Capitolo 22, parte 1
Camminavamo ormai da ore sotto al sole cocente delle aride e desolate strade nella periferia di Minneapolis, ognuno cercava una singola motivazione per poter andare avanti, e la necessità di ritrovare "il pacco" non era abbastanza allettante.
<erba zeta Doc, pensa all'erba zeta> si ripeteva l'anziano arrancando dietro a Warren.
<picchiare Murphy, pestarlo fino alle lacrime> sogghignava Warren tra se e se.
Vasquez era silente, si vedeva che qualcosa gli passava per la testa eppure nessuno sapeva come poterci parlare, come farlo confidare con il gruppo.
Nella sua testa, però, pensava a solo una cosa: gli zero.
Li percepiva, erano vicini, molto vicini; dentro di me anch'io potevo sentirli, come se ci stessero osservando.
E la mi testa vagava mentre arrancavo sul terriccio rovente, tirando avanti cumuli e cumuli di terra, sabbia e polvere.
Non ricordavo da quanto effettivamente stessimo camminando, eppure la stanchezza era tale che nessuno aveva la forza di continuare, come se una bufera invisibile ci stesse spingendo indietro, verso la parte opposta.
Ci fermammo per bere e riposare qualche minuto, lo stretto necessario, seduti sulle ginocchia o su qualche roccia di fortuna.
<Grace..>
Vi fu un sussurro, una voce dolce e leggera, morbida che mi ricordava.. non era possibile!
Mi voltai all'istante, dietro di me vi era il nulla.
<..Grace, salvami!>
Mi voltai di nuovo, se era uno scherzo era davvero di cattivo gusto.
Ma quella voce sembrava così vicina, così reale che sembrò di poterla toccare con mano.
<Lo avete sentito?> domandai, i miei compagni di sventure si voltarono.
<che cosa?> Doc si guardava intorno spaesato, nessuno aveva sentito nulla.
<quella voce, sono sicura di averla sentita> mi alzai da terra cercando freneticamente vicino a me, in lontananza con lo sguardo, non c'era nulla oltre a noi, nulla!
<Grace arrivano!>
Mi fermai all'istante, spaesata continuai a guardarmi intorno cercando Lei ma in quelle terre desolate non vi era nulla oltre a noi: ne una casa, ne un'auto, ne un umano.
Fissavo la strada che avevamo appena percorso, Addy mi incitava a continuare a camminare ma i miei piedi rimanevano fissi sullo sterrato.
Vi fu un sparo, alle mie spalle, mi voltai e lei era lì.
Proprio lei, la mia Mary, di fronte ai miei compagni.
Non riuscii a realizzare, sbattei le palpebre e nel riaprirle la scena era mutata in un istante, che cosa stava succedendo?
Erano tutti in ginocchio, degli uomini incappucciati puntavano loro le armi, dietro a Mary c'era proprio lui, Escorpion.
Il tatuaggio del bambino era ben visibile sull'avambraccio destro, le puntava una pistola dietro alla nuca.
Feci un passo avanti, verso di lei, nella più totale disperazione e gioia medesima di riaverla di fronte a me, viva ma in pericolo.
Bastò quel mio gesto, non riuscii a raggiungerla.
<Adios niña>
Uno sparo e Mary cadde a terra, il suo sguardo era fisso nel mio.
Poi una pioggia di proiettili e nessuno dei miei amici ebbe scampo.
Mi accasciai a terra ritrovandomi a urlare,piangere, implorare che non fosse reale, che non fossero morti tutti, che non fossi rimasta sola, di nuovo.
Escorpion, con il viso ancora coperto dalla maschera, avanzò verso di me sfilandosela dal volto e lasciandola cadere sul corpo di Mary.
Il suo viso non riuscii a vederlo, era lì davanti a me ma completamente offuscato, più cercavo di individuare anche solo un tratto distintivo del suo viso e più il "volto" si oscurava in una nebbia sempre più scura; ma quel tatuaggio... era lui, ne ero certa.
Strisciai verso di lei tentando di raggiungerla per abbracciarla, un'ultima volta, ma lui mi bloccò la strada parandosi davanti a me.
Con le mani stringevo pugni di sabbia e polvere dall'asfalto cercando di aggrapparmi all'ultimo briciolo di speranza che sentivo lentamente svanire.
Premette la scarpa sul dorso della mano sinistra, così forte che le ossa si ruppero e non riuscii a controllare l'urlo che il mio corpo liberò per il dolore.
Riuscii ad alzare appena la testa, abbastanza per vedere il suo volto, come quando uccise nostra madre.
Mi puntò l'arma alla fronte e sussurrò le sue ultime parole.
<Para la Reina. Nos veremos pronto>
Uno sparo, il buio.
Spalancai gli occhi nella completa oscurità.
Dov'erano tutti? Mary ed Escorpion?
Tastai con la mano vicino a me ma non sentii nulla se non il metallo, dovevo essere ancora nel furgone; l'arto e il braccio erano completamente indolenziti, forse per colpa di come avevo dormito, infatti erano gli stessi del sogno..forse era un riflesso incontrollato.
Nel veicolo non c'era nessuno, non si sentì alcun rumore o respiro, ero sola.
Mi alzai a sedere, sudavo freddo, passai il dorso della mano sulla fronte ormai imperlata di sudore, percepivo le gambe e le mani tremare scosse da sussulti.
Una stretta alla gola precedette alcune lacrime incontrollate che si mischiarono al sudore sul collo, presi tra le dita la mia collana e la strinsi nel palmo, vicino al petto, così forte che sentii le ossa del torace dolere.
Quelle immagini erano ancora così vivide nella mia mente ed essermi svegliata da sola non mi stava aiutando, e se mi avessero lasciata lì? Ero tornata ad essere un peso per loro? Anche Diecimila? Per Dylan?
Solo dopo essermi tartassata di domande notai uno spiraglio di luce proveniente dallo sportello accostato, come avevo fatto a non notarlo prima?
Mi sistemai la fascia sul collo e sotto al braccio e strisciai fino al retro del camion, mi avvicinai con il viso al portellone ed ascoltai.
Le loro voci mi giunsero fioche ed ovattate tra qualche risata e sussurri, chiacchieravano forse davanti a un fuoco, erano tutti li.
Quasi meccanicamente uscii dal veicolo e richiusi alle mie spalle lo sportello, mi sentivo alienata dal mio corpo, camminavo ma non ne accorgevo, tremavo e a fatica respiravo.
Neanche mi accorsi di esser arrivata al falò, non sentii le loro voci, e mi sedetti in silenzio contro uno dei tronchi che lo circondavano portandomi le ginocchia al petto, tenendo fra di esse il braccio dislocato, l'altro ad avvolgermi le gambe.
Sapevo che erano vivi, era stato tutto un bruttissimo incubo e mia sorella... restava morta, ogni tanto continuavo a sperare che non fosse lei la ragazza che avevo seppellito, che avevo ucciso.
Qualcuno mi toccò la spalla.
Lentamente passai lo sguardo dalle mie scarpe al falò e poi alla mia destra, da cui era provenuto il tocco.
Mi porse una borraccia, Addy, con un leggero sorriso incoraggiante sulle labbra.
<ti senti bene?> domandò Warren, oltre al falò, con il suo solito sorriso preoccupato in volto.
Presi in mano la borraccia, esitai guardandola e poi annuii in risposta a Warren anche se non ero riuscita nemmeno a guardarla in volto; bevvi un sorso e riconsegnai la bottiglia.
Osservai la mia mano mentre porgevo la borraccia a Addy, come tremava in modo incontrollato e come ogni mio tentativo mentale di arrestarla non andò a buon fine.
Tornai a guardare il fuoco e mi strinsi nelle spalle, ogni folata d'aria mi colpiva in faccia e sulle braccia come se fosse stata neve in pieno inverno; pensai anche di avvicinarmi al fuoco ma non riuscivo a muovermi, il solo pensiero mi appesantì di stanchezza.
<Grace..?> sussurrò lei appoggiando una mano sulla mia spalla.
Alzai appena il viso e appoggiai la mia sulla sua, stringendola anche se piano.
<sto bene> le sorrisi ma la sua espressione non cambiò, sembrava più preoccupata; passò la mano sulla mia guancia e lasciò una dolce carezza.
<è stato solo.. un brutto sogno>
In un attimo mutò, come se avesse capito tutto senza nemmeno una mia spiegazione ma la domanda arrivò comunque.
<che sogno?> domandò Doc beccandosi un'occhiataccia sia da Addy che, inaspettatamente, da Diecimila.
<Doc..!> esclamò Warren, per fargli capire quanto fosse stata poco delicata la sua domanda.
La rassicurai, infondo era solo un sogno, non la realtà, potevo raccontarlo.
Mi schiarii la voce e presi un profondo respiro, rivivendo davanti agli occhi le immagini con sguardo fisso sul fuoco di fronte a me.
<cercavamo Murphy, proprio come ora, una voce mi chiamava, chiedeva aiuto. Voi non avevate sentito niente ma nel momento stesso in cui mi sono voltata a guardarmi intorno, Mary, mia sorella, mi è comparsa davanti.
Un attimo dopo Escorpion e gli Zero vi puntavano le armi alla testa.
Lui, Escorpion, ha giustiziato Mary e mentre cercavo di raggiungerla gli Zero hanno sparato a ognuno di voi.
Erano mascherati, come li vidi il giorno in cui.. mia madre..> mi fermai, un nodo alla gola mi impediva di parlare.
Addy mi porse di nuovo la sua borraccia e dopo averne bevuto un sorso provai a continuare.
<Escorpion si era tolto la maschera mentre veniva verso di me ma il suo viso era completamente sfocato, oscurato. Ha detto "Para la Reina. Nos veremos pronto" e mi ha sparato alla testa, poi mi sono svegliata>
Distolsi lo sguardo dal fuoco, nei loro volti lessi preoccupazione, dispiacere e rammarico, ma io non volevo che pensassero che fossi debole! Era stato solo uno stupido sogno in fondo!
Finsi un sorriso e tornai in me.
<ma infondo era solo un sogno, chi non ne ha di questi tempi> proprio mentre sorridevo cercando di convincerli che stessi bene, mi scese una lacrima sulla guancia, non percepii neanche che stesse per uscire.
Mi passai subito la mano sulla guancia e presi un profondo respiro, mi alzai e continuai a sorridere.
<vado a fare pipì> esordii, sapendo che nessuno avrebbe fatto domande nonostante fosse una menzogna, e mi incamminai nel bosco ai margini della strada.
Alla fine quella zona non era tutta desolazione come nel mio sogno, questo mi fece stare più tranquilla.
Continuai a sorridere finché non fui distante una decina di metri, abbastanza per non farsi sentire ma anche per vedere ancora il fuoco in lontananza.
Mi fermai, appoggiata a un albero, le guance mi facevano male per quel sorriso così forzato che lentamente mi morí in faccia, il viso mi ciondolò tra le spalle mentre le ginocchia cedettero sul terreno umido.
Trattenni i gemiti del pianto incontrollato che sfociò da tutto questo.
Strinsi la mano ancora indolenzita sul petto, la maglia, la pelle, mi serviva sentire dolore per poter illudere il mio corpo e la mia mente che fosse più forte di quello che provavo proprio in mezzo al petto, un vuoto in cui sarei precipitata.
Affondai l'altra mano nel terreno stringendo con le dita l'erba incolta mentre il braccio reggeva tutto il mio corpo dall'accasciarsi a terra
Quei respiri sommessi e incontrollati, per quanto rumorosi, cercavano di placare il bisogno spietato di urlare fino a perdere completamente la voce.
Nulla mi mosse da lí, nemmeno i passi che si stavano avvicinando.
Anche se fosse stato uno zombie non mi sarebbe importato, poteva farne quello che voleva di me, che senso aveva continuare a vivere senza lei? Senza mia sorella!
E per mesi mi ero illusa che sarei stata bene, che fosse stato come perdere una persona qualsiasi imponendomi di dimenticare che fosse sangue del mio sangue, che avessimo trascorso i suoi innocui quindici anni di vita insieme, ogni giorno della nostra vita, ogni giorno dell'apocalisse.
Da quel maledetto giorno tutto era cambiato, io ero cambiata! Non ero più la Grace forte che aveva guidato per quattro lunghissimi mesi un gruppo di adolescenti nel bel mezzo della fine del mondo. Eravamo condannati a morte certa ma almeno ero forte, impavida e coraggiosa; nulla temevo, ne la morte ne gli zombie, solo di perdere la mia famiglia.. e così è stato.
Per quanto mi sia illusa tutto era venuto a galla, in qualche mese, tutta la mia debolezza e incertezza, le sofferenze e i traumi causati da quell'inferno che era diventata la terra; era come camminare sopra a un filo con il vuoto sotto ai piedi, sempre in bilico tra la vita e la morte, tra la ragione e la paura.
Se prima uccidevo zombie ad occhi chiusi, adesso mi capitava di esitare, percepire la paura, sentire la morte che sussurrava nei loro lamenti.
Provai a ricompormi, i passi si stavano avvicinando e il tempo per reagire era sempre minore.
Si chinò vicino a me e voltai solo il viso per vederlo.
<ti cercavo, mi vuoi proprio far preoccupare, non è così?> sapevo fosse ironico ma ormai ero così sopraffatta dalle mie stesse emozioni che senza farlo apposta ripresi a piangere, coprendomi in viso con entrambe le mani, ricurva su me stessa.
Mi ero ripromessa che mai mi avrebbe vista così, non lui, non poteva vedere quanto fossi diventata fragile. Eppure ero crollata, proprio davanti ai suoi occhi, e non avevo nemmeno provato a trattenermi.
Mi prese per le spalle spingendomi contro di sè, trattenendomi e cullandomi, adagiò teneramente le labbra sulla nuca, bisbigliò alcune parole.
<era tutto un incubo, ci sono io con te>
Annuii sfregando il viso sulla sua maglia.
Alzai lo sguardo per guardarlo in volto e con sorpresa di entrambi lo abbracciai lasciandomi cadere su di lui.
<Finirà mai tutto questo? Gli incubi, gli zombie, il vaccino..>
Il dolce sorriso di Dylan calmò la bufera che tempestava nel mio petto, il repentino bisogno di fuggire ancora venne annullato da un solo suo sguardo, eppure perché sentivo che qualcosa mancava in tutta quella sinfonia?
Perché non era come con.. no! Non valeva la pena pensarci, a Diecimila non importava nulla di me, non quanto a Dylan per lo meno.
<presto arriveremo nella splendida California e mentre gli scienziati e Murphy creeranno il vaccino, noi ci prenderemo una bella vacanza dall'apocalisse>
Ero confusa ma divertita dai suoi strambi ragionamenti.
<una vacanza? Andiamo dagli zombie e gli diciamo che siamo in ferie se provano a divorarci?>
Scoppiai a ridere alle mie stesse parole, un po' anche perché ero esausta.
Dylan mi passò la mano sulla guancia, così dolce e delicato che quasi mi ero dimenticata come fossero le carezze.
<no sciocca, ci troviamo una bella isola in cui gli unici a viverci saremo noi. Noi e se vuoi il resto del nostro gruppo!>
Lo aveva chiamato il nostro gruppo, forse gli piaceva davvero stare con loro.. eppure su quell'isola avrei preferito che fossimo soli.
Senza battute di Murphy, i drammi e litigi con Diecimila, senza regole o coprifuochi, turni di guardia e morti. Solo io e Dylan.
Ed ero felice di vederlo sotto quell'aspetto, finalmente.
<mi basti tu, su quell'isola>
Appoggiai il viso sul suo petto, sentivo il suo cuore battere forte.
Sarei rimasta lì con lui per tutta la notte ma uno scricchiolio ci riportò sull'attenti.
<zombie?> sussurrai.
<forse uno scoiattolo> tentò Dylan mentre lentamente ci alzavamo e puntai la torcia nella direzione dello scricchiolio.
Presi il mio coltello dalla cintura, la mia unica arma, e protesi le braccia avanti sperando di riuscire a difendermi.
<scoiattolo zombie?> domandai ridendo appena, togliendo le ultime lacrime dal viso.
Anche Dylan rise, anche se era un po' contrariato dalla mia stupida battuta, mentre cercavamo di capire cosa diavolo avesse prodotto quel rumore.
Ci volle qualche istante prima di sentire dei rantolii.
Presi la torcia di Dylan dalle sue mani e la spensi tornando da lui e posando il palmo sulla sua bocca, mi avvicinai al suo orecchio, sussurrai:
<se noi non vediamo loro, loro non vedono noi>
Annuì e feci scivolar via la mia mano dal sul viso.
Lo presi per un braccio iniziando a fare qualche passo indietro per tornare al campo nel frattempo aumentarono anche i passi dei non morti, dovevano essere almeno 3 o 4.
Il buio era tale da non rendermi possibile individuare nemmeno il suo sguardo, così mi avvicinai di nuovo al suo viso.
<continuiamo ad allontanarci e al mio 3 corri più forte che puoi>
Annuì ancora, con il viso che sfiorava la mia guancia, l'accenno di barba che aveva mi solleticò il viso.
Continuammo ad indietreggiare ma Dylan spezzò un ramoscello con il piede e il crepitio fece arrestare gli zombie, ci avevano individuati.
<corrì!> gli sussurrai tirandolo per il braccio ed iniziando a correre.
I loro passi ci seguivano ma erano abbastanza lontani da poterli quasi seminare, o almeno così sembrava.
Vidi la luce del fuoco del nostro accampamento, presi la torcia di prima e la accesi voltandomi, illuminando il bosco alle nostre spalle scoprendo che ci stavano ancora seguendo anche se rallentati dai fitti alberi.
Ci arrestammo di colpo appena ci trovammo a un passo dai nostri compagni, cercando di prendere fiato mentre prendevo il fucile da terra.
<..zombie..molti!> esclamai tra una boccata d'aria e l'altra.
Bastò la parola zombie per far scattare tutti i presenti in piedi e mentre Addy e Doc caricavano zaini e provviste sul furgone, noi altri ci preparammo allo scontro a fuoco.
<quanti erano?> Warren mi affiancò in quell'istante mettendomi davanti al viso un caricatore, non spostai gli occhi dal mirino e lo infilai in una tasca del giubbotto senza fiatare.
<almeno una decina, potrebbero essere di più> sussurrai sperando che si fossero dispersi.
Passarono pochi secondi di puro silenzio ed il primo spuntò, vicino a Warren, arrivò correndo fino in mezzo alla strada come se non avesse capito dove fossero le prede.
Persino gli zeta erano confusi di quei tempi.
Partì un colpo dalla mia sinistra, per la precisione con cui prese in pieno lo zombie non dovetti nemmeno voltarmi a capire chi fosse stato.
Diecimila si era inaspettatamente spostato, adesso era al mio fianco.
Fece un passo avanti e mi coprì quasi completamente, non riuscivo a mirare in quel modo!
<mi copri la visuale> sussurrai, non volevo che altri sentissero.
<Lo so.> la sua risposta secca mi lasciò così perplessa che tutto ciò che mi circondava per quei pochi istanti non importava più, non mi interessava se ci stesse per attaccare un'orda, volevo solo capire perché lo stesse facendo.
<sali in auto> ordinò il ragazzo.
Non ascoltai, anzi, la colsi come una sfida.
Lo sorpassai e notai come il suo sguardo avesse perso la concentrazione dal mirino finendo dritto sulla mia figura.
Mi avvicinai al fuoco iniziando a spegnerlo a colpi di scarpa sull'asfalto, sperando ogni divinità che non vedendo la luce gli zombie non ci raggiungessero.
Ora tra noi e loro regnava il buio totale.
Mentre dal braciere fumava ancora qualche rametto semi spento, un veloce rumore di passi e rantolii mi fece voltare allerta.
Il primo dei tanti mi si buttò addosso con tale forza che i miei piedi scivolarono sul terriccio secco, mi ripresi all'istante riuscendo a buttarlo a terra e sparare un colpo dritto in fronte.
<bel placcaggio!> esclamò Doc dietro agli mentre correva a mettersi al posto di guida.
Avrei esultato ma il braccio indolenzito mi impediva di sollevare ancora il fucile, non abbastanza per sparare e difendermi.
Feci un paio di passi indietro sistemandomi il fucile sulla schiena e prendendo un coltello dalla cintura.
<ora stai indietro>
Diecimila furioso mi prese dal braccio tirandomi un'altra volta dietro di se, fin troppo vicino a lui.
<posso ancora combattere!>
Mi trucidò con lo sguardo, così furioso che non riuscii più ad obbiettare nemmeno quando prese dal mio giubbotto il caricatore di Warren.
<sali in auto!> ringhiò tra i denti abbassando finalmente il viso verso di me, lontano dal fucile.
Mi squadrò da testa a piedi e si fermò nel mio viso, nei miei occhi e sospirò con quel suo sguardo sempre indecifrabile, quasi rassegnato.
<sali> addolcì il tono e sfiorò il mio braccio con le dita ed io, percorsa da una strana e piacevole scossa, mi ritrassi all'istante dal suo tocco, sentendone subito la mancanza.
Rimanemmo a fissarci, nessuno dei due accennava a volersi spostare, fu uno sparo a farci tornare coi piedi per terra.
Presi Addy per un braccio e la portai con me nel retro del furgone, ormai pronti a partire.
<tutti in carrozza!> urlò Doc sbattendo forte la portiera accompagnato da una scarica di proiettili che atterrò mezza dozzina di zombie.
Vasquez salì di fianco all'anziano poi Dylan entrò nel retro e Warren lo seguì.
Diecimila continuava a sparare indietreggiando, come se ce l'avesse a morte con quegli zombie.
<Diecimila muoviti!> urlò Addy a cui seguì Warren.
Non riuscivo a capire cosa gli stesse succedendo e vedendo gli zombie avanzare così velocemente mentre lui era ancora così lontano dal mezzo mi mandò il cuore in gola.
Scesi dal furgone correndo verso di lui, armata solo di pistola, lo affiancai.
<Diecimila sali dannazione!> quasi implorai sollevando lo sguardo dall'arma, tra uno sparo e un altro.
Ma lui continuava a sparare mentre gli zombie diminuirono per alcuni istanti.
<3187> sussurrò, ignorandomi ancora.
<ascoltami ti prego, dobbiamo andare!>
Sentivo una tale rabbia verso quel ragazzo che ormai ero sull'orlo delle lacrime, ci stava mettendo tutti in pericolo senza motivo!
Ma lui continuava a dettate la sua scia di morti come una ninna nanna, come se fosse stata l'unica cosa ad importargli a quel mondo, e forse era davvero così.
Ormai offuscata completamente da quella strana rabbia che solo lui riusciva a scatenarmi, mi spostai davanti a lui, puntandogli la pistola al viso.
<sali in auto, Diecimila>
Lo vidi esitare, abbassò solo di poco la canna del fucile e lo sguardo da essa, dritto nei miei occhi, sorpreso.
Quel breve istante durò poco, fece partire un proiettile che mi sfiorò colpendo poi uno zeta alle mie spalle che cadde vicino ai miei piedi.
Non abbassai l'arma, rimasi ferrea e in posizione, pronta a sparargli se questo lo avrebbe potuto salvare.
<3193> sussurrò, non un'emozione trasparì dalla sua roca voce.
Feci un passo verso di lui mentre un milione di domande mi confondevano, offuscavano la mente e non mi permettevano nemmeno di sentire i continui spari del suo fucile.
E avanzai ancora spostandomi di poco per far passare la sua arma sulla mia spalla e finirgli proprio sotto al viso.
Teneva fisso lo sguardo nel mirino nonostante percepisse la mia presenza a pochi millimetri dal suo corpo, accennò a concedermi un'occhiata solo quando appoggiai la canna della pistola alla sua tempia.
Gli accarezzai il viso con l'altra mano, ancora dolorante per il brutto colpo di quel pomeriggio, la spinsi contro la sua guancia così che sentisse la pressione della fredda pistola sulla pelle.
Mi alzai sulla punta dei piedi per cercare di arrivargli davanti al viso con il mio e mi avvicinai a tal punto da quasi lasciare un lieve bacio sulla guancia.
<se spari un altro proiettile, io sparo il mio> sussurrai spostando lo sguardo nel suo, finalmente mi stava guardando.
Un brivido mi percorse la schiena e si fermò nello stomaco, come un caldo e piacevole macigno.
Senza pensarci lo sguardo mi cadde sulle sue labbra, Diecimila fece lo stesso appena lo notò.
Distratto abbassò di poco il fucile, quanto bastava per permettermi di afferrarlo e cercare di strapparglieli di mano, fallendo.
Lo teneva saldamente stretto ma questo gli avrebbe impedito di sparare ancora, così lo spinsi verso il nostro mezzo lottando affinché non riprendesse pieno possesso dell'arma.
Ne io ne lui ci rendemmo conto di esserci avvicinati a tal punto al furgone da finirci dentro, cadendo l'una sull'altro.
Diecimila stordito dal colpo contro l'abitacolo lasciò la presa ed io buttai il suo fucile verso il fondo.
Sentii gli sportelli venir chiusi alle mie spalle ma non mi voltai a controllare, eravamo già ripartiti.
Puntai la pistola sulla sua fronte mentre era ancora sdraiato sotto di me e gli presi il viso con una mano per bloccarlo a terra.
<cosa cazzo credevi di fare?!> urlai respirando a malapena per la rabbia immonda che di poco mi avrebbe fatto sparare quel dannato colpo.
Cercò di bloccarmi i polsi portando le mani tra i nostri corpi, lo precedetti abbassandomi su di lui, strisciando sul suo corpo, fino a bloccargli le braccia con il mio petto e stringendo più forte il suo viso fino a farglielo spostare per guardami.
Cercò di dimenarsi sotto di me così strinsi le gambe per bloccargli il bacino, il suo sguardo sorpreso fu quasi piacevole da vedere, chiuse gli occhi cercando di non far notare come li avesse fatti roteare all'insù, come se gli stesse piacendo ciò che stavo facendo.
<spostati> sussurrò a denti stretti quasi sofferente alla richiesta appena fatta.
<rispondimi!> gli urlai in faccia, vidi Addy sussultare poco distante da me, mentre premevo più forte la pistola sulla sua tempia.
<spo-sta-ti> ripetè scandendo duramente le sillabe di quella parola che stavo iniziando ad odiare.
Odiavo anche che non mi ascoltasse, mi faceva sentire impotente, a tal punto che dalla rabbia colpii con forza il pavimento del van con la pistola ed urlai, frustrata.
<okay basta così!> esclamò Addy afferrandomi da sotto le braccia e sollevandomi di peso da Diecimila fino a farmi cadere su di lei.
Warren prese il ragazzo facendolo rimettere a sedere, dandogli un paio di pacche sulla schiena per sistemargli i vestiti sgualciti.
Dylan invece guardava la scena attonito, non aveva mai visto questa parte di me che solo Diecimila era in grado di far uscire.
Cercai di liberarmi dalla presa di Addy ma la ragazza mi tenne ancor più stretta, bloccando ogni mio tentativo.
Prese poi il mio viso con entrambe le mani e lo portò a un centimetro dal suo, guardandomi fissa negli occhi.
<smettila Grace, ti devi calmare> sussurrò impedendomi di voltarmi, riuscendo in qualche modo a farmi calmare per davvero.
<domani la risolverete, non ora> aggiunse ed aspettò il mio annuire per togliermi le mani dal viso.
Rinfoderai la pistola e lanciai una mortale occhiata a Diecimila che, quasi impassibile, ignorò e distolse l'attenzione.
Mi sentivo bruciare di rabbia e il fatto che a lui la cosa non toccasse minimamente mi mandava ancor di più in bestia.
Warren lo notò subito e mi porse ciò che sembrava essere una coperta.
<avanti Grace, prova a riposarti> incitò, forse per il mio bene.
Guardai un'ultima volta Diecimila e mi sdraiai a terra tenendo lo zaino come appoggio per la testa, di spalle a loro e con il viso vicino alla parete del van.
Dylan era seduto a fianco a me, Addy in fondo ai miei piedi.
Nonostante non volessi addormentarmi per alcuna ragione al mondo, la stanchezza prese il sopravvento persino sulla rabbia e caddi quasi all'istante in un sonno profondo.
Narratore esterno
Erano rimasti in silenzio per più di un'ora per essere sicuri di non svegliarla, quando si rigirò nel sonno fino a voltarsi verso di loro, ebbero la certezza che stesse dormendo.
<non dorme da qualche giorno e il viaggio è lungo, lasciatela riposare> sussurrò Addy cercando di non svegliarla e coprendola con la coperta che prima non aveva voluto usare.
<dovresti riposarti anche tu> si rivolse poi a Dylan che appoggiato contro la parete a malapena teneva gli occhi aperti.
Voltò il viso verso di lei e accennò a un lieve e dolce sorriso, negando con il capo.
<preferisco rimanere sveglio, temo possa avere un altro dei suoi incubi>
Addy capì la sua preoccupazione e inevitabilmente guardò Grace, lasciando che la tristezza si impadronisse del suo volto.
<quindi.. le capita spesso? Non era un episodio isolato> disse riferendosi al racconto della ragazza stessa di appena poche ore prima.
Dylan annuì e si appoggiò di nuovo alla parete con la testa, incrociando le braccia in petto.
<quasi tutte le notti da quando abbiamo lasciato il nostro vecchio accampamento. Là ha salvato molte persone ma.. ancor di più sono morte davanti ai nostri occhi e lei continua a darsi la colpa per ciò che è successo>
Tutti loro ancora non sapevano cosa fosse realmente accaduto in quell'accampamento, cosa li avesse turbati a tal punto da non riuscire a parlarne e da lasciare una traccia indelebile nelle loro menti, da causare incubi atroci.
<lei non ve ne parlerà, non è pronta a farlo ma io si>
L'attenzione di tutti si concentrò sul ragazzo, persino Diecimila si era voltato ad ascoltare nella speranza di ottenere delle risposte alle sue mille domande su cosa fosse successo a Grace in quei mesi.
<Grace e altre persone erano partiti in spedizione, dovevano cercare provviste e munizioni per l'accampamento. Erano ben organizzati, in quel campo, ma a lungo andare, con l'aumentare dei sopravvissuti e degli zombie, le risorse iniziarono a scarseggiare. Avevano messo su 3 squadre da 4 o 5 persone, partirono presto quella mattina e sarebbero dovuti tornare circa tre giorni dopo. E mentre loro erano in viaggio la vita continuava allo stesso modo, con un po' di apprensione, ma continuava. Ho smontato dal turno ai cancelli e di li a poco avrei avuto i corsi di addestramento per i principianti, ragazzini e bambini che dovevano ancora imparare a difendersi; molti di loro erano rimasti orfani, quel posto era stata una salvezza per loro.
Poi sono arrivati loro, gli uomini con le maschere, gli stessi che Grace cerca da mesi, gli Zero>
Si fermò un istante colto da un crescente senso di rabbia, il pensiero di non essere riuscito a salvare quelle persone ancora lo tormentava.
<al tempo non sapevamo il loro nome e lei è arrivata quando tutto ormai era finito. Erano meno di noi ma troppo ben organizzati, ci hanno detto di arrenderci, cedere a loro il controllo del nostro avamposto e consegnargli tutte le nostre armi ma noi.. non abbiamo accettato. Hanno fatto una strage. Sono riuscito a contattare le squadre di ricerca per farli tornare indietro a combattere, proteggere la nostra gente, ma arrivarono tardi, ormai era tutto finito e non rimaneva che raccogliere i pezzi di ciò che avevano lasciato con la loro scia di morte>
Continuò a raccontare di tutti quei feriti, della brillante idea di Grace di fare un triage, di come molti però sono morti nell'attesa di essere visitati dai pochi medici rimasti ed infine, della loro decisione di andarsene e lasciarsi tutto alle spalle, tradendo quelle persone.
<in un momento in particolare l'ho vista strana, come se stesse per perdere la ragione. C'era un bambino piccolo, avrà avuto forse 9 o 10 anni, stava apparentemente bene a parte lo spavento e qualche graffio, eppure a un certo punto è collassato. La madre piangeva e chiedeva aiuto, Grace ha iniziato a rianimarlo ma per lui non c'era più niente da fare, si chiamava Simon. Quando ormai se n'era andato e gli aveva concesso la grazia, gli ha dato un bacio in fronte e l'ha chiamato Scott, dicendo che le dispiaceva di non aver salvato nemmeno lui>
Il ricordo vivido di quella scena gli pervase la mente a tal punto che dovette scuotere appena la testa per tornare alla realtà, con le urla di quella povera madre ad offuscargli i sensi.
<non ho mai capito il perché, eppure sembrava sconvolta. È uscita dal rifugio praticamente in uno stato catatonico, per ore ha avuto quello sguardo vuoto, mentre visitava le altre persone>
Inaspettatamente a rispondere fu proprio Diecimila, che con quel suo sguardo penetrante quasi mise inquietudine a Dylan.
<è suo fratello minore, Scott. E non è la prima volta che le succede, comunque> rispose come se fosse disinteressato da tutto ciò, tornando a giocare con la punta di un coltello che aveva adagiato in grembo.
<ora è tutto molto più chiaro, mi dispiace per quello che avete passato, deve essere stato terribile> cercò di confortarlo Addy lasciandogli una dolce carezza sul braccio e un sorriso così contagioso che gli fece fare lo stesso.
<almeno ho trovato la mia Grace>
A quelle parole Diecimila sentì un'ambigua e brutta sensazione al petto, come se lo avessero pugnalato, decine e decine di volte.
Lo sguardo gli cadde sul viso angelico di Grace che, per una volta, dormiva serenamente.
Addy notò subito lo sguardo indecifrabile del ragazzo, nella sua testa balenò l'idea che forse, sotto sotto, entrambi stavano nascondendo qualcosa.
Tentò di raccogliere informazioni, cogliendo l'occasione che Dylan le aveva dato.
<Grace si fida molto di te, non è così?>
Dylan sorrise dolcemente guardando la ragazza dormire, prima di rispondere a Addy con un cenno di assenso.
<abbiamo dovuto entrambi imparare a fidarci l'uno dell'altro, trovandoci da soli è stato quasi inevitabile. Nonostante tutto però non si è mai aperta molto con me sul suo passato, a malapena sapevo dell'esistenza di Mary e il fratello Jason, è sempre stata restia a ricordarli>
Dylan passò due dita sul viso di Grace spostandole una ciocca di capelli finita davanti ai suoi occhi, fino a coprirle la guancia e il naso, e quel misero gesto fece ribollire ogni millilitro di sangue nel corpo di Diecimila.
Addy notò tutto, ancora una volta, e decise di accendere del tutto la miccia per vedere la sua reazione.
<lei è sempre stata riservata, soprattutto nei primi mesi con noi, ti è andata bene. Come quella volta nel vostro accampamento, quando c'è stato quel bacio, non è così?>
Dylan sbarrò gli occhi colto alla sprovvista, non pensava che Grace glielo avesse detto!
Addy posò lo sguardo su Diecimila che era rimasto immobile, paralizzato, con lo sguardo perso nel vuoto per alcuni istanti.
Sembrava stesse pensando o forse solo elaborando ciò che aveva appena scoperto, che non avrebbe mai voluto sentire.
Si riprese dallo stato catatonico e senza dir niente a nessuno dei due, si sdraiò dando loro le spalle e rimase a fissare la parete scura del van, pregando di non sentire altro di quella conversazione.
Quella fu l'ennesima conferma per Addy che non vedeva l'ora di parlarne a Doc per continuare la loro piccola e innocente ossessione sul gossip in quel piccolo gruppo.
<è stato.. è stato un errore da parte di entrambi. Aveva solo bisogno di essere confortata ed è stato un gesto impulsivo, non ne abbiamo nemmeno più parlato anche se..> si interruppe prima di poter dire quel qualcosa che avrebbe esternato i suoi veri sentimenti.
Per Addy però quella singola esitazione lo aveva tradito, tutto era chiaro ora, persino la discussione tra Dylan e Diecimila di quel pomeriggio aveva un senso.
Si diede anche della stupida per non averlo notato prima, era così evidente! Tutti quei litigi, i battibecchi, i silenzi e tutte quelle volte che li aveva colti dormire amorevolmente abbracciati.. come aveva fatto a non vederlo già da tempo? Però Dylan forse le stava complicando tutto? Addy non desiderava altro che indagare ancora e parlare con Grace cercando di estorcere quante più informazioni possibile.
<beh ragazzo> Doc interruppe il suo flusso di pensieri <sicuramente è una fortuna che vi siate trovati, non è facile incontrare brava gente di questi tempi> fece un sorriso sincero pensando che quel ragazzo era stato una manna dal cielo sia per la piccola Grace che per loro, un'enorme aiuto in più.
Dylan sorrise in risposta a Doc e tornò a guardare Grace.
<sono decisamente io quello fortunato, dopo aver perso la mia famiglia e il mio primo gruppo ho sempre viaggiato da solo, finché non mi è capitata questa pazza che lottava contro un'orda intera completamente da sola> al tenero e simpatico ricordo si lasciò travolgere da un sincero sorriso, il modo in cui si erano conosciuti era particolare ma almeno si era instaurata una bellissima amicizia.
Addy osservava attentamente come il ragazzo si comportava parlando di Grace, come la guardava, come la sfiorava.. era chiaro che lui provasse qualcosa per lei.
<siete molto carini insieme> continuò Addy, tentando di andare in fondo a quella storia.
E Dylan accennò a un sorriso discreto anche se dentro di sé era felice che qualcuno finalmente avesse notato che tra loro, forse, c'era davvero qualcosa. Avrebbe sicuramente preferito che fosse quel ragazzo, Diecimila, a rendersene conto così magari avrebbe smesso di mettersi in mezzo ogni volta, nonostante ciò che pensava di quel ragazzino non poteva impedirgli di avvicinarsi a Grace. Finché a lei andava bene lui si sarebbe adattato alla situazione.
<lei non parla molto ma vorrebbe dire ciò che le passa per la testa, è solo molto chiusa in sé stessa per ciò che ha visto e subito> poi si rivolse a Addy e Doc, sorridendo <di voi si fida però, anche se magari non parla di come sta. Mi ha raccontato spesso di voi mentre eravamo in quello stadio, di una sutura che aveva imparato grazie alla sua amica Addy, di come impugnare al meglio il coltello grazie al loro capo Warren, qualche battuta rubata dal saggio Doc e.. molto altro> decise di omettere alcune cose, ad esempio ciò che aveva imparato grazie a Diecimila, che erano molte in realtà.
<e sono felice di avervi potuto conoscere, siete brave persone> concluse, catturando ancor di più la simpatia dei presenti.
Nonostante anche Addy ne fosse ammaliata qualcosa ancora non tornava del tutto sul suo rapporto con Grace ma decise di non indagare oltre, si sarebbe limitata ad osservarli nei giorni seguenti e, al massimo, avrebbe chiesto proprio alla sua amica.
<è un piacere ricambiato> disse Warren dai sedili anteriori, facendo un cenno al ragazzo attraverso lo specchietto retrovisore.
<è meglio se riposate> aggiunse.
E Doc, dopo aver guidato fino a poco prima, non se lo fece ripetere appoggiandosi alla parete del furgoncino e chiudendo gli occhi in un istante.
Lo stesso fecero anche gli altri presenti, lasciandosi avvolgere dalla quiete notturna e da altre mille domande.
Grace pov's
Mi svegliai nel cuore della notte, il rumore delle ruote sull'asfalto preannunciava che eravamo ancora in viaggio.
In quel buio non vedevo nulla, nemmeno le mie stesse mani che portai al viso cercando di eliminare il sudore dalla fronte.
Riuscivo a sentire quanto rumoroso fosse il mio stesso respiro, di come riempisse quel silenzio tetro e tombale, l'unica cosa che mi faceva compagnia in quegli istanti.
Quel profondo buio, però, mostrava davanti ai miei occhi quella orribile immagine che non dava cenno di volersi cancellare in alcun modo; tra chiudere gli occhi o aprirli nulla cambiava, restavo in balia di un limbo di oscurità.
Cercai freneticamente nelle tasche e vicino a me, toccando coi palmi il gelido pavimento del furgone, ma della mia torcia non c'era traccia.
Una luce mi abbagliò un istante dopo, puntata verso di me.
Mi coprii il viso con il braccio cercando di capire chi fosse finché non puntò la torca verso lo sportellone, illuminandoci solo di poco.
<un altro?> sussurrò ma dalla sua voce trapelò solo un tono monotono, quasi annoiato.
Tentai di parlare ma dalla gola non uscì un filo d'aria, annuii invece.
Qualcosa di caldo bagnò la mia guancia e cadde sulle mie mani, abbassai lo sguardo per scoprire che tremassero come foglie e che quella insulsa goccia era una lacrima di terrore che aveva abbandonato i miei occhi.
Passai velocemente il dorso sulla pelle e nascosi le mani in grembo stringendomi in un finto abbraccio che urlava il bisogno di uno vero e proprio.
Mi sporsi in avanti sfiorando con la fronte le ginocchia strette in petto, presi un profondo respiro, poi un altro, un altro ancora.
Nella mia testa pregavo, imploravo che quelle immagini sparissero dai miei occhi, dai miei ricordi.
Qualcosa si mosse di fianco a me e mi sfiorò la spalla.
La sua mano passò sulla mia schiena fino a raggiungere il mio fianco, con una dolce stretta mi avvicinò a lui.
Sentii maggior pressione e un dolce calore sulla schiena, poi l'altro suo braccio passò nel poco spazio fra il mio petto e le mie gambe ancora raccolte, finendo per abbracciarmi.
Appoggiò il viso sul mio collo e giurai di aver sentito le sue labbra sfiorare la pelle, un brivido mi percorse la schiena.
<era proprio un brutto incubo, non è così?> sussurrò, la voce più dolce.
Annuii.
Sentirlo parlare riusciva a calmarmi, sperai che avrebbe continuato anche quella notte, che non mi lasciasse sola.
Sollevò il viso, il suo respiro arrivò dritto sulla mia guancia, era troppo vicino.
<vuoi parlarmi di questo brutto incubo?>
D'istinto mi voltai verso di lui e sobbalzai trovandolo ad appena qualche centimetro dal mio viso che mi fissava così intensamente negli occhi da farmi paralizzare.
Scossi la testa, negando.
Attese alcuni istanti, abbassò lo sguardo sulle mie labbra, tornò di nuovo ai miei occhi.
Le sue iridi brillarono e un accenno di sorriso gli fece incurvare le labbra all'insù.
<vuoi che me ne vada?> sembrava quasi volesse sfidarmi ma con dolcezza, una sorta di gioco di tira e molla che andava avanti da tempo tra noi.
Non risposi immediatamente, forse ero rimasta fin troppo ammaliata dalle sue doti persuasive.
Si spostò di colpo allontanandosi dal mio viso pronto ad alzarsi, appoggiai un mano sul suo braccio tirandolo verso di me, l'altra finì sulla sua gamba, stringendosi su di essa.
<non andare!> mi uscì come una supplica mentre ormai mi ero spinta su di lui, quasi appoggiata al suo petto e retta solo dalla presa delle mie mani sul suo corpo.
E forse mi avvicinai troppo quando mi ritrovai di nuovo a un sospiro dal suo viso, si bloccò di colpo e rimase fermo a guardarmi.
<non andare..> supplicai ancora in un lieve sussurro.
Continuai a sporgermi verso di lui finchè in uno scatto di un secondo portò una mano sotto la mia gamba e con l'altra mano sulla mia vita mi sollevò fino ad avermi sulle sue gambe.
La torcia gli cadde e finì per puntare la sua luce proprio su di noi.
Dal fianco la sua mano scese sulla coscia, scivolando sotto di essa.
Con uno strattone inaspettato mi ritrovai con il corpo completamente sul suo, distanziati solo dalle mie mani appoggiate sul suo petto e quel filo d'aria che passava tra le nostre labbra.
<non me ne vado>
Rimasi a guardarlo come un'ebete, senza riuscire a dire una singola parola.
Avrei dovuto essere arrabbiata con lui, anzi incazzata nera per come si era comportato poche ore prima, per il suo atteggiamento sconsiderato.
Eppure in quell'istante ero solo grata che fosse sveglio e fosse li, davanti ai miei occhi.
E proprio davanti ai miei occhi si parò la terribile scena di quel sogno, quella successione di eventi che mi aveva fatta svegliare agitata e con il cuore in gola.
Vedevo proprio lui, Diecimila, venire morso da uno zombie davanti ai miei occhi, l'unico zombie che non ero riuscita a colpire.
Sentii gli occhi riempirsi di calde lacrime e il viso mutarsi in una smorfia di profondo dolore.
Chiusi gli occhi ed abbassai il viso, lasciando che quelle prime due lacrime mi segnassero le guance.
Cercavo di nascondermi dai suoi occhi ben attenti, invano quando posò una mano sulla mia guancia facendomi sollevare di nuovo il viso sul suo.
<che succede Grace?>
La preoccupazione che percepii nella sua voce fu un altro pugno nello stomaco.
Scossi la testa, non volevo parlare, non ci riuscivo.
La sua mano passò lentamente sulla mia guancia, ancora e ancora finché non riottenne il mio sguardo.
Come lo guardai in viso però scoppiai di nuovo a piangere, esausta di tutto, volevo solo riuscire a dormire tranquillamente per una notte, nulla di più!
Appoggiai il viso sulla spalla e strinsi le braccia intorno al suo corpo, fece lo stesso stringendomi così forte che per un attimo il dolore che avevo nel petto si affievolì, dandomi qualche secondo di sollievo.
<perdonami ti prego, mi dispiace!> sussurrai ancora nella più completa confusione mentale che potessi avere, mentre si separava da me per prendermi il viso e avvicinarlo al suo.
<cosa Grace! Dimmi cos'è successo!> implorò ancora ma al suo sguardo non riuscivo a resistere in alcun modo e cercai di guardare altrove.
<stavo uccidendo degli zeta, erano moltissimi e tu eri con me. Quando mi sono voltata perché sembravano finiti ne sono usciti altri, ho provato a raggiungerti e quando ancora una volta il pericolo sembrava passato mi sono accorta di averne lasciato uno e lui.. lui ti ha.. ti ha morso sul collo e tu..>
Mi prese per le spalle e si impossessò delle mie mani portandosele prima sul collo, poi a scendere sul petto dove le lasciò a sfiorargli la maglietta.
<sto bene, è stato solo uno stupido incubo e non devi chiedermi scusa> sorrise leggermente, solo quel gesto mi fece sorridere di conseguenza.
<quindi sogni anche me?> sorrise di nuovo portando le braccia sulla mia schiena ed unendo le mani dietro ad essa, guardandomi dal basso mentre le mani premevano sulla mia pelle per avvicinarmi a lui. I suoi occhi erano lucenti, brillavano ed erano vivaci mentre mi guardava e in quella posizione gli davano un'aria tremendamente dolce e suadente.
Alla sua domandai annuii imbarazzata, non era la prima volta che lo sognavo.
<e sono solo incubi o anche sogni belli?> domandò ancora, sempre più curioso e sempre più dolce.
Scossi la testa negando, era impossibile mentirgli.
<anche sogni belli, alcune volte>
Si finse sorpreso e continuò a istigarmi facendomi ridere di sottecchi.
<ah si? Sentiamo un po' questi bei sogni che fai su di me, piccola Grace>
Si mise più comodo appoggiandosi alla parete del van e portandosi entrambe le braccia dietro al collo come appoggio, non prima di avermi sistemata di nuovo sulle sue gambe, più vicina a lui.
<avanti, racconta> mi incitò ancora, trattenendo un sorriso.
Dopo solo pochi secondi finalmente mi venne l'illuminazione, al solo ricordo sorrisi come quando mi svegliai da quel sogno.
<una settimana dopo che ero fuggita da voi avevo trovato rifugio in una casa diroccata in mezzo al bosco, quella notte pioveva a dirotto e.. ormai lo sai, non riuscivo a dormire. Però ero così tanto stanca che mi sono addormentata e nonostante avessi paura sono riuscita a dormire sognandoti. Eravamo in una radura piena di fiori, splendeva il sole e mi sembrava di percepire il caldo sulla pelle; tu mi dicevi solo di stare tranquilla, che in realtà era giorno, c'era il sole ed eravamo insieme. Non puoi immaginare la delusione quando mi sono svegliata e non eri lì>
Rise con me appoggiando i palmi sulle mie cosce, facendo su e giù e lasciando una scia di brividi sotto di essi.
<quindi il fatto che fossi sveglio questa notte è stato un bene, giusto?> sussurrò cercando palesemente di provocarmi in ogni modo.
Alla sua domanda sorrisi e mi finsi disinteressata incrociando le braccia in petto, distogliendo anche lo sguardo da lui.
<meh, si dai. Possiamo dire anche così> gesticolai come se fosse una cosa da niente.
<e quindi non sei più incazzata con me per quello che è successo prima all'accampamento, corretto?>
Mi bloccai tornando seria, gli puntai un dito al viso e mostrai il più contrariato e furioso degli sguardi.
<non la farai franca con qualche bella parola, domani tornerò ad ignorarti e trattarti come meriti finché non mi avrai dato una spiegazione plausibile per il tuo comportamento sconsiderato!>
La mia minaccia non fu abbastanza minacciosa per lui che inevce di preoccuparsi iniziò a sogghignare cercando di non svegliare gli altri e non farsi sentire da Warren.
<quindi aspetterai in eterno, ragazzina>
E il fatto che continuasse a ridere non prendendomi sul serio e continuando a provocarmi mi indignò a tal punto che provai ad alzarmi quasi offesa dal suo menefreghismo.
Eppure, per l'ennesima volta, mi ritrovai di nuovo sopra di lui, bloccata dalle sue braccia e con la fronte appoggiata alla sua.
<avanti ragazzina, non litighiamo> sussurrò sfiorandomi la schiena e muovendo appena il viso contro il mio, così che potesse accarezzarlo senza spostare le mani dal mio corpo.
Sospirai ancora colta alla sprovvista dalla nostra vicinanza e cercai di allontanarmi leggermente, e inutilmente aggiungerei.
<non chiamarmi ragazzina> cercai di essere intimidatoria guardandolo negli occhi, invece fece un sorriso più che divertito.
<perché no? Non lo sei infondo?>
Si morse le labbra continuando a sorridere, una combo che mi obbligò a distogliere lo sguardo sperando che non lo notasse mentre il mio respiro diventava sempre più veloce, tutta quella situazione mi stava facendo impazzire.
<se io lo sono, anche tu sei un ragazzino, ricorda che non sei tanto più grande di me> gli feci l'occhiolino e lui si avvicinò di nuovo, fissandomi dritta negli occhi fino a paralizzarmi.
Rimasi immobile finché non risentii la sua voce che, però, mi fece imbestialire.
<chi dei due ha bisogno di dormire tutte le notti con qualcuno, ragazzina?>
Mi ci volle qualche secondo per comprendere le sue parole ma ne fui così offesa che lo spinsi indietro cercando di alzarmi, mi volevo spostare ad ogni costo, non volevo essere ferita ancora dalle sue parole.
Mi prese le braccia bloccandomele e nonostante cercassi di dimenarmi per liberarmi, fu tutto vano, finché non mi ritrovai di schiena sul pavimento del van e il suo viso sopra al mio.
Con un braccio mi teneva le mani bloccate in petto, con l'altro si reggeva per non cadermi addosso di peso.
Mi dimenai ancora finché, esausta e senza fiato, lasciai cadere indietro il capo sulla fredda lamina e cercai di prendere un po' d'aria.
<a volte sai essere un vero stronzo Diecimila> imprecai aspettando che mi lasciasse andare.
Probabilmente era stanco anche lui ormai e mi lasciò, ne approfittai per voltarmi di lato e dargli le spalle.
La pressione del suo corpo sulla mia schiena mi fece capire che si era sdraiato anche lui, una mano salì dalla curva della coscia fino al bacino, la vita, il braccio, la spalla e infine il viso.
Notai come si sporse sopra la mia spalla mentre passava due dita sulla guancia, cercai di non sorridere per il dolce gesto concentrandomi sul motivo per cui ero arrabbiata.
<avanti Grace, stavo solo scherzando>
Mi voltai di scatto per coglierlo guardarmi e trucidarlo con lo sguardo.
<sai perché lo faccio, non dovresti scherzare su queste cose, idiota!> e mi rigirai di nuovo per dargli le spalle.
Tornò ad accarezzarmi la spalla e poi passò il braccio intorno alla mia vita attirandomi a se ed avvicinandomi finché la mia schiena non aderì al suo corpo.
Il suo viso s'avvicinò al mio, sussurrando piano al mio orecchio.
<Non darei mai per scontato il perché hai bisogno di dormire con qualcuno e ci sarò sempre per farlo, se vorrai, ragazzina>
Mi strinsi nelle spalle per eliminare quel brivido che mi percorse da testa a piedi e mi voltai solo per un istante soffermandomi sulla sua espressione rimanendo momentaneamente incantata, girandomi di nuovo e mettendomi comoda per dormire ed ignorarlo.
Si avvicinò fino ad appoggiare le labbra sui miei capelli, vicino al mio orecchio e ridere appena.
<resterò comunque, finché non ti sarai addormentata, anche se non mi vuoi> precisò iniziando ad accarezzarmi il fianco fino alla pancia, avanti e indietro, senza mai smettere.
<domani sarò di nuovo incazzata con te, ragazzino> replicai sistemandomi meglio contro di lui per catturare ogni millimetro di calore.
Lo sentii irrigidirsi contro la mia schiena e soffermarsi con la mano sulla coscia, stringendo più forte la presa mentre tirava un sospiro.
<non desidero altro, ragazzina>
Cercai di rilassarmi nonostante il suo tono fin troppo provocatorio e attesi di addormentarmi; al caldo e al sicuro il sonno non tardò ad arrivare.
Minneapolis, Minnesota
Quando mi svegliai ero sola, o almeno, Diecimila era tornato al suo posto e dormiva ancora beatamente.
Per quanto era rimasto sveglio la notte prima? Pensava davvero ciò che aveva detto?
Ogni volta che parlavamo finivo per essere ancor più confusa, possibile?
Dylan, già sveglio, passava una mano tra i miei capelli mentre ascoltava un qualche discorso da parte di Doc, mentre Warren si riposava vicino a lui.
Mi voltai sull'altro lato facendo notare a Dylan che fossi sveglia anch'io e gli avvolsi il fianco con le braccia nascondendo il viso sulla sua pancia per poter dormire ancora.
Rise, Addy con lui.
<avanti dormigliona alzati, tra poco siamo arrivati>
Mi scosse per le spalle e alla fine mi alzai, sentendo i freni stridere sotto di noi.
<uhm parli del diavolo e spuntano le corna!> fece becco Addy prendendo le sue cose e scendendo per prima.
Si guardò intorno e si voltò confusa aprendo le braccia, brandendo per aria la sua mazza.
<dove diavolo siamo?!>
Scesi anch'io lasciando le mie cose dentro al furgone, mi guardai intorno vedendo solo aridi cespugli.
<nel bel mezzo del nulla, un'altra volta>
Vasquez saltò giù dal posto del guidatore contrariato, sistemandosi la mitraglietta sulla schiena e buttandosi alle spalle le chiavi del veicolo.
<siamo a secco e cittadino zeta non risponde da ore, andiamo a piedi mancano un paio di chilometri> Warren si riappropriò del suo zaino e ci raggiunse sul retro insieme a Vasquez.
Scesero anche Doc e Dylan, l'unico che rimaneva addormentato era, ovviamente, Diecimila.
<qualcuno svegli il ragazzo> ordinò Vasquez caricandosi dei proiettili nel caricatore.
Prima ancora che Doc si avvicinasse a lui lo sorpassai prendendomi l'onore di svegliarlo.
Mi schiarii la voce e lo presi per le spalle, lo scossi così forte che si svegliò di colpo mentre urlavo: <alzati principessa, la carrozza è diventata una zucca per zombie!>
Ci mancò poco che dallo spavento non mi colpisse in faccia, come dargli torto infondo?
Scoppiai a ridere sedendomi sul bordo del furgone e Diecimila sembrò più che contrariato.
<dovrei spararti, solo perché stai ridendo> ciò che doveva essere una minaccia fu piuttosto un altro motivo per cui non riuscii a smettere di ridere e dietro di me anche Addy.
<ho un vago deja vu> affermò ridendo e rivolta a me.
<Monticello? Nello Utah, ricordi?>
<sicuramente io me lo ricordo> si pronunciò Diecimila con un lamento recuperando le proprie cose e scendendo dall'ormai inutile furgone.
<era decisamente a Monticello!> esclamò ancora Addy continuando a ridere a quel simpatico ricordo.
Warren la prese per un braccio spronandola a camminare, lo stesso fece Vasquez con me mentre Doc e Dylan provavano a trattenersi dal ridere.
Riprendemmo il nostro viaggio restando ben vigili su ciò che ci si presentava dalla strada; secondo le indicazioni eravamo a giusto qualche chilometro di distanza da quegli strani laboratori.
Cercammo di tenerci compagnia continuando quella conversazione, parlando poi di Murphy e cosa Vasquez avrebbe desiderato fargli se non fosse stato la missione.
Mi distrassi sentendo i loro discorsi perché davanti a me, per tutto il tragitto, avevo avuto Diecimila che come di consuetudine non aveva aperto bocca.
Camminavo un po' più in fondo rispetto agli altri cercando comunque di rimanere a massimo un paio di metri dall'ultimo del gruppo, la prudenza non è mai troppa.
Tutto ciò a cui riuscivo a pensare, e che mi faceva ribollire il sangue nelle vene, era l'atteggiamento della sera prima di Diecimila, quel suo impormi di non sparare ed ordinare di spostarmi.
Per non parlare di tutti quegli strani comportamenti del giorno prima, su quel convoglio mortale e durante la notte dove un attimo prima era carino, quello dopo mi aveva ferita con le sue parole; cambiava così spesso atteggiamento che ormai era diventato imprevedibile, come ogni mia singola reazione a tutto ciò che faceva.
E poi anche la notte precedente, era rimasto davvero finché non mi sono addormentata nonostante potesse benissimo non farlo.
Tutto quel contatto fisico e visivo, quel senso di vuoto ogni volta che non era abbastanza vicino da sfiorarmi e il terrore che avevo provato dopo quel sogno, temendo che fosse reale.
<mi stai ascoltando?> le dita di Dylan che schioccavano davanti al mio viso mi fecero tornare in me.
<uhm?>
Accennò con la testa davanti a noi, poi a me e il ragazzo che evidentemente stavo fissando.
<lo stavi incenerendo con lo sguardo, dovresti calmarti sai?>
Un sospiro pieno di frustrazione lasciò inaspettatamente il mio corpo quando alzai gli occhi al cielo.
<odio quando fa così e non mi ascolta, gli piace provocare e farmi alterare>
Distrattamente passai una mano sulla fronte per spostarmi il capelli indietro, lo sbalzo di temperatura tra giorno e notte stava diventando micidiale.
Dylan di fianco a me aveva quel suo consueto furbo sorriso divertito, mi scrutava in silenzio e cercava ancora una volta di farmi ragionare, in vano.
<oh avanti principessa, devi rilassarti!> esclamò prendendomi prima per un fianco e poi chinandosi, mi prese in braccio e fece una giravolta su se stesso.
<avanti smettila!>
Ma più cercavo di sembrare seria e più continuavo a ridere, finché non mi rimise a terra e dovetti reggermi a lui fin quando entrambi calmammo le risate.
Appoggiai la guancia contro il suo braccio e lasciai che mi avvolgesse le spalle stringendomi a lui, davanti a noi Doc e Vasquez ridevano, Warren ci incitò a sbrigarci e Addy invece sembrava pensierosa. L'unico che sembrava non prestare interesse era, ovviamente, lui.
Lo scacciai via dai miei pensieri pregando me stessa di non dover pensare più a lui, che nulla potesse rovinare ulteriormente quella già difficile giornata.
Pensai invece a Addy, era decisamente strano il suo comportamento rispetto alla sera prima e non me la stava raccontando giusta. La mia intenzione era quella di andare da lei e cercare, con una semplice chiacchierata, di capire cosa avesse ma senza interrogatori.
La mia idea svanì quando udii un ramo scricchiolare alla mia destra.
Mentre spostavo il braccio di Dylan presi dalla faretra una freccia e la incoccai sull'arco, scrutai gli arbusti aridi vicino alla strada per alcuni istanti prima di individuare cosa avesse provocato quel familiare rumore.
Lasciai la corda tesa dell'arco ma quando la freccia si trovava ancora a mezz'aria, un proiettile colpì lo zombie in fronte e il corpo cadde, lasciando che la mia freccia precipitasse nel terreno pochi metri più avanti.
Sapevo benissimo di chi fosse quel fottuto proiettile, la precisione del foro era la sua fottuta firma.
Mi voltai indignata verso Diecimila che sorrideva con l'angolo del labbro, gioendo dentro di se per il colpo ben riuscito e non vedendomi arrivare.
Lo spinsi con forza e solo per l'imprevedibilità del mio gesto vacillò facendo un passo indietro, riacquistando subito equilibrio e fermezza con la sua espressione dura.
<fottiti Diecimila! Quello era mio!>
Il suo sguardo si inclinò leggermente, come se avessi detto la cosa più sbagliata al mondo ma ormai la rabbia mi aveva accecata un'altra volta, sempre e solo per colpa sua.
<strano, non aveva "stronza" scritto in fronte>
Rimasi sbigottita dal suo tono, sorrideva divertito delle sue stesse parole ma l'unica cosa divertente era la fine che avrebbe fatto quell'idiota.
Provai ad avvicinarmi, volevo colpirlo così forte in faccia da fargli dimenticare il suo nome, ma qualcuno mi prese dalle spalle tirandomi indietro.
Mi liberai in fretta e lo raggiunsi, alzai la mano per colpirlo e lui mi afferrò il braccio, riprovai con l'altro e fece lo stesso continuando a sorridere, come se avesse vinto.
Portai il piede dietro alla sua caviglia e gli sollevai di colpo la gamba, cadde all'indietro e lasciò le mie braccia per attutire la caduta.
Mi chinai su di lui, appoggiata con il ginocchio sul suo petto e un coltello stretto alla gola, sta volta a ridere ero io.
<come mi hai chiamata?>
Si reggeva a stento sui gomiti cercando di spostare il mio peso dal suo petto che lentamente gli faceva mancare il respiro.
Mi squadrò tutto il tempo, ogni millimetro del mio viso, finché non mi accorsi di essermi avvicinata di più, attratta dai suoi occhi.
<possiamo rimanere qui tutto il giorno, non mi batto con te>
Confusa spostai il ginocchio dal suo petto tenendomi in equilibrio su di lui, lo presi per la maglia e lo costrinsi con uno strattone ad alzarsi seduto fino ad averlo davanti al mio viso con ancora il coltello puntato alla gola.
<e perché questa saggia scelta?> sussurrai con il respiro che si bloccò in gola non appena lo vidi sorridere, di nuovo.
<prima di tutto, non combatto con le ragazzine sconsiderate come te. secondo, sei così distratta che non ne varrebbe la pena>
Passò lo sguardo dietro di me verso dove sapevo si trovasse Dylan.
Non ero distratta! Anche se avevo scherzato con Dylan ero pronta a colpire quello zeta se non fosse stato per lui!
<tutte stronzate, non hai le palle per farlo> ringhiai stringendo il manico del coltello nel palmo trattenendo il più possibile la rabbia.
<vogliamo provare?>
Mi lasciò interdetta, il suo tono sempre più provocatorio era così poco da lui che rimasi senza parole per pochi istanti, quanto bastò a lui per strapparmi di mano il coltello e puntarmelo alla gola.
Mi avvolse una gamba con la sua e grazie a una spinta mi portò sotto di se, stesa con le braccia sull'asfalto e disarmata.
Con l'altra mano mi afferrò per lo scollo dello smanicato e tirò su di colpo, premendo sempre più forte il coltello sulla gola.
Si avvicinò al mio orecchio.
<contenta Giselle?>
Senza ragionare gli tirai uno schiaffo in pieno viso che, indubbiamente, lo fece infuriare ancor di più.
Non mi accorsi che mi aveva aperto un piccolo taglio dove teneva il mio coltello.
Ero sicura che non lo avesse fatto apposta, o almeno mi piaceva pensarlo, ed era stato tutto a causa del mio schiaffo improvviso.
Sembrava mortificato eppure ancora furioso, forse ancor più adesso visto che le mie azioni gli avevano fatto fare quello.
Fissava il mio collo allontanando il coltello lentamente ma prima ancora di riuscire a dire o fare qualcos'altro, Doc afferrò Diecimila per le braccia facendolo alzare di peso, nello stesso momento Dylan lo fece a me.
Toccai con le dita la ferita sentendola bruciare, ne raccolsi quel poco sangue che avevo versato e guardai proprio lui, Diecimila.
Con la mano sporca del mio stesso sangue la puntai verso di lui, con quella furia che in realtà mascherava il dolore che quella ferita mi aveva inferto. Non era dolore fisico ma la sensazione era che quel coltello fosse stato conficcato dritto in mezzo al mio petto.
<non osare chiamarmi così!> tentai un'altra volta di avventarmi su di lui ma Dylan fu più veloce e mi bloccò le braccia tra le sue, stringendomi dalle spalle.
<uo, uo, uooo! Calmiamoci tutti!>
Warren si mise in mezzo a noi ma più Dylan cercava di tenermi lontana da lui e più a mia volta tentavo di sfuggirgli per potergli alzare le mani.
Warren mi spinse indietro ed indietreggiai, Doc intervenne prendendo Diecimila e fece lo stesso, solo dopo riuscii a liberarmi dalla presa di Dylan.
Lei ci guardava così contrariata che quasi mi sentii in colpa, con il suo sguardo aquilino e le mani rigide sui fianchi nella posa più autorevole che avessi mai visto.
<dannazione non ero pronta a questa ondata di ormoni adolescenziali, siete quasi peggio dell'apocalisse!> si lamentò facendoci cenno di camminare verso la nostra meta.
<fortuna che non ho avuto figli> Doc con un'alzata di spalle prese diecimila dalle braccia e lo spinse avanti facendolo quasi inciampare.
<l'adolescenza è una brutta bestia> concluse Vasquez lasciandomi però un'occhiolino e accennando di continuare il viaggio.
Continuai a camminare in silenzio per un po' quando Dylan mi pose davanti al viso la freccia che aveva mancato lo zombie poco prima.
<l'ho recuperata mentre gli stavi facendo il culo>
Sorrise per dire che era tutto a posto, era sempre così felice quel ragazzo che quasi non me ne capacitavo.
Lo ringraziai infilandola nella faretra.
<oh, intendi prima che cercasse di tagliarmi la gola?>
Alzò le mani al cielo in segni di resa.
<come se gli avessi lasciato altra scelta, cara mia>
Infondo non aveva tutti i torti, mi ero spinta un po' oltre questa volta ma Diecimila sapeva toccare punti che mi facevano perdere ogni briciolo di senno e controllo.
Sviai il discorso ritrovando, lentamente, la calma necessaria ad essere concentrata nella missione, così mi rivolsi al nostro capo chiamandola dalla testa del gruppo.
<Warren, quindi in questo posto stanno producendo una cura con le erbe, ho capito bene?> fece un mezzo giro su se stessa ed annuì mentre camminava all'indietro, prima di rigirarsi in avanti.
<e quindi la nostra missione potrebbe concludersi oggi, qui, a Minneapolis?> chiesi ancora conferma con un fremito che mi percorse il corpo.
Non volevo che tutto finisse, non ora che li avevo ritrovati!
Warren annuì e subito sentii una fitta al cuore, mi incupii.
<ma ricordate ragazzi, non abbiamo mai avuto molta fortuna con i laboratori finora, non esultate prima del dovuto> puntualizzò riprendendo il suo passo svelto.
Doc si toccò la spalla muovendola avanti e indietro.
<oh zitti, riesco ancora a sentire il proiettile del Dottor Kurtz, quel figlio di puttana presto lo avrà indietro!> imprecò ancora con Addy che rideva di fianco a lui, facendosi raccontare un'altra volta la medesima storia. Dylan sembrò interessato ma prima di raggiungerli per ascoltare quell'ennesima disavventura apocalittica, mi prese per il gomito e avvicinò il viso al mio.
<la nostra vacanza ci aspetta, my lady>
Ammiccò e si allontanò.
Sorrisi all'idea, forse non era una brutta mossa da fare godersi un po' di pace dopo quattro anni di sventure e morte ad ogni angolo.
Con Dylan c'era calma ed equilibrio, tutto ciò che mi serviva al momento.
Mi sarei potuta prendere del tempo per guarire le mie ferite, lasciarmi alle spalle tutta la scia di morti che ormai mi seguiva dalla mia cara e vecchia città d'origine.
Forse era Dylan la persona adatta a me.
***
Arrivammo di fronte a una struttura, dei cancelli ne bloccavano l'entrata.
Un uomo seduto su una sedia bianca ci vide arrivare e ci indicò il lato da cui saremmo potuti passare ma appena ci presentammo di fronte ad esso, lui si bloccò.
<anche voi siete qui per la cura?>
Ci guardammo tra di noi, come se non fosse già ovvia la risposta.
<si esatto> rispose Addy portandosi lo sfracella zombie sulla spalla.
<siete armati> asserì soffermandosi su di lei e la sua mazza; la ragazza rispose con un sorrisino di cortesia portando una mano alla cintura e sfiorando la pistola, così che l'uomo potesse vederla.
<bene> concluse lui aprendo il cancello e lasciandoci entrare.
<aspettate il vostro turno insieme agli altri nel garage, lì vi spiegheranno come funziona>
Warren fece il suo consueto cenno con la mano per fargli capire che avevamo capito, la seguimmo per qualche passo finché non si fermò ad osservare la struttura.
<cosa pensate che intendesse?> domandai più che confusa, tenendo già pronta una freccia sull'arco in caso qualcosa fosse andato storto.
<non lo so ma ho come la sensazione che lo scopriremo presto> mi rispose Warren lasciando una carezza sul braccio per rassicurarmi.
<e credi che Murphy sia qui?> si aggiunse Addy, di fianco a me, sempre rivolta al nostro capo.
Si rivolse a lei con l'espressione di chi ne è sicuro e, annuendo, alzò il sopracciglio e le fece l'occhiolino.
<si, è qui. Sento il suo odore>
Doc si appoggiò alla sua spalla e mise il viso tra me e lei, ancora sorridente.
<secondo me senti l'odore dell'erba zeta>
E infatti, proprio davanti a noi, degli uomini stavano lanciando pacchi su pacchi di erba zeta imballata dentro un furgoncino.
<è il colmo> commentai ridendo.
<è il paradiso!> mi corresse Doc.
Sicuramente sarebbe riuscito a rubarne un po' entro fine giornata.
Mi guardai un po' intorno e, vicino a quel furgoncino per l'erba, c'era una strana struttura in metallo grigio e bianco. Che fossero lì le altre persone? Eppure sembrava troppo ben chiuso, se fosse stata una serra? Infondo parlavano di una cura biologica a base di erbe!
Delle urla interruppero il mio flusso di pensieri, una donna stava cercando di strisciare sotto l'apertura di quella serra mentre uno zombie la teneva stretta per la caviglia e tentava di riportarla dentro.
Implorava aiuto ma gli uomini di poco prima la stavano completamente ignorando; solo quando si voltò verso di noi e la vidi bene in viso la riconobbi.
<oh cazzo ma io la conosco!>
***
Nota autore:
Il capitolo era lungo.. troppo lungo, così l'ho diviso in due parti anche se non sono solita farlo. La prossima (che spero di finire a breve) sarà ancor più sostanziosa.
Spero vi sia piaciuto, a breve si capiranno tante cose <3
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