Fase due
Una volta entrati nel mio monolocale, non appena chiusi la porta alle mie spalle, nel silenzio pregno delle nostre aspettative, mi ritrovai a baciarlo io per prima, aggrappandomi alle sue spalle per poter avere maggiore appiglio per quello scontro di labbra. Ruben mi fissò le proprie mani sui fianchi, stringendoli quasi con violenza, e la sua lingua scovò la mia, ricercandola nel modo in cui sapevamo presto avrebbero fatti i nostri corpi.
Sentivo la pelle già pizzicare, i muscoli interni tremare per il desiderio, ma un pensiero particolare mi si era fissato in testa, a prevaricare su tutti gli altri, generato dal momento in cui Eve mi aveva suggerito l'idea di fare impazzire quel ragazzo dall'autocontrollo assurdo, proprio così ero finita a realizzare la fase due del piano.
Se un tempo ciò mi avrebbe imbarazzata come non mai, adesso, pur imbarazzandomi, quasi non vedevo l'ora di farlo. Ormai eravamo una coppia ufficiale, stavamo insieme, e ritenevo giusto e corretto sia per me che per lui sfidare quei miei limiti che prima ero sempre stata attenta a rispettare.
Volevo conoscerlo ancora di più, anche in quegli spazi che mi erano ignoti, perché di una persona mai si sarebbe potuto sapere tutto, e allora io volevo svelare il massimo che potevo sul suo conto, per quello che mi era concesso nei miei tempi e le mie forze umane.
Così mi ritrovai per prima a provocarlo, quasi nella stessa maniera in cui aveva fatto lui, sempre in quella mia casa, il giorno in cui ci eravamo confessati, aderendo il mio petto al suo, le mani a setacciarlo su tutto il torace, a scivolare sotto la giacca per sfilargliela e fargliela cadere a terra, mentre le sue andavano a stringermi il fondoschiena.
Un verso gutturale proruppe dalla sua gola, lo ingoiai tra i nostri baci, con i corpi di entrambi che già si accaloravano di quella brama ormai nota, ed il cuore che mi batteva così forte da farmi male.
Feci scendere le mani sulla cintura dei suoi pantaloni, lui sussultò quando gliela slacciai veloce e intrufolai le dita sotto di essi e sotto i boxer, tirando fuori la sua eccitazione, già pulsante nel mio palmo.
«Callisto» mi chiamò in tono d'avvertimento, scostandosi dalle mie labbra. Gli occhi erano già accesi dal desiderio, il cipiglio sempiterno si era fatto più profondo per la confusione. «Che stai facendo?»
Ansimavo quasi, tanto speravo di poter riuscire in quell'impresa di farlo impazzire, e così mi limitai a stampargli un'ultima volta la mia bocca contro la sua, prima di inginocchiarmi a terra davanti a lui.
«Ca-»
La voce parve morirgli nell'attimo stesso in cui gli baciai l'eccitazione. Lo sentii sussultare, mentre approfondivo quel bacio, accogliendola nella mia bocca, avvolgendola con la lingua. La sua mano si strinse quasi con ferocia alle ciocche dei miei capelli, i suoi respiri si fecero così profondi da riempire del tutto il silenzio del monolocale.
Non era la prima volta che facevo una cosa del genere, ma in quell'occasione era diverso, per vari motivi, il primo e più importante che avevo tutte le intenzioni di farlo cedere completamente, e così iniziai ad approfondire sempre più quel bacio, ad un ritmo ferrato, accogliendo la sua eccitazione e accompagnando tali gesti con le carezze delle mani.
Le dita intrecciate ai miei capelli li afferrarono ancora più forte; più quei minuti passavano, più lui si costringeva a trattenersi dal tremare, dall'esprimere il piacere che cercava di uscirgli in respiri e gemiti precisi. Era caldo sia nel mio palmo che tra le mie labbra, s'irrigidiva col passare dei secondi; ogni volta che lo risucchiavo in quel modo, mi accorgevo che lui faceva di tutto per contenersi, come a volersi impedire di crollare, di darmi quella soddisfazione.
«Callisto» mi chiamò, ma non lo ascoltai, era il mio turno di giocare con lui, di farlo delirare, e così approfondii ancor più i miei baci, quelli con cui lo assaporavo ancora e ancora, sempre più a fondo, mentre lo incalzavo anche grazie ai movimenti scattanti e decisi della mano.
Un altro verso gutturale gli sfuggì dalle labbra, adesso più non poteva fermarsi dal tremare, la stretta delle sue dita sui miei capelli si stava facendo quasi violenta, fu così che mi accorsi di star iniziando a vincere, specie quando cominciò a spingere il bacino per andare incontro alla mia bocca in movimenti impercettibili da principio, poi sempre più decisi.
L'eccitazione di cui mi nutrivo iniziò a pulsare con furia, la sentii indurirsi e ribollire sempre di più, il segnale chiaro ed inequivocabile che presto avrei vinto, confermato dai suoi respiri che si spezzavano, e allora lo udii dirmi: «Callisto, non lo hai mai fatto prima.»
Aveva ragione, non eravamo mai arrivati fino a quel punto, e sapevo che la sua era semplice preoccupazione per me, e proprio per questo mi intestardii ancor più nel dimostrargli che invece era tutto quello che desideravo. Continuai ad accoglierlo tra le mie labbra, baciandolo a fondo, in un intreccio di denti appena accennati, lingua e saliva, lui mi afferrò brusco i capelli, mi chiamò un'ultima volta per avvertirmi: «Callisto.»
Risollevai gli occhi su di lui, le labbra sulla punta della sua eccitazione, ora così pulsante e rovente da poter cedere in qualsiasi momento, bastava pochissimo, solo un ultimo gesto, lo sapevo.
Il suo sguardo si incastrò nel mio, aveva un'espressione ebbra di piacere e al contempo preoccupata, e quell'istante ci vincolò di nuovo, più di quanto già non lo fossimo, l'uno all'altra.
Fu l'ultima spinta necessaria per concludere quella sfida.
Senza smetterlo di guardarlo, aprii la bocca e lo accolsi feroce, con un ultimo e deciso scatto della mano.
«Cazzo!»
Lo sentii cedere con quell'imprecazione, mentre si liberava, e io ne accompagnai gli spasmi continuando a guardarlo, mandando giù quel piacere che mi stava donando. La mano con cui si era aggrappato al mio capo tremava insieme ai respiri, e quando mi scostai, una volta che tutto si concluse, un gridolino acuto mi partì dalla gola, non appena mi costrinse a rimettermi in piedi e con violenza mi spinse contro il tavolino al centro del monolocale.
Mi baciò, fu animalesco quasi, i denti per poco non si scontrarono, ed io mi affannai nel comprendere che aveva tutte le intenzioni di vendicarsi per come l'avevo fatto finalmente cedere. La sua mano mi finì sulla schiena, fece scendere rapida la zip del vestito, quella che arrivava alla vita, e lui ne abbassò subito il corsetto con uno scatto veloce, rivelando il reggiseno di pizzo bianco fresco d'acquisto, senza bretelle e quasi trasparente.
Non commentò né disse niente, ma invece che toglierlo del tutto lo fece scendere giù, di modo che i seni emergessero, già gonfi e trepidanti, in attesa solo di esser sfiorati da lui.
Ero con il sedere posato sul bordo del tavolo, e mi aggrappai anche con le mani a quest'ultimo, quando Ruben chinò la testa e iniziò ad abbeverarsi dei capezzoli in un risucchio di labbra e denti. Quello che non baciava lo torturava con le dita, pizzicandolo e provocandolo; ansimai per i primi brividi di piacere che già mi stavano attraversando e si stavano accumulando tra le mie cosce, nel punto preciso che presto sarebbe stato indagato.
Lui tirava e succhiava e mordicchiava quelle punte in baci prolungati, modificando i gesti a seconda dei versi e i respiri che emettevo, per condurre sempre più in alto il mio desiderio. Afferrò poi entrambi i seni con le mani, li strinse veemente, quasi a voler timbrare l'impronta dei palmi su di essi, e risalì con la bocca per andare a stuzzicare la pelle già bollente del mio collo, tirandola, addentandola appena, strusciandoci sopra lingua e piercing, con l'unico obiettivo di aumentare la brama fino a farmi perdere il senno.
Non so come, l'abito che indossavo finì a terra l'istante dopo, non ebbi modo di pensare a quanto mi sarebbe costato portarlo in lavanderia, ero troppo in fermento al pensiero di come lui avrebbe reagito nel vedere la biancheria che indossavo: perizoma, reggicalze bianche e in pizzo, autoreggenti di colore uguale, trasparenti e legate alle reggicalze stesse con un paio di cinturine sottilissime.
Glielo scorsi negli occhi, il fuoco che andò a travolgerlo, il desiderio puro, non ebbi bisogno di parole né di qualche sua particolare espressione facciale per capirlo. Mi divorava col semplice sguardo e tanto bastò per convincermi a indossare molto più spesso biancheria del genere, rinunciando una volta e per sempre al mio proverbiale imbarazzo per ottenere in cambio un piacere che andava ben oltre la carne.
Ed ero bellissima, sì, forse ancora più bella di come mi ero sentita quando mi ero guardata allo specchio con quell'abito da sogno, non potei che pregare che quella sensazione durasse il più a lungo possibile, così mi sporsi verso di lui per baciarlo un'altra volta, ma non feci in tempo: mi spinse di nuovo contro il tavolo, divorandomi le labbra con le proprie, la lingua a cercare la mia, la mano già sopra il punto più pulsante di me, tra le mie cosce, con le dita che si strofinavano contro il tessuto umido della mutandina.
«Ti ho fregato, vero?» gli domandai con un sussurro all'orecchio, e lui disse qualcosa, ma fu talmente veloce e corrotto dal desiderio che non riuscii a comprenderlo. Una risposta affermativa.
Gli morsi delicatamente il contorno dell'orecchio e di risposta lui mi spinse di nuovo, facendomi ritrovare sdraiata di schiena sul ripiano del tavolo, le gambe al di fuori di esso, con le scarpe ancora ai piedi. Le sollevò e le aprì senza alcuna vergogna, fissando gli occhi lascivi sul punto che prima aveva stuzzicato. Era avido e prepotente tanto quanto me, il viso scalfito dall'eccitazione di quegli attimi. Slacciò con rapidità i cinturi del reggicalze così da sfilarmi la mutandina, singhiozzai quando mi costrinse a divaricare ancor più le cosce.
Sapevo cosa mi stava dicendo con quei gesti: che così come io avevo fregato lui, così ora lui stava per fregare me, in uno scambio di truffe che avrebbe soddisfatto entrambi, me in particolar modo, colei che aveva dato vita a quel meccanismo.
Cominciò a baciare, leccare e mordicchiare la pelle scoperta delle gambe, centimetro per centimetro, fino ad arrivare al bordo delle autoreggenti per poi tornare indietro, così da accelerare senza pudore il processo di autocombustione che già stava vivendo il nucleo di desiderio nella mia intimità. Crudele com'era, vi strusciava sopra le labbra, assaggiandolo per qualche attimo, quando passava da una gamba all'altra, ma erano momenti minuscoli, a stento percepibili per me, necessari soltanto per accrescere le mie voglie e inumidire ancor più quel punto.
Proseguì così a lungo, ad ogni tocco di labbra il mio respiro s'appesantiva nel petto, andando a far sprofondare i polmoni; continuava ad evitare volutamente la parte di me che ben sapeva aveva più bisogno dei suoi baci tanto famelici, sfiorandola soltanto per un secondo per stuzzicarla e farmi disperare.
L'ennesima provocazione e tortura, un gioco con cui andare a compensare quello che gli avevo appena fatto io per sconfiggerlo, e per rafforzarne il tormento cominciò anche a stuzzicare il seno destro con la mano, riafferrandolo nel palmo, incastrandone la punta tra le dita per tirarla e rovinarla.
Mugolii continui sfuggivano dalla mia gola, sentivo di stare per impazzire, e allora, nell'attimo in cui di nuovo si posò tra le mie cosce, per un solo istante, lo fermai con le mani, allacciando le dita alle sue ciocche brune e imponendogli con la forza di bloccarsi. Una chiara e precisa dichiarazione di resa da parte mia con cui gli chiesi di darmi quella soddisfazione.
E così fu.
Si nutrì di me senza più fermarsi, stavolta, banchettando del mio piacere come io avevo fatto con lui prima. Scivolava con la lingua, assaggiava il fascio di nervi che suonava con essa, di tanto in tanto ridiscendeva per abbeverarsi anche dall'apertura che sperava di incontrarlo, proseguiva in quell'ambivalenza di baci e risucchi senza più fermarsi, così da farmi contorcere e gemere sul tavolino, coi fianchi che gli andavano incontro ad ogni percossa di lingua.
Non si fermò mai, perseguì la strada appena intrapresa senza esitare, e più mi baciava in quel punto, più lo trasformava in un lago d'eccitazione, abbastanza morbido e delicato da permettere l'accesso alle sue dita. Inarcai la schiena nel percepirle fare il loro ingresso, ritrarsi e infilarsi di nuovo, per poi scuotersi tra le pareti strette delle mie carni interne, quasi a volerle allargare e prendere in giro, mentre da fuori, poco più in alto, continuava a cibarsi dell'altro punto con cui farmi impazzire.
Strinsi con più forza i suoi capelli tra le dita, tirandoli appena, avvertendo il calore ben noto del piacere che stava arrivando e già era intento a contrarre i primi muscoli e nervi, quelli che Ruben era preso a infuocare. Lui lo comprese subito, gli bastò ascoltare il modo in cui a stento riuscii a pronunciare il suo nome, e allora accelerò ritmo di baci, risucchi, percussioni di lingua e dita; mi risollevai col busto, reggendomi con le mani sul ripiano, i piedi sul bordo del tavolo per darmi la spinta necessaria per andare incontro alla sua bocca col bacino.
I miei respiri s'infrangevano sempre di più, spezzati dall'euforia che accresceva e s'intensificava man mano, la carica dell'onda era già pronta a travolgermi e io cercai di anticiparne l'arrivo spingendomi con forza contro le sue dita e la sua bocca.
Lui sollevò gli occhi così da incrociare i miei, proprio come avevo fatto io prima ai suoi piedi, e quel semplice gesto bastò per squassarmi; gemetti con forza, un respiro acuto a rovinarmi l'aria in gola, col piacere estremo che mi inabissava. Accompagnò ogni tremito e anche il più piccolo brivido, fino a quando l'ultima goccia di lussuria non cadde e così la mia schiena, di nuovo a scontrarsi contro il tavolino.
Avevo il fiato corto, preda ancora dell'appagamento appena vissuto, il soffitto sopra di me, bianco, mi sembrò d'un tratto incredibilmente lontano. Riabbassai lo sguardo, Ruben era nudo, aveva già indosso la protezione e mi stava allargando ancora le gambe con un gesto talmente brusco che entrambe le scarpe mi caddero a terra. I tonfi del loro scontro col pavimento non bastarono a soffocare il verso che mi esplose dalle labbra, quando lui mi scivolò dentro in un istante, colmandomi del tutto.
Mi afferrò per la vita, una stretta salda e dura, ustionante sulla pelle già bollente, per aiutare il mio corpo ad andare incontro al suo mentre iniziava a muoversi, a ritrarre l'eccitazione col solo scopo di farla immergere più a fondo nella mia l'attimo dopo. Era straordinario come sempre, e non per la lussuria carnale soltanto, ma perché nei suoi occhi vedevo anche quell'amore che da adesso ci suggellava, quello che mi faceva sentire bellissima e meravigliosa anche così.
Fu brusco e ferino come al suo solito, la firma con cui conduceva quegli attimi che solo in alcune occasioni lasciava scomparire per cedere al romanticismo, ma in un simile momento non avevo bisogno di quest'ultimo. Era proprio per quella sua istintività che l'avevo notato e da sempre voluto, e per questo mai l'avrei rinnegata o disprezzata.
Affannata, mi aggrappai di nuovo con i piedi al bordo del tavolo per spingere il mio bacino contro il suo, col solo scopo di approfondire il ritmo e la potenza dei nostri incontri. Lui ne aumentò a sua volta la frequenza, ritirandosi per poi annegare di nuovo nella mia intimità, andando a intensificare la frenesia dei miei ansimi e dei suoi respiri famelici, l'umore vorace con cui le mie carni lo accoglievano, ammorbidendosi e facendosi sempre più soffici per poter trasformare di unione in unione le sue invasioni in fuochi d'artificio.
Lo chiamai singhiozzante, un nome a malapena udibile tra i versi che uscivano dalle bocche di entrambi, quasi mi vergognai del modo in cui mi sentii subito precipitare ancora una volta nell'abisso del piacere, col fuoco che lui appiccava ogni volta che mi scivolava dentro, ma non lo feci, non quando incrociai i suoi occhi, non quando scorsi in essi la felicità che io fossi sua e lui fosse mio, confermata anche da ciò.
Allora passai a un altro punto già prestabilito della fase due del piano, finora pensato soltanto nelle precedenti occasioni in cui l'avevamo fatto, ma che prima non avevo mai avuto il coraggio di realizzare a causa dell'imbarazzo.
Feci scivolare la mia mano in basso, tra le mie cosce, proprio sul luogo che in parte lui stava già fomentando immergendosi in me in quel modo, sul fascio di nervi sopra il nostro incastro. Lo vidi sgranare di poco gli occhi, quando osservò con brama primitiva ogni mio singolo gesto, e nell'attimo in cui le mie dita iniziarono a strofinarsi decise su quel punto un'altra imprecazione forte partì dalle sue labbra e così l'ennesimo gemito dalle mie.
Mi serrò con violenza la vita, brutalizzò le sue spinte e i nostri scontri, e adesso nell'abisso non precipitavo soltanto, sprofondavo proprio, eppure riuscii a mantenere abbastanza lucidità per proseguire nel mio intento di farlo delirare. Ritmai i suoi affondi con le dita ad eccitare tanto me quanto lui, le carni che stava indagando con la sua intimità tornarono a contrarsi afflitte da quei continui stimoli, miei e suoi, e per far dilagare quel processo di resa totale Ruben si sporse con le mani su di me, strinse di nuovo i seni nei palmi, usandoli come appiglio per imbestialire ancor più le sue incursioni.
Ero ormai sul punto di affogare una seconda volta, parole e incitazioni continue mi esplodevano dalla bocca, corrotte dal desiderio che mi donava con quelle aggressioni, la stretta serrata sui miei seni e la provocazione delle mie stesse dita tre le cosce.
E così lui si chinò col busto, imprigionandomi tra il tavolo e il suo petto, mi baciò affamato, la lingua a saggiare la mia con precise e calcolate mosse; iniziò ad entrarmi dentro con affondi sempre più carnali e decisi, tali da farmi scivolare all'indietro sul ripiano ogni volta che ne ricevevo uno, e quando si risollevò col capo e il suo sguardo calamitò sul mio, nel vederlo così preda del desiderio, persi anche l'ultimo briciolo di senno rimastomi.
Fui travolta dalle contrazioni che mi indussero a staccare la mano e ad aggrapparmi con essa e la compagna alla sua schiena, avvolgendogli il bacino con le gambe che tremavano a causa degli spasmi. Raggiunsi il piacere proprio sotto ai suoi occhi, con lui che osservava ogni minima espressione del mio viso mutare sotto il getto continuo dell'orgasmo e ne ritmava prima l'ascesa e dopo il declino tra le spinte, per poi fermarsi solo per concedermi un attimo di riposo.
Ero senza fiato, le mie unghie gli scavavano la pelle della schiena, le varie cicatrici che la martoriavano, mi sollevai col capo per baciarlo, a godere della sensazione di avere una parte di lui dentro di me, già pronta a sfidarmi di nuovo, e così, una volta staccatami dalle sue labbra, mi ritrovai a chiedergli quasi in preghiera: «Ancora.»
L'ennesima bestemmia da parte sua e l'urletto stridulo da parte mia, nell'istante in cui ascoltò quelle parole e decise di risollevarmi del tutto dal tavolo, stringendomi a sé senza permettermi di toccare il pavimento coi piedi. Ci ritrovammo sul letto lì vicino, lui sdraiato di schiena e io seduta sopra lui, e quasi avrei voluto ridere al ricordo di come quella posizione mi aveva imbarazzata, tempo addietro, e che adesso, invece, mi eccitava come non mai, al punto che, non appena ne ebbi l'occasione, subito mi sollevai per accoglierlo di nuovo in me, coi versi e i respiri spezzati di entrambi.
Non esitai più come allora, non una goccia di incertezza mi era rimasta da quel giorno, mi mossi decisa per indurre in tentazione tanto lui quanto me, con le sue mani a reggermi il sedere e ad aiutarmi in quei movimenti scattanti dei miei fianchi, solo per lasciarlo uscire e rientrare ancora e ancora, rigenerare il moto di voluttà che già mi aveva rovinata, stavolta però per far sì che anche lui ne cadesse vittima.
Il sudore ammantava le nostre pelli, ma nessuno dei due ci fece caso, smarriti com'eravamo in quel flutto; era faticoso muoversi così veloce, dover contare sulle gambe e le cosce per reggermi e aumentare il ritmo dei nostri incontri. Mi aggrappai al suo petto per usarlo come appoggio con cui diminuire almeno di poco quello sforzo, con i miei occhi ormai incatenati ai suoi e i suoi ai miei, sempre pronti a catturare per il proprio tornaconto le sfumature di piacere che ci scalfivano i visi.
Ruben parve comprendere le mie difficoltà nel riuscire a canalizzare i nostri desideri a causa della mia scarsa prestanza fisica. Con le mani ancora sul mio fondoschiena, piegò le gambe fino a inclinare in alto il proprio bacino e iniziò a spingersi a sua volta in me quando io mi abbassavo per riaccoglierlo, brusco, feroce, con così tanta impulsività da lasciarmi a bocca aperta.
Mi chinai di poco col busto su di lui, reggendomi ancora al suo petto, andando incontro alle sue spinte così da farlo scivolare sempre più a fondo. Nuovi versi e gemiti, parole proibite, mi sgusciarono dalle labbra, e la presa delle sue mani sul mio sedere si fece aggressiva, tale da darmi la forza per raggiungere lo stesso ritmo delle sue penetrazioni efferate.
Era talmente straordinario che non sapevo nemmeno definirlo a parole o pensare in maniera lucida, l'immaginazione e la fantasia scomparivano sostituite dalla realtà di quello che stavamo producendo con i nostri corpi: le mie carni interne che venivano sconfinate dalla sua eccitazione, blandite da essa e blandendola a loro volta per riavvolgere il tempo e dar vita alla lussuria più sincera.
Non si fermava un istante, non mi fermavo un istante, continuava ad entrare con brutalità ed io ad accettarlo con altrettanto istinto. Sobbalzavo sopra di lui, sospinta sia dai suoi affondi che dalle mie gambe piegate, e non trovavo pace a quel circolo di dissennatezza che al contrario tramutava sempre più in una contorsione di follia e bisogni primitivi, incarnata nei nostri ripetuti incastri.
Inarcai la schiena, disposta a qualsiasi cosa per ottenere il massimo risultato dagli scontri, la bocca mi si apriva da sola per lasciar zampillare fuori ansimi e versi famelici, sempre più frequenti man mano che il piacere tornava ad accumularsi e inumidirmi l'intimità che lui pompava.
«Dio, Callisto» disse, la voce roca. La mano destra abbandonò il fondoschiena e andò a cullare il mio viso, la guancia, strofinare il pollice sulle mie labbra schiuse. «Sei bellissima.»
Furono le sole parole che avrebbero mai potuto rendermi così felice e le sole che bastarono per condurmi di nuovo alla strada inarrestabile dell'apice. Un gemito aguzzo partì dai polmoni e macchiò l'aria rovente che avevamo creato coi nostri respiri e il calore dei corpi, mi scoprii a supplicarlo nel delirio del piacere che m'inquinava: «Di nuovo. Dillo di nuovo.»
E lui lo fece. «Sei bellissima.» Mi cinse per la vita con le braccia, facendomi cadere col petto a scontrarsi col suo, intrappolandomi a sé. La presa violenta con cui mi incatenò sdraiata sopra di lui fu niente in confronto all'impetuosità delle sue aggressioni, ne accrebbe la brutalità per sostenermi nel raggiungere la vetta massima della lussuria. Mi afferrò il capo, costringendomi a guardarlo, a mostrargli il mio volto deturpato dal piacere assoluto che mi stava attaccando ogni cellula. «Sei bellissima, cazzo.»
Fu l'ultimo requisito necessario per farmi impazzire. Scariche ripetute di fuoco e brama mi esplosero dagli anfratti che stava invadendo di affondo in affondo, li inondò con una carnalità così primitiva da dilagare bagnata fuori da essi come le mie grida dalle labbra aperte.
Mi baciò ancora, a fondo, seducendo la mia lingua per poter divorare i versi nati dagli spasmi, serrò di nuovo il mio sedere con le mani, incidendone la carne con la presa violenta delle dita, e tornò ad aiutarmi ad accogliere la sua frenesia immorale. Si immergeva in me a frequenza sadica e spietata, scivolando con strazio meraviglioso nella mia eccitazione che si contraeva e ustionava in preda alle deflagrazioni. Mi parve di sciogliermi addosso a lui e poi riassemblarmi in materia solida sotto i getti continui di quella passione, ascendendo alla follia di amore e piacere fino a raggiungerne il vertice assoluto.
La brama totale si impossessò delle mie carni da lui invase e dell'aria che respiravo, urlai il suo nome contro le sue labbra, trafitta dall'ultimo spasmo che comandò all'intimità di serrarsi con violenza alla sua per non lasciarsi sfuggire un solo brivido, arcuandomi con la schiena fino a fondere il mio cuore nel suo, e dopo qualche altra spinta anche lui si fermò, il più a fondo possibile, cedendo a propria volta.
Continuammo a baciarci così, in attesa che anche il tremito più infinitesimale scomparisse e i nostri respiri tornassero a farsi normali. Ero stretta a lui, avvolta dalle sue braccia che avevano ripreso a cingermi la vita e mi schiacciavano al suo petto. Quando risollevai il capo per guardarlo, mi ritrovai a gongolare felice persino nell'affanno.
«Quindi sono bellissima?»
Aggrottò le sopracciglia, mi spostò la frangetta dalla fronte con le dita.
Sorrise anche lui.
«Una bellissima idiota.»
Nota autrice
Sì, l'ho fatto.
Ho di nuovo usato la parola proibita:
ORGASMO.
Non sapevo che altra parola ficcarci, giuro.
Se osate prendermi in giro per questo, provoco un terremoto che ammazza tutti al prossimo capitolo.
Strano ma vero, ma come Callisto anche io mi sto imbarazzando sempre di meno a pubblicare queste scene hot.
NONOSTANTE la prima parte di questo capitolo c'abbia letteralmente un pompino, che per me è ancora più imbarazzante e difficile da scrivere degli altri preliminari e del sesso.
Perché non appena devo descriverne uno, LA PRIMA FRASE IN ASSOLUTO che mi sorge in mente è:
Glielo puppai come un Calippo.
Umiliante.
Però penso de essermela cavata in qualche modo, stavolta, e gli istinti suicidi sono drasticamente diminuiti, con mio grande stupore.
Non so spiegarmi che me sta a succede, sarà la TROKAH dei libri trash.
COMUNQUE
A cosa è servita sta scena di sesso se non a far "godere" anche noi lettori? Era davvero necessaria?
Sì.
Perché come vi dissi in passato, Ruben comunica col sesso, a causa dell'ambiente in cui è vissuto.
E così anche Callisto, in realtà, che sin dalla loro prima volta si è adeguata a questa particolarità di lui per riuscire ad approfondire il loro rapporto.
Ma adesso è MOLTO diverso da come era agli inizi.
La prima volta che lo fanno è Ruben ad avere il totale controllo, lui che comanda in assoluto - anche per volontà di Callisto, sia chiaro - sia perché ovviamente ha molta esperienza, al contrario di lei che non ne aveva affatto, sia perché, per l'appunto, è quello il suo modo di comunicare.
Di fatto, sempre alla loro prima volta, è lui che dice le parole: "Di nuovo, dillo di nuovo." Perché sa cosa gli piace, sa cosa vuole e sa come ottenerlo.
Callisto al contrario sapeva solo in parte spiegargli i suoi bisogni, si lasciava si può dire "insegnare" da lui, ma rimaneva comunque terribilmente imbarazzata da ciò, come è anche giusto che sia, dato che quelle erano le sue prime esperienze.
Adesso, invece, non solo non si vergogna più, ma anzi ha la prontezza di essere lei a provocare Ruben, volergli subito dare piacere - coff coff pompino coff coff - e dirgli chiaramente quello che vuole e come lo vuole -> è stata lei stavolta a dirgli "Di nuovo. Dillo di nuovo".
Sì, non è un caso. L'ho fatto apposta perché si capisca come si è evoluto il loro rapporto dalla loro prima notte a Nicewood.
Nelle precedenti sedute di sexus, Callisto man mano acquistava un po' più di fiducia, ma rimaneva comunque frenata dall'imbarazzo, come si vede anche dal capitolo Un fiore senza colore dove è Ruben a spronarla/provocarla perché faccia cadere anche le sue vergogne all'idea di stare sopra mentre lo fanno.
Con questo, invece, lei non ha più una goccia di vergogna: si lascia comandare sì, ma allo stesso modo comanda, lo provoca per dare piacere tanto a lui quanto a lei.
Il loro rapporto prima, a livello sessuale, aveva un dislivello notevole, adesso si può dire che ha raggiunto un equilibrio stabile.
E questo è dovuto a moltissimi fattori:
- La dichiarazione di Ruben nel capitolo Condanna
- il fatto che ora ufficialmente sono una coppia
- l'autostima di Callisto che sta crescendo di capitolo in capitolo
- il sostegno di tutti gli altri personaggi, non solo di Ruben, che l'hanno aiutata ad affrontare tutti i pericoli
- Jesse, ovviamente
Anche Ruben sta cambiando, specie dal capitolo in cui ha confessato i suoi sentimenti, dove l'ha letteralmente e non sbattuta alla porta. Se prima "esitava" con Callisto nel mostrarsi del tutto, ora non lo fa più.
Quando le dice "Sei bellissima" non lo fa, mi sembra ormai evidente, solo perché lei sta EHM venendo e quindi lui è super mega iper eccitato a vederla.
Come le ha detto al cap. precedente, per lui Callisto non ha bisogno di vestiti/gioielli/trucchi per essere bella ai suoi occhi.
Per lui Callisto è bellissima proprio perché è Callisto e proprio perché è al suo fianco, a legarsi in quel modo - sia sessuale che emotivo - a lui.
Una bellissima idiota.
Che ormai sappiamo che, da bravo bad boy tsunderino, è il complimento più grande che lui possa mai farle.
Ormai i due sono finalmente legati tra loro in un rapporto stabile e di equilibrio, tale da potersi sentire liberi di dire quello che vogliono/pensano e desiderano.
Dimostrato anche dal fatto che Ruben, di tanto in tanto, quando lo fanno, rinuncia all'istintività per fare avanzare il romanticismo, come accade nel capitolo Presentimento.
Un altro modo per dimostrare quanto sta cambiando. Ciò, come ho detto, non significa che perderà del tutto il vecchio sé stesso, continuerà a fare sexus anche nell'altro modo, ma insieme a Callisto sta modificando quella parte di sé per "ammorbidirla", se così vogliamo dire, per accogliere il nuovo sé stesso e unirlo al suo passato.
Bene, detto questo:
Preparate i fazzoletti.
I prossimi due capitoli sono MOLTO CORTI, ma non pensate che solo perché corti allora non faranno soffrire.
Tanto sono corti quanto indurranno le vostre lacrime ad uscire.
Perché indovinate chi tornerà?
Esatto, IL NOSTRO EROEH.
Jesse.
Pubblicherò questi due capitoli insieme, questo pomeriggio - già scritti agli inizi della storia - non tanto perché voglio liberarmi subito di loro e concludere il libro il prima possibile, ma perché sono visceralmente legati tra di loro.
E penso possiate già immaginare su CHE COSA SI BASANO, dato che è un elemento che è stato citato migliaia di volte.
Gli effetti personali di Jesse.
Ripeto: tirate fuori i fazzoletti, perché il nostro bel bambinone pervertito sta per tornare.
Siete pronti?
Per incontrare un'altra volta il nostro amato Jesse?
Nel dubbio: fate un abbonamento alla Jempo.
A presto 😎💅🏻
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top