Epilogo

Parcheggiò la sua auto nel grande spiazzo.
Inspirò profondamente, guardandosi intorno.
Il parcheggio era semideserto.
Scese, e l'aria fredda di fine dicembre la fece rabbrividire un po'.
Si strinse nel giubbotto pesante, prima di dirigersi verso l'entrata del cimitero.
Alla sua sinistra, una signora anziana deponeva una stella di Natale su una tomba.
Forse era quella del marito defunto? O di suo fratello?
Continuò a camminare, cercando di orientarsi e di ricordare le indicazioni che le aveva dato Percy.
Svoltò a sinistra, imboccando uno stretto corridoio.
Doveva essere lì, da qualche parte...
E poi, all'improvviso, si fermò.
Castellan Luke.
Lesse il suo nome, e le si fermò per qualche secondo il cuore. O almeno così le sembrò.
Accarezzò la lapide che usciva dalla terra, e per un attimo rivide davanti a sé i suoi occhi blu.
Lesse il suo epitaffio, e le sembrò piuttosto vuoto.

"Luke, hai illuminato le nostre giornate e ora illuminerai il cielo"

Non avevano senso, quelle parole.
Luke era decisamente troppo speciale per meritarsi un'epigrafe così banale e scontata.
Lui era stato molto di più.
Talia si sentì il viso freddo, e si rese conto che alcune lacrime avevano iniziato a scenderle, silenziose, lungo le guance.
Il freddo pungente le stava facendo ghiacciare.
Se le asciugò velocemente, poi si inginocchiò davanti alla lapide.
Osservò l'azzurro degli occhi di Luke nella fotografia. Strano, come neanche l'obbiettivo della macchina fotografica riuscisse a rendere giustizia al colore dei suoi occhi.
Rabbrividì quando incontrò il suo sorriso.
Così... puro e allo stesso tempo bellissimo.
Cercò nella tasca del suo giubbotto la lettera che gli aveva scritto.
La trovò e la aprì.
Si schiarì la voce prima di iniziare a leggerla a voce alta:- Ciao, Luke.
Lo so che è passato tanto tempo da... quando è diventato tutto un macello, ma... Non ho mai trovato prima il coraggio.
Ti ho a-amato così tanto che ho continuato a negare a me stessa che tu ormai non c'eri più. È stato difficile accettare che tutto quello che avevamo fosse andato in mille pezzi.
Però oggi sono qui. Non so cosa provo, cosa dovrei provare ma... sono qui.
Forse ti amo ancora.
Ieri sono salita sull'Empire State Building.
Ho detto al bigliettaio che sarei salita al seicentesimo piano.
Dovevi vedere la sua faccia, quando mi spiegava che non esisteva nessun seicentesimo piano.
Sono sicura pensasse che io fossi ubriaca, soprattutto quando gli ho riso in faccia dicendogli che tu me lo avevi promesso.
Sono salita comunque, ma la vista non era bella come quando eravamo in due a goderci il paesaggio.
Ed è strano, perché ultimamente mi sembra davvero di vedere il mondo con occhi diversi.
Tutto è così... spento. Forse perché il tuo sorriso non illumina più nulla.
Prima ho mentito quando ho detto che forse non ti amo più.
Ti amo, anche se lo faccio in maniera diversa.
Ti amo come si amano le stelle nel cielo, lontane e impossibili da toccare.
E mi manchi. Troppo, in maniera indicibile.
Però sono venuta qui per dirti addio, anche se so che una parte di te, anche se non ci sei più, sarà sempre nel mio cuore.

Per sempre tua,

Talia.

Finì di leggere, di nuovo con il groppo in gola.
Poi richiuse la lettera e la lasciò ai piedi della lapide.

***

Fu un sollievo il calore che la avvolse quando varcò la soglia di una piccola e anonima tavola calda.
Le pareti in legno e la moquette rossa erano accoglienti, e Talia non esitò a sedersi ad un tavolino.
Una cameriera, sorridente, le porse un menù ma lei sapeva già cosa avrebbe preso.
Dopo qualche minuto le portarono l'ordinazione.
Mangiò in silenzio sentendosi dopo tanto tempo in pace con se stessa.
Pagò il conto prima di uscire dal locale, sorridendo.
Per una volta, non si voltò a guardare indietro.

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