CAPITOLO 1 (Parte 2)

L'uomo si diresse verso la lunga vetrata del negozio, dove erano presenti gli scaffali con tutte le riviste e i giornali. Ne afferrò una di attualità e si mise a leggere. Jennifer invece sembrava serena, i muscoli della sua faccia si erano rilassati e le guance avevano ripreso a fare da macchie di colore nel pallore generale del suo viso, nonostante quanto successo un minuto prima in bagno. Si diresse verso un dispenser di caramelle e barrette di cioccolato. Ne prese due gommose al gusto cola, una manciata di caramelle alla fragola, quattro snack al cioccolato e nocciole tostate. Intanto il negoziante, che per un attimo aveva alzato lo sguardo dal suo giornale per osservare la ragazzina e l'uomo, cominciò a fischiettare, per poi riprendere a leggere. Nel mentre, Jennifer posò i dolciumi sul bancone, per poi dirigersi verso lo scaffale di biscotti. Prese un pacco al gusto mandorle con cacao. Sam la guardò da lontano sorridere e saltellare e ne fu compiaciuto.

«Sam, paghi tu?». L'uomo si voltò di nuovo verso Jennifer, poi diresse di nuovo il suo sguardo verso la rivista. «Pago io, ma devi comprare vera roba da mangiare, non snack!». «D'accordo... e le sigarette non le compriamo?». Sam alzò gli occhi verso l'alto e imitò un gesto d'imprecazione. «Le sigarette... per me! Non per te! Per me!». Jennifer gonfiò le guance e sbuffò.

Intanto l'uomo al bancone era immerso nei suoi pensieri. Avvertì un piccolo tremolio alla testa. Sollevò un pochino il braccio e si diede dei piccoli colpetti alla tempia. Poi riprese a leggere. Jennifer intanto si era avvicinata a una colonnina piena di occhiali per ragazzi, tutti colorati e dalle lenti molto scure. Ne indossò prima un paio, ma alla fine la scelta ricadde sul terzo paio, delle lenti a forma di stella, dalla montatura rossa. Si guardò nel piccolo specchietto e le piacquero subito. Guardò il cartellino con il prezzo: nove dollari e novanta centesimi. «Sam prendo un paio di occhiali. Me li compri?». «Ma a che ti servono, a momenti arriva una tempesta!». L'uomo, pur a malincuore, fece un cenno affermativo col capo. Jennifer rise e andò saltellando verso il negoziante, poggiando gli occhiali sul bancone, insieme alle caramelle, agli snack e ai biscotti che aveva preso poco prima. Il suo sguardo si posò oltre il negoziante. Dietro l'uomo c'erano delle sigarette, che prima non aveva notato. «Mi scusi signore, vorrei delle Chesterfield rosse per favore. Non sono per me sia chiaro, sono per il signore laggiù, io sto con lui». L'uomo, senza distogliere lo sguardo dal giornale, prese le sigarette da seduto, indovinandole al primo tentativo. Wow, questo conosce a memoria la posizione di tutta la sua roba. Le posò sul bancone e con la mano trascinò il pacchetto verso Jennifer. «Non sei un po' troppo piccola per fumare?». Jennifer alzò lo sguardo, ma tutto ciò che vide era il giornale. Non proferì parola. Provò a prendere le sigarette, ma la mano dell'uomo non si sollevava. «Mi scusi, potrebbe...».

«Ti fanno sentire adulta vero? Ti fanno sentire una donna?». Jennifer divenne rossa. Si sentiva in imbarazzo. «Credo... credo che non siano affari suoi». «Puttanella» sussurrò l'uomo. Jennifer sgranò gli occhi. «Come scusi?». «Quando fumi... ti senti una vera puttanella, vero?»

L'uomo si alzò e lasciò cadere il giornale a terra. Aveva la bocca aperta e una leggera bava bianca gli scendeva ai lati. Ma i suoi occhi facevano più spavento. Erano nella loro interezza neri, sclera compresa. Oh, mio Dio! Jennifer fece alcuni passi indietro. «Sam... il negoziante ha qualcosa che non va...»

Sam era immerso nei suoi pensieri. Aveva avvertito la voce di Jennifer, ma gli sembrava così lontana, come in un sogno. Fece uno sbadiglio e guardò fuori. Una mosca se ne stava poggiata sulla vetrina interna del negozio. Sam si trovava a oltre dieci metri dal bancone e a circa tre e mezzo dalla mosca, ma poteva vederla in modo nitido. Vedeva i suoi occhi, migliaia di altri occhi più piccoli come un mosaico di specchi, le sue zampette anteriori sfregarsi l'un l'altra come un banchiere soddisfatto, la sottile peluria sul suo corpo e le sue ali rigide e lisce, levigate come di vetro soffiato. Le ali le vedeva battere come in un'immagine a rallentatore, e via via sempre più lente, fino a cogliere un singolo battito per volta e il suo assecondare l'aria in un perfetto gioco aereodinamico. Posò il suo sguardo appena oltre l'insetto e il vento gli parve come se si fosse arrestato, ma le foglie erano sospese a mezza altezza. Immobili. Poi abbassò lo sguardo e lo posò di nuovo sulla mosca di prima. Il battito delle sue ali ormai era lentissimo. L'arcobaleno di odori del negozio era sparito, a tal punto che Sam credette di aver perso l'olfatto. Il silenzio più assoluto regnava, si sentiva soltanto il battito d'ali della mosca. Pericolo. Mi succede sempre così quando c'è un pericolo. Ma dove? Dove sta il pericolo? Jennifer! L'uomo si girò verso il bancone. Il suo movimento fu lento, ma sembrò velocissimo perché tutto era come immobile. Vide Jennifer di spalle a pochi metri dal bancone. E vide il negoziante, in piedi, con gli occhi neri... e un fucile puntato verso la ragazzina. Diamine!

Sapete quanto tempo impiega in media un uomo per battere le ciglia? Centocinquanta millesimi di secondo. Ora pensate a una mosca. Una mosca batte le ali una volta ogni circa tre millesimi di secondo. Significa che in un battito di ciglia, una mosca batte almeno cinquanta volte le ali. E cosa può fare un uomo in un battito di ciglia, a parte battere le ciglia? Non può salvare una persona, non può di certo. Ma Sam non era un uomo come gli altri.

Fece forza sulla gamba sinistra. Le vene della gamba e delle tempie s'illuminarono. I suoi occhi divennero dello stesso colore fucsia fosforescente. Scattò. La mattonella posizionata sotto il piede sinistro si ruppe e si sollevò, restando sospesa a pochi centimetri dal terreno. A ogni passo successivo, le mattonelle calpestate subivano la stessa sorte. Al suo passaggio l'aria vibrava e gli oggetti sugli scaffali tremavano. Stessa cosa per la vetrina del negozio. Intanto la mosca aveva già battuto le ali venti volte. Ventuno. Ventidue. Ventitré. Intanto la bocca del fucile si era infuocata e un proiettile era appena fuoriuscito. Sam aveva fatto altri quattro passi prima dello sparo. E trentasei battiti la mosca. Trentasette, trentotto, trentanove, quaranta. Quattro passi ancora avrebbe dovuto fare l'uomo secondo i suoi calcoli e dieci battiti ancora d'ali la mosca in quel lasso di tempo avrebbe compiuto, quando gli occhi di un uomo normale si sarebbero riaperti dopo aver battuto le ciglia. Sam fece un altro passo, ma il proiettile aveva quasi raggiunto Jennifer, ormai era a trenta centimetri. E tre volte la mosca aveva battuto le ali. Più... di più... più forza! Sentì la pelle bruciare e le singole molecole di ossigeno e azoto lisciare i peli della sua pelle. Caricò tutto il peso sulla gamba destra e fece un balzo avanti. Allungò il braccio sinistro più che poté. Quando il proiettile ormai era a meno di dieci centimetri, con due dita della mano sinistra spostò Jennifer che rimase sospesa a mezza altezza. Poi, per evitare che la punta dorata ambasciatrice di morte lo trafiggesse, con due dita della mano destra la spostò verso la porta d'ingresso del negozio. Incapace di fermarsi in tempo zero e a mezz'aria, il suo salto proseguì verso il negoziante. Quarantaquattro, quarantacinque, quarantasei battiti d'ali. Sam ancora in volo, toccò la spalla sinistra dell'uomo armato che fu proiettato verso la vetrina del negozio. Ci sono riuscito. Quarantasette, quarantotto, quarantanove. Cinquanta. Dodici metri e trentaquattro centimetri era la distanza che separava lui dall'uomo armato e centoquarantotto millesimi di secondo fu il tempo che impiegò a compiere quel tragitto.

Il tempo riprese a scorrere seguendo il suo regolare flusso. Il negoziante sfondò la vetrina, lasciando cadere a terra l'arma e fu sbalzato via, sbattendo a terra e strusciando sul terreno per alcuni metri fino a quando non urtò con la schiena su una delle pompe di benzina, che interruppe la caduta. Jennifer invece urtò con la spalla destra contro uno dei frigoriferi, rovinando sul pavimento. Lanciò un lamento di dolore. Il proiettile sfondò il vetro della porta d'ingresso e arrestò la sua corsa pochi metri più avanti, conficcandosi per terra. Sam sfondò la parete fatta di listelli di legno coi tabacchi e balzò fuori dal negozio. Si girò in pieno volo e aspettò di toccare con gli stivali sulla terra battuta. Schizzò come un treno senza freni uscito dai binari, lasciando solchi di alcuni centimetri. Sembrava impossibile che si arrestasse. Sam allora poggiò le mani a terra e le usò come freno. Gli occorsero oltre centotrenta metri per fermarsi. Lasciò dietro di sé una nuvola di pietrisco e polvere. Si rialzò. Le sue mani bruciavano. Erano completamente insanguinate e scorticate e fumavano come uno pneumatico dopo una frenata ad alta velocità sull'asfalto.

Jennifer, dolorante alla spalla destra e alla schiena, si alzò a stento. Guardava, come se avesse le convulsioni, a destra e a sinistra, nel tentativo di capire cosa fosse successo. Vide che alcune vetrine del negozio erano infrante e le mattonelle e prodotti di ogni genere, che cadevano ovunque. Sembrava che qualcuno si fosse accanito con una mazza contro gli scaffali della prima fila. Le vetrine ancora integre vibravano come per un uragano. Poi posò lo sguardo sul bancone, da dove poco prima il negoziante le aveva puntato un fucile contro. L'uomo non c'era, ma notò un enorme foro al posto dello scaffale delle sigarette che intanto era andato distrutto. Zoppicando un po', Jennifer uscì dal negozio. Vide il negoziante steso a terra; poco avanti c'era il fucile. Si volse verso sinistra e vide sbucare da dietro l'angolo Sam. Aveva le mani fumanti, ma i suoi occhi erano normali. «Tutto bene, caccola?». Jennifer rispose titubante. «Sì... tutto bene... mi hai salvata... grazie». «Non devi ringraziarmi. Dimmi solo una cosa... è colpa del demone?». Jennifer fece cenno di sì. «Deve essere perché ci stiamo avvicinando!» tuonò Sam minaccioso.

A quel punto il negoziante poggiò una mano a terra, si fece forza e si sollevò. I suoi occhi erano ancora del tutto neri. Sam lo fissò in modo solenne, mentre Jennifer, sentendo un nodo alla gola, si posizionò dietro le spalle dell'amico, avendo modo comunque di osservare il tutto. Il negoziante estrasse all'improvviso un pugnale dalla tasca posteriore dei pantaloni. «Tranquilla caccola, ci sono io qui con te, non ti farà del male». «Lo so» rispose Jennifer con tono convinto e sereno. Ma di lì a poco tutto sarebbe cambiato. L'uomo con il cappello di paglia sollevò il braccio e si piantò la lama nell'addome. Sam si pietrificò, mentre Jennifer cacciò un urlo di terrore. L'uomo si diede un'altra coltellata. E poi la terza. Dopo la quarta coltellata, Jennifer smise di urlare e riuscì a distogliere lo sguardo, mentre Sam osservava impassibile e quasi catatonico la scena. Mentre continuava a pugnalarsi, pronunciava parole demoniache.

«Jennifer, Sam, Guardate Cosa Avete Fat-To A Quest'uomo!? È Colpa Vostra!!! È COLPA VOSTRA!!! Voi Lo State Uc-Ci-Den-Do E Sapete Perché? Perché Non Volete ARRENDERVI!!! Andatevene E Vi La-Sce-Rò In Paceee... Desistete Dal Vostro Cam-Mi-No... Altrimenti, Tutto Quel-Lo Che Incontrerete Sarà Solo Una Co-Sa... La Morteee... Non Po-Te-Te Sconfiggermiii!».

L'uomo si pugnalò dieci volte. Potere perverso. L'ultima coltellata se la piantò in pieno sterno e non riuscì più a estrarre la lama. Restò qualche secondo fermo. Fiotti di sangue fuoriuscivano dalle profonde e mortali ferite. Poi cadde in avanti, stramazzando a terra. Si sentì il coltello conficcarsi nella sua interezza nel petto dell'uomo. Sam era cupo in volto, mentre Jennifer singhiozzava affondando il viso nel giubbotto di pelle di Sam, stringendolo forte a sé. Il vento si levò, portando con sé odore di sangue e di morte. Restarono qualche secondo immobili, come alberi antichi. Jennifer continuava a piangere e singhiozzare, mentre Sam si voltò verso di lei e l'abbracciò.

«Tranquilla caccola, è tutto finito. Non permetterò mai che ti faccia del male, non più, ora sei al sicuro» disse Sam con tono calmo e rilassato, ma deciso come non mai. Jennifer sollevò la testa e guardò Sam negli occhi. Ebbe un sussulto. L'ombra della grossa insegna della stazione di servizio proiettava a intervalli regolari un'ombra che copriva del tutto il volto dell'uomo. Ogni volta che veniva oscurato le sembrava di vedere una collera e un'ira densi, tangibili, una rabbia pari a quella di quello là.

È arrabbiato, ma... è una rabbia pura, una rabbia... giusta. Captain World.

In fondo agli occhi gli sembrava di vedere una flebile luminescenza fucsia. «Se voleva farmi incazzare, ma incazzare sul serio... direi che c'è riuscito» sussurrò Sam. Prese Jennifer per la mano e si diressero verso il pick-up. Salirono sul mezzo, Sam mise in moto e diede un pesante colpo d'acceleratore. «Lo lasciamo lì?». «Sì Jennifer, non possiamo farci nulla, nessuno lo verrà a prendere perché questo posto è maledetto, tutta questa terra è maledetta! La sua influenza già è arrivata ben oltre i confini della contea di Primstone. Sai che significa?». «Che sta aumentando la sua forza! Sta assorbendo energia!» rispose allarmata Jennifer. «Esatto. La centrale nucleare gli sta fornendo energia, sta mangiando il materiale fissile e le scorie. E più mangia, più il suo potere aumenta. Quando la sua fonte d'energia sarà finita, lascerà la zona e troverà nuovo sostentamento e nuove prede da uccidere». Jennifer deglutì. «Dobbiamo impedirglielo a tutti i costi Sam!». L'uomo annuì.

Verso ovest, ai piedi dell'orizzonte, la statale sessantasei terminava in un punto sperduto e un'ampia porzione del cielo, in direzione proprio di Primestone, diventava sempre più nera e potenti e accecanti lampi si accendevano minacciosi. Il vento soffiava sempre più forte e si dirigeva proprio verso quel gorgo oscuro. Ma Sam e Jennifer erano convinti più che mai di andare incontro al destino: indietro non si poteva tornare. Jennifer accese una delle poche sigarette che ancora erano rimaste nel pacchetto di Sam e questa volta l'uomo non proferì parola. Il suo sguardo era concentratissimo verso il cielo minaccioso, come un leone che punta la sua gazzella, mentre Jennifer aveva lo sguardo funebre e ipnotizzato, rivolto verso il finestrino di destra e di tanto in tanto tirava dalla sigaretta, espirando nuvolette simili a quelle che dominavano Primestone e la contea. Altre scariche elettriche si accendevano dentro quegli enormi cumulonembi calvi. Illuminati a giorno, sembravano enormi cervelli deformi, carichi di pensieri minacciosi e malvagi, densi delle più immonde perversioni. Jennifer chiuse gli occhi e nella sua mente i tuoni in lontananza sembrava come il cigolio di un letto. Il sussulto del pick-up l'accompagnava nel suo viaggio mentale. Una voce le fece ricordare che era ancora nel presente. «Ehi caccola... ti va di raccontarmi la storia dall'inizio? Lo so che già hai parlato con lo strizzacervelli di Millie, il dottor Frings, ma lui ti ha creduto solo quando lo stavi per far fuori, o meglio il demone lo stava per far fuori... io invece so che è vero, l'ho visto con i miei occhi e l'ho visto anche oggi... quando sono arrivato ormai era tutto finito... voglio conoscere la storia dal principio, ti va di dirmela?». I lampi intanto si fiondavano a intervalli regolari sul terreno, illuminando il volto triste e pensieroso della ragazzina. Ecco, ora verrò inghiottita dal mio passato. Ma devo farlo per forza? Sì... devo farlo. Jennifer continuava a tenere gli occhi chiusi e un'immane stanchezza prese il sopravvento. La sua fronte era appoggiata al freddo finestrino. Sentiva un cigolio di letto. Ma quale letto? Sono in un pick-up in movimento, come è possibile? I ricordi... saranno i ricordi... sembrano così lontani, eppure è successo solo qualche mese fa, a dicembre, dicembre 2005. Vedevo buio, proprio come adesso, proprio come ora che ho gli occhi chiusi. E anche allora, quel giorno, avevo gli occhi chiusi. Ora so dove sono, ma a quei tempi non lo sapevo. Non sapevo dove fossi e perché ero lì. I cavalieri dell'Apocalisse... era buio... cigolio di letto... buio...

P.S. In questo capitolo ho deciso di riportare la mappa di questo mondo, in modo che sia più chiaro dove si svolge questa storia, precisamente nelle WesternLands settentrionali. Primestone si trova precisamente nell'area centro-orientale del subcontinente suddetto. 

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