Idiota

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Callisto Murray ha vinto!

Esatto, stimati shipper! La nostra eroina, Callisto, ha vinto! Si è concluso finalmente il processo dell'ormai noto "Caso Murray" in cui l'eroina preferita dell'ultimo momento non ha semplicemente sconfitto quelle luride best-voglio dire, i suoi genitori, li ha proprio stracciati, devastati, rovinati per l'eternità.

Abbiamo potuto assistere in diretta alle facce sconvolte di quei due schifosi ver-voglio dire, di quei due criminali, brindare felici nel vedere Jennifer Murray in sedia a rotelle e con la faccia devastata per sempre, per poi piangere lacrime di gioia nell'attimo in cui quei pezzi di me-voglio dire, quei due vigliacchi hanno scorto il cappellino che la nostra amata indossava, quello di suo fratello.

Mai goduto così tanto, davvero, nemmeno Anastasia Steele quando Christian le dice "Non morderti il labbro".

Per non parlare di cos'è successo in seguito, del modo in cui la nostra eroina è riuscita ad affrontare a testa alta tutti i giudizi da parte dell'avvocato della difesa, a raccontare per filo e per segno gli abusi che è stata costretta a subire da che era una bambina, senza mai fermarsi, senza mai esitare, fissando negli occhi quei due putrid-voglio dire, quei due criminali, mostrandogli senza vergogna chi è il vero mostro di questa storia.

Più le prove venivano presentate, una dopo l'altra, più la nostra eroina testimoniava, più il viceprocuratore la sosteneva, più quei due figli di putt-voglio dire, quei due pseudo genitori sprofondavano nell'umiliazione.

Purtroppo, non abbiamo potuto vedere anche l'altro membro della coppia da noi tanto amata: Ruben. Fonti sicurissime e anonime ci hanno confermato che gli è stato vietato categoricamente di assistere al processo per una questione di sicurezza, poiché difficilmente lui sarebbe riuscito a starsene seduto in silenzio, senza cercare di fare qualcosa nell'attimo in cui quei due viscidi stron-voglio dire, quei due criminali avrebbero iniziato a dire le peggio cose sulla sua dolce metà.

Un peccato, mi sarebbe piaciuto alla follia guardare in diretta il momento in cui lui sarebbero corso da loro per sfondargli il cran-voglio dire, mi sarebbe piaciuto alla follia guardare il modo in cui avrebbe sostenuto la sua amata, grazie alla sua semplice presenza lì in tribunale.

E così, alla fine, dopo un mese intero, la giuria ha dato il suo verdetto.

Colpevoli.

Pena massima.

Jennifer Murray a 40 anni.

Carl Murray a 35.

E dato che i due troion-voglio dire, dato che i due "genitori" hanno rispettivamente una cinquantotto anni e l'altro sessantadue, le possibilità che potranno uscire dal carcere sono bassissime. Inoltre, sia il viceprocuratore che l'altro rappresentante legale della nostra eroina sono più che sicuri che difficilmente riusciranno mai ad ottenere la condizionale in futuro, visti i presupposti.

Poco ma sicuro, marceranno in carcere, spennati, senza più soldi (finiti nelle mani della nostra eroina) e quasi certamente vivranno dietro le sbarre tutti i loro ultimi giorni (che preghiamo saranno pochissimi).

Possiamo perciò stappare gli spumanti e indire grandi feste! Callisto Murray è ufficialmente libera dai suoi aguzzini! Di certo anche suo fratello Jesse, dal paradiso, adesso sta indicendo un party hard con Marilyn Monroe in suo onore! Jesse, sei il nostro eroe!

E Callisto si è confermata ancora una volta la donna più coraggiosa e forte al mondo quando, uscita dal tribunale dopo la sentenza emessa, davanti alla folla spietata di giornalisti che la riempiva di domande, ha fatto una sola dichiarazione:


«Ho detto la verità, Jesse, e continuerò a dirla per sempre, d'ora in poi.»


Che grande! Merita ancor più la nostra stima! Sicuro Jesse si è commosso ancor più di noi, non ci sono dubbi al riguardo.

E ora, finalmente, la nostra eroina potrà vivere felice, libera per sempre dalle atrocità della sua infanzia e adolescenza, per poter amoreggiare col suo amato e iniziare a condurre una vita come tutte le altre, senza più pesi e segreti a gravarle sulle spalle.

E noi non potremo che sostenerla in tutto ciò!

E soprattutto shipparla.

Shipparla prepotentemente con la sua dolce metà.

E soprattutto ancora...

Sperare un improvviso, accidentale infarto terribilmente doloroso per quelle due disgustose be-voglio dire, sperare che, dietro le sbarre, i due criminali patiscano le conseguenze delle loro azioni fino alla fine dei loro giorni.

Callisto, Jesse ha fatto proprio bene a chiamarti così!

Sei senz'altro la più bella in assoluto!

Ci vediamo presto, cari shipper, con le prossime novità sulla nostra coppia preferita!


Articolo redatto da:

C & E.


*

«Non ci posso credere!» tuonò Eve al mio fianco. «Com'è possibile che non sia neanche un minimo geloso? Sul serio? Esistono davvero esseri umani incapaci di provare gelosia? Credevo che fossero come Big Foot: una leggenda metropolitana!»

«Di che stai parlando?»

Eravamo sedute sul prato del cortile della scuola, le schiene poggiate contro il tronco della quercia sotto la cui ombra eravamo andate a ripararci per pranzare fuori, durante la pausa. Eve era più indignata che mai, il visino imbronciato come quello di una bambina a cui le avevano tolto tutte le sue caramelle.

«Ho fatto vedere a James il modello con cui dovrò fare il prossimo set fotografico, quello che ho fatto vedere anche a te, l'altro giorno» mi spiegò, le braccia incrociate al petto con sempre più sdegno. «E non si è turbato neanche per mezzo secondo, neanche per un minuscolo!»

Mi ritrovai a sghignazzare. «Beh, mica è una cosa negativa, no?»

«Non lo è, lo so!» si lamentò. «Però avrei voluto tanto vederlo un po' ingelosito. Non dico che deve arrivare ai livelli di Mr Bad Boy, sia chiaro, ma anche a me piacerebbe vivere momenti come "Lei è mia" o assistere mentre lui marca il territorio» aggiunse a quel punto con un sospiro affranto, il nasino arricciato. «E invece lui ha la pazienza ed è mite come un santo. Abbiamo battibeccato persino per questo, ci credi?»

Ci credevo eccome, battibeccavano praticamente sempre, anche ora che erano una coppia ufficiale, ed era anche per quello se erano riusciti a diventarlo, ma era meglio non dirglielo, non in quel momento, almeno.

Come per me, per Ruben e per tutti quanti, anche loro erano cambiati di nuovo.

Il giorno dopo il ballo, ero andata a casa di Eve con la scusa di fare i compiti insieme, ma in realtà era solo per tenermi aggiornata su com'erano andate le cose tra lei e James, dopo che Ruben mi aveva rapita.

Non ero rimasta sorpresa quando, entrando in camera sua, l'avevo trovata tutta gongolante, ancora in pigiama, e nella sua fase da scolaretta in preda a una crisi amorosa, con tanto di mani sulle guance rosse, balletti e danze improvvisati e ondeggiamenti dei fianchi mentre mi narrava tutto.

«Ero partita io col presupposto di sedurlo» mi aveva raccontato, la voce quasi fiabesca, «e invece l'ha fatto lui senza volerlo.»

Seduta alla sua scrivania, l'avevo guardata mentre zampettava per la stanza tutta felice e contenta, molto somigliante ad Heidi nel cartone animato. «Ah sì?»

«Sì!» aveva cinguettato. «Hai presente quel cretino di Mason e la sua fidanzata? Quella che hai preso a schiaffi con la lattina? Beh, si sono messi a fare commenti e battutine su di me, di nuovo, mentre ballavamo. A me ormai non frega più niente, lo sai, ma James, quando li ha sentiti darmi della puttana, a quel punto è intervenuto. Ha detto a Mason: "Con che coraggio le rinfacci di essere stata con tanti ragazzi, tu che sei famoso per esserti fatto metà popolazione mondiale femminile?!

Avevo inarcato sorpresa le sopracciglia. Era difficile credere che il James del nostro primo incontro, così timido e impacciato, avrebbe poi in futuro tirato fuori il carattere in quel modo per difendere la ragazza con cui era andato al ballo. Stavo gongolando quanto Eve, adesso, anche se lei, in realtà, era messa veramente male: fra poco avrebbe scavato un tunnel sul pavimento della stanza, tanto lo stava consumando a furia di camminare, ballare e zampettare a cerchio.

«E quando Mason ha provato a minacciarlo, allora James gli ha ricordato che noi abbiamo dalla nostra parte Ruben!»

A quel punto avevo proprio spalancato la bocca, stupefatta. Usare la carta di Mr Bad Boy in quel modo, e proprio James! Lo stesso che aveva tentato sempre di fermare i piani malefici di Eve e Cindy per uccidere e torturare i miei genitori!

«Così, non appena l'ho sentito» aveva proseguito Eve, sempre più gongolante, «l'ho trascinato fino al parcheggio, spinto nella macchina e dopo me lo sono limonata duro.»

Per poco la saliva non mi era andata di traverso, non tanto per l'assoluta mancanza di vergogna da parte della mia amica, quanto per il fatto che non avevo potuto che immaginare il povero James, disperato, mentre veniva buttato in macchina e poi assalito in quel modo, lui che aveva fatto di tutto per mantenere fino all'ultimo la sua natura da gentleman.

«E non ci crederai mai» la voce della mia amica si era fatta incredibilmente acuta, «ma pur essendo lui vergine e puro come la Madonna, è stato il migliore di tutti. Non ha mai preteso di saperne più di me, non mi ha mai giudicata, si è fatto aiutare quando non capiva qualcosa, mi domandava cosa andava e cosa no e mi diceva tutto quello che pensava.»

Aveva cominciato a sculettare proprio, avrei quasi voluto farle il video per mandarlo poi a James con il messaggio: "Guarda cosa le hai fatto".

«I vergini sono troppo sottovalutati» aveva dichiarato poi. «Anche gli Hope Summer Destiny uomini meritano tutto il nostro rispetto!»

Mi ero costretta a tossire per non scoppiare a ridere.

«Un po' di gelosia stuzzica la passione» dichiarò a quel punto sempre la mia amica, distraendomi da quel ricordo. «Dovrò di nuovo usare le mie tecniche da puttana della scuola, me lo sento.»

Sghignazzai. «A proposito del tuo lavoro» dissi a quel punto, «hai intenzione di farne la tua professione, in futuro, dopo che avremo preso il diploma? O pensi invece di lasciarlo per iniziare l'università?»

Lei schioccò la lingua, tamburellò le dita sulla coscia. «Ne ho discusso con mamma e papà. L'ambiente della moda sa essere tremendo e ha lati tossici notevoli, non posso negarlo, ma a me diverte un casino fare la modella, quindi sì, penso che continuerò, sto avendo anche un riscontro grande nell'ultimo periodo.» Si sistemò una ciocca corvina dietro l'orecchio. «Sai che significa questo, vero?»

«Oh no.»

«Esatto, sarai costretta a vedere tutte le sfilate a cui parteciperò.»

«Oh no.»

«È uno dei comandamenti dell'amicizia.»

«Sul serio, sono d'accordo con James, ne hai troppi. Ho il sospetto che te li inventi di volta in volta per ottenere quel che vuoi.»

«Certo che sì, è il vantaggio di essere una puttana: non hai più vergogna.»

Ridemmo insieme, ed io spostai lo sguardo da lei al campo da calcio davanti a noi, distante, sì, ma non abbastanza perché non potessimo osservare i vari ragazzi intenti a rincorrere il pallone. Una fitta mi travolse il cuore, al ricordo del giorno della diagnosi, quando Jesse era caduto mentre era intento a fare la loro stessa cosa.

«E tu?» la sentii chiedermi. «Sei davvero sicura di voler frequentare l'università qui per studiare Legge e non da qualche altra parte? Non vuoi spostarti da Littburg?»

La sua era una domanda legittima che anche Kevin mi aveva posto, ma io non esitai un istante a rispondere: «Sì, sono sicura. Qui è dove sono nata e cresciuta, dove ho avuto Jesse e incontrato tutti quanti voi. Non voglio andarmene. Voglio vedere il mondo, sì, ma non per studio o lavoro, lo farò per piacere e diletto, per andare in vacanza. E l'università qua è ottima, non c'è davvero bisogno che mi sposti.»

Lei mi sorrise, avvolse il mio collo col braccio e mi strinse a sé, così che le nostre spalle si scontrassero. «Anche James resterà qui, ha trovato una scuola d'arte del posto molto buona, quindi non ha bisogno di spostarsi. Lo sapevi che vuole fare il fumettista?»

«Davvero?»

«Ah-Ah, mi ha fatto vedere tutti i suoi disegni, sono spettacolari, secondo me può farcela.» Un sorriso malevolo le si incarnò sulle labbra. «E ho tutte le intenzioni di sfruttare la cosa per riprodurre la scena di Titanic

«Intendi "Jack, insegnami a volare?"»

«Intendo "Jack, disegnami come una delle tue ragazze francesi".»

Scoppiai a ridere ancora. «Lo farai morire di autocombustione, lo sai questo, vero?»

«Non sottovalutare le doti di un Hope maschio, amica mia» ribatté sicura. «Così come Mr Bad Boy ha deviato te nella strada del peccato, così io devierò la purezza di James.»

«Svergognata.»

«Sono una puttana, ormai lo sai.»

Un vento gentile ci sfiorò i volti già accaldati da quei primi giorni d'estate, la sua brezza fu delicata e andò a levigare le urla e gli affanni dei ragazzi che giocavano a calcio.

«Sono contenta che rimarrai qui» disse, «mi avresti spezzato il cuore, trasferendoti a qualche college, per non parlare di Mr Bad Boy, ti avrebbe seguita in capo al mondo.»

«Non esagerare, ora.»

«Non sottovalutarlo, te l'ho detto. Se fosse per lui, tu a quest'ora avresti già un anello al dito, fidati di me. Non te l'ha messo solo perché non avete una base stabile da cui partire, ma credimi, appena l'avrete, subito lo farà, soprattutto ora che sei amata letteralmente e non da tre quarti del mondo.»

Sapevo che in parte aveva ragione, ciò mi divertiva come non mai.

«E anche Anna ti avrebbe seguita» aggiunse a quel punto. «Mai l'avrei creduto possibile, ma a differenza di mia nonna Barbara è una di quelle suocere che stravede per la nuora» commentò. «Trova sempre il modo di insultarti, quand'è con noi, e tu ormai lo sai: uno tsundere dimostra il suo amore proprio grazie agli insulti. Credo che ti adori quasi quanto Mr Bad Boy.»

Anche questo sapevo che era vero. Ogni volta che andavo a casa Macks, Anna non esitava un istante a ricordarmi della segatura che avevo al posto del cervello, e la cosa assurda era che quando c'era anche Ruben, si impegnavano al massimo per farlo insieme. L'unico momento in cui iniziavano a collaborare e a non insultarsi a vicenda era proprio quando dovevano insultare me. Incredibile.

Quella doveva essere la condanna di essere innamorata di uno tsundere.

«Anche se quello che insulta più di tutti è Kevin» proseguì la mia amica. «Davvero, guardarli è fantastico. Mamma trova qualunque scusa per convincerlo a passare da noi, così sia io che lei possiamo shipparli alla follia, quando si mettono a litigare. Mamma dice che nel giro di un anno si metteranno insieme, io invece dico che ci vorrà un anno e mezzo, la natura tsundere di Anna è ben più grave di quella di Mr Bad Boy.»

Di nuovo, scoppiai a ridere. Povero Kevin, anche lui era condannato. Ogni volta che lo incontravo o gli parlavo al telefono, la sua voce era sempre più trafelata, e la prima cosa che mi diceva era: «Rimpiango con tutto me stesso, con ogni mia più minuscola cellula, il giorno in cui ho accettato la richiesta di Jesse di diventare il suo avvocato.»

«A proposito di ship, alcuni dei vostri fan sono fantastici, sai?» mi distrasse lei. «Ce n'è uno che è sempre il primo a commentare qualsiasi articolo io e la mamma postiamo sul sito, ci divertiamo un sacco a parlare con lui, è proprio un fan sfegatato, di quelli che si vedono di rado.»

«La cosa mi preoccupa. Come si chiama?»

«Il suo nome utente è Rick.»

Per poco non rischiai di soffocare a causa della saliva.

Avrei dovuto immaginarlo.

Quell'uomo mi spaventava sempre di più.

Il giorno della sentenza, quand'ero tornata al mio monolocale, davanti alla porta avevo trovato un immenso, stratosferico bouquet di rose bianche, decorato con lustrini, nastri e strass di ogni tipo di colore, il cui profumo era così intenso che l'avevo percepito a metri di distanza.

Tra i petali gonfi e bianchi di quelle rose, era stato lasciato un bigliettino.


Una consolazione per tutti i soldi che mi dovrai dare

P.S.

Congratulazioni per la tua libertà, Giulietta. Te l'avevo detto che ti sarebbe piaciuto, il tuo regalo.


Sotto, mi aveva lasciato le indicazioni su come procedere per dare il via al piano prestabilito il giorno del sequestro.

Sul serio, quell'uomo mi spaventava, mai sarei riuscita a comprenderlo davvero, non volevo neanche farlo, ormai.

«Eve?»

«Che c'è?»

«Se quel fan ti propone di fare un patto con lui, rifiuta sempre, all'istante.»

«Di che stai parlando?»

«Non fare domande, ascoltami soltanto: rifiuta.»



*



Quel pomeriggio, sul tardi, nel mio monolocale, sdraiata nuda sotto le coperte e abbracciata a Ruben, mi ritrovai a porgergli la domanda che da tempo avrei voluto fargli.

«Hai deciso cosa farai, dopo il diploma?»

Eravamo sdraiati sui fianchi e lui mi cingeva la vita con il braccio, le mie mani sul suo petto. Fece calare gli occhi sui miei e iniziò a giocherellare con una ciocca dei miei capelli. Aveva preso quell'abitudine da quando avevo iniziato a farmeli crescere, dal giorno del processo, e ora che mi arrivavano alle spalle la cosa sembrava divertirlo tantissimo.

«Ne ho discusso con Anna» rispose alla fine, sorprendendomi. Un sorriso gigantesco mi sollevò le labbra e nel vederlo lui corrucciò la fronte. «Troppo felice» tuonò, dandomi un colpetto in testa.

«Non c'è nulla di male ad essere felice» ribattei, acquattandomi ancor più contro il suo petto mentre lo guardavo. «Sono contenta che riesci a parlarle così in questo modo, ora, al punto da discutere su argomenti del genere.»

Lui aggrottò ancor più le sopracciglia, ma non ribatté.

«Che ti ha detto Anna?»

Esitò per qualche secondo, mentre si rigirava la ciocca attorno all'indice. «Mi ha detto che secondo lei io sono più propenso per i lavori manuali che per lo studio. Sono d'accordo.» Annuii, lui mi sfiorò la guancia col pollice. «Ha detto che, dato che da piccolo mi piaceva così tanto intagliare i tappi di sughero, potrei provare qualche professione che me lo ricorda, tipo la falegnameria.»

Mi si schiusero le labbra per la sorpresa. Non avevo mai pensato a una possibilità del genere, un altro e chiaro segnale di quanto Anna, pur inconsapevole di ciò, lo conoscesse bene. Immaginarlo mentre trasformava un banale tronco d'albero in un armadio o un tavolino, a suo modo, bastava per provocarmi brividi di eccitazione. Sarebbe stato senz'altro interessante vederlo.

Ed era la prova ennesima di quanto lui stesso stava cambiando. Benché ancora Mr Bad Boy, adesso non si muoveva più nel mondo come se fosse pronto a difendersi in qualsiasi momento, nei sorrisi e le parole delle persone non cercava sempre bugie e violenze, non stava più in allerta come una volta, tentava, a suo modo, di fare qualche passo in avanti, di levigare tutti i lividi che si portava addosso, nell'anima, con quella bontà che finora si era sempre negato.

Ciò non voleva dire che avrebbe gettato alle spalle il suo passato, quella violenza che tanto l'aveva caratterizzato, lo sapevo bene, lo sapeva anche lui; che lo volesse o meno, la crudeltà che aveva respirato da che era nato era ormai viscerale, gli scorreva nel sangue, avrebbe potuto distillarla solo in parte, mai se ne sarebbe liberato del tutto.

Ma provava comunque a mutare, provava comunque a cercare petali in un fiore, non solo più le spine, provava ad andare avanti, a vedere nel mondo quell'idiozia per cui tanto mi insultava e che sapevo esser il primo affetto mai provato.

«Non sarebbe male, vederti come falegname» commentai ridacchiante. «Mi divertirei un mondo a guardarti.»

«E io a lanciarti da un tetto.»

Soffocai il sorriso contro il suo petto, mentre lui iniziava a carezzarmi la schiena nuda. Un pensiero improvviso mi attraversò, uno che da tempo mi balzava in mente, ma che non avevo avuto ancora l'occasione di far uscire. «Adesso che ci rifletto... è da un sacco di tempo che non ti vedo fumare» gli dissi, e lo sentii irrigidirsi ovunque. «Almeno un paio di mesi.»

Ci fu un intero minuto di silenzio. Sollevai di nuovo il capo per guardarlo, lo fissai stupita. «Hai smesso?»

La fronte gli si contrasse per l'ennesima volta, distolse per qualche secondo lo sguardo. «Non voglio mai più che tu stia in quelle condizioni» dichiarò alla fine, la voce fredda e dura, come un sasso che veniva lanciato contro un pavimento di marmo. «Mai più.»

Mi ci volle un po' per capire di cosa parlava, solo dopo aver visto il dolore che andò a scavargli gli occhi, per un istante, compresi cosa intendeva con "quelle condizioni".

Ai due giorni dopo la morte di Jesse.

Quei due giorni che a malapena ricordavo, che mi erano stati raccontati dagli altri, quei due giorni che avevo passato oscillando tra il delirio assoluto e l'apatia totale. Quei due giorni in cui Cindy aveva dovuto aiutarmi persino a lavarmi e a mandar giù qualche boccone, tant'ero incosciente di me stessa, consapevole solo della mia agonia.

«Se per diminuire le possibilità che accada in futuro, anche solo dell'un percento, devo rinunciare alle sigarette, ben venga.»

Un dolore straziante e acuto mi pulsò in cuore, ma le onde che generò e diffuse per il resto del corpo non furono di sofferenza, bensì flutti estremi e dolci di calore. Le lacrime andarono a bruciarmi gli occhi, mi aggrappai con forza alle sue spalle, sporgendomi per stampare le mie labbra contro le sue. «Jesse sarebbe fiero di te, Mr Bad Boy» commentai con voce fievole, a malapena percepibile nell'aria.

Lui mi strinse con più violenza a sé, lasciò che gli posassi il viso contro la spalla e il mio pianto andasse a bagnargli la pelle nuda. «Voi fratelli Murray mi tormenterete anche dopo la morte, lo so già» lo udii dire, strappandomi una risata pazzesca.

«Tuo fratello» aggiunse poi, all'improvviso, «una volta mi ha ricordato molto Pop.»

Sussultai sorpresa. «Jesse ti ha ricordato Pop?»

Ci fu qualche altro secondo di silenzio. «Ti ricordi quando ti ho detto che lui mi diede un indizio sul regalo che ti avrebbe fatto?»

«Sì.»

Esitò di nuovo. «Quel giorno non mi chiese soltanto di stare accanto a te e non lasciarti mai sola fino al 6 dicembre, dopo la sua morte.»

Affondai ancor più il viso contro la sua spalla, il cuore a tremarmi in petto.

«Mi disse anche: "Non fartela scappare, Mr Bad Boy, fa' di tutto per non perderla. Se non lo farai, te ne pentirai amaramente dopo, credimi.

Inspirai a fatica l'aria, così ruvida da graffiarmi la gola.

Dio, Jesse.

«Pop, una volta, mi disse le stesse identiche parole: che se un giorno avessi incontrato una persona idiota come la tizia che lo aveva portato a casa sua e medicato, avrei dovuto fare di tutto per tenermela accanto. Mi disse: "Vedrai, se lo farai, sarai felice. Loro sono quel genere di idioti capaci di farlo: rendere felici noi intelligenti. È una specie di super potere che hanno.

Mi ritrovai a sghignazzare senza volerlo, aggrappandomi con più forza alle sue spalle mentre le lacrime continuavano a cadermi dagli occhi. «Ed è stato così?»

«Sì» rispose subito. «L'ho capito nell'istante stesso in cui sei stata così idiota da frapporti tra me e Rick non appena mi hai riconosciuto, senza pensare neanche per un attimo al pericolo che avresti corso.»

«A me sembravi molto incazzato, non felice.»

«Certo, perché sei un'idiota.»

Risi ancora. Ora comprendevo il perché, quella notte, aveva finalmente lasciato crollare anche i suoi ultimi muri con me, il perché mi aveva baciata, il perché mi aveva posto quelle domande, rendendosi disponibile a rispondere a sua volta alle mie, il perché da quel momento in poi mai più aveva provato ad allontanarmi e scacciarmi via.

«Credi che Pop... abbia perso la sua idiota? Per questo è finito per diventare un tossico?» domandai a quel punto, dopo un attimo di esitazione.

«Non saprei, non me l'ha mai detto. Tutto ciò che so sul suo passato è quello che ti ho già raccontato: sua moglie e suo figlio morirono in un incidente stradale e così lui si diede all'eroina. Me ne parlò solo in un'occasione, quand'era ancora un po' sballato, e io non gli chiesi mai di entrare nel dettaglio.» Si fermò di nuovo. «Penso... che la storia di quella tizia idiota... forse non era una balla così grande. Forse la tizia idiota che lo portò a casa sua era proprio sua moglie.»

Un'altra fitta mi devastò il cuore, un dolore profondo nei confronti di quell'uomo che mai avevo conosciuto e a cui però ero immensamente grata: era per merito suo se avevo potuto legarmi così a Ruben, se lui sin dal nostro primo incontro era subito stato in grado di tradurre tutte le mie bugie e darmi il sollievo di non dover mentire nei suoi confronti.

«Hai mai provato ad indagare da solo sulla sua storia o a scoprire il suo vero nome?»

«No» rispose. «Ero tentato di farlo, soprattutto dopo la sua morte, ma sapevo che lui non ne sarebbe stato felice. Giusto o meno che fosse, non voleva che gli altri scoprissero il suo passato, era uno del motivi per cui si faceva chiamare da tutti Pop.»

Un sorriso amaro mi sollevò le labbra. «Non suona così male come nomignolo, Pop» dissi a quel punto. «Come il suono di quando stappi uno spumante.»

«Sì, lo aveva scelto proprio per questo, diceva che era divertente.»

«Aveva un buon senso dell'umorismo, forse anche per questo Jesse te lo ha ricordato.»

Le sue mani si fermarono sulla mia schiena, poi, tutto d'un tratto, scoppiò a ridere. Alzai il capo per guardarlo sbigottita. «Sai che altro mi ha detto, quel giorno, tuo fratello?» aggiunse. «Mi ha detto che comunque me l'avrebbe fatta pagare cara per avergli rubato così la sua amata sorellina. Ha proprio affermato: "Realizzerò l'incubo più grande di un Mr Bad Boy come te, fidati". All'epoca pensavo stesse scherzando, considerato il suo carattere ironico.»

Spalancai la bocca. Non ci potevo credere! Lo aveva detto persino a lui?

«Appena ho visto il video e come si stava diffondendo, ho capito subito che cosa intendeva» dichiarò, ma non sembrava per niente irritato, anzi, continuava a divertirsi al ricordo. «Kevin ha proprio ragione: oltre che stratega, tuo fratello aveva sul serio un super potere.»

«Lui ti direbbe che glielo ha dato la leucemia, il giusto compenso per morire così giovane.»

Ridacchiammo insieme, mi posò un bacio sulla fronte.

«Stasera» disse, «andrai al vostro vecchio appartamento, non è così?»

Sussultai.

«Vuoi che venga con te?»

Inspirai di nuovo, a fondo, chiusi gli occhi.

«No» risposi. «Devo fare una cosa, lì, e devo farla da sola, altrimenti Jesse non mi perdonerà mai.»

«Che cosa devi fare?»

«Il mio primo goal.»








Nota autrice:

Preparatevi.

Il prossimo capitolo sarà L'ULTIMO in un certo senso, e cortissimo.

Anche se non del tutto.

Capirete, vedrete, muffins, capirete.

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