3




Svegliati, svegliati Clarissa.

Gli occhi rimangono chiusi e solo l'udito, se pur al minimo delle proprie possibilità, è collegato al mondo esterno.

Rumori indistinti, passi, uomini di corsa.

Svegliati Clarissa, coraggio.

Percepisce l'eco di spari in lontananza, qualche grido, un ordine impartito e una risposta obbediente.

La polvere nel naso si infiltra sino al cervello, mescolata al sangue rappreso e un moto di nausea e disgusto la fa tornare al mondo assieme al suo udito.

Un uomo è chino su di lei, vorrebbe divincolarsi, ma non ci riesce.

«Ammazziamola!», dice proprio così, ammazziamola, ma c'è qualcun altro lì vicino, e interviene, «no, potrebbe esserci utile»

«non dirai sul serio? Lo sai chi è, vero?»

«noi non uccidiamo le persone a sangue freddo», ribadisce l'uomo in piedi,

«lei non è una persona, è un mostro!», contrattacca quello chino su Clarissa, con un ginocchio le tiene ferme le gambe. Non ce ne sarebbe bisogno,

«i mostri sono gli uomini che uccidono i loro simili per interesse o per pura e semplice crudeltà, i mostri sono quelli contro cui ci siamo ribellati e sono anche quelli che vogliono sterminarci, ma noi non uccidiamo le donne inermi e chi non può difendersi, noi non siamo mostri. Vero?», l'uomo a terra non risponde, si alza e l'altro gli mette una mano sulla spalla ammorbidendo il proprio tono di voce, «non dobbiamo diventare come loro. Non sappiamo niente di lei se non voci o storie. Tutti si meritano un'occasione. Coraggio portiamola al riparo, qui non è ancora finita.».

I due portano il corpo inerme e semicosciente di Clarissa dentro una specie di carro corazzato, mentre la sabbia e la polvere vorticano tutto intorno, sollevate e stuzzicate dalle potenti pale di vecchi elicotteri che rombano come leoni volanti.

Quello che sembra avere più autorità dice all'altro di chiamarlo nel caso lei si svegliasse, «tienila d'occhio, ricorda, in ogni caso potrebbe tornarci utile»,

«già, o ammazzarci tutti, comunque io sarei il primo, Ics».

Ics esce.

Clarissa è distesa sul freddo metallo di un anonimo mezzo militare immerso nel pieno di una battaglia o di qualunque cosa possa essere. L'uomo che è rimasto con lei vorrebbe non essere lì, gli scoccia rimanere fermo con le mani in mano invece di brandire un'arma qualsiasi e rendere fiero se stesso in battaglia.

Si chiama Ector e se fosse stato per lui Clarissa sarebbe già morta non troppo tempo fa. Ector cerca di darsi pace e inizia a fissare Clarissa, l'osserva.

E' bellissima, fredda e calda allo stesso tempo, dai lineamenti perfetti e taglienti come coltelli. Il suo corpo sembra modellato nell'argilla, sinuoso, sensuale e scattante, tonico. Osservandola ne è attratto, ma Clarissa è come un vaso che contiene gioia a paura e che si può desiderare di aprire e temere che ciò accada.

Forse non si sveglierà più, pensa Ector, forse si sveglierà e non le andrà giù di trovarsi lì dentro con uno sconosciuto.

Ector si avvicina, si avvicina moltissimo al volto di Clarissa, inspira e nonostante la sporcizia, il sangue e l'odore di guerra, sente, percepisce il suo profumo.

Un sorrisino malizioso si affaccia sul volto del soldato.

Si avvicina sempre di più e con le labbra sfiora quella della ragazza.

La bacia ancora, ma osando di più, premendo le proprie labbra contro le sue, poi si stacca e con la mano sporca di polvere da sparo le sfiora il viso, delicatamente, per poi farla scivolare lungo il collo e indugiare sul petto, proprio in mezzo, dove può sentire il duro sterno muoversi appena. Respira.

Ector deglutisce e a stento riesce a frenare la propria eccitazione. La sua mano si alza di poco e si sposta sul seno destro, lo sfiora, poi lo preme per poterne tastare la forma, la morbidezza. Non c'è nessuno. Lei non si sveglia.

Si avvicina ancora al viso di Clarissa e la bacia, con le sue labbra viscide e bavose, mentre cerca di aprirle il vestito. Ormai ha perso totalmente il controllo.

Svegliati Clarissa, la guerra, le armi e la morte non sono gli unici nemici.

Svegliati.

Si apre il portellone e la luce inonda tutto. Ector si ferma ed è costretto a socchiudere gli occhi, e a stento si rende conto di quello che sta accedendo.

Ics è tornato, ha afferrato l'uomo e lo sta letteralmente scaraventando fuori dal mezzo militare. Ector rovina a terra ferendosi al volto. Subito accorrono degli altri soldati, mentre lui si rialza e inveisce contro Ics, «non siamo diversi dagli altri, non lo siamo! Non facciamo che combattere e nasconderci e per cosa? Maledetto il giorno in cui abbiamo deciso di seguirti!»

«ti sbagli, tu non sei diverso dagli altri. Noi non violentiamo, noi non uccidiamo a sangue freddo! Silenzio!», urla Ics come se dovesse sentirlo il mondo intero, urla con rabbia, con forza e per un attimo tutti si fermano e pendono dalle sue labbra, «portatelo via, mi occuperò dopo di lui», ma mentre parla si accorge che gli uomini che ha di fronte non stanno più guardando lui, ma oltre. Isc si gira e vede Clarissa seduta sul bordo del blindato che li sta fissando. Lei scende barcollando, ma subito si impone un contegno fiero, mette un passo zoppicante dietro l'altro e lo sguardo fisso su Ector. Quando è di fronte a Ics non cede di un millimetro e per passare oltre gli rifila una spallata e lo costringe a spostarsi. Arriva di fronte a quell'uomo che avrebbe voluto farle del male, lui prova a dire qualcosa ma senza pensarci due volte lei gli sferra un pugno in faccia che lo fa schiantare a terra privo di coscienza.

Subito dopo le cedono le gambe ed è costretta a inginocchiarsi. Ics le si avvicina, non la tocca, non ci prova neanche, ha capito che quella ragazza ha una dignità e una fierezza tutte sue.

«Sei ferita, fatti solo medicare, dopo andrai dove vuoi», lei lo guarda, ma è difficile capire cosa stia pensando.

«se vuoi morire qui, libera di farlo, ma io ho un lavoro da portare a termine, non ho tutto il giorno»,

«Ics!», arriva trafelata una ragazza, col fardello di un messaggio pesante sostenuto dal fiato corto. Deve prendere un respiro profondo prima di comunicare che è giunto il momento.

Clarissa capisce che si tratta di un momento tattico, ma ancora non le è chiara la situazione, ancora non ha capito se deve considerarsi prigioniera o fortunata, ancora non ha capito che tipo di esplosione possa avere il potere di sprofondarla nella paura e sbriciolare le sua forza. Non le è mai capitato. Sino ad ora.

Ics fa segno ai suoi uomini e lancia un'occhiata a Clarissa, poi si rivolge alla ragazza, «sta con lei, se vuole andarsene lasciala andare».

La ragazza rimane, Ics le ha dato un ordine e lei obbedisce, ma si capisce lontano un miglio che non vorrebbe eseguirlo.

«Dobbiamo andarcene di qui, non è più sicuro», ma Clarissa non si muove, con lo sguardo cerca di scavalcare l'orizzonte per poter carpire qualche informazione in più. Sa benissimo di essere finita in mano ai ribelli, ma questo non le importa più di tanto.

«Vuoi andartene?», le chiede a bruciapelo Makia, latore ufficiale e formidabile interprete di tracce, dalla corporatura minuta ed esile e la folta chioma rossa come il fuoco. Il suo viso costellato di efelidi è ancora rosso mescolate come minuscole boe nel maroso.

«Per adesso voglio solo sedermi da qualche parte» dice Clarissa,

«ci potremmo anche sedere per terra, qui, ma io consiglierei di farlo un po' più in là. Seguimi»

Clarissa la segue, mettere in fila i passi, al pari dei pensieri, è ancora difficile e faticoso.

Cosa mi sta succedendo?

Cosa ti sta succedendo Clarissa?

Mentre segue Makia cerca disorientata, come il giovane Teseo a trovar la retta via nel labirinto di Cnosso, ma senza trovare il capo di nessun filo, di capire che tipo di esplosione possa aver minato in maniera così prepotente la sua forza.

Sono state quelle esplosioni, di sicuro. Da esse è scaturita una forza che subdolamente si è conficcata nei recessi della sua anima scuotendola come un panno polveroso.

Ogni passo però la purifica e la fa sentir meglio, non come prima certamente, ma meglio.

In lontananza si ode la quiete, un silenzio inquietante che altro non è se non un presagio di guerra, sangue e nuovi lutti.

La tua missione è conclusa Clarissa, la tua missione è conclusa.

Jacob giace con il cuore spento sulla terra tiepida e brulla, e la schiena ricoperta di sabbia indifferente.

La tua missione è conclusa Clarissa, sei libera.

Sono in una tenda da campo, proprio come prima della battaglia,

«siete tutti uguali», si lascia scappare, Makia non sembra esser disposta a lasciar correre, «come scusa? Saremmo uguali a chi?», Clarissa la guarda senza aprir bocca, la guarda e basta, ma la ragazza dai capelli rossi non molla la presa, «anche voi lo siete, siete dei mostri, tu sei un mostro, o pensi di esser diversa? Scommetto che ritieni la tua vita più importante di tutte le altre, sai cosa ti dico? E' la stessa cosa che pensano tutti, quindi tutti sono uguali...»

«tutti sono dei mostri» commenta Clarissa sapendo di aizzare ancor di più Makia,

«non è quello che volevo dire! E se fosse così tu saresti come tutti gli altri in ogni caso, ne più ne meno, e di certo la tua stupida vita varrebbe come quella di un qualsiasi idiota che se la fa sotto appena sente uno sparo o un urlo. Ma tu non ti senti come tutti, vero? Non ti ritieni un mostro?»

Clarissa vorrebbe risponderle a tono, le piace stuzzicarla, ma qualcosa la distrae, un suono. Ormai i suoi sensi funzionano normalmente e il suo udito ha captato qualcosa che sicuramente Makia non potrebbe sentire. Le fa segno di tacere, il gesto è autoritario e non lascia spazio a repliche o indecisioni. Makia tace.

Clarissa le si avvicina, «mi serve un'arma!», Makia vorrebbe risponderle «sì, certo», vorrebbe accontentarla, ma la voce attutita della sua coscienza fa sentire il proprio eco, non obbedirle, non darle l'arma, nessun tipo di arma. Trema Makia, resiste e alla fine dice di no.

Clarissa la guarda stupita, contrariata e allo stesso tempo sorpresa, ma non c'è tempo. Il suo udito non sbaglia mai. Afferra la prima cosa che i suoi occhi vedono, una penna che se ne sta isolata sopra un foglio macchiato con delle x, tante frecce e una sorta di piano d'attacco che sta trovando il suo destino da qualche parte, lì vicino.

Una penna non basta. Le sedie hanno le gambe svitabili, ne gira una e smonta una gamba. Leggera e robusta. Meglio di una penna. Ne smonta un'altra e dà la penna in mano a Marika che stenta a capire.

Irrompono grida e rumori di passi pesanti, echeggiano spari e il frastuono di una granata, per pochi secondi le pareti morbide e tese della tenda da campo oscillano.

Clarissa esce e Makia non fa nulla per impedirglielo, ormai ha capito che il campo è stato invaso, attaccato. Qualcosa sicuramente è andato storto.

Esce anche lei, pronta ad affrontare il proprio destino, bizzarramente con una penna in mano e il vuoto in testa.

Infuria la battaglia, probabilmente il nemico ha scoperto il campo base, o forse ne conosceva già l'esistenza e attendeva solamente il momento opportuno.

Non sono gli uomini del generale. Non sono uomini.

Clarissa si muove con un'agilità e una velocità sorprendenti, l'esplosione verde è un ricordo ormai lontano. Le sue braccia scattano precise, le gambe sono agili e salde come la roccia allo stesso tempo, tutto il suo corpo è armonioso, perfetto, bellissimo e implacabile. Le sue mani fanno roteare le sue armi improvvisate. Colpiscono, spaccano, uccidono.

Clarissa è il guerriero perfetto, imbattibile, elegante, maestosa, inquietante.

I suoi lineamenti si sono fatti più taglienti e i suoi occhi sono lame d'acciaio che brillano e fendono l'aria. Tutto intorno a lei si muove a una velocità differente, lentamente. Makia la guarda estasiata e terrorizzata. Intanto è il caos.

Non sono uomini. I loro occhi sono rossi come rubini e i denti affilati come sciabole, sono forti e neri come una notte senza stelle e senza luna. Non usano armi, non ne sono capaci oppure non ne sentono il bisogno, ma uccidono a mani nude o con morsi letali. Una pallottola non li ferma, una pallottola no. Ne servono parecchie, ma nella concitazione di una battaglia, di un corpo a corpo, non è facile centrare il bersaglio due, tre, quattro volte. Per Clarissa è diverso, la sua forza è molto maggiore, la sua precisione è chirurgica.

Makia si rende conto di essere indifesa, se non è ancora stata attaccata è solo per il fatto di essere vicina a Clarissa. Dovrebbe cercare di aiutare gli altri, ma più forte di ogni cosa è la paura, la paura di morire. Deve vincerla, la morte è il nemico imbattibile. Makia non è un guerriero, lei è un medico, uno scienziato, il suo posto non è quello in cui si trova adesso. La vista le si oscura e il fiato fetido di uno di quegli esseri la ammorba e le fa gelare la pelle, lei cerca di ribellarsi, ma le mani nere e robuste la stringono come fosse un grissino sul punto di frantumarsi. Una punta affilata preme sul suo collo e presto i denti di quella cosa ripugnante penetreranno in profondità e da quei fori uscirà la sua vita. E' la fine.

Ma i denti non affondano e le mani mollano la presa, e lei girandosi vede quel mostro cadere all'indietro con quella che sembra la gamba di una seggiola conficcata in fronte. Makia si gira e Clarissa ha ancora il braccio teso dopo il lancio. Le due si guardano per un istante che pare eterno. Due, tre mostri sono dietro Makia, uno le si avventa addosso, un altro lo aiuta a trascinarla via, mentre il terzo si para davanti, tra loro e Clarissa, mentre le urla della ragazza dai capelli rossi si allontanano.

Cosa ti importa Clarissa? Cosa ti importa di quella stupida ragazza?

Quante altre persone sono morte, perché dovrebbe importarti qualcosa di lei?

Ma Clarissa non è mai stata meditativa e l'istinto e la passione decidono sovrane.

Scatta velocissima, tanto che il mostro nero che ha di fronte non si accorge nemmeno che lei ha iniziato a muoversi, e lei lo calpesta come fosse di cera. Segue le tracce lasciate da Makia. Clarissa riesce a percepire l'odore di una persona e ogni piccolo segno lasciato dal suo passaggio, dalla forma delle impronte, da un capello strappato, da microscopiche gocce di sangue. Clarissa è una cacciatrice, è la cacciatrice perfetta. Ha raggiunto Makia, che è ancora viva, ma ben presto i suoi rapitori non lo saranno più.

Salvala Clarissa, salvala.

Ics è di ritorno e con lui le sue truppe, e grazie al lavoro fatto prima da Clarissa, il campo viene liberato dagli esseri neri apparsi dal nulla. Clarissa si avvicina a Makia che giace a terra, non è ferita se si esclude qualche graffio, da terra la guarda, spera che la guerriera indomabile le porga la mano per rialzarsi, ma non lo fa. La guarda e basta, ma in fondo le ha salvato la vita, cosa può pretendere di più?

Makia la guarda, le due si capiscono, una vorrebbe chiedere «come stai?», ma non lo fa, l'altra vorrebbe rispondere «bene, grazie, mi hai salvato la vita», ma non le escono le parole di bocca, le esce solo «mi chiamo Makia».

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