chinato il capo e si era parato con la lancia, reggendola con entrambe le mani. Il suo corpo nero fumava vapore grigiastro in oblunghe strisce ondulanti. Quando sollevò lo sguardo, dilatò i suoi vitrei occhi fluorescenti privi di pupilla e cornea, mollicci e polposi, digrignando i denti in un affondo d'ira. Non era ferito, ma Sam lo aveva costretto alla difesa. Ora era conscio che qualcuno lo stesse avvicinando in termini di potere. Infastidito, ma carico di un'estasi trascendentale, sogghignò, quasi come di soddisfazione.

«UMANO, DIREI CHE IL MOMENTO DI FARE SUL SERIO È GIUNTO... BALLARE TU DOVRAI!».

«La danza non fa per me!» ribatté Sam, mentre Jennifer lo esortava nella mente: «vai Sam, sconfiggilo, puoi farcela! Devi farcela!». Ora, forse, una mesta speranza aveva spiccato il volo nei cieli di Primestone, una luce blu e gialla, una fiamma di uccello mitologico si era destata nelle tenebre affamate di luce. L'ultima corsa arrivava, ultima chiamata per il mondo, in quella guerra senza limiti e senza confini.

Sam, fulmineo, scattò in avanti, proiettandosi all'altezza del demone. Quest'ultimo però, saettò con la sua lancia in avanti, affondando un fendente esplosivo. Ma l'uomo, con un'agilità sorprendente, schivò il colpo che si frantumò nell'aria, ruggendo in un turbinio atmosferico che avrebbe ridotto in cenere un intero isolato. Primestone ora sembrava Hiroshima. Frattanto, Sam con un'ala colpì in volto il Titano facendolo barcollare. Ma sensazionale fu il contrattacco del nemico. A palmo aperto, rovinò con un fracasso rombante addosso alla Fenice, scaraventandola sul monte Sik. Sam si sentiva frastornato, ma le sue ali erano ancora dispiegate come vele che solcano i vasti oceani e le fiamme lo avvolgevano in un docile calore. La sua pelle non bruciava e le sue ferite, anche quelle mortali, non procuravano dolore, ma si richiudevano all'istante. Mai Sam avrebbe pensato che potesse esistere un simile stato d'alterazione mentale. Due certezze aveva nel suo cervello, fluttuante di milioni di scariche elettriche. La prima era il suo immenso potere, che non sentiva come estraneo, era qualcosa che gli apparteneva, come se all'improvviso avesse liberato tutto il suo potenziale. La seconda assunzione era che non fosse infinito. Doveva sbrigarsi e lo sapeva, assai arduo era per il suo corpo mantenere un simile stato di concentrazione, una profonda meditazione che superava ogni limite e barriera mentale dell'uomo.

E mentre prendeva coscienza della sua forza così come un bambino prende coscienza dell'immagine riflessa nello specchio, il Titano si preparava a un nuovo attacco e, questa volta, sarebbe stato ancora più devastante. Con la solita posizione del battitore, si apprestava a lanciare un fendente elettrico. Le lame della lancia si caricarono di milioni di scintille fucsia fluorescenti e i suoi occhi s'illuminarono all'inverosimile. Nonostante la nuova condizione assunta, un profondo sentore di pericolo e un brivido di paura fecero contrarre i muscoli di Sam, a cui balenò un'idea: devo spiccare il volo!

Per sua fortuna fu abbastanza veloce da schivare l'attacco, ma non abbastanza per non esser travolto dalle conseguenze dell'impatto. Quando il Titano cominciò ad affondare la lama in avanti, in un movimento che sembrò trasudare millenaria lentezza, l'atmosfera circostante sembrò diventare più solida e cominciò un moto ondoso. Quando il movimento semicircolare venne eseguito, un fracasso assordante accompagnò un bagliore tagliente fluorescente che rovinò sulla montagna, proseguendo poi il suo percorso per chilometri, prima di svanire. Un polverone degno di un'esplosione vulcanica inondò tutta Primestone, investendo anche la povera Jennifer. Con un taglio netto e deciso, il Titano staccò metà montagna dalla sua sede, in un boato che echeggiò per minuti nell'aria. La parte superiore del Sik schizzò in aria come il tappo di uno spumante. Varcò le nere nuvole, sollevandosi nel fulgido chiarore sovrastante piroettando, lasciando dietro di sé una scia grigiastra. Svolazzò in aria per quasi una quarantina di chilometri, esplodendo in aperta campagna. Nessuno morì, ma la roccia vecchia di milioni di anni fu troncata come un albero da un fulmine, lasciando una superficie piana, liscia e obliqua sulla parte del monte ancora dislocata a est della città.

La deflagrazione colpì la Fenice, che si schiantò al suolo con lancinante violenza. Solo l'avvolgente chiarore fiammante delle ali salvò Sam da un impatto che avrebbe disintegrato qualsiasi cosa. Ma non era ancora finita, il Titano non gli avrebbe lasciato un attimo di tregua. Appena Sam spostò le sue enormi ali per spiccare il volo, sventagliando un polverone denso, nel grigio cielo una grossa chiazza nera sembrò ingigantirsi. Un pugno. E poi il secondo. E il terzo, quattro, cinque, sei e così via. Posata la sua lancia, il demone si era scagliato contro la Fenice con una scarica di pugni devastante che sembrò deflagrare in centinaia di piccoli funghi atomici. Gli arti del mostro sembravano fruste saettanti, bagliori contorti e sfumati lanciati a velocità folle e impercepibile contro il terreno. Solo le ali salvarono Sam da una morte orribile. I pugni del mostro gli arrivavano al corpo come schiaffi ovattati, ma tale fu la quantità, che le sue membra cominciarono a lamentarsi dal dolore.

Jennifer, inorridita, assisteva, carica di polvere nei capelli e sui vestiti sgualciti, a quella mostruosità, che con infame e spaventosa forza era china verso il terreno, picchiandolo in prenda a un impetuoso e osceno scatto di rabbia. All'improvviso, l'attacco sembrò arrestarsi, così come l'assordante fracasso. Il vento esplosivo si arrestò, lasciando sollievo al povero visino di Jennifer, già martoriato dalla stanchezza e dal venticello malefico che continuava a spirare. Le bruciavano gli occhi, ma divennero di ghiaccio quando prese coscienza di ciò che stesse per fare il Titano. Si mise in posizione eretta e, con occhi carichi di tutto l'odio che gli uomini della Terra avevano provato in tutta la storia dell'umanità, afferrò la lancia dal terreno per conficcarla poi in uno scatto improvviso nell'ala della Fenice. Sam diede uno strillo d'imprecazione al cielo. Poi il mostro spalancò le fauci.

Il labbro superiore si rotolò nefasto, coprendo tutta la parte superiore del viso. L'intera testa era diventata un enorme gorgo, con gengive marce su cui erano incastrati denti grossi come edifici a dieci piani. Un sibilo freddo e puzzolente di stagno arido e muschio selvatico attraversò l'aria, costringendo la ragazzina a trattenere un conato di vomito. Poi, dalla bocca del demone, un fiato freddissimo e fluorescente si condensò e poi... una fiamma. Una fiammata fucsia stridette nell'aria come pale di ventola che girano vorticosissime. La testa del Titano sussultava in piccoli terremoti, mentre il fuoco assassino demoliva il terreno su cui posava la Fenice. Incapace di divincolarsi a causa della lancia che lo teneva fermo, Sam credette di essere spacciato, però... la fiamma!

Una grossa bolla blu sfumata di giallo si formò nell'area in cui il fuoco del demone premeva sul terreno. In un lampo, una fiammata contraria incendiò l'aria, sibilando. Ora due fuochi si contrastavano, ululando per via delle forze calde prementi. «AHHH!!!» strillò Sam. La sua fiammata inghiottì quella del Titano e si schiantò contro il nero muro del cielo, sfiammando di una luce blu. Il demone barcollò, ma non cadde. Pesante, ancorò i talloni sul terreno, sprofondando quanto le fondamenta di un palazzo di una dozzina di piani. Tenne stretta la presa sulla lancia e la sfilò dall'ala della Fenice, per evitare la caduta. Questo è il momento, pensò Sam.

Mentre le fauci del mostro si serravano, srotolandosi in un rombo nauseante di carni putride che, mollicce, si schiantano al suolo da altezze siderali, la Fenice spiccò il volo come un proiettile, distendendo le ali verso il terreno in un unico possente scatto di stella cadente, lasciando dietro di sé strisce di terra. Istantanea fu la risposta del Titano che, in pochi millisecondi, lanciò l'ennesimo fendente elettrico, ma altrettanto istantanea fu la risposta di Sam, che schivò il colpo. L'onda d'urto fatta di tornado tempestosi e muri di terra elettrizzati, solcò il terreno per chilometri, polverizzando qualunque cosa incontrasse lungo il suo cammino. Sam si portò alla sinistra del demone e, vedendo un malsano luccichio nella gemma incastonata nella lancia, pensò fulmineo: se distruggo quella gemma, non potrà più utilizzare quella lancia! La Fenice dispiegò le ali per arrestare il suo volo e restare sospesa, deflagrando in un boato. Un secondo dopo, un grido glorioso troneggiò nell'aria: 

«DOUBLE HEAVY FIST!!!»

Uno sconquasso immane di depressioni atmosferiche istantanee demolì la punta della lancia, frantumando la gemma che esplose in mille filamenti saettanti fucsia fluorescenti, come vetri polverizzati. Ma la reazione del demone fu indescrivibile per forza e velocità. Il corpo di Sam bestemmiò di dolorose fiammate che sembravano trapanargli le ossa. Solo l'istante prima di schiantarsi al suolo capì di essere stato colpito da un pugno d'inverosimile potenza del Titano. Esplose al suolo in una bolla che solleticò il cielo, a qualche centinaio di metri da Jennifer, che si riparò dietro la carcassa di un edificio dilaniato. Tempeste pulsanti picchiarono sul cemento e dovette usare il suo potere psichico per proteggersi dai detriti. La pioggia riprese a battere al suolo con un tintinnio assordante, mentre Jennifer, disperata e con le lacrime agli occhi, correva verso il punto in cui Sam era stato catapultato. Nella densa nube, la ragazzina singhiozzava, tossiva e starnutiva in convulsi movimenti corporali, bruciata sulla pelle di sporcizia, coperta nei timpani dai fragori degli scoppi precedenti che rimbalzavano nel cielo sopra Primestone, mentre il Titano alle sue spalle sghignazzava roco e grave.

«UMANO, RICORDATI! GLI UOMINI RESTERANNO SEMPRE UOMINI E GLI DÈI RESTERANNO SEMPRE DÈI! NULLA DI CIÒ POTRÀ MAI CAMBIARE! LA TUA FINE È VICINA, BALLERAI ANCHE TU! QUEL POTERE NON TI APPARTIENE!».

Sull'ultima parola, le sillabe divennero contorte, come distorte da sibili meccanici. Nello stesso momento, Jennifer intravide Sam, privo delle sue maestose ali, ma ancora vivo, ricoperto dalle fiamme gialle e blu, disteso al suolo. Quando lo raggiunse, lo aiutò a sollevarsi. «Sam, come ti senti!?» singhiozzò lei. L'uomo le poggiò una mano sulla testa e le strofinò i capelli. «Sono stato meglio, ma posso ancora combattere... Quel bastardo ha un potere inimmaginabile, nemmeno in questo stato riesco a prevalere su di lui».

Appena conclusa la frase, un sibilo come di risucchio d'aria fece accapponare la pelle dei due amici, ghiacciando le vene nei loro corpi. Insieme, studiarono la scena innanzi a loro. Maestoso in tutta la malsana mostruosità e tirannica follia di un gigante demoniaco, forte della sua titanica e infernale potenza, allungò il palmo aperto verso i due umani. L'intero braccio destro si divise in lunghe lamine come lastre di cupo acciaio, per poi separarsi, volteggiando come a formare una centrifuga sospesa in aria. Jennifer aveva le caviglie cedevoli e agonizzanti e sprofondò in un pallore mortale. «S-sam, credo stia per attaccare». «Senza offesa, caccola, non c'era bisogno di questa osservazione» ribatté l'uomo in una risatina stridula di nervoso. E quando una sfera fucsia fluorescente scintillante di diecimila fulmini rombò all'altezza della bocca infernale di quel cannone divino, Sam urlò: «Jennifer, allontanati!». La ragazzina non se lo fece ripetere due volte. Si mise a correre, dando le spalle all'uomo.

«SPIRITO DELLE PAROLE: TECNICA DIVINA DELLA FIAMMA DEL CAOS!!!»

Dalla sfera fatale partì un oblungo e istantaneo raggio laser. Sam riuscì a pararlo solo perché aveva già proteso le braccia in avanti, altrimenti sarebbe stato colpito in pieno e disintegrato come un foglietto gettato in un caminetto. Un vortice d'energia fredda incendiò i palmi dell'uomo che, a denti stretti, fece forza sui polpacci e sui talloni per non esser spazzato via. Indietreggiò, trascinato dalla forza impetuosa dell'attacco, solcando il terreno. Il cilindro energetico premeva contro i palmi di Sam, dissipandosi in fiammelle fredde che inghiottivano nel glaciale bruciore le mani di Sam, scoprendogli i nervi e facendolo urlare di dolore. Nonostante tutto, l'uomo riuscì ad arrestare la sua retromarcia forzata. Quanto tempo avrebbe resistito? Il Titano se lo chiedeva, stava ormai esaurendo la pazienza, ma non la sua energia. Purtroppo per Sam. All'improvviso, ritirò il suo attacco che svanì, sibilando nell'aria. Sam, persa la presa, barcollò in avanti, ma riuscì a reggersi, nonostante le ginocchia gli dolessero. Quando sollevò lo sguardo, una parete di fuoco fucsia fluorescente stava per investirlo come uno tsunami. E il tempo si fermò.

Ora o mai più, non posso batterlo sullo sfinimento. Devo cercare di dar fondo a tutte le forze che ho, a costo di rimetterci la vita, perché se non lo fermo, io morirò comunque e con me miliardi di persone. Devo scagliare tutta la mia energia in attacchi concentrati.

Prima che il fuoco potesse investirlo, Sam allungò il braccio sinistro e distese il palmo. In un attimo, fiammeggiò di intenso calore blu e giallo. Il suo colpo, per quanto meno esteso dell'attacco del Titano, fu sufficiente ad arrestare quello del nemico. Ora due muri si spingevano l'uno addosso all'altro. L'uomo già sapeva che quello stallo sarebbe durato ben poco. Alla fine, la fiamma del Titano avrebbe preso il sopravvento e lo avrebbe arso vivo. Piegò le ginocchia e caricò il pugno destro, un diretto pronto a essere scagliato. Ora tutto sembrava fermo. Le fiamme gli apparivano come pagliuzze colorate, disegnate sullo sfondo della realtà immobile. Ogni suono era stato ovattato a tal punto da essere quasi impercettibile. Non una vibrazione. Il vento sferzante si era placato in quella bolla di riflessi semidivini. Poi, il pugno s'illuminò di fucsia, di giallo e di blu, una centrifuga di colori mescolati tra di loro, brillanti di bagliori candidi. I suoi muscoli, tesi, naturali, si rilassarono e scaricarono la loro energia nel vuoto atmosferico innanzi a loro.

«MASSIVE HEAVY SERIES: SUPER HEAVY FIST!!!»

I muri di fuoco svanirono in una bolla d'aria e un siluro di pressione d'aria lacerò in linea retta tutto ciò che si trovava davanti. Qualche secondo dopo, Sam, stravolto, ansimava e scrutava la distruzione innanzi a sé. Poi un bagliore. Nel petto del Titano s'era aperta una voragine, attraversata da un bagliore intenso. Proveniva da una fessura circolare che si era aperta nelle nubi. Raggi solari che in una beatitudine celestiale trapassarono la notte e illuminarono il Titano. Poi, nel silenzio assordante, la luce si spense, mangiata in un boccone dalle nuvole che tornarono a serrarsi nel cielo. Ma il buco al centro del demone non si chiuse. La pioggia lenta divenne più intensa e una brezza malefica sussurrò parole di morte che arrivarono alla mente di Sam e di Jennifer minacciose, invettive nefaste e acide di collera.

«Stramaledetti E Bastar-Di Umaniii... Alla fine, ballerete Tuttiii... E-e-e-e... Sarà Un'or-Gia Senza Fineee!!!».

Gli occhi di Sam e quelli di Jennifer s'infossarono nel viso quando videro il demone sciogliersi e crollare al suolo come ghiaccio ai poli che si stacca da un iceberg. Era come se il suo corpo solido fosse divenuto all'improvviso liquido. Un mare di melma generò una pozza nel terreno, sbava nerastra e densa, lucida sulla superficie, stagno maleodorante di perfidi peccati. Il fetore intasò i polmoni di lui e di lei, che invano provarono a trattenere i conati.

Quello là, ferito, fu assalito da un'ira devastante che sembrò rinvigorirlo di nuova linfa demoniaca. All'improvviso, infatti, un'onda nera si sollevò e solcò il terreno, schiumando di detriti raccolti che venivano trascinati dalla potenza della melma cupa e assassina. Quando l'onda famelica fu abbastanza vicina, Sam notò che il liquame era formato non solo da una massa liquida, ma da una parte solida, scheletri umanoidi con grossi crani circolari e muniti di corna, che urlavano bestemmie aliene, irriconoscibili sillabe. Jennifer strillò dall'orrore, biascicando appena in strascichi di parole sommesse, mentre Sam, d'istinto si proiettò in avanti, incurante dei muscoli e delle ossa che lo supplicavano di riposare.

«MASSIVE HEAVY SERIES: CONSECUTIVE HEAVY FISTS!!!»

Migliaia di pugni sferzarono nell'aria, generando onde d'urto che si aggrovigliarono in una devastante tempesta. Il muro di putride e solide ossa esplose in fiotti di vapore gelido, disperdendosi nell'aria avvelenata. Il silenzio sovrano calò di nuovo in quella landa desolata. Ma Sam e Jennifer sentivano che le tenebre pulsavano ancora, migliaia di cuori imputriditi dal male che, fragorosi, battevano in sussulti concitati, crescendo sempre di più. Nella nebbiolina di polvere che si era creata, in lontananza, un punto nero apparve all'improvviso. Due sferette fucsia fluorescenti lampeggiavano sulla sommità della chiazza. In quegli attimi infiniti, Sam pensò: spaventoso, la sua forza è rimasta intatta, forse è calata solo di un poco, ma ora... ora è tutta concentrata, in un unico corpo, poco meno di tre metri di pura potenza... qui potrebbe finire tutto ma, sebbene non sia mai stato devoto ad alcun dio, sento l'irrefrenabile desiderio di pregare. Dio, se davvero esisti, perdonami per i miei peccati, puniscimi se vuoi, ma ti scongiuro, dammi la forza per batterlo, perché ti assicuro che in questo momento ho una fifa assurda e sento le energie che mi abbandonano... Ti prego, solo questo ti chiedo, poi puoi fare quello che desideri della mia anima, ma ti scongiuro, dammi la forza per compiere questo ultimo miracolo, ti prego!

Quando Jennifer vide apparire la creatura oltre la nebbia, crollò a terra con il sedere che protestò di dolore. Portò la mano alla bocca e le sue labbra si serrarono a tal punto da divenire strisce bianche. Malsana, quella immagine incuteva un terrore nero che fece rantolare Sam. Un essere alto come un uomo e mezzo circa, una testa ovale con corna squadrate che lo rendevano l'emblema delle raffigurazioni sataniche. Braccia oblunghe, snelle ma muscolose, che sfioravano il terreno, munite di tre artigli di cui uno grosso e ricurvo come una spada medioevale, lame ossute e dure come diamanti. L'addome sembrava un groviglio di solidi e duri fasci di nervi. Le gambe, scultoree colonne, premevano possenti sul terreno, terminando in zampe che ricordavano quelle di un elefante. Ma i suoi occhi erano la cosa più nauseante e aliena di tutte. Dello stesso colore di quelli di Sam, schiumavano in lacrime nere, fiottando spruzzi di melma che si mescolavano in profondità nella sclera come piccoli vortici. Non aveva orecchie o naso, mentre la bocca era come cucita. La sua pelle era liscia, scura come la punta di una matita, come se fosse cosparsa di polvere di ferro bruciato. La vera forma del demone Not-Chu. Un alieno in tutto e per tutto.


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