Capitolo 5

Sud dell'Illinois

<questa casa è fantastica> esclamo buttandomi sul divano.
<abbiamo avuto un gran culo> afferma Warren.
<altro che culo! Corrente, acqua pulita e recinzione elettrizzata! Possiamo rimanere qualche giorno senza problemi> Garnett si avvicina a Warren sorridendole, quanto sono carini insieme!
È mattina tardi e tutto ciò che vorrei è una doccia e poi dormire e se devo chiedere tanto anche dei vestiti puliti, questi puzzano di morti.
Entra Doc esultante con un asciugamano in testa.
<funziona anche la doccia, non c'è acqua calda ma è comunque meglio di niente!>
Forse c'è ancora un Dio che mi ascolta!
Mi prenoto dopo Addy e mentre aspetto che finisca rovisto un po' in giro.
In una camera al piano di sopra trovo dei vestiti della mia taglia, stranamente.
Jeans stretti a vita alta blu, maglia nera e un maglione grigio scuro di almeno due taglie troppo grande però comunque comodo.
Addy esce dal bagno con ancora l'asciugamano addosso e va a cercare dei vestiti puliti per lei.
Entro nel bagno e chiudo la porta a chiave, è abbastanza grande essendo l'unico in tutta la casa.
Mi libero dei vestiti sporchi, lasciando fuori quelli puliti e la cintura con la pistola, per sicurezza metto un coltello a bordo vasca ed entro nella doccia, l'acqua non è nemmeno troppo fredda.
Trovo dei flaconi di shampoo e cose del genere, ne prendo uno a caso e mi insapono il corpo il più velocemente possibile, altre 7 persone devono lavarsi e non credo l'acqua sia infinita.
Per lavarmi i capelli ci metto di più, sono lunghi e intricati per non parlare del sudiciume che ho addosso. Probabilmente ho più sangue addosso e sui vestiti di quanto ne abbia dentro di me.
Appena l'acqua che scende verso lo scarico è limpida e non più nera chiudo la doccia, afferro un asciugamano a caso e mi metto velocemente la biancheria.
A fianco alla doccia c'è uno specchio enorme, osservo il mio riflesso e quasi non mi riconosco.
Durante l'Estate Nera ho perso molti chili, ora sono davvero troppo magra. Il viso non è cambiato in niente, i capelli sono più lunghi e l'altezza è sempre la stessa.
Ho ancora dei piccoli lividi all'altezza delle costole e dei fianchi accompagnati da qualche cicatrice che ormai sono abituata a vedere.
Infilo i pantaloni poi la maglia e le scarpe, il maglione lo lascio da parte, lo tengo solo per sostituire la felpa ormai troppo piccola per me.
Tampono i capelli con l'asciugamano umido e li sistemo alla bell'e meglio lasciandoli sciolti sulle spalle sperando che si asciughino in fretta.
Afferro la cintura, il maglione e il coltello lasciato nella doccia ed esco chiudendo la porta alle mie spalle.
Sono circa le due del pomeriggio e c'è già chi dorme...Murphy e Doc, ovviamente.
Mentre scendo le scale riallaccio la cintura e incrocio Diecimila che va verso il bagno, mi sorride e ricambio un po' impacciata.
Vado in salotto dove gli altri si stanno preparando per uscire.
<noi andiamo in perlustrazione, Mack rimane qui fuori a controllare la casa. Grace ti affido Murphy, faccelo trovare vivo> Garnett indica l'uomo addormentato sulla spalla di Doc.
<intanto guardo se trovo qualcosa di utile qui in casa>
<ci vediamo fra un paio d'ore> chiudono la porta alle loro spalle, Mack è già fuori a fare da vedetta.
Vado di sopra dove ci sono 4 stanza: il bagno, 2 camere da letto e uno studio.
Apro la porta a sinistra e trovo un letto pieno di corpi, che schifo.
La seconda è lo studio.
È abbastanza grande, davanti all'ingresso c'è una grande finestra con terrazzo e tutte le pareti sono tappezzate di libri, la scrivania è in legno di fianco alla finestra e al centro c'è un tavolo da riunione.
Nei cassetti della scrivania ci sono dei tagliacarte, apri buste e della cancelleria; faccio passare una mano sotto alle assi di legno e trovo una pistola carica incastrata, ottimo nascondiglio ma un po' scontato.
La lascio sul tavolo insieme ai tagliacarte e inizio a rovistare fra i libri.
Li estraggo dagli scaffali, li sfoglio velocemente e li butto a terra se non trovo nulla, contando che ha usato un nascondiglio per una pistola figuriamoci se non usa un'intera libreria.
Ne prendo solo alcuni sparsi e in quei pochi non trovo niente, ho solo perso tempo.
Raccolgo i nuovi ritrovamenti e li porto in cucina facendo attenzione a non tagliarmi con i tagliacarte.
Torno di sopra e vado nell'altra camera da letto.
È tutta rosa con un letto matrimoniale e una cuccia per cani a fianco, l'armadio è spazioso al contrario della scrivania che è davvero piccola rispetto al resto degli arredamenti.
Sul parquet in legno c'è un tappeto morbido blu, stona molto con il rosa delle pareti e del copriletto.
Apro scatole su scatole ma trovo solo libri e quaderni di scuola, la ragazza faceva la prima superiore quando tutto è diventato un enorme mare di merda.
Nel comodino ci sono dei proiettili, perché cavolo mettono dei proiettili in camera di una ragazzina?!
Finisco più in fretta di prima e faccio un'altro buco nell'acqua.
Lascio le cose in cucina come prima.
Ci mancano i medicinali e cose così, non so dove diavolo guardare.
Nei ripiani in cucina trovo solo cibo in scatola, latte in polvere e acqua, almeno sapremo cosa mangiare.
Sento la porta del bagno chiudersi e i passi di Diecimila che scende le scale.
IL BAGNO, sono un'idiota!
Corro per le scale, entro nel bagno lasciando la porta aperta e apro tutti gli sportelli che trovo.
Il mio bottino è di 3 flaconi di pastiglie di non so cosa, qualche garza e del cotone, li tengo in mano e in tasca e vado il salotto dove dorme Doc.
<cos'hai trovato?> si avvicina Diecimila e gli lascio in mano tutto quello che ho.
<se non andasse in letargo c'è lo direbbe lui>
Gli muovo un piede con la scarpa e poi gli tiro dei piccoli calci, non si sveglia.
<io vado un po' fuori> Diecimila va in veranda da Mack lasciando le medicine sul tavolo.
<grazie dell'aiuto> urlo di rimando.
<prego> fa un cenno con la mano.
Che coglione.
<Doc svegliati!> parlo più forte ma non troppo, non ci tengo a svegliare Murphy.
Mi abbasso su di lui e lo muovo per le spalle, diamine non si sveglierebbe neanche con un bombardamento nucleare di fianco a casa!
Lascio perdere è meglio aspettare che tornino gli altri.
Esco in veranda, Mack e Diecimila stanno ripulendo la staccionata elettrica dagli zombie che si friggono.
<potresti darci una mano, sai?> si volta Diecimila.
<ho appena tentato di svegliare un orso grizzly, adesso arrivo> alzo gli occhi al cielo, stanca dei suoi tentativi di tenermi impegnata.
Prendo una daga lasciata lì per il lavoro e colpisco in testa quelli che arrivano, Mack è stanco e si vede.
<Mack vai a riposarti, qui finiamo noi> mi faccio dare il macete che stava usando e va via ringraziandoci.
Finiamo in fretta e torniamo dentro, fuori si sta alzando il vento.
<appena tornano gli altri giuro che vado in letargo> mi lascio cadere su una poltrona stiracchiandomi a dovere restando comunque in una posizione strana.
<a chi lo dici! Sono due giorni che faccio la ronda notturna> ha lo sguardo assonnato, vorrà dire che saremo in due in letargo oggi.
Ogni tanto mi chiedo cosa passi per la testa di quel ragazzo, la prima volta che l'ho visto era così freddo e protettivo verso i compagni che mi sono praticamente specchiata in lui.
Sembrava di vedere una me di quando avevo ancora qualcuno da proteggere, di quando ero a casa e non qui a vagare come gli zombie di città in città.
Spesso quando siamo in viaggio mi capita di osservarlo nei momenti in cui uccide i putrefatti, nei suoi occhi riesco sempre a cogliere qualcosa di strano. Dolore credo, rimorso o addirittura paura ma non degli zombie, di qualcosa del suo passato.
Degli altri so che sono stati a New York prima che il loro campo fosse invaso e Murphy era una cavia umana, di lui invece non so niente.
Cosa diavolo ha fatto per questi tre anni?
Sa sopravvivere ed è sicuro, ha parato il culo a tutti noi in più di un'occasione, però intorno a lui c'è un'ala di mistero.
Si è formato una corazza negli anni, una protezione verso gli altri; la maggior parte del tempo è distaccato e pensa ai fatti suoi come se ci fosse abituato.
<siamo arrivati!> qualcuno chiude la porta d'ingresso e cammina verso la cucina.
Ci raduniamo tutti in salotto, chi sulle sedie e chi sulle poltrone.
<trovato qualcosa di interessante in casa?> faccio cenno a Warren di guardare sul tavolo.
<voi là fuori? Ci avete messo poco>
<è tutto deserto, cuccioli e gattini si concentrano in questa zona e abbiamo trovato solo qualche proiettile e cibo in scatola>
Si passa in mano le pillole aprendo il barattolo e facendole cadere sul tavolo.
<di cosa sono?> ne controlla una mettendola controluce.
<non ne ho idea...provo a svegliare Doc, era sfinito dopo il viaggio ed è crollato. Spero che sta volta si decida ad alzarsi> mi alzo a fatica da quella poltrona così comoda e vado davanti a lui, sembra un morto.
Gli muovo una gamba, un piede, un braccio ma niente oggi vuole proprio dormire.
Mi sporgo in avanti e gli scuoto le spalle chiamandolo sempre più forte, sto per prenderlo a sberle ma qualcuno mi fa cadere sul divano di fianco a lui tenendomi stretta per un fianco.
<Murphy lasciami!> urlo calciandolo.
A quel punto si sveglia Doc, finalmente, e si trova davanti una scena che neanche nei film.
<oh no! Adesso stai qui tesoro!> sussurra con tono malizioso.
<lasciami!> continuo a dimenarmi e all'improvviso cado violentemente a terra.
Cassandra sta puntando la pistola alla tempia di Murphy che alza istintivamente le mani.
Roberta è dietro di me, probabilmente stava per far finire la "lite" ma Cassandra l'ha preceduta.
<ma che cazzo ti passa per quel cervello di merda!?> gli urlo in faccia alzandomi.
<che c'è mi volevo solo divertire un po'!> è divertito nonostante la pistola puntata alla testa.
<Murphy la devi piantare e Cassandra metti giù la pistola> Roberta sembra una specie di mamma che divide i bambini dopo una litigata.
<ma che ce?! Tanto è tutto legale! Avrà venticinque anni!> sbraita indicandomi.
Scoppio a ridere e tutti si voltano confusi verso di me.
<cos'hai da ridere?>
<davvero pensate che abbia vent'anni?> scoppio ancora a ridere.
<si 24 o 25, perché?> continua a non capire quel coglione.
<Dio porto davvero così male i miei anni? Diamine l'apocalisse fa davvero brutti scherzi> scherzo fra me e me.
<scusa ma quanti anni hai?> adesso sono tutti molto confusi, ma davvero nessuno ci è arrivato?
<ragazzi io ho 17 anni, non 22> sono tutti sconcertati, fanno delle facce assurde che mi fanno ridere di nuovo.
Interviene anche Addy che la pensava allo stesso modo degli altri.
<ma è impossibile! Questo vuol dire che quando tutto è iniziato...>
<avevo 15 anni, appena compiuti e ora ne devo fare 18>
Sistemo i vestiti sgualciti e li guardo ancora storditi.
<è davvero così scandalosa come cosa?> domando curiosa, che male c'è nell'essere sopravvissuta anche se non ho 20 anni?
<abbastanza direi> boffocchia Addy.
Faccio spallucce e vado in cucina.
Da come mi guardavano devo avergli aperto un mondo.
Bevo dell'acqua, prendo il maglione ed esco in giardino; mi siedo sugli scalini della veranda e osservo gli zombie mentre vagano senza meta.
Rivedo quella dolce bambina di 10 anni che giocava nel giardino con le sorelle e i fratelli più piccoli, perché il più grande si definiva già maturo anche se aveva solo 14 anni.
La bambina correva felice rincorrendo Harry, il suo Pastore Tedesco, che anche se era appena un cucciolo riusciva sempre a batterla nelle corse. Quando i suoi genitori tornavano da lavoro solo suo padre le rivolgeva le attenzioni che tanto adorava mentre la madre andava a chiudersi in camera a studiare il lavoro fatto durante la giornata.
A casa era sempre da sola con Harry e la governante che però era sempre indaffarata, i fratelli piccoli avevano la babysitter che lei tanto odiava e il fratello grande era sempre fuori con i suoi amici.
Quando anche il suo cane era stanco di giocare lei si sedeva in veranda proprio come sto facendo io adesso, a pensare a cosa avrebbe fatto da grande e a chi avrebbe sposato...se un principe o un valoroso guerriero.
Preferiva sempre il guerriero perché la poteva proteggere e insegnarle come proteggersi, questo dice molto della persona che sono ora.
Ero tutta rose e fiori fino ai 13 anni, poi sono diventata armi e sopravvivenza ancora prima dell'apocalisse. Direi che questa svolta improvvisa mi abbia salvato il culo.

Un fruscio alle mie spalle mi fa tornare alla realtà, volto lo sguardo verso quella figura che si sta sedendo di fianco a me.
Cassandra.
<a cosa stai pensando?> domanda guardandomi.
<a niente> vorrei solo starmene da sola.
<non è vero, quando hai quello sguardo stai sempre pensando a qualcosa> mi sorride.
<non sto pensando a niente> inizia a darmi sui nervi.
<non ho nessuno sguardo e non ho niente a cui pensare> mi alzo e me ne vado, oltre la recinzione in strada con solo un coltello e la pistola come armi.
<non mi seguire!> le urlo sentendo i suoi passi dietro di me mentre cerca di tenere il ritmo, si ferma e resta immobile.
Ogni singola volta che ripenso a casa mia mi sale un'incazzatura che non se ne può fare un'idea, non è colpa sua è solo che ho bisogno di un po' di tempo per me.
Pensare che tutto quello che avevo ora è distrutto mi fa male, tutti i miei amici, la mia famiglia, la mia casa e la mia città. Tutto distrutto. Tutti morti.
Io continuo a sperarci e ho provato a mantenere la promessa fatta a mio padre, quella di riportare tutti a casa sani e salvi ma ho fallito.
Gli avevo assicurato che sarei tornata entro un mese ma ormai è quasi un anno che sto girovagando nelle strade devastate d'America.
Cammino per quasi un'ora per allontanarmi dal centro città, poi finalmente trovo un edificio abbastanza alto e con le scale antincendio così non devo entrare dentro a farmi uccidere.
Salgo le scale fino in cima, c'è una bella vista qui.
Mi siedo sul cornicione lasciando i piedi a penzolare lungo il lato dell'edificio in balia del vento.
A ogni folata i capelli ancora umidi finiscono sul viso bagnandolo leggermente e con l'aggiunta del vento fanno venire i brividi.
Chiudo gli occhi e respiro a fondo quell'aria che sembra così diversa da quella che c'è a terra.
Non si sentono lamenti, spari o urla di dolore; qui c'è pace.
Fa bene a tutti prendersi una pausa da questo casino. All'inizio era tutto emozionante e spaventoso, a ogni colpo sentivo una scarica di adrenalina che faceva continuare quell'avventura. A distanza di ormai 3 anni si è spento tutto. Paura, emozioni, sentimenti o quel che ci rendeva umani ormai è tutto spento come se ogni uccisione ci strappasse un pezzo di noi e piano piano dimenticassimo chi eravamo e a quel punto è finita, hai perso.
Mai avrei potuto desiderare di tornare a quella monotonia che tanto odiavo, andare in quella scuola orrenda e incontrare tutte quelle facce di merda per i corridoi, i professori che ce l'avevano con te per chissà quale mistero astrale, i genitori che ti venivano sempre contro come se l'errore fossi tu e i falsi amici che ti tenevano lì con loro solo perché i tuoi genitori erano importanti.
Sembrano delle gran cazzate da adolescenti ora che ogni giorno rischi di morire di fame, di sete o per mano di qualcuno, morto o meno.
Il karma può essere una gran puttana quando vuole, si è visto.
Chi è rimasto fermo a nascondersi pensando di sopravvivere e che presto sarebbe tutto finito, è morto probabilmente.
Sono stanca di tutta questa pressione, di tutte queste morti e di tutte le cose che ho perso.
Ero riuscita a spegnere quelle maledette emozioni, dovevo pensare solo a salvarmi e a portare a casa quel che restava della mia famiglia.
Alla morte di Mary non ho versato neanche una lacrima in confronto alla morte della mamma ma adesso provo di nuovo qualcosa da quando ho incontrato queste persone.
In un paio di settimane mi hanno fatto ricordare chi ero e adesso non mi riconosco, ho perso la mia umanità.
Di giorno sembro un'altra persona...fredda, spietata e che si diverte a uccidere poi la notte sono tormentata dai sensi di colpa che sembra vogliano uccidermi.
Alzo lo sguardo.
Il sole sta tramontando, quanto cavolo sono rimasta qui sopra?!
Ore e ore perse a fare questi ragionamenti che non servono a niente se non a farmi sentire peggio.
<solo io riesco a fare ste cose> ripeto a me stessa.
Raccolgo le armi lasciate sul cornicione e vado verso le scale facendo la strada a ritroso.
Vedo in lontananza la casa dove ci siamo fermati, ha le luci accese in un paio di stanze e quattro o cinque zombie che si accalcano nel recinto pronti a farsi friggere.
Resto allerta con la pistola carica puntata ad altezza d'uomo davanti a me, volto ripetutamente lo sguardo per avere una visuale su tutti i lati, tolgo la sicura e continuo a camminare senza fretta.
È buio da poco e non sono ancora davanti a casa, è meglio sbrigarsi.
Rimango attaccata al muro e uso il buio per non farmi vedere da quelli in mezzo alla strada, funziona come tattica finché non in campo goffamente in un borsone cadendo a terra e facendo scivolare a qualche metro la pistola da cui parte un colpo.
Ottimo effetto domino.
Afferro la borsa e la metto sulle spalle, recupero la pistola e inizio a correre schivando quelli lenti e pugnalando quelli più svegli.
Il colpo lo devono aver sentito fino in Arizona secondo me, giusto perché non sono abbastanza sfigata in questo periodo.
Provo a non inciampare nei corpi già stesi a terra per arrivare il prima possibile anche se ho la netta sensazione che sta sera non mi salva il culo nessuno.
Sono a pochi metri dalla recinzione, vedo gli altri nel giardino che tengono a bada quelli elettrificati, non ce ne sono nemmeno troppi.
Sto già per tirare un sospiro di sollievo ma uno di loro mi viene addosso da dietro e cado in avanti affondando le mani in qualcosa di tagliente, forse vetro.
Mi volto in tempo per spostare la spalla e per afferrarlo alla gola tenendolo il più lontano possibile dalla mia carne.
La pistola è caduta da qualche parte, prendo saldamente il coltello e lo conficco nel cranio, mi sposto con il peso sul suo corpo e estraggo la lama. Per colpa del buio non vedo a un palmo dalla mia mano, gli amici di quello steso sull'asfalto sono abbastanza lontani da permettendo di cercare ancora qualche secondo.
Sto per alzarmi e andarmene ma poi finalmente la vedo, contro il marciapiede davanti a casa.
Corro, la afferro ed entro nel giardino con ancora il fiatone.
<entrate!> urla Addy aprendo la porta.
Ci fiondiamo all'interno, butto a terra il borsone e mi lascio cadere a terra contro una parete.
<ma che diavolo ti è preso?!> urla Cassandra, metto le mani davanti per farla aspettare, devo riprendere fiato.
<cosa hai fatto alle mani?>
Le guardo e vedo quattro tagli non molto profondi ma che continuano a sanguinare.
<c'è del vetro qui davanti e quando quel coso mi ha spinta ci sono caduta sopra>
<cosa c'è nella borsa?>
Guardo il borsone ammosciato di fianco a me.
<non ne ho idea, ci sono inciampata allora l'ho preso e sono scappata> mi alzo e vado in cucina, apro il rubinetto del lavello e metto le mani sotto l'acqua fredda.
<comunque la luce delle stanze si vede da un chilometro di distanza, attireremo l'attenzione così>
<va bene ma dove sei stata finora?> Cassandra mi ha seguita fino in cucina.
<sono andata a cercare delle provviste, ho perso la cognizione del tempo e sono tornata il prima possibile>
Afferro uno strofinaccio e premo sopra ai tagli sperando che smettano di sanguinare il prima possibile.
<non dovresti uscire da sola, prima o poi ti farai ammazzare> percepisco dell'incazzatura nella sua voce, per cosa si deve incazzare? Perché sono andata in giro senza di lei? Mi fa solo ridere, so cavarmela benissimo da sola.
Esco dalla cucina, la sorpasso e salgo le scale per poi chiudermi in bagno.
Apro qualche cassetto dove non ho controllato bene e trovo un rotolo di garza e una salvietta disinfettante.
Pulisco le ferite e fascio le mani con due strati di benda, pulisco il lavandino e metto via le cose che non mi servono più.
Tolgo il maglione scompigliandomi i capelli e lo butto a terra, mi siedo sul bordo della vasca a riflettere.
In questa casa ci vivevano almeno 3 persone, saranno morte più o meno un anno fa e come diavolo sono sopravvissuti con solo una pistola e qualche tagliacarte? Non li hanno derubati perché il cibo è intatto e la corrente funziona ancora.
Dove sono finite tutte le armi? Le hanno sicuramente nascoste ma ho già controllato ovunque quindi mi è sfuggito qualcosa...
La camera con i corpi!
Mi alzo di scatto e corro nella camera a fianco.
Come apro la porta si sente puzza di morti per l'appunto, copro il naso con la bandana che ho in testa e accendo la luce.
Controllo i cassetti ma ci sono solo vestiti, nei comodini trovo dei diari e solo nell'armadio trovo qualcosa di molto interessante.
Una cassaforte, un'enorme cassaforte. Ci potrebbe benissimo stare dentro una persona.
Non c'è la chiave ovviamente.
Sotto al letto ci sono scarpe e scatole.
Mancano solo i corpi, che schifo.
Trascino quello più in cima dei tre fino a farlo cadere a terra con la stessa grazie con cui sono inciampata sul borsone di prima.
Fa un tonfo e di poco non gli si stacca la testa, è il padre comunque.
Tocco le tasche della giacca, quelle dei pantaloni e anche dietro ma lui è pulito.
Passo al secondo che è la più giovane dei tre, la faccio cadere sopra all'uomo e faccio lo stesso con lei.
Per l'ultima salgo direttamente sul letto e le giro intorno ma nei vestiti non ha niente, nemmeno un portachiavi o qualcosa del genere.
Un luccichio cattura la mia attenzione, le sposto il capelli e al collo ha una catenina che finisce sotto alla maglietta, la faccio scorrere lungo le mie dita finché non mi trovo in mano una chiave.
Non ci credo!
Rompo la collana e salto giù dal letto, riapro l'armadio e uso la chiave per aprire quella maledettissima cassaforte.
Spalanco l'anta e tutto quello che c'è all'interno si rovescia a terra facendo un fracasso infernale.
La porta sbatte e Roberta entra con un macete sferrato in aria.
<ma che diavolo sta succedendo qui?!> fissa i corpi che ho buttato a terra.
<avevamo finito le armi e ne ho trovate altre>
Indico le pistole e i proiettili caduti a terra.
<c'erano un paio di fucili nel borsone che hai trovato, con queste siamo a posto per un po'> si china e raccoglie tutto quello che le entra in tasca e in mano.
<usciamo di qui, c'è un tanfo orrendo> sorrido sotto alla bandana e la seguo nel corridoio e giù per le scale.
Finalmente posso respirare aria normale e non putridume, vado a lavarmi le mani mentre controllano i caricatori, resto in cucina seduta sul tavolo.

È notte fonda eppure non ho sonno, tutta la stanchezza provata durante quei giorni era scomparsa al tramonto e non voleva proprio saperne di tornare.
Dormivano quasi tutti. Addy e Mack sul divano abbracciati, Murphy su una poltrona, Doc di fianco a Murphy, Cassandra nel divano di fianco a me, Diecimila di sopra insieme a Warren, condividevano la camera rosa.
Garnett faceva avanti e indietro dal giardino, un po' per noia e un po' per tenersi sveglio.
Io ho fatto il turno fino a pochi minuti fa insieme a lui, ha insistito per farmi prendere una pausa nonostante non avessi voglia di starmene chiusa qui a non fare niente.
Dei passi dalle scale mi risvegliano dai pensieri. Spunta Warren, assonnata, ma comunque sorridente.
<vai di sopra, sto io con Charlie>
Le faccio un sorriso complice, è visibilmente imbarazzata. Salgo le scale mentre lei esce dalla porta.
Provo a non fare rumore aprendo la porta per non svegliarlo ma nella stanza buia intravedo la sua figura seduta sul bordo del letto intento a guardare fuori dalla finestra.
La chiudo alle mie spalle e mi ci appoggio mentre lo osservo, ha sicuramente sentito che sono entrata ma non si è girato.
<hey> si volta verso di me e risponde con un 'hey' davvero poco incoraggiante, forse l'ho disturbato.
<è tutto...okay?>domando avvicinandomi al letto.
<si, non riesco a dormire> si sdraia sospirando.
<capisco...> lascio cadere il discorso e mi sdraio nella mia parte di letto.
Fisso il soffitto illuminato dalla luna per alcuni minuti, nessuno in quella stanza riusciva a dormire, per motivi diversi probabilmente.
Mi volto verso di lui con tutto il corpo.
<ne vuoi parlare?> si gira guardandomi, ha uno sguardo triste.
<non lo so> forse ho capito cos'ha...
<è per i tuoi genitori? Li hai sognati?> Abbassa lo sguardo.
<cos'è successo nel sogno?>
<ho rivisto le loro morti, li volevo salvare ma non potevo fare niente ero come paralizzato>
Capisco il suo dolore, è una cosa che mai nessuno si aspetterebbe di provare alla morte di una persona.
Non so bene cosa dirgli, potrei farlo sentire peggio con le mie parole però non posso starmene zitta dopo che si è confidato.
<quando avevo 14 anni sono rimasta intrappolata in un'auto durante una tempesta> inizio a raccontare un po' indecisa <io ne sono uscita con solo qualche graffio e livido a differenza di mio nonno che ha perso la vita. Lui è la persona migliore che io abbia mai conosciuto, mi ha aiutata molto con il tiro con l'arco e anche con i fucili, probabilmente senza i suoi consigli adesso sarei uno dei tanti zombie in circolazione. Poco prima dell'inizio della tempesta, in auto, lui mi ha stretto la mano e mi ha fatto chiudere gli occhi, quando li ho riaperti qualche secondo dopo ci eravamo schiantati contro un muro per colpa dei venti troppo forti. Stava ancora stringendomi la mano.
I paramedici ci hanno messo un'ora a farmi uscire dall'auto perché non lo volevo lasciare, ero convita che se l'avessi stretto a me sarebbe tornato.
Quando mi sono svegliata in ospedale non riuscivo a capire come fosse accaduto, come in quei pochi secondi il nonno fosse scomparso dalla mia vita.
Per settimane ho sognato quei pochi secondi continuando a incolparmi per non essere rimasta vigile con lui fino alla fine, finché un giorno rovistando fra la sua roba ho trovato un biglietto con su scritto: non permettere ai ricordi di tormentarti, non permettere alle persone di calpestarti e non permettere a te stesso di non farcela. Cogli l'attimo, la vita è fantastica> sento gli occhi pizzicare per i troppi ricordi, abbasso lo sguardo cercando di non piangere.
<la prima frase l'ha usata mio padre quando ho ucciso il mio primo zombie. Da allora ho imparato a convivere con questo ricordo, poi si sono aggiunte altre persone ai sensi di colpa come mia madre, Mary, Charlotte e molti altri ma ormai mi sono abituata.
Prima o poi non farà più così male e rimarranno tutti un ricordo lontano, fino ad allora ci dobbiamo convivere>
Non mi piace aprirmi così tanto agli altri, mi rendo vulnerabile da sola ed è difficile tornare a indossare la corazza che col tempo mi sono costruita, sono una persona solitaria e con il mio vecchio gruppo mi sentivo un po' in trappola nonostante conoscessi tutti da una vita.
Entrambi ci cerchiamo con lo sguardo, per quel momento di dolore condiviso.
Prende la mano che tengo sul cuscino e la stringe nella sua, mi avvicino a lui per stare più comoda e lui fa lo stesso.
I suoi occhi mi incantano, raccontano tanti avvenimenti di tristezza e felicità insieme che quasi mi sconvolgono.
Restiamo così, fermi, catturati da quell'attimo perfetto in cui tutto è giusto, tutto è al suo posto.
<pensa a noi, pensa che c'è l'abbiamo fatta> sussurra chiudendo gli occhi.
Quel Noi mi rimbomba in testa, forse intendeva come gruppo... con questo pensiero fisso, finalmente, mi addormento.

Un profumo inconfondibile mi fa spalancare gli occhi. Caffè. Sbatto più volte le palpebre per abituarmi alla luce intensa che entra dalla finestra. Ho dormito sulla spalla di Diecimila, le nostre mani ancora intrecciate fra di noi.
Qualcuno tossisce, mi alzo di scatto e sullo stipite della porta c'è Garnett che ci guarda sorridendo.
Mi libero dalla stretta del bell'addormentato che non si è accorto di nulla, saluto Garnett come se nulla fosse e scendo da quel letto così dannatamente comodo.
Seguo Charles per le scale cercando la fonte di quel profumo che emette gioia.
Arrivata in cucina non ho nemmeno il tempo di salutare che mi danno una tazza bollente in mano.
Ringrazio e annuso il vapore che sale dalla tazza sprigionando un inebriante profumo.
Ne prendo un sorso e siedo al tavolo insieme agli altri.
<dormito bene?> guardo Roberta da sopra alla tazza, non ho il tempo di rispondere che lo fa Charles al posto mio.
<oh una favola, vero Grace?> fa un cenno a Roberta che inizia a capire, che poi capire cosa? Le loro fantasie forse.
Quasi mi strozzo con il caffè bollente, inizio a tossire attirando ancora di più, per quanto possibile, l'attenzione del resto della ciurma.
<non vorrei essere la prima persona nell'apocalisse a essere morta per un sorso di caffè, grazie> tossicchio ancora cercando di cambiare discorso.
Doc impreca contro Murphy lanciando le carte rimaste in mano sul tavolo.
<Ma per Dio! Come diavolo è possibile che vinci a ogni partita? Ho quasi finito la roba buona!> e intanto punta un altro paio di pillole di qualcosa.
<mio caro Doc, se non sei finito in prigione non puoi sapere come si vince ogni partita>
Si pavoneggia Murphy, come se ci fosse da andare fieri d'essere un galeotto.
Comunque secondo me sta barando.
Finisco in silenzio quel che resta del mio caffè, metto via la tazza e vado verso il salotto.
Appena esco dalla cucina mi scontro con Diecimila, di poco non cado se non fosse per la sua mano che ha afferrato saldamente il mio braccio impedendomi di perdere l'equilibrio, e lo stesso ho fatto io tenendomi alla sua spalla.
<scusa io stavo solo...> non so cosa dire, sono molto a disagio.
Faccio cadere la mano lungo il mio fianco e lui lascia la presa sul mio braccio.
<non è niente, tranquilla>
Sempre al momento opportuno, vero?!
Lo supero e mi nascondo in salotto lontana dagli sguardi indagatori dei miei amici.
Devo essere diventata rossa come un peperone, Garnett non poteva stare zitto?!
Warren accende la radio, si sintonizza sulla stazione di Cittadino Z.
<oh guarda Addy, c'è il tuo stalker> indica la radio da cui esce la sua voce.
<cari sopravvissuti oggi c'è tempo di tempesta dalle parti dell'Illinois, se non avete ancora trovato riparo vi consiglio di farlo il prima possibile, arriverà un uragano. Si spera non un uragano di zombie. Ora torniamo alle dolci melodie dell'apocalisse> smette di parlare e attacca una canzone che non conosco, a Mary sarebbe piaciuta.
Mi sdraio su una poltrona sperando di dormire un'altra oretta.
<la stanza di sopra è nostra!> urla Addy correndo su per le scale seguita da Mack.
Che schifo.
Warren e Garnett escono in giardino per fare "pulizia", Diecimila mi raggiunge e si siede sulla poltrona di fianco alla mia.
Raccolgo le mie cose, prendo dalle pistole di ieri sera qualche proiettile in più e pulisco un paio di coltelli con ancora del sangue putrido sopra. Ne metto via alcuni nello zaino sul tavolo e ne tengo un paio, afferro con le dita la punta, schiena dritta, piedi saldi a terra, visualizzo un punto e tiro.
La lama si conficca nella parete in legno dall'altro lato della stanza.
Lancio anche il secondo che sfiora il primo, conficcandosi anche lui al muro.
Un sorriso compiaciuto spunta sul mio viso, è sempre divertente farlo, dà molta soddisfazione.
Li stacco dal muro con un po' di fatica e sento qualcuno bisbigliare.
<quella mi fa paura> afferma Murphy, finalmente magari mi lascerà in pace.
<quei due fan paura, se dovessero avere un figlio fidati che gli zombie non avrebbero scampo> sorrido alle parole di Doc, che stupidi che sono.
<vi ho sentiti!> rispondo voltandomi verso di loro, Doc è un po' imbarazzato mentre Murphy è impaurito.
Sorridono falsamente e tornano a giocare a carte, Cassandra ride divertita.
Continuo a tirare i coltelli, forse sembro pazza in questi momenti ma è un ottimo gioco per non dormire!
Si sentono degli spari da fuori, scatto davanti alla porta ed estraggo la pistola dalla fodera, tolgo la sicura e la punto, tutti sono allerta.
Non si vede nessuno, vado in salotto, metto velocemente nello zaino le mie cose, lo metto sulle spalle e punto l'arma alla finestra.
Diecimila mi affianca e sposta la tenda, Warren e Garnett stanno sparando a un gruppo di zombie che sta entrando nel giardino, lei finisce i colpi e corre dentro.
<Cuccioli e Gattini! È ora di andare> prende dal tavolo due pistole e torna fuori.
<passiamo dalla cucina> Cassandra butta tutte le armi nel borsone e corre fuori raggiungendo i giocatori di poker.
Diecimila prende gli zaini dei leader del gruppo e aspetta me.
<tu vai, io chiamo gli altri!> è riluttante ma alla fine lo convinco.
Salgo le scale a grandi falcate, apro la porta e Mack ed Addy stanno prendendo gli zaini.
<muovetevi o ci faremo ammazzare!>
Corrono giù dalle scale, appena arriviamo in cucina la casa viene invasa.
<io li rallento, fatevi trovare qui davanti> annuiscono e superano la porta.
I morti avanzano verso di me, continuo a sparare nella loro direzione mancandone qualcuno e indietreggio fino alla porta.
Finisco i proiettili.
<oh ma davvero?!> affermo disperata.
È il momento di correre.
Esco dalla cucina, supero il giardino e arrivo in strada, il clacson suona alle mie spalle, mi sorpassano e inchiodano a pochi metri da me.
L'orda dietro alle mie spalle è pericolosamente vicina, rincomincio a correre, Cassandra spara a due di loro che stavano per afferrarmi, sono a pochi metri, tolgo dalle spalle lo zaino e lo lancio nel pick-up, metto un piede sul tubo di scarico e afferro le mani di Diecimila protese verso di me.
Le stringo, mi tira verso di lui e riesco a fare un piccolo salto per salire nel retro con l'unica conseguenza che mi prende letteralmente in braccio per non farmi cadere violentemente.
<vai!> urla Cassandra poi l'auto parte sgommando e prendendo velocità allontanandosi dai morti che provavano in ogni modo a raggiungerci.
Siamo caduti all'indietro, io sopra di lui che ancora prendo fiato e lui che con una mano mi tiene stretta per non farmi cadere.
Aspetto qualche secondo e poi rotolo di lato lasciandolo respirare.
<scusa> accenno fra un respiro e l'altro.
<È stato fighissimo! Vi prego dobbiamo rifarlo!> guardo esterrefatta Doc che ride a gran polmoni.
<va bene ma la prossima volta scappi tu da quei così> indico dietro di me gli zombie che non si vedono piu.
<basta che ci sia uno di voi due a farne fuori qualcuno e sono a posto> indica me e il ragazzo.
Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.

Castle point

<sei mai tornata a casa dopo l'inizio?> affianco Warren, è molto turbata a rivedere l'insegna della sua città.
<no ma prima o poi doveva succedere>
Continuiamo per un pezzo a piedi sperando di trovare qualcuno di vivo.
<eri sposata?> non so quasi niente di lei, forse non è nemmeno il momento adatto per fare certe domande.
<si, Antoine ma è scomparso>
<se lo trovassimo a casa tua e fosse...tu sai cosa?>
<non avrò esitazioni> guida il gruppo verso la sua casa, l'auto è in un posto sicuro al riparo.
<c'è un rifugio nello scantinato, li dovremmo essere al sicuro>
Si ferma davanti a una casa in mattoni, è enorme, su due piani con un bel giardino.
Arriviamo alla porta, le finestre sono chiuse e non si può vedere niente dentro.
<dimmi che hai le chiavi> la guarda disperato Murphy.
Fa passare una mano sui lati della porta senza trovare niente.
<qualcuno l'ha usata>
Mack inizia a dare calci e spallate alla porta, tentando di abbatterla ma contando che probabilmente è chiusa dall'interno non ci spererei.
<Mack> lo chiamo.
<Mack!>
<che c'è? Almeno ci provo!>
<non funzionerà, fa provare me> si sposta e osservo la serratura.
Prendo dallo zaino due forcine e mi chino davanti alla porta.
<ci metterò un po'>
<come hai imparato a farlo?> domanda Doc alle mie spalle.
<alle medie avevo molto tempo libero, mi diverto con poco> faccio spallucce e sento finalmente lo scatto della porta, l'ho aperta.
Giro lentamente la maniglia, guardo Warren, con le dita faccio un conto alla rovescia.
3..2..1..
apro di scatto la porta, entra prima lei seguita dagli altri.
Vado per ultima e chiudo la porta alle mie spalle, punto la pistola verso ogni corridoio e cammino sottecchi facendo il minimo rumore.
Si sentono dei rumori in cucina, pentole che sbattono fra loro e di tessuto che viene strappato.
Garnett si fa avanti prima di noi ma abbassa subito l'arma.
<vi prego non sparate!> urla una donna.
Entro nella cucina e c'è un uomo sdraiato a terra con una ferita alla testa, la donna prova a tenerlo sveglio.
<che ci fate in casa mia?> Warren punta di nuovo la pistola sulla donna.
<il vigile del fuoco ha detto che qui era sicuro> le trema la voce, è molto spaventata.
<Addy, Mack, Grace andate di sopra a controllare che sia libero, noi finiamo qui>
Saliamo le scale uno dietro l'altro, entriamo in tutte le camere ma non ci sono zombie, meglio per noi.
Le persiane sbattono per i forti venti, tra poco saremo nell'occhio del tornado.
Torniamo dagli altri, l'uomo è sul divano e Doc lo sta visitando, Cassandra esce dalla cucina seguita da Diecimila.
<la cucina è ben rifornita ma non ci sono medicine o farmaci> comunica la ragazza.
<non ci basteranno le pillole per la febbre trovate nell'altra casa>
<bene, voi due andate a fare un giro nel quartiere. Cercate farmaci, pillole o qualsiasi cosa che sembri un medicinale se non tornate prima del tornado nascondetevi. Noi portiamo Murphy e quest'uomo al sicuro e tentiamo di ristabilire la rete elettrica> da ordini Garnett.
<Grace vai tu al mio posto? Sono più utile qui>
Guardo interrogativa Cassandra che invece mi sorride.
<come vuoi> lancia la sua borsa a tracolla vuota e la prendo al volo.
Prendo un caricatore in più per la pistola e imbraccio il fucile.
<se non tornate vi veniamo a cercare>
Ci indica Doc.
<sappiamo cavarcela>
<ora però andate> ci incita Garnett mentre prende sottobraccio l'uomo ferito e lo porta verso lo scantinato.
Fuori è davvero pazzesco, venti che spazzano via qualsiasi cosa e zombie che di poco iniziano a volare, non ho mai visto una cosa del genere.
<dove andiamo?> sono costretta ad urlare per farmi sentire.
<in quella!> indica una casa con la porta socchiusa.
Ci chiudiamo dentro, frughiamo in fretta e usciamo subito, in questa abbiamo trovato un flacone arancione come quelli della casa di stamattina.
Passiamo alla casa a fianco e siamo più fortunati: una boccetta di morfina e delle bende.
<Diecimila dobbiamo spostarci di più>
Cambiamo strada un paio di volte, sempre correndo, cercando di evitare gli oggetti che volano liberamente.
Mi avvicino a una casa di fianco alla caserma della polizia, la porta è chiusa.
<stai indietro> si mette davanti Diecimila e con il calcio del fucile rompe il vetro della porta, fa passare il braccio dove prima c'era lo spioncino appena rotto mentre io controllo che non arrivi nessuno.
Entriamo velocemente senza badare a far silenzio o meno, ci dividiamo, buttiamo a terra oggetti, libri e scatole per fare prima.
Sento un lamento alle mie spalle e girandomi trovo un bel signore zombificato.
Lo spingo per le spalle allontanandolo, gli tiro un calcio sulla pancia, cade sul pavimento, spingo il piede sull'addome per non farlo alzare e con l'altro faccio pressione sulla faccia finché il cranio non si rompe e lui smette di dimenarsi.
Pulisco la suola strisciando il piede e torno al lavoro.
Bingo! Kit suture e una scatola piena di farmaci strani, doveva essere un medico.
Fra i farmaci c'è una prescrizione a nome di un certo Bob.
<Grazie Bob. domani sarà una giornata migliore, almeno per me> butto tutto nella borsa e salgo le scale cercando Diecimila.
<dobbiamo andare> lo chiamo, il suo fucile è appoggiato alla scala insieme al mio.
<eccomi, ho trovato questi> spunta da una stanza con una pistola lancia razzi e due razzi.
<bene ora muoviamoci> prendiamo i fucili e torniamo in strada.
Rimango pietrificata.
Il tornado è così vicino che si può vedere a pochi chilometri di distanza, sarà qui tra pochissimo. Resto a fissare quella enorme nube verde che si avvicina e nell'auto davanti a noi vedo mio nonno che parla a una ragazzina nel sedile di fianco, sembro proprio io, le prende la mano.
Mi sento tirare per il braccio, Diecimila mi fa voltare e la vede nei miei occhi.
Tutta la paura, tutto il terrore che sto provando in questo momento.
<dobbiamo andare> prova a tirarmi ma io continuo a ignorarlo guardando quella nube che ogni secondo si avvicina.
Si mette davanti a me.
<adesso ascoltami, dobbiamo entrare in quella caserma oppure moriremo>
Guarda verso la stazione della polizia ormai abbandonata.
<non ti lascio qui> incrocio il suo sguardo.
Non so dove ma trovo il coraggio di muovermi.
Un po' mi trascina e un po' sto al passo.
Entriamo e blocchiamo la porta con un tavolo.
<devono avere un rifugio anti tornado, da qualche parte> dice più a se stesso che a me, guardo in giro e trovo una porta che porta in una specie di scantinato.
<l'ho trovato> lo chiamo con voce tremante.
La stanza è piccola con il soffitto basso, le pareti in cemento armato fanno aumentare il senso di claustrofobia.
Non c'è elettricità, usiamo l'unica torcia che abbiamo per non mancare gli scalini.
Sul muro sono appoggiati due scaffali con acqua, cibo in scatola e una cassetta per il primo soccorso.
<stiamo lontani dagli scaffali, non si sa mai> lo seguo dall'altra parte della stanza e ci sediamo a terra con le spalle al muro, punta la torcia sul muro opposto.
Sto tremando, tremendamente terrorizzata da quello che si scatena là fuori.
Chiudo gli occhi cercando di calmarmi, cosa che mette ancora più agitazione, porto le ginocchia al petto e le mani fra i capelli.
<non durerà molto, passerà tra poco> prova a tranquillizzarmi.
<non posso stare qua, io non posso> mi alzo e carico il fucile, devo uscire da questo buco.
<dove credi di andare?!> mi prende per una spalla fermandomi.
<non morirò qui dentro!> gli strattono il braccio liberandomi dalla sua presa.
<se vai fuori morirai!> gli stringo il braccio, non ci capisco più niente.
Fa una smorfia di dolore e gli scappa un gemito, tolgo subito la mano, sta perdendo sangue.
<sei ferito?> gli prendo il braccio, ha uno squarcio nella giacca.
<non è niente>
<togliti la giacca> fa come gli dico e la appoggia a terra.
Ci sediamo dove eravamo prima.
<guarirà> ottimista, il ragazzo.
<no se non lo ricucio> è un gran taglio, come ho fatto a non notarlo?
<come te lo sei fatto?> prendo il disinfettante, ago e filo.
<prima quando ho rotto il vetro di quella porta c'è n'era rimasto un pezzo>
<sembra non ci siano rimasti frammenti, ti farà male>
<lascia fare a me> mi ferma.
<tu mi hai aiutata più di una volta, sono in debito. Posso darti della morfina ma non dura molto>
<come fai a sapere queste cose?>
Lo guardo poi torno a concentrarmi sulla ferita.
<le so e basta>
Con la sinistra tiene la torcia per farmi luce, un deja vu della prima notte.
Faccio la sutura con le mani ancora tremanti.
<resterà la cicatrice>
Slego una benda dalla mano, ne abbiamo trovate poche ed è meglio non sprecarne contando come stava quell'uomo.
<aspetta, quelle servono a te> mi prende la mano dove si intravedono i tagli della sera prima, ancora freschi e in procinto di sanguinare.
<sta zitto e fatti aiutare per una volta> gli sorrido e gli faccio stendere il braccio verso di me.
Avvolgo entrambe le bende intorno al braccio e quel che resta lo metto nella borsa di Cassandra, chissà come se la stanno cavando.
Mi sistemo con le spalle al muro.
<prima, fuori, in quell'auto hai visto...>
<si, nell'istante prima dello schianto. Lo sento tutt'ora: i freni dell'auto, i vetri rotti e le urla...tutto>
Tremo di nuovo sentendo le porte sbattere al piano di sopra.
<voglio andarmene> sussurro impaurita.
<lo so ma dobbiamo aspettare>
<ma io non...>
<ti prego, resta> spalanco gli occhi a quelle parole.
Un forte tonfo da sopra mi fa sussultare, sposto la mano contro la sua per lo spavento.
<cazzo, odio questo posto>
Lo sento ridere.
<non ridere dai>
<prova a pensare ad altro>
<non ci riesco, è l'unica cosa che non so fare. Se ho paura penso solo di avere paura, per questo sono quasi sempre concentrata e basta>
<non ci credo, sai fare praticamente di tutto>
<vedi che anche tu sei un genio dell'apocalisse, non sono mica l'unica>
<No dai seriamente, c'è qualcosa che non sai fare?>
<non so usare una balestra, l'ultima volta ho quasi ucciso il mio cane e nemmeno un bazooka... non sono nemmeno brava a guidare o a cucinare, potrei bruciare una città intera mentre provo a cuocere della pasta, non so pescare e nemmeno ballare, le poche volte che sono stata in discoteca ho pestato i piedi a tutte le persone presenti>
<come fai a non saper usare una balestra se tiri con l'arco?> scoppia a ridere, in effetti sono un'imbranata con le balestre.
<non lo so nemmeno io ma con l'arco mi trovo molto meglio ed è più facile da usare>
Nella penombra lo vedo sorridere, mi si attorciglia lo stomaco e non capisco il perché, forse è per la paura.
Quando viaggiamo lui è sempre così silenzioso, parla solo se gli viene chiesto qualcosa, e sentirlo parlare così liberamente è quasi un miracolo.
Doc si è stupito molto di come abbia "legato" con me, nella settimana che si era unito a loro non aveva spiccicato parola.
Non so nemmeno se ci possiamo definire "amici", parliamo occasionalmente e per lo più in brutte situazioni come questa.
L'unica cosa di cui sono sicura è che non si fida ancora di me, non come Cassandra o Warren ma lo capisco, sono nuova e si deve abituare ad avermi intorno ancora di più visto che siamo i migliori salvaculo del gruppo.
Sono curiosa di sapere com'era prima di tutto questo. Riesco a percepire una parte di lui, quella che vuole nascondere, magari si è convinto di averla sotto controllo ma si è visto cosa mi è successo prima, non è facile rimettere le cose al loro posto dopo che le hai lasciate sepolte per così tanto tempo.
Il vento che passa fra le vie strette di quella città provoca un suono simile a un'ululato che rende il tutto più inquietante, giusto perché non lo era abbastanza.
Sento il cuore che sta per uscirmi dal petto e scappare a gambe levate il più lontano possibile da qui.
Le porte incominciano a sbattere per il vento, le finestre si rompono e dalla strada arrivano rumori d'auto che si scontrano e di zombie, mi costringo a tenere gli occhi chiusi e a fare dei gran respiri provando a tenere un minimo di controllo.
La sua mano sfiora la mia, poi la prende e la stringe nella sua, ricambio quel gesto intrecciando le dita.
Lo sguardo si offusca per le lacrime che provo in ogni modo a trattenere.
Mi volto dall'altra parte per non farmi vedere mentre le lacrime mi rigano il viso, resto a guardare quell'angolo buio sperando che lui non dica niente.
Aspettiamo che non ci sia più neanche un rumore, restiamo in allerta e poi ci alziamo lentamente.
Mentre lui si infila la giacca mi asciugo le guance e raccolgo le mie cose, prendo anche il suo zaino che gli passo subito dopo.
Sistemo il fucile sulla schiena, la tracolla sulla spalla e rubo qualche bottiglietta d'acqua dallo scaffale.
Saliamo le scale con cautela e finalmente usciamo da quel buco.
La stazione ha retto bene però ci sono vetri e oggetti ovunque.
<sembra sia passato, torniamo dagli altri> punto la pistola davanti a me e lo seguo coprendogli le spalle.
Ci sono zombie morti ovunque, chi infilzato in un lampione e chi sembra una zanzara spiaccicata a un muro.
Un po' corriamo e un po' camminiamo per arrivare prima, in lontananza vedo Warren che abbraccia Garnett, Doc parla con le due persone che abbiamo trovato in casa mentre gli altri continuano a guardare Murphy.
Ha qualcosa di diverso...sembra più vecchio di 20 anni e non ha più i capelli, che diavolo gli è successo?
L'abitazione è completamente distrutta, il tornado deve esserci passato praticamente sopra.
<sono tornati> urla Addy a Garnett che si gira e ci viene in contro.
<tieni, medicine e acqua> gli do la borsa e metto via la pistola.
Addy chiama Diecimila, va da lei mentre io continuo a parlare con Garnett, andiamo da Warren.
<cosa è successo alla tua casa?> le indico le macerie.
<non ha retto a dovere> ride guardando Garnett dolcemente.
<voi dove vi siete rifugiati?> accenna Garnett.
<alla stazione di polizia, ha una specie di bunker>
<ha retto?>
Annuisco.
<facciamo una cosa. Porta questi a Doc e noi andiamo a cercare un'auto o qualsiasi cosa che funzioni> afferro la borsa e vado verso Doc.
<Grace ti avverto, non voglio figli tra i piedi nei prossimi anni!> esclama ridendo e guardandomi maliziosamente, portando lo sguardo verso Diecimila che si è girato verso di noi.
<ma vaffanculo!> alzo il braccio facendogli il dito medio ridendo un po' per sdrammatizzare, trova sempre un modo per mettere in imbarazzo qualcuno.
<cosa gli hai fatto?> guardo l'uomo che si sorregge alla moglie, hai una grossa benda sulla testa.
<craniotomia decompressiva> incrocia le braccia soddisfatto del proprio lavoro.
<come hai fatto senza un trapano perforatore e un craniotomo?> lo guardo stupita, deve essere davvero bravo a improvvisare.
<un trapano... ma come fai a sapere cosa serve?> mi squadra circospetto.
<ehm...lo so e basta> non aspetto una risposta e vado subito da Cassandra che tiene in mano il mio zaino.
Me lo lancia, lo metto sulle spalle e tengo in mano il fucile.
<com'è andata?> domanda incuriosita.
<la prossima volta che mi chiedi di andare al posto tuo a fare qualcosa ricordami di non ascoltarti, è stato traumatizzante> ci scherzo sopra ma lo è stato davvero! Lei ride pensando che io stia scherzando.
<dove vi siete riparati?>
<stazione di polizia... ma cosa è successo a Murphy?> indico l'uomo che se ne sta in disparte, osservato da Mack, Addy e Diecimila.
<in realtà non lo so di preciso, è andato fuori di testa lì sotto>
Non sono l'unica allora.
Un clacson ci fa voltare, Garnett è alla guida di un camion dei pompieri mentre Warren è sul nostro fedele pick-up.
<veloci andiamo!> suonano di nuovo il clacson.
Vado verso il retro dell'auto, Diecimila mi raggiunge.
<Grazie per prima, per il braccio> lascia il suo zaino nel retro.
<grazie a te che non mi ha lasciata là fuori>
Butto la mia roba in malo modo, tanto gli oggetti non soffrono.
<sai che non l'avrei fatto>
<non ne ero sicura>
<sei una di noi, non lasciamo nessuno indietro> lo guardo, ricambia lo sguardo e sorrido.
<di cosa state parlando?!> spuntano Cassandra e Doc alle nostre spalle, spaventandoci.
<di niente!> esclamiamo all'unisono.
Lo guardo di nuovo e arrossisco.
Riprendo le mie cose e vado sul tetto del camion dei pompieri, per non cadere mi tengo a una maniglia che serve credo per tenere ferma la pompa.
Mi sistemo con il fucile e guardo verso gli altri.
<che c'è?!> esclamo guardandoli, non c'è nulla di male nel stare qui è più comodo per difendere.
Sparo a uno sopravvissuto al tornado, lo guardo cadere soddisfatta mentre calcio il bossolo del proiettile.
<avanti salite!> urla Warren dal pick-up.
Salutiamo le due persone che Doc ha aiutato e ci lasciamo alle spalle anche questa città.

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