Fase uno

«Attendevo questo momento da anni!»

«Eve, non ci conosciamo nemmeno da anni.»

«L'amicizia si calcola come per gli anni dei gatti e dei cani.»

«Sono piuttosto certa che non funzioni così.»

«Non iniziare a fare la gusta feste come James, Callisto, è giunta l'ora che anche tu affronti questa fase importante dell'adolescenza: la scelta dell'abito per il ballo.»

Eravamo in una boutique.

Una boutique a cui Eve mi aveva trascinata quel pomeriggio stesso, non appena la scuola era finita, presentandosi davanti alla classe dove avevo avuto l'ultima lezione. L'avevo trovata dinanzi alla porta dell'aula, mentre ne uscivo con Ruben, e tutto d'un tratto lei mi aveva serrato il braccio col suo, aveva sollevato lo sguardo, fissato Ruben e con voce serissima gli aveva detto: «La renderò la più sexy di tutte.»

E poi mi aveva rapita.

Per portarmi in centro città, in quella elegantissima boutique di abiti da cerimonia, con il pavimento in parquet lucido e le pareti color crema dov'erano accatastati tutti i vestiti e i manichini che li indossavano. La proprietaria della boutique la conosceva, aveva collaborato più volte con l'agenzia di moda per cui Eve lavorava, e così ci aveva permesso di avere il negozio tutto per noi prima ancora dell'orario d'apertura.

Ero seduta sul comodo divanetto in pelle bianca, a rimirare la mia amica che impazziva con le stelle al posto degli occhi, mentre scrutava i vari abiti, già pronta a farmene indossare almeno una decina.

La proprietaria, seduta accanto a me, che mi aveva detto chiamarsi Rita, la osservava gongolante. Non potevo biasimarla, Eve sembrava davvero in paradiso, come una bambina in un negozio di caramelle.

Solo che per lei le caramelle erano i vestiti.

«Hai già qualche idea su che stile e colore vorresti?» mi chiese la mia amica, continuando ad analizzare gli abiti appesi sulle loro grucce uno ad uno con le mani. «Col tuo incarnato, ti starebbe bene di tutto, secondo me. Rita, tu che ne pensi?»

Rita posò lo sguardo su di me. Era una bella signora, questo non lo si poteva negare, con un'acconciatura pixie, i capelli bianchi, le rughe ad aumentare l'eleganza che vestiva come un trucco naturale e gli occhi scuri. «Magra e piccolina com'è, scarterei abiti troppo voluminosi, la soffocherebbero. Opterei per qualcosa di non molto elaborato, la fanciulla mi dà l'aria di amare la semplicità.»

La guardai sorpresa, mi chiesi se fossi così semplice da leggere io o se intuire i gusti di una persona fosse un requisito necessario per possedere una boutique del genere. «C'è qualche colore che preferiresti, fanciulla?» mi domandò poi.

Ci riflettei su. «Non saprei... a me piace molto il rosa» confessai.

«Non oserai cercare Crystal Ballerina pure per il ballo d'inverno!» tuonò Eve, puntandomi l'indice contro, ed io arrossii. «Non ci provare! Ti butterò io da un grattacielo, prima che possa farlo Ruben!»

Rita sghignazzò ancora. «Non ti preoccupare, Eve, nessun capo qui potrebbe mai ricordare quel cartone animato, neppure se lo si volesse.» Si sollevò in piedi, tamburellando le dita sul mento, mentre iniziava a perlustrare i vari abiti appesi alle loro grucce. «Che stile ti piacerebbe, fanciulla? Aggressivo? Delicato? Floreale?»

«Oh...» Sbattei le palpebre. «Ecco... non lo so proprio, non ci ho mai pensato. Il mio stile è sempre stato Cry-» Mi bloccai nell'attimo stesso in cui percepii l'occhiataccia omicida di Eve su di me. «Ehm, non sono molto per gli stili... aggressivi.»

«Aggressivo no, ma forse...» La voce della mia amica si fece d'improvviso maliziosa. «Non ti piacerebbe che il tuo Mr Bad Boy, nel vederti, voglia subito rapirti per fare cose poco ortodosse con te?»

Avvampai. Il suo lato da fangirl non crollava proprio mai, eh? Nemmeno nei momenti di passione massima per lo shopping.

E il problema era che il suo suggerimento mi entrò subito in testa come una tentazione terribilmente ammaliante. Per quanto poco romantica in confronto a lei, non potevo negare che l'idea di Ruben che perdeva il suo classico autocontrollo nel vedermi vestita in qualche modo particolare era davvero invitante. Forse avremmo potuto persino riprodurre alcune delle scene vissute il giorno in cui avevamo confessato i nostri sentimenti, il che, per quanto imbarazzante fosse ammetterlo, lo desideravo con grande ardore.

Tuttavia... non ero sicura che avrebbe mai potuto funzionare. L'autocontrollo di Ruben e il suo lato tsundere non erano mai da sottovalutare. «Non saprei...» mormorai, rossa in viso, e Rita sghignazzò, mentre continuava ad analizzare uno per uno i capi appesi alle grucce.

«A volte non c'è bisogno di un abito per tentare un uomo, fanciulle» disse con voce saggia, «basta semplicemente fargli intuire cosa si trova sotto l'abito.»

Eve ci rifletté su, per poi mostrare uno dei suoi sorrisi più sadici. «Ora che ci penso, tu vendi anche della biancheria meravigliosa.»

Rita sorrise identica a lei.

Sapeva di aver appena ottenuto altri soldi.

«Comunque, che ne dici di questo, cara?» mi chiamò all'improvviso, e io la guardai perplessa. Lei sfilò una delle grucce dal tubo a parete a cui erano appese e mi mostrò il capo che aveva trovato. La bocca mi si spalancò da sola, quando lo vidi, un urlo stridulo partì in automatico dalle labbra di Eve. «Semplice sì, ma elegante e raffinato. C'è il rosa che ti piace tanto, in questo caso perlato, ma si spezza a meraviglia con un magnifico nero inchiostro.»

«Oh mio Dio! Callisto! È il tuo abito! Me lo sento! Guardalo!» Eve stava saltellando sul posto, tant'era contenta. «Non dirmi che non ti piace!»

«N-No, è bellissimo, anzi!» esclamai stupefatta. Mi sollevai a mia volta in piedi per avvicinarmi a Rita e guardare meglio il vestito che mi stava mostrando. «Mi piace... Mi piace da impazzire» ammisi, le guance a fuoco. «E il contrasto tra rosa e nero... è stupendo. C'è pure un fiocco davanti.»

«Ho voluto trovare qualcosa che ti ricordasse comunque il tuo lato da principessa ballerina» mi rassicurò Rita, ed io sorrisi senza volerlo, mentre continuavo ad osservare quell'abito stupendo. «Perché non lo provi? Così vediamo come ti sta.»

«Subito.» L'ordine di Eve era più imperativo che mai.

Scoppiai a ridere, presi l'abito che Rita mi stava consegnando, posandomelo al petto.

«Va bene, allora lo provo.»

*

Uscii dal camerino poco dopo ed Eve, seduta sul divanetto, nel vedermi lanciò un urlo così acuto da farmi sanguinare i timpani. Saltò in piedi e iniziò a fare il girotondo attorno a me, con lo sguardo che brillava come un astro, applaudendo in continuazione. «Mio Dio, Callisto!» esclamò. «Sei stupenda! Sembri una star! Oddio, potrei diventare lesbica per te adesso! Non lo farò perché non ho alcuna intenzione di mettermi contro a Mr Bad Boy.»

Non potei trattenermi, mi ritrovai a ridacchiare. Ancora non sapeva che Ruben era geloso persino di lei, per colpa di un innocente mio "quasi mi sono innamorata" pronunciato per sbaglio per spiegargli meglio la sua bellezza.

«A proposito» dissi, mentre stiravo la gonna lunga con le dita, «tu sai qualcosa in merito ai gossip che circolano sul mio conto e quello di Ruben?»

«Certo che sì. Sono io che li sto diffondendo.»

Non ci potevo credere! Non aveva esitato un solo istante ad ammetterlo, anzi, aveva l'aria più fiera che mai. Posizionò persino le mani sui fianchi, le braccia arcuate, e sollevò il mento con trionfo. «Adesso tutti sanno la potenza della vostra ship» dichiarò fermissima, «nessuno più oserà provarci con te a scuola, sapendo quanto vi amate. Il sito del vostro fanclub sta facendo il giro del mondo, ci credi? Le adolescenti impazziscono per voi due, siete i nuovi Brangelina del momento.»

Avrei dovuto rimproverarla, lo sapevo, ma mi ritrovai al contrario a ridere divertita. «Era questo il patto che hai fatto con Ruben?» le chiesi.

«Non posso rispondere. Non ho alcuna intenzione di inimicarmi un bad boy tsundere. Lascio che sia la tua mente a immaginarlo.»

Incredibile, mai l'avrei creduto possibile, il primo giorno di scuola, quando avevo conosciuto entrambi.

«Ora non pensiamo a papabili alleanze tra il bad boy tsundere e la puttana della scuola, pensiamo invece al tuo abito. Vieni qua, non ti sei ancora vista allo specchio.»

Mi afferrò per la mano e mi trascinò davanti alla parete sinistra, quella fatta unicamente di specchi, così che potessi vedermi dalla testa ai piedi.

Mi scrutai per qualche secondo in silenzio, non sapendo bene che dire, con Eve affianco a me che sorrideva gongolante.

Quell'abito... era davvero uno degli abiti che tanto sognavo, da bambina.

Era senza spalline, dalla scollatura a cuore, di un nero intenso, profondo, fino ai fianchi da cui, invece, esplodeva sia la gonna larga che arrivava alle caviglie, semplice e dalle pieghe appena accennate sui bordi, sia il grande fiocco che mi ammantava la vita quasi fosse una cintura, di un rosa perlato identico alla gonna stessa.

Non era un abito fiabesco in stile Cenerentola, e in realtà neanche in stile Crystal Ballerina, perché la gonna, per quanto larga, non occupava troppo spazio e anzi cadeva lene sulle gambe; era piuttosto semplice rispetto agli abiti che vedevo sempre indossare nelle serie tv sui balli liceali, ma ai miei occhi era un vero e proprio tesoro.

Era quel genere di vestito che da piccola sognavo avrei potuto indossare un giorno e mostrare a Jesse, così da poter ballare con lui per davvero, stavolta, senza che fosse costretto a comprarmi di nascosto un tutù.

Ed ero certa che anche lui si sarebbe emozionato tantissimo nel vedermi indossarlo. Forse avrebbe stappato lo spumante nell'accorgersi che per una volta non ero caduta di nuovo vittima della mia passione per Crystal.

E senz'altro mi avrebbe chiesto di potergli concedere il mio primo ballo.

Venni colta da una fitta acuta al cuore, la stessa che mi squarciava i battiti ogni volta che pensavo in quel modo a mio fratello; più e più volte mi ero chiesta se un giorno, in futuro, avrei mai smesso di sentirla, ma ero ben conscia che ciò non sarebbe mai accaduto.

Jesse Murray era una parte fondamentale di me, il vero cuore grazie a cui ancora adesso vivevo e respiravo, tanto presente nella mia anima quanto assente nel mondo reale, e quel divario tra esistenza e morte io lo avrei percepito fino al mio ultimo respiro.

Ma così come faceva male, così faceva bene.

Era la prova, quella fitta, di quanto ancora lo amassi, di quanto ancora fosse importante per me. Anche se adesso non potevo più parlare con lui, le nostre mani erano sempre strette tra loro come lo erano state durante tutti i suoi giorni di vita.

Mai le nostre dita si sarebbero separate, mai sarebbero rimaste orfane delle altre.

Fratelli fino alla fine.

Tornai a guardarmi, il labbro inferiore mi tremava, ma riuscii lo stesso a sorridere. «È magnifico» sussurrai, «davvero stupendo. Penso... penso che prenderò questo.»

Eve spalancò le labbra, gongolante. «Stupendo!» esclamò. «Ora bisogna pensare come truccarti e come farti i capelli.» Scrutò per qualche secondo le mie ciocche castane, come al solito lisce e pettinate a dovere, la frangetta che mi arrivava alle sopracciglia. «Adesso che ci penso, c'è una cosa che ti ho sempre voluto chiedere: perché hai il caschetto?»

Sussultai sorpresa. «Non mi sta bene?»

«Ti sta benissimo, è solo che, non saprei, non mi sembra il tuo stile» ammise, continuando a guardarlo. «Data la tua passione per Crystal anche, ti ho sempre vista più come una che ama le chiome che arrivano fino al sedere, lo ammetto.»

Mi immobilizzai sul posto, incapace di proferir parola, mentre tornavo a scrutarmi allo specchio, ad analizzare quei capelli oggetto della discussione.

Era difficile ammetterlo a voce, ma Eve ci aveva azzeccato alla grande.

Il caschetto e la frangetta non erano mai stati un'acconciatura per cui smaniavo particolarmente, tutt'altro.

Come la mia amica supponeva, anche per via della mia passione per Crystal, avevo sempre amato, da che ero bambina, le lunghe chiome con cui poterci fare qualsiasi genere di pettinatura possibile: code, chignon, corone, trecce...

Trecce.

Proprio come quella che mi ero fatta anni e anni prima, a spina di pesce, così da farla vedere a Jesse nella speranza di renderlo felice.

Mi sforzai di mettere in fila le parole nell'ordine giusto, per poterle confessare la verità: «Quand'ero bambina... una volta papà e mamma... mi dissero che mi facevo crescere i capelli lunghi solo per umiliare Jesse... e così me li rasarono tutti. Da allora... ho sempre tenuto il caschetto, una volta ricresciuti.»

Il viso della mia amica si fece livido, l'ira andò a scavarle gli occhi e la fronte. «Schifose bestie» sputò con veleno, «se ne ho l'occasione, gli sparerò da lontano mentre stanno entrando in tribunale, il giorno del processo.»

E con quelle semplici parole, riuscì a farmi ridere. «Non mi va che la mia migliore amica finisca in carcere per me» le dissi.

«Finirei in carcere solo se mi scoprissero e ho un Mr Bad Boy che mi può insegnare benissimo a non farmi sgamare.»

Sghignazzai di nuovo, lei mi avvolse le spalle col suo braccio, stringendomi a sé. «Adesso sei libera, amica mia» affermò con voce sicura, «puoi farti crescere i capelli quanto vuoi e nessuno ti potrà mai più dire nulla.»

Sorrisi.

Sapevo che aveva ragione, lo sapevo benissimo, ma mi veniva comunque difficile pensarlo. Per quanto ora quelle catene che mi vincolavano all'inferno dell'armadio fossero state tolte, continuavo comunque a percepirne il timbro addosso, sulla pelle dell'anima.

Mi ero abituata così tanto ad esse che ne sentivo lo stesso la presenza, anche ora che erano scomparse.

Forse perché il processo non era ancora cominciato, forse perché i miei genitori, sebbene in carcere, comunque avevano ancora un'ultima occasione per ferirmi, in quell'aula di tribunale, quando avrei presenziato al banco dei testimoni.

O forse perché io conoscevo quell'inferno da troppo tempo e non riuscivo più a immaginarmi senza di esso.

Tornai a guardarmi il caschetto.

Ora che ci riflettevo, anche Jesse una volta mi aveva domandato perché non mi fossi più fatta ricrescere i capelli. All'epoca gli avevo risposto che erano più comodi, così, perché ad asciugarli e pettinarli impiegavano pochi minuti, il che non era del tutto una bugia, ma neanche la verità completa.

Non avrei mai potuto dirgli che avevo il terrore che mamma e papà li usassero come scusa per punirmi un'altra volta.

«Piuttosto» dissi a quel punto, decisa a cambiare argomento, tornai a guardarla, «alla fine sei riuscita a farti invitare da James?»

Un sorriso sadico le tranciò le labbra, parve più fiera che mai. «Oh sì» mi garantì. «E l'ha fatto con una naturalezza tale che quasi mi sono preoccupata. Anche se... sembrava un po' spaventato, ma non so perché.»

Non ebbi cuore di dirle che il perché era proprio suo padre e, soprattutto, il suo fucile.

«Per questo» affermò sicura, «ho tutte le intenzioni di tentarlo come non mai al ballo.»

La guardai confusa, il sorriso di lei si fece ancora più empio. «Lo sai com'è fatto James, ormai, è uno di quelli che attende come minimo trecento giorni anche solo per scambiarsi il primo bacio e altri seicento per passare alla fase preliminari, solo perché ritiene sia il comportamento più adatto. Ma io non sono come lui, la mia pazienza ha un limite» disse. «Quindi sfrutterò al massimo la mia bellezza e le mie curve per farlo cedere quella sera.»

Era un bene che Rita fosse troppo lontana da noi, presa a fare i conti alla cassa, per sentirci. Mi venne di nuovo da ridere, si stava comportando proprio come sua madre quando aveva deciso di conquistare Michael. «Perciò vuoi comprare un abito provocante?»

«Provocante abbastanza perché nemmeno uno come lui possa resistere alla tentazione di spogliarmi» confermò più orgogliosa che mai. «Sono pur sempre la puttana della scuola, no?»

«E secondo te cederà?»

«Improbabile. Per questo, oltre che al vestito, ricorrerò alle mie tecniche di seduzione» rispose. «Dovresti farlo anche tu, sai? Se vuoi davvero che la serata con Mr Bad Boy diventi piccante.»

Avvampai, esser letta così facilmente era quasi umiliante, ma c'era da dire che mai avevo nascosto l'attrazione che provavo per Ruben, sin da quando ancora ci potevamo definire appena conoscenti. «Non ce lo vedo, Ruben, a perdere d'improvviso la testa per come sono vestita.»

«Come ha detto Rita, non è come sei vestita, è cosa indossi sotto il vestito» mi corresse. «Il nostro Mr Bad Boy non ha qualche preferenza particolare, in fatto di intimo per donna?»

Ci riflettei su, non mi sembrava proprio, visto il modo in cui subito si prodigava a spogliarmi durante quei momenti, l'unica eccezione era stata il giorno in cui mi aveva confessato i suoi sentimenti, quando mi aveva denudata lasciando solo...

Un rossore acuto mi travolse, Eve, accanto a me, gongolò ancora. «Hai trovato qualcosa?»

«Sì» bisbigliai vergognosa. «E ho tutte le intenzioni di comprarlo.»

*


La sera del ballo, seguii le indicazioni di Eve per vestirmi e truccarmi. La festa si sarebbe tenuta alla palestra della nostra scuola, e Ruben, stando a quello che mi aveva detto, sarebbe passato a prendermi in camera mia di lì a pochi minuti.

Mi guardai un'ultima volta sullo specchio verticale davanti all'armadio. Per la prima volta dopo molti, moltissimi anni, mi ritrovai a pensare non solo che ero carina, ma che ero davvero bella. Avevo fatto una piccola treccia a cerchietto ai capelli, mi ero messa un paio di orecchini semplici, finte perle, e una collana dalla catenina dorata da cui pendeva un ciondolo a forma di rosa.

Ero bella, sì, bellissima.

Mi piacevo davvero tantissimo.

Non sembravo una principessa, ma non sembravo neanche più la Callisto Murray di una volta, vittima di abusi e dell'inferno di un armadio. La sola cosa che mi era rimasta di quei tempi erano i bracciali.

Ancora non avevo il coraggio di togliermeli, quand'ero davanti alle altre persone, l'unico con cui lo facevo era Ruben.

Non c'era nulla di cui vergognarmi, ne ero consapevole. Le cicatrici che mi abbracciavano i polsi erano state provocate dai miei genitori, erano la prova chiara e precisa del fatto che ero sopravvissuta, che avevo lottato fino all'ultimo e ne ero uscita; lo stesso, però, non mi sentivo ancora pronta a mostrarle al mondo esterno.

Ma sapevo che presto avrei dovuto farlo, di sicuro almeno lo avrei dovuto fare durante il processo.

Era stato Kevin a dirmelo, in realtà, con il suo solito sorriso professionale, mentre ne discutevamo.

«Terribile da dire, me ne rendo conto» mi aveva detto, «ma la giuria si fa comprare facilmente anche dall'aspetto, motivo per cui gli imputati stanno sempre attenti a come si vestono e scelgono di truccarsi e indossare abiti specifici nel tentativo di conquistarla. So che è un ragionamento orrendo, ragazza mia, me ne rendo conto, ma più apparirai una vittima, in quell'aula, più le possibilità che la condanna verso i coniugi Murray sia massima e assoluta aumenteranno.»

«Perciò vuoi che mostri le mie cicatrici?» gli avevo chiesto.

Kevin aveva sbuffato. «Sì, sarebbe senz'altro un'ottima tattica per far impietosire ancor più la giuria, più di quanto il video di Jesse non abbia già fatto» aveva risposto. «Ovviamente, non ti sto dicendo di andare al processo con le braccia nude sollevate gridando "Guardate le mie cicatrici! Guardatele!", ma sarebbe una tecnica molto utile, quelle di lasciarle scoperte così che tutti possano vederle per bene.»

Il pensiero, proprio come aveva detto lui, era disgustoso. Di per sé, c'erano già le foto che Jesse e la polizia avevano fatto ai miei polsi a dimostrare quanto a fondo erano andati i miei genitori con quelle fascette, ma sapevo che quanto affermato da Kevin era vero.

«È l'orribile realtà del sistema giudiziario americano» aveva affermato lui dopo un altro sbuffo. «Essendo la giuria composta da semplici persone, la maggior parte delle quali a stento conosce la nostra Costituzione, il metodo più sicuro per convincerle è, per l'appunto, puntando ai loro sentimenti. La vittoria coi tuoi genitori è praticamente garantita, sia io che il viceprocuratore non abbiamo dubbi su questo, tuttavia-»

«Per raggiungere la pena massima, bisogna usare qualsiasi arma, giusto?» avevo concluso io al suo posto.

Lui aveva annuito, per poi scrutarmi con preoccupazione. «Pensi di potercela fare?»

Mi ero guardata i bracciali argentati, le manette che mi legavano ancora a quel passato tragico, e alla fine, dopo qualche istante, avevo risposto: «Sì, ce la farò. Non ho alcuna intenzione di far saltare all'aria il piano per cui Jesse ha faticato e sofferto pur di proteggermi. Se mostrare le cicatrici servirà, le mostrerò.»

Di risposta, lui mi aveva carezzato il capo, il suo solito gesto d'affetto e rassicurazione per cui, ormai, avevo iniziato ad amarlo. «Non smetterò mai di dirlo: voi fratelli Murray mi terrorizzate.»

Ero scoppiata a ridere. «Credevo che Anna ci avesse battuto, sai?»

Nell'udire il suo nome, Kevin era trasalito. «Ti prego, ragazza mia, non nominarla» mi aveva supplicato. «Per colpa sua, finirò per spaccarmi la testa contro al muro e morire per trauma cranico. La direttrice mi ha chiamato di nuovo: adesso lei e le altre studentesse stanno aprendo un club di letteratura, in apparenza.»

«In apparenza?»

«Lo usano come scusa per incontrare Anna fuori da scuola e continuare a farle domande. Non è un club di letteratura, è un club di sessuologia per casalinghe.»

Il modo in cui l'aveva detto, spaventato come non mai, mi aveva fatto ridere ancora.

Risi anche lì, al ricordo di ciò, davanti allo specchio.

Mi guardai il gigantesco fiocco rosa che mi copriva la vita e separava la gonna dal corsetto nero, era proprio carinissimo, mi faceva venir voglia di gongolare come non mai, mi riscaldava le guance.

Erano passati anni dall'ultima volta che mi ero potuta vestire così. Dopo la diagnosi di Jesse, la mamma aveva preso l'abitudine di distruggermi tutti gli abiti per cui smaniavo di più, ero riuscita a salvare quelli di Crystal Ballerina solo perché, agli occhi di lei, erano così infantili e stupidi che già ad indossarli mi denigravo da sola.

Era quello il motivo per cui mi ero sempre accontentata di felpa e jeans.

Mi avvicinai allo specchio, mi controllai di nuovo. Mi ero truccata proprio come mi aveva insegnato Eve, con un ombretto rosato a coprirmi le palpebre, il mascara ad allungarmi le ciglia, una tinta appena rossa sulle labbra un po' carnose e del fard a uniformarmi l'incarnato del viso.

Mi sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, scorsi i miei occhi, i miei occhi nocciola, di un marrone piuttosto banale, ma stavolta, nel vederli, mi parvero unici e magnifici, belli quanto quelli dell'elefantino peluche che Ruben mi aveva regalato, ora riposto sul comodino accanto al letto.

Mi ero messa persino delle scarpe col tacco a spillo, anch'esse di un rosa perlato come la gonna, che si intravedevano di tanto in tanto sotto l'orlo di quest'ultima. Non erano particolarmente alte, poiché mai sarei riuscita a camminarci, altrimenti, e nemmeno scomode, ma il solo e vero motivo per cui le avevo prese era per compensare un po' all'altezza sproporzionata di Ruben, di modo che la nostra differenza di statura non intralciasse il ballo.

Mi sorrisi allo specchio.

Il mio vero sorriso.

Quasi sentii la voce calma e gentile di mio fratello dirmi: Sei bellissima, sorellina.

«Sì» sussurrai a stento, «hai ragione, Jesse. Sono bellissima.»

Ed è merito tuo.

Indietreggiai, il cuore già a pulsare dolore e felicità insieme, gli occhi mi caddero sull'armadio accanto allo specchio.

L'armadio che conteneva gli effetti personali di Jesse, tutti gli scatoloni e le sue valigie.

Gli effetti personali che ancora non avevo avuto il coraggio di guardare.

Tuttavia, presto... presto avrei dovuto farlo, me lo sentivo.

Prima di andare a processo.

Io lo sapevo, lo sapevo bene che ormai mio fratello era morto. Lo avevo accettato, era una consapevolezza che avevo ben più che digerito.

Ma comunque provavo il terrore spasmodico che, nell'aprire quegli scatoloni e quelle valigie, sarei tornata al giorno stesso della sua morte, sarei crollata nell'agonia di non poterlo più rincontrare dal vivo, solo percepirlo nell'anima.

Lui senz'altro, se fosse stato lì, mi avrebbe presa in giro, si sarebbe addirittura indignato perché non ero andata subito a controllare in che condizioni stessero i suoi amati cappellini.

Attendevo io, però, attendevo soltanto.

L'attimo in cui quel terrore sarebbe scomparso, annientato dallo squarcio feroce del coraggio.

Qualcuno bussò alla porta, distraendomi da quei pensieri, mi ritrovai a sorridere di nuovo, ben consapevole di chi si trattava.

Quando andai ad aprire l'uscio, le labbra mi si sollevarono ancor più di prima nel vedere Ruben e, soprattutto, ciò che indossava.

Un semplice completo che non avevo idea da dove avesse preso – sospettavo Cindy e Michael – e che gli stava davvero d'incanto: semplice quanto il mio abito, con una giacca blu scuro che aveva lasciato aperta e dei pantaloni altrettanto eleganti dello stesso colore. Una camicia bianca andava ad illuminare quella mise, raffinata quanto essa. Si era persino sistemato i capelli, non li aveva pettinati all'indietro, no, ma non erano più arruffati come al solito.

Era bizzarro vederlo così, mai avrei creduto lo avrei mai visto in tiro in quel modo, quasi avrei voluto ridere, ma mi trattenni, sapevo che me l'avrebbe fatta pagare cara se lo avessi fatto. Riuscii soltanto a dire: «Sospettavo che non avresti mai accettato di indossare la cravatta.»

Lui aveva la fronte corrucciata come al suo solito, e tale corrucciamento aumentò davanti al mio commento, ma rimase in silenzio, intento a studiarmi come io stavo facendo a mia volta nei suoi confronti, gli occhi che scendevano e risalivano dalla mia testa ai miei piedi, per osservare meglio il vestito.

Non potevo negarlo, speravo davvero, ardentemente, che dalla sua bocca uscisse qualche complimento. Sapevo bene che non era il tipo, tsundere com'era, ma il mio lato infantile non poteva che pregare per ciò. Se proprio non poteva ottenere quello, desiderava comunque vederlo colpito o quantomeno ancor più innamorato nel vedermi così agghindata.

Ovviamente non successe.

Mantenne l'espressione di sempre: imperturbabile e inscalfibile.

Io, però, non riuscii a non cedere alla tentazione. «Sono bella, oggi, vero?» gli domandai.

Inarcò un sopracciglio.

«Andiamo» continuai, dandogli un pugno leggero allo stomaco. «Sono carina, non è così? Ti ho lasciato senza parole.»

«Mi hai lasciato senza parole per il sollievo» mi corresse con voce profonda. «Avevo il presentimento che ti saresti messa il vestito di Crystal Ballerina, ero già pronto a lanciarti dal tetto della scuola, quando ho bussato.»

Feci una smorfia, gli diedi un altro colpetto. «Non sei per niente simpatico.»

«Non era una battuta, ma una constatazione.»

«Non ce la fai proprio a farmi un complimento, eh?» mi lamentai. «Guarda che lo so che sono super carina, stasera.»

«Felice di vedere che hai grande autostima, adesso» dichiarò severo. «Spero che ti rimanga anche quando inizierai a ballare, perché ho il forte sospetto che tu faccia incredibilmente schifo.»

Sospirai. Era inutile, ormai lo sapevo. «Sei proprio uno tsundere» borbottai sottovoce, di risposta ottenni il classico colpo in testa. «Ahi! Mi farai davvero venire un trauma cranico, così.»

«Proprio per questo lo faccio: la speranza non muore mai. Soprattutto quello di guarire la tua incurabile idiozia.»

Mi carezzai con la mano il punto colpito. Giurai a me stessa che mi sarei vendicata alla grande per quell'affronto con il piano malefico che avevo progettato insieme ad Eve mentre facevamo shopping, ma era ancora presto per tirarlo fuori, dovevo aspettare l'occasione giusta. «Un complimento non ti ucciderebbe, lo sai?» farfugliai di nuovo, offesa.

«Sai quando inizierò a farti complimenti? Quando darai sollievo al mondo intero rinunciando per sempre a Crystal Ballerina.»

Lo fulminai con un'altra occhiataccia. Difficile credere che quello davanti a me e che mi stava insultando in quel modo era lo stesso ragazzo che aveva marcato il territorio a scuola baciandomi davanti a tutti, che mi aveva detto che avrebbe dato fuoco al mondo intero pur di salvarmi e che aveva stretto un patto con la puttana del liceo col solo scopo di diminuire catastroficamente il numero dei miei pretendenti.

Mi posò d'improvviso la mano sul capo che aveva colpito poco prima, lo guardai confusa, ma l'istante dopo lui la ritrasse, il che mi perplesse ancora di più.

«Andiamo» dichiarò col suo solito tono imperioso.

Sollevai la mia mano sul punto che aveva appena toccato e rimasi sorpresa quando tra le dita percepii quelli che sembravano... petali incastrati tra i capelli. Non esitai un istante, corsi di nuovo verso lo specchio per guardarmi, un sorriso gigantesco mi spalancò le labbra, quando vidi il fermaglio che aveva infilato nella mia treccia a cerchietto.

Una rosa piccolissima, dalla corolla di seta, di un colore incredibilmente simile a quello della gonna del mio vestito, sbucava adesso come un bocciolo vero e proprio, unico, al lato destro del capo.

Mi ritrovai a gongolare, mentre tornavo da lui, il cui volto era diventato ancor più crucciato. Immaginai aveva sperato non mi accorgessi subito del regalo che mi aveva fatto.

Di solito, per quegli eventi, il ragazzo portava sempre dei fiori alla ragazza con cui sarebbe andato al ballo, e Ruben, a suo modo, aveva rispettato quella tradizione, ma con un fiore soltanto e che non sarebbe mai appassito.

Mi sollevai in piedi, aggrappandomi al colletto della sua camicia, e gli stampai il mio sorriso contro le sue labbra. Lui sussultò in maniera impercettibile, le mani sui miei fianchi. «Fin troppo tsundere, Mr Bad Boy» commentai sghignazzante, mentre mi ritraevo.

Un colpo in testa.

«Vivrò il ballo al pronto soccorso, per colpa tua.»

«La giusta ricompensa per avermi costretto a partecipare a questo evento.»

*


La palestra della scuola era stata agghindata fin troppo a dovere, non sembrava nemmeno più la palestra di una scuola, in realtà, tant'erano gli addobbi che il comitato studentesco aveva messo sulle pareti, i tavolini accatastati ai muri imbanditi di ogni genere di schifezza e bevande analcoliche, i palloncini che volteggiavano nell'aria per raggiungere il soffitto, e il marasma di studenti vestiti eleganti come noi già ad intasare quel luogo.

Quando arrivammo, la musica era già stata avviata, canzoni di una volta, tipiche dei gusti degli adolescenti, riempivano l'aria e andavano a soffocare il vociare dei ragazzi presi a divertirsi, alcuni di loro già intenti a ballare a coppia.

Come al solito, molti furono i volti che si girarono per guardarci, quando io e Ruben entrammo. Un classico da quando il video di Jesse era diventato super virale ed io ero tornata a scuola, trasformandomi senza volerlo nell'idolo di tutti, anche per colpa dei gossip che Eve lanciava in giro come fossero coriandoli.

C'era da dire, però, che quelle voci messe sul conto mio e di Ruben da parte della mia amica stavano dando eccome i loro frutti. Se prima gran parte degli studenti mi scrutava con il chiaro e palese intento di volermi avvicinare per intrecciare un qualche tipo di rapporto – amichevole o romantico che fosse – adesso invece, nel vedermi al fianco di Rube, molti di loro finivano in evidente stato di amoreggiamento, in particolar modo le ragazze più giovani.

Quando entrammo, vidi vari gruppetti iniziare a confabulare tra di loro e iniziare la fase da scolaretta fangirl per me e lui, specie quando Ruben, non appena mettemmo piede dentro la palestra, posò la mano sul mio fianco e mi avvicinò a sé, quasi come a volermi fare da scudo.

Sollevai lo sguardo, lo fissai confusa, per poi intuire l'attimo dopo cosa stava succedendo. «Stai marcando di nuovo il territorio?» lo provocai, ottenendo di risposta un'occhiataccia da parte sua.

«Sto impedendo un tuo ennesimo rapimento» dichiarò sicuro, «scema come sei, finiresti per seguire chiunque ti dicesse che vuole parlarti in privato.»

«Non sono così idiota, non mi metterei mai a seguire uno sconosciuto solo perché vuole parlarmi.»

«Hai ragione, lo sconosciuto deve avere almeno cinquant'anni.»

«Ancora? Non ci posso credere! Puoi lasciare in pace il povero dottor Sanchez, per una volta?»

Lui mi ignorò, guardando dritto davanti a sé. Sospirai, ritrovandomi a mia volta a scrutare la folla di studenti, tra quelli al centro della palestra, presi a ballare, e quelli che si erano riuniti a gruppi davanti ai tavoli per chiacchierare. «Mi domando se Eve è già arrivata» mormorai, «dovrebbe essere con James.»

«Cerca una mazza da baseball, la troverai senz'altro.»

Fu il mio turno di lanciargli un'occhiataccia. «Ti ricordo che a scatenare l'apocalisse con quella mazza da baseball sei stato tu, non lei» gli ricordai.

«Solo perché James le ha impedito di scappare come ho fatto io» mi corresse, e su questo non potevo dargli troppo torto.

Ripresi a indagare nella folla. «Ha comprato un vestito fantastico» gli dissi a quel punto. «Quando gliel'ho visto provare, sembrava un'attrice di Hollywood. Ho sul serio corso il rischio di prendermi una sbandata per lei.»

Sì, lo avevo detto apposta.

Per farlo ingelosire volutamente, una piccola vendetta per non avermi fatto neanche un complimento dopo avermi vista con quell'abito meraviglioso addosso. Dovetti trattenere il mio sorriso sadico, quando avvertii la pressione dei suoi occhi carichi di giudizio su di me.

«Ma davvero» lo udii dire, il classico tono impassibile che mi lasciava intuire tutto di quello che stava realmente pensando.

«Davvero» confermai, sempre più decisa a stuzzicarlo, le labbra mi facevano male tanto le stavo violentando per impedir loro di sorridere, «mai vista una ragazza bella come lei, penso che potrebbe rendere omosessuale anche la donna più etero del mondo.»

L'irritazione che andò ad attraversarlo fu così comica che mi dovetti schiarire la gola per non ridere. Era giunto il momento di nascondere la mano dopo aver lanciato il sasso: «Spero riuscirà nel suo intento di far cedere James.»

Ci fu qualche secondo di silenzio. «Cedere?»

«Ah-ah» risposi, ancora rivolta alla folla, mentre la cercavo tra i vari ragazzi, «si è messa quell'abito apposta per indurre in tentazione James, nella speranza che lui ceda al suo fascino, spero che ci riesca, sono una coppia adorabile.»

Altri secondi di silenzio, poi: «Capisco.»

Mi faceva male tutto il volto, tanto faticavo a trattenere il sorriso. «Hai appena pensato che sei al sicuro, ora che sai che Eve va dietro a James, non è così?»

«No» dichiarò categorico, «ho provato solo pietà per James, visto il carattere tremendo della tua amica.»

Non si smuoveva proprio dalla sua natura da tsundere, incredibile.

Proprio in quel momento, Eve sbucò fuori dalla folla di studenti presi a ballare insieme a James. Solo a vederla, mi venne da trattenere il fiato.

Era un incanto, un vero e proprio miracolo della bellezza.

Indossava un abito rosso blu elettrico che le fasciava meravigliosamente il corpo per accentuarne ancor più le curve del seno e dei fianchi. Senza spalline, con una cinta dorata e larga a serrarle la vita, e uno spacco aperto sulla gonna aderente a rivelarle la gamba sinistra e i tacchi aperti e bianchi. La parte superiore, quella sopra la cinta, era rivestita da una decorazione floreale in pizzo che terminava con una bordatura dorata sulla scollatura a cuore.

Si era arricciata un po' i capelli corvini, rendendoli delle straordinarie onde sinuose d'inchiostro che le arrivavano al petto, degli orecchini lunghi, luccicanti e pieni di strass, le cadevano fino alle spalle, e le labbra carnose erano state tinte con un rosso accennato.

James, accanto a lei, era vestito come la maggior parte dei ragazzi: giacca e cravatta neri, camicia bianca. E sì, era palesemente in tentazione accanto alla mia amica e il suo corpo straordinario.

«Callisto!» esclamò Eve non appena ci raggiunse, mi osservò dalla testa ai piedi. «Oh mio Dio! Sembri una dea!» cinguettò felice, battendo le mani mentre saltellava davanti a me per l'emozione. «Sarai la star di questo ballo, me lo sento!»

Difficile a credersi, visto che bomba sexy era lei in quel momento, ma non volevo rovinarle l'entusiasmo. «Sono bella, vero?» le chiesi gongolante, e lei strinse la mano a pugno in un gesto di vittoria.

«Finalmente!» esclamò ancora. «Finalmente sono riuscita a fartelo dire! Sì! Questa è una vittoria degna di tale nome!»

Risi. «Sei bellissima anche tu, Eve, davvero.»

Lei si posò le mani sui fianchi, fierissima. «Vero? Ci ho impiegato ore a truccarmi, ma ne è valsa la pena.» Diede poi una gomitata a James, alla sua sinistra. «Non è così

Lui stava facendo di tutto per non guardarla, sospettavo perché non voleva cadere alla tentazione di fissare gli occhi sulla scollatura provocante del seno, era così rosso in viso che rischiava sul serio di prendere fuoco. «T-Te l'ho già detto... che stai benissimo» disse con voce quasi disperata, ma non avrei saputo dire se era perché aveva risposto a quella domanda almeno mille volte o se perché stava provando di tutto per mantenere la sua natura da gentleman.

Eve gonfiò il petto, orgogliosa al massimo. «Non è mai abbastanza.»

«Q-Quindi hai intenzione di c-chiedermelo ancora?» James sembrava esaurito.

«Inizia a guardarmi per bene e potrei smettere di farlo» suggerì lei cinguettante.

«Ca-Capisco, perciò... oltre che ca-capitalista... se-sei anche na-narcisista» commentò l'altro.

Lei spalancò la bocca, oltraggiata. «Come osi!? Non sono né capitalista né narcisista!» si difese.

«G-Giusto, se-sei anche... la re-regina dei go-gossip in-inventati di sa-sana pianta.»

Lei cominciò a colpirlo con la mano sulla schiena, ma James rimase impassibile. «Per difendere la propria ship si può e si deve fare di tutto e di più!» dichiarò severa, continuando a picchiettarlo. «E poi è uno dei comandamenti dell'amicizia: proteggere la relazione amorosa della tua amica coi denti e col sangue!»

«Qu-Quanti di-diavolo di coma-comandamenti hai? Nel co-corso dei me-mesi ne avrai di-dichiarati almeno ci-cinquanta diversi! No-Non dovevano e-essere solo dieci?»

«Per i cristiani! Ma io non lo sono, con grande disappunto di nonna Barbara e gioia di papà, quindi posso averne quanti ne voglio, pure trecentocinquanta.»

«Qu-Quasi inizio... a capirla... a Barbara.»

Mi ritrovai a ridacchiare, erano sul serio adorabili.

Una musica terribilmente romantica e smielata risuonò nell'aria, Eve sussultò, un sorriso gigante a sollevarle la bocca. Afferrò la mano di James con la sua: «Andiamo a ballare! Ora!»

Non attese la sua risposta, lo trascinò con sé al centro della palestra, tra gli affanni e i lamenti di lui, ed io sghignazzai di nuovo. L'attimo dopo, avvertii ancora lo sguardo di Ruben su di me. «Che ti avevo detto?» gli domandai gongolante. «Non hai nulla da temere.»

«Non temo nulla, io» affermò serio. «Se non la tua idiozia.»

Scrutai Eve e James, una delle tante coppie in mezzo alla palestra ora intente a ballare, stavano ancora battibeccando. C'era da dire che, facendolo, James non sembrava più badare troppo alla tentazione che era il corpo favoloso della mia amica. Erano davvero adorabili: benché lui fosse decisamente più basso di lei, era comunque un ballerino straordinario, la conduceva nei passi in maniera meravigliosa.

Ed Eve... era felice.

Felice davvero.

Non riuscivo neppure più a intravedere la ragazza che negli spogliatoi di quella stessa palestra era scoppiata a piangere davanti ai miei occhi, imbarazzata per essere odiata da tutti, per essere considerata la puttana della scuola.

Adesso c'era solo un'adolescente come tante, alle prese con la sua cotta, nel tentativo di ottenere da essa ben più di un bacio.

Più volte mi era stato detto che la mia storia aveva cambiato il mondo, che era stata in grado di riempire d'affetto e solidarietà anche i cuori più freddi e spietati, ciò era sì un grande vanto per me, un motivo d'orgoglio.

Ma quando guardavo Eve, il modo in cui, grazie alla nostra amicizia, era riuscita a liberarsi a sua volta della propria sofferenza, così come lei aveva fatto con me, sostenendomi dopo la morte di Jesse, mostrandosi come la prima persona disposta ad abbracciarmi, alla vigilia del mio compleanno, non potevo che pensare che se c'era una cosa di cui potevo e dovevo esser fiera... era proprio lei.

La mia amica.

Quando mi ero trasferita in quella scuola, ero stata certa che non sarei riuscita a relazionarmi per bene con nessuno, convinta di non essere abbastanza altruista per poter dare una mano o interessarmi a qualcuno che non fosse Jesse.

La prova di quanto mi ero sbagliata era proprio lì, davanti a me, incarnata nella figura di Eve che ora sorrideva mentre James le faceva fare una piroetta e rideva come non mai, fregandosene altamente delle occhiate degli altri, di come alcuni ancora la scrutavano ed etichettavano per essere la puttana della Greenhawk Academy.

Devi essere semplicemente te stessa, Callisto, e vedrai che andrà tutto bene.

Così mi aveva detto Jesse, prima che cominciassi il semestre lì, quando gli avevo domandato come avrei dovuto comportarmi con i miei coetanei.

Davanti alla sua risposta, io avevo pensato che l'affetto che provava per me filtrava troppo il suo giudizio, che gli impediva di notare le mie notevoli mancanze, i miei mille difetti.

Mi ero sbagliata anche su questo.

Non filtrava, quell'affetto, mai l'aveva fatto.

Semplicemente vedeva le luci che io invece non riuscivo a scorgere, annegata com'ero dalle tenebre dell'armadio.

Perché Jesse mai aveva visto in me solo sua sorella, come invece sempre avevo fatto io.

Vedeva Callisto Murray, un essere completo, non legato unicamente a lui.

E ora, sempre grazie a lui, anche io la vedevo.

La presa di Ruben sul mio fianco si fece più forte, sollevai il capo per guardarlo.

«Andiamo.»

Sorrisi. «Ok, andiamo.»

E insieme a lui, mi ritrovai a incamminarmi a mia volta al centro della palestra, per ballare.

In mente, non potei che pensare a quel ricordo lontano, lontanissimo, già scorto il giorno in cui James mi aveva regalato quella sciarpa.

Jesse tredicenne, io bambina con il tutù rosa che mi aveva dato in dono di nascosto da mamma e papà.

I nostri passi a riempire la stanza, il suo sorriso straordinario, le risate di entrambi a dar vita alla sola musica che era stata la colonna sonora del legame che ci vincolava ancora adesso.

Ecco la mia principessa ballerina!

Il mio primo ballo... lo aveva già ottenuto, pensai.

E da sempre e per sempre sarebbe stato suo.

*

Detestavo ammetterlo, ma Ruben aveva ragione.

Facevo proprio schifo a ballare.

Il che di per sé non era una novità, lo avevo appreso sin da bambina, quando provavo ad esercitarmi con la coreografia di Crystal, e quel giorno avevo avuto la conferma che tale difetto non era mai guarito, nemmeno col passare degli anni.

Persi il conto di tutte le volte che pestai o rischiai di pestare i piedi a Ruben, di inciampare o di cadere di sedere a terra.

Lui ed Anna non si erano sbagliati su di me.

Ero una calamità vivente.

Mentre provavamo a ballare, al centro della sala, con gli occhi di tutti addosso ad eccezione delle altre coppie che stavano danzando come noi, lo sentii dirmi: «Ti chiederò di pagarmi la fattura per il mio ortopedico.»

Ero super concentrata a fissarci i piedi, nel tentativo di non pestare i suoi, con la sua mano sulla vita e l'altra intrecciata alla mia, perciò non potei guardarlo negli occhi, ma ero sicura che mi stesse lanciando il suo sguardo carico di giudizio. «Non è colpa mia» provai a difendermi. «Non ballo da tantissimi anni.»

«La frattura al piede destro può confermarmelo.»

Schioccai la lingua, indignata. «Se avessi saputo che avresti passato la serata a insultarmi, non ti avrei mai invitato al ballo.»

«Ottimo. Ricordatelo per le prossime occasioni in futuro.»

«Guarda che sei stato tu a dirmi di sì» ribattei, per poi arrossire al ricordo di come ero riuscita a convincerlo a farlo, pur non volendolo. «E comunque lo so che stai sfruttando l'occasione per marcare di nuovo il territorio, non sono mica così scema.»

«Questo è ancora tutto da vedere.» Ondeggiamo un po' verso destra, io avevo ancora gli occhi fissi ai nostri piedi, tentando di tutto per non pestare niente che non fosse il pavimento della palestra. «Ogni giorno che passa mi confermi sempre di aver sottovalutato fino a quanto a fondo può andare il tuo livello di idiozia.»

«Continua pure a insultarmi, ormai lo so che quando lo fai indirettamente mi stai facendo mille complimenti.»

«Oltre che idiota, adesso anche con fantasie inguaribili in testa. Non c'è proprio limite alla tua scemenza.»

Sollevai lo sguardo per fissarlo con sdegno, lui aggrottò ancora la fronte, come al solito. «Sono certissima che dentro stai amoreggiando per me» dichiarai sicura, «è solo che il tuo lato tsundere te lo impedisce, ne andrebbe del tuo orgoglio di Mr Bad Boy.»

Un colpo in testa.

«Guarda che nei reparti di radiografia a cui dovrò andare per il trauma cranico che mi farai ci sono centinaia di medici ben più vecchi del dottor Sanchez» lo provocai a quel punto, con un sorrisetto malizioso, il suo cipiglio si fece più profondo. «Sicuro alcuni di loro sono pure biondi.»

«Perfetto. Un ottimo modo per liberarmi per sempre di te.»

Sghignazzai senza volerlo.

«Almeno loro mi faranno dei complimenti» dissi, «mi diranno che sono bellissima e bravissima, mica come te.»

«Un metodo geniale per farti rapire di nuovo, non sono per niente sorpreso.»

«Non ce la fai proprio a dirlo, eh? Che sono super carina stasera, vestita così.»

Un urletto stridulo mi partì dalle labbra, nell'istante in cui mi sollevò in aria per farmi volteggiare proprio come si vedeva sempre nei film storici o Disney. Lo stupore mi avvolse, per poco non rischiai di cadere a terra, quando tornai coi piedi sul pavimento, fu lui che mi resse, le mani sulle mia schiena, a spingermi perché il mio petto aderisse al suo.

Lo guardai stupefatta, una serietà ben più profonda delle altre gli ammantava il viso, illuminandogli gli occhi. «Non hai bisogno di un vestito per esser più bella o carina» affermò, lasciandomi ancor più sconvolta. «Né di gioielli e trucchi.»

Era così raro sentirlo farmi complimenti del genere che non riuscii a trattenere il rossore alle mie guance. Inevitabilmente, la mia parte afflitta dalla sindrome di crocerossina non poté che sprofondare ancor più nell'innamoramento assoluto nei suoi confronti, ero un caso incurabile, ormai, ne ero più che consapevole.

E lui... lui era davvero bello, specialmente in quel momento, dopo aver detto quelle parole. Il cuore stava rischiando di fracassarmi le ossa della cassa toracica, tant'era la violenza con cui batteva solo per lui, e il desiderio che stava facendo nascere in me di condividere quel sentimento ben più che con la voce.

Compresi, allora, che era giunto il momento di dare vita al mio diabolico piano. Non ero sicura della sua riuscita, non al 100%, almeno, ma valeva la pena tentarlo.

Eve forse era una maestra delle tecniche della seduzione, e certo io non potevo paragonarmi a lei, ma avevo ormai compreso come ragionava Mr Bad Boy e anche le mie necessità.

Perciò, dopo un grosso respiro, gli sorrisi e gli dissi: «Quindi non ti interessa sapere che cosa sto indossando sotto quest'abito?»

Si fermò, bloccando la nostra danza, le sopracciglia gli si aggrottarono così tanto da formare una ruga proprio sopra il naso.

Un buon segno, almeno così speravo.

«Io ed Eve abbiamo fatto un bel po' di shopping» proseguii con una sicurezza che non avevo idea da dove avessi tirato fuori, «anche in negozi di biancheria intima.»

La presa delle sue mani sulla mia schiena si fece più forte, il suo volto rimase crucciato e intraducibile, ma sentivo di star procedendo nella direzione giusta. «Ho trovato un bel completo intimo...» continuai, con le guance a fuoco, «e non solo reggiseno e mutandine di pizzo, ma anche delle autoreggenti e...» attesi qualche secondo, quelli che servivano per aumentare le aspettative, «un paio di reggicalze sempre di pizzo.»

Mi aggrappai con le mani alla sua camicia, sollevandomi sulla punta dei piedi per sussurrargli all'orecchio: «Ma dato che non ho bisogno di queste cose per essere più bella o carina, non ti va proprio di vederle, vero?»

Ci furono tanti, tantissimi secondi di silenzio.

E poi, all'improvviso, le sue mani mi afferrarono per i fianchi e mi sollevarono di nuovo in aria. Urlai ancora una volta, per poi ritrovarmi col busto sulla sua spalla, come un sacco di patate, a venir portata via dalla palestra senza alcuna esitazione e vergogna.

Il piano era riuscito.

Fin troppo bene.

Tutti gli studenti si erano fermati a guardarci, stupefatti, l'unica che non sembrava sconvolta era proprio Eve che, al contrario loro, sorrideva sadica mentre mi osservava venir rapita da Ruben e portata via fuori.

Era il mio destino, a quanto pareva, venir rapita. Il terzo dopo ad essere la sorella di Jesse Murray e circondarmi senza volerlo da persone pervertite quanto mio fratello.

E iniziavo a sospettare che io ero proprio come loro, se non peggio. Jesse sarebbe stato incredibilmente fiero di me, già solo per esser riuscita a provocare in quel modo il suo Mr Bad Boy preferito.

Eve mi mostrò il pollice all'insù, con James al suo fianco che la guardava confuso, con le labbra mi mimò: «Anche io farò goal stasera. Non temere, userò senz'altro l'ombrello.»

Non ebbi modo di risponderle, l'attimo dopo Ruben uscì fuori dalla porta aperta della palestra, per portarmi via lungo i corridoi della scuola.

«Guarda che posso camminare» mi lamentai, fissandogli la schiena e, ovviamente, il sedere. D'altro canto, in quella posizione, non avevo di meglio da vedere, era certamente più interessante dei corridoi vuoti della scuola.

«Non ho dubbi.»

Il corpo mi si stava già riscaldando, in preparazione di quello che sarebbe successo poco dopo, sentivo il petto pronto per andare a fuoco come le mie guance in quel momento.

«S-Stiamo andando in camera mia?»

«Stiamo andando al tuo monolocale.»

Dentro di me festeggiai. Il monolocale aveva molta più privacy e, soprattutto, là non correvamo il rischio di esser sentiti dai vicini di stanza. Inoltre, avevo comprato da poco una macchina, sempre grazie ai soldi che Jesse mi aveva lasciato, proprio per potermi spostare dalla scuola alla mia nuova casa, ed ero più che consapevole che era ad essa che lui era diretto.

«Ti ho fregato, quindi» dichiarai con fierezza. «Ho fregato un bad boy, quante possono vantarsene oltre a me?»

«Fossi in te aspetterei a stappare lo spumante» replicò, la voce fredda. «Ho molto da vendicarmi, inclusa la frattura che mi hai provocato al piede.»

Continuai a festeggiare nella mia mente, dovetti compiere uno sforzo disumano per non canticchiare felice.

Perché lui ancora non lo sapeva.

Che il mio piano diabolico prevedeva due fasi.

La fase uno: rivelargli ciò che si trovava sotto l'abito.

Fui grata del fatto che non potesse vedermi, visto che ero un sacco di patate sulla sua spalla, così non ebbe modo di accorgersi del sorrisone immenso che mi stava sollevando le labbra.

La fase due sarebbe iniziata presto.

Proprio in quel monolocale.





Nota autrice

Indovinate che ce sta al prossimo capitolo, intitolato "Fase due"?

Esatto.

Purtroppo per me e per fortuna vostra ce sta...

LA SCENA 🌶️🌶️🌶️

Mi consolo al pensiero che sarà comunque meno imbarazzante della scena di Ruben che sbatte letteralmente e non Callisto alla porta.

Forse.

O forse sì.

Ho già un libro trash da leggere nelle sue scene di sesso per compensare alla vergogna ed impedirmi di uccidermi, per fortuna.

Indovinate qual è?

COMUNQUE

Ci sono alcune cose che vi vorrei dire, nel pippone analisi di questa nota autrice.

Dettagli che spero anche voi abbiate notato:

1) Man mano che i capitoli passano, da quando è uscito il video di Jesse, Callisto sta aumentando un po' di più la propria autostima, al punto da riuscire a dirsi di essere bella da sola.

2) tale autostima sta aumentando e si sta proiettando anche sul suo rapporto con Ruben. Di per sé Callisto è sempre stata schietta sul fatto di volerselo bombare, sia chiaro, ma aveva ancora degli evidenti timori - tipo lo stare sopra mentre lo fanno - che adesso sono praticamente scomparsi, al punto da indurla a creare un piano per far perdere il controllo a Ruben.

3) Quest'autostima si riflette anche sulla sua amicizia con Eve. Callisto ha realizzato che è anche merito suo se ora Eve è felice e non si detesta più come prima. Sta ammettendo le proprie qualità, tali da poter migliorare anche una persona CHE NON È JESSE.

4) Benché quest'autostima stia accrescendo, comunque ci sono dei notevoli squilibri ancora dovuti al tormento degli abusi: non ha ancora la forza di non indossare i bracciali quando è fuori.

5) Jesse è ancora con lei, e lei lo percepisce sempre al proprio fianco, ciò però non vuol dire che non soffra per la sua mancanza.

Detto questo, prima che mi linciate perché vi ho fatto DI NUOVO piangere con Jesse, ci sono un paio di cose che voglio dirvi.

La prima tra tutte:

Continuerete a piangere.

Come vi ho detto, non ho alcuna intenzione di farvi/farmi smettere di soffrire.

Sì, muffins, Jesse sta per tornare.

E penso sappiate anche come, visto che sono stati citati più volte.

I suoi effetti personali.

Quello che aveva con sé nella clinica in cui era ricoverato.

Sono IMPORTANTISSIMI.

Jesse tornerà ANCORA UNA VOLTA, perché, come dico sempre, lui MAI abbandonerà per davvero sua sorella.

Stiamo giungendo alla fase finale della storia principale.

Credo che mi manchino all'incirca 5/6 capitoli, più l'epilogo.

Alcuni di questi capitoli, essendo molto corti - capirete perché quando li leggerete - sono già stati scritti, li scrissi agli inizi, quando concepii la storia, durante la mia fase "Simona che si gasa ad cazzum per le scene"

Come vi dissi in passato, NESSUN ELEMENTO è stato messo a caso nella storia. Ce ne sono alcuni che sono stati citati e ritorneranno presto, con questi prossimi capitoli.

Ma non temete, il prossimo sarà una scena bollente, quindi voi gioirete, io soffrirò e mi impedirò di bere un cocktail magico fatto di benzina + candeggina.

Questi sono gli ultimi nuclei che dovranno essere risolti per concludere la trama:

1) Gli effetti personali di Jesse

2) il processo contro i coniugi Murray

3) il rapporto Eve - James, che ormai avete capito che direzione sta prendendo

4) I bracciali di Callisto

E sono visceralmente collegati tra loro,  ad eccezione del punto 3, che è una sottotrama che riguarda altri personaggi al di fuori di Callisto, Ruben e Jesse.

Vi consiglio di andare a rileggervi, se volete, ALCUNE delle cose che Jesse e Callisto si sono detti nel corso dei capitoli in cui lui era ancora in vita, sì, anche quelle che si sono detti quando era a un secondo dallo schiattare.

Lo so che è da bastardi consigliarvelo e che ci farebbe soffrire rileggerli, ma ci sono delle cose, in quei dialoghi, che sono importanti e verranno ripresentate nei prossimi capitoli.

Infine, vi ricordo quanto dissi al capitolo in cui Jesse muore: Il momento.

Non dimenticate la data e l'ora della morte di Jesse.

Perché sì, anche quella sarà importante.

So cosa state pensando: che la storia è praticamente finita.

SNÌ.

Vi ricordo ciò che vi avevo già detto, cioè che ci saranno i...

✨C💖PITOLI EXTRA✨

Usciranno dopo l'epilogo.

E come già sapete, gran parte sono su Jesse.

Sono dei capitoli che riguardano Jesse e ANCHE le cose che Callisto NON SAPEVA E MAI SAPRÀ su di lui.

Per farvi prepare psicologicamente alla cosa, vi dico parzialmente di cosa parleranno, così non mi denunciate per la sofferenza che vi causerò:

1) Jesse prima della diagnosi e che si ammalasser. Come dissi sotto un commento, il Jesse Pre Cancro è MOLTO diverso da quello Post Cancro, seppur entrambi condividano la stessa personalità e lo stesso carattere. Sarà molto interessante conoscerlo così.

2) Come Jesse ha affrontato la diagnosi di leucemia, che cosa ha provato, come ha reagito. In parte lo sappiamo, grazie al flashback di Callisto: devastò la stanza tranne i disegni della sorella. Con questo capitolo avremo la risposta alla domanda: cosa ha provato e pensato davvero Jesse, il giorno in cui ha ricevuto la diagnosi?

3) Come Jesse ha deciso di comportarsi SUBITO DOPO aver ricevuto la diagnosi. In parte lo sappiamo: ha pianificato di svuotare i soldi ai genitori per darli a Callisto. Vedremo COME e PERCHÉ.

4) Come Jesse ha scoperto degli abusi, come ha reagito, cosa ha provato e pensato e in che modo è arrivato a pianificare la trappola per incastrare i genitori, proteggere la sorella e darle la libertà con l'apologia.

5) Come Jesse ha vissuto il dover mentire alla sua sorella, consapevole - a differenza di quest'ultima - che anche lei gli stava mentendo. E soprattutto la scommessa con sé stesso: morire il più possibile vicino al compleanno di Callisto.

Infine, il più doloroso ma anche il più emozionante di tutti, secondo me:

6) Cosa ha provato e pensato Jesse mentre stava morendo, con Callisto al suo capezzale, nel capitolo Il momento.

Lo so, lo so, quest'ultimo è proprio da bastarda pezza di merda scrittrice infame, MA FIDATEVI, muffins, le lacrime ne varranno la pena.

Al di là di Ruben (Ruben non mi odiare, ti prego), Callisto e Jesse per me sono la coppia più bella e meravigliosa che io abbia mai scritto - e manco è quella romantica.

Ci tengo davvero tanto ad approfondire il loro rapporto, anche con questi capitoli extra, e a mostrarvi Jesse non solo come il fratello di Callisto, ma anche come solo Jesse Murray, il ragazzo comico, pervertito, un po' coglione, terribilmente sfortunato in salute e fortunato nel gioco d'azzardo.

Il motivo per cui pubblicherò questi capitoli DOPO l'epilogo è uno soltanto:

Se li pubblico prima, vi spoilero alcune cose importantissime della trama principale.

Quindi sì, dovete attendere - per (s)fortuna - che la storia finisca per rivedere Jesse nella sua interezza e piangere e sorridere e ridere per lui.

Un minuscolo spoiler però ve lo posso fare.

In questi capitoli extra comparirà...

LUI.

Il primo nemico giurato del nostro bad boy tsunderino.

Da quest'ultimo definito come un vecchio e un pedofilo.

Colui che ha, sempre secondo il nostro bad boy tsunderino, causato l'orrendo e pessimo gusto di Callisto per i vecchi (dopo Brad Pitt).

Nella piramide delle gelosie insensate e inutili di Ruben ricopre il primo posto, al secondo c'è Brad Pitt, al terzo i vecchi in generale, al quarto Eve (porella).

LUI.

IL DOTTOR SANCHEZ.

Vi prego di non scoppiare a ridere, quando comparirà.

O se lo volete, fatelo, ma sappiate che non durerà molto la risata, perché vi ricordo che il dottor Sanchez è stato il primo oncologo di Jesse.

Quindi quando comparirà nei capitoli extra di Jesse, ahimè, non sarà per motivi felici, come già potete immaginare.

E anche se finora abbiamo sempre riso per via di lui e della cotta che Callisto si prese per questo dottore da bambina, c'è una grande sofferenza persino in ciò.

I bambini si prendono le cotte spesso per altri bambini o sì, anche adulti, ma di certo non medici e men che meno oncologi.

Il fatto che Callisto abbia avuto come prima cotta il dottor Sanchez basta per farci capire già che vita ha vissuto da allora:

Una bambina costretta a visitare con costanza gli ospedali per stare accanto al fratello malato e perciò ha sviluppato la sua prima cotta nei confronti di un dottore - oncologo - che nessuna bambina dovrebbe mai incontrare.

Alcune ultime cose:

- Crystal Ballerina sarà un'ultima volta un elemento fondamentale di questi ultimi capitoli della trama principale

- Il processo contro i coniugi Murray sarà descritto in maniera particolare, non come forse pensate voi, perché questo libro non è il nuovo Law and Order ed io non sono laureata in giurisprudenza americana. Non mi va di fare strafalcioni giganteschi descrivendo cose/scene/meccanismi CHE NON ESISTONO per una ricerca sbagliata o studi fatti male e per cui mi perculereste (giustamente) a vita. Non voglio finire per correre il rischio di commettere stronzate assurde e allucinanti del tipo che si vede nei libri trash stile Paper Princess, dove la protagonista minorenne rimane orfana E NESSUNO LO SA perché a lei basta falsificare la firma della madre morta.

- Come ho detto, tornerà anche Jesse nella trama principale, anche se per poco, ma quel poco mostrerà UN CASINO de robe sul suo conto e sulle cose che non sapevamo e Callisto non sapeva su di lui

Ho detto tutto, c'ho solo un'ultima cosa da mostrare.

Gli abiti che Callisto ed Eve indossavano, palesemente ispirato ad abiti trovati su Pinterest, la mia TROKAH dopo i libri trash.

Questo è l'abito a cui me so ispirata per quello de Callisto:

Questo invece è l'abito a cui me so ispirata per quello de Eve:

FINE.

Ci vediamo al prossimo capitolo con la scena 🌶️🌶️🌶️.

Se non me unalivo prima, obv.

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