Capitolo 21

(Capitolo non ancora corretto, scusate per eventuali errori)

Diecimila pov's

Ormai dormivano tutti.
Grace si era girata e rigirata sul posto, coprendosi con solo la giacca, ma alla fine si era riuscita ad addormentare anche lei.
Non provai neanche a riprendere sonno, sentivo che qualcosa stava per succedere, lo sentivo proprio sotto pelle.
Mi alzai dal mio angolo riservato e feci un giro attorno ai miei compagni, dando un'occhiata ad ognuno di loro, controllando che stessero bene.
Il mio occhio ricadde sulla ragazza mora sdraiata e rannicchiata, fra le braccia stringeva una felpa mentre l'unica cosa che la copriva era quella giacca di pelle che ormai in decine e decine di sogni avevo visto. Mi comparivano davanti quelle ali ricamate ma non riuscivo mai a raggiungerle, più correvo e più si allontanavano.
Mi avvicinai a lei, finalmente si stava riposando.
Ignorai l'istinto che mi stava portando ad accarezzarle il viso, così beato avvolto dal tepore del sonno, le labbra socchiuse da cui passava un flebile sospiro, calmo e caldo.
Mi costrinsi ad alzarmi subito e a voltarmi dall'altra parte, con l'immagine del suo viso fissa in testa.
Mi diressi invece verso le porte di ingresso e osservai fuori, nel buio più totale, non riuscendo a distinguere niente se non il nostro pickup, di fronte all'entrata.
Nemmeno un'ombra, nè uno zeta, nè tanto meno un umano.
Quella desolazione più totale mi donava calma, tranquillità, era ciò a cui pensavo quando sparavo.
Che intorno a me ci fosse solo desolazione, eravamo solo io, il mio fucile e il malcapitato.
Chi l'avrebbe mai detto che sarei arrivato a uccidere persone vive pur di sopravvivere, o pur di proteggere le persone che am-... a cui voglio bene.
Tornai a guardare verso i miei compagni, dormivano ancora beati.
Dopo quell'incubo avevo dovuto per forza controllarli, uno ad uno, alla necessità di prove che stessero tutti bene.
Era stato cruento e improvviso, fin troppo reale per i miei gusti, ma per fortuna solo un incubo.
Ecco spiegato il motivo per cui preferivo l'insonnia: se non dormi, non sogni.
Mi era bastata quella mezz'ora scarsa per farmi pentire di aver ascoltato quella ragazzina che mi aveva imposto di dormire.
Appena lei aveva chiuso gli occhi ero riuscito ad addormentarmi, fu il risveglio che invece fu traumatico.
Ero così assorto dai miei pensieri, dalle immagini di quell'incubo impresse nei miei occhi, che non mi accorsi dei passi furtivi che si allontanavano dall'accampamento di fortuna alle mie spalle.
Mi voltai all'istante, i miei occhi saettarono tra un corpo e l'altro steso a terra, l'unico che mancava era proprio il suo.
Dannata ragazzina, pensai contrariato.
Nemmeno la notte mi lasciava tranquillo.
Vidi la sua ombra sparire nel buio, verso i bagni, sembrava essere di fretta anche se barcollava un po', stordita.
Provai una serie di fitte in mezzo al petto, ero...spaventato?
No, impossibile.
Ma la curiosità mi spinse a seguirla, correndole dietro.
Raggiunsi le scale che portavano ai bagni, un livello più in basso rispetto al resto della struttura, ma di lei non vi era traccia.
Eppure doveva essere li.
Sentii dei rumori, dei lamenti, provenire da una delle cabine dei bagni, tutti con le ante spalancate, ma dallo specchio non vidi riflesso nessuno all'interno di essi.
<Grace?>
Chiamai il suo nome, passarono alcuni secondi e poi rispose.
Un semplice <Mh?> ovattato.
Cercai in ogni bagno fino ad arrivare all'ultimo.
Era inginocchiata a terra, con una mano si teneva i capelli e con l'altra si teneva la fronte, appoggiando il gomito alla tavoletta del wc.
Lasciai il fucile a terra e mi inginocchiai dietro di lei,  appoggiai una mano sulla sua schiena, una a prenderle i capelli al posto suo.
<che succede?> sussurrai dietro di lei, la necessità di vederla in viso mi stava uccidendo.
Avvolse con le dita la mia mano, quella che teneva i suoi lunghi capelli, poi scosse leggermente la testa come se stesse negando mentre prendeva dei profondi e laceranti respiri.
<non mi sento bene> riuscì a sussurrare, tra un respiro e l'altro.
<lo vedo ma.. perché?>
Fino ad appena 5 minuti prima stava dormendo beatamente, adesso invece era accovacciata e stremata in quello spazio così stretto da dare la claustrofobia.
<Mh..aspetta!> mi fece cenno con la mano di attendere, mezzo secondo dopo aveva entrambe le mani a reggerle la testa mentre vomitava.
Non capivo cosa avesse.
Si, la sera prima era molto debole, ma non stava così male.
Pensai anche di svegliare Doc o Warren che di sicuro ne sapevano più di me, ma qualcosa me lo impedì, e poi di sicuro Grace non avrebbe voluto.
Si mise a sedere sulle proprie ginocchia mentre passava un pezzo di stoffa sulle labbra, sedendosi appoggiò la schiena al mio petto trovando un sostegno.
Lasciai andare i suoi capelli adagiandoli dietro alle spalle, così che non le dessero fastidio sul viso.
Grace prendeva dei profondi respiri, tremava e il viso era imperlato di sudore.
Si mise una mano sulla pancia, iniziando a massaggiarsela da sola, con un espressione che era un po' un misto tra un bambino malato che chiedeva attenzioni alla madre e un cucciolo che ti fa gli occhioni per avere un premio.
Insomma, in quei momenti, con quello sguardo, quella dolcezza innocente, mi aveva in pugno.
Istintivamente portai una mano sopra alla sua, a cullare il suo dolore allo stomaco, appoggiai il viso sulla sua spalla e avvicinai le labbra al suo orecchio.
<stai meglio?>
Adagiò la schiena sul mio petto ma subito dopo si spostò contro una delle due pareti ai lati del water e con gli occhi chiusi annuí; mi sedetti di fronte a lei ma lo spazio era così ristretto che per starci lei tenne le ginocchia divaricate, e io unite, un Tetris.
<quindi..che è successo?> tentai, senza farle pressioni.
Con ancora le braccia che le stringevano il corpo, ma con il respiro regolare, mi guardò dritto negli occhi e un brivido mi percorse la schiena.
I suoi occhi erano lucidi e un po' rossi, sicuramente per lo sforzo e per il poco sonno,  vedevo che si stringeva in se stessa per smettere di tremare, anche se ancora era molto evidente, e aveva la fronte imperlata di sudore, la pelle pallida come un cadavere.
<forse l'incubo che ho fatto, era così reale che mi ha fatta sentire male. Mi succede quando provo delle emozioni molto forti, tipo ieri...forse sono ancora scombussolata>
Ieri? Era stata così?
<ieri?>
Annuì ancora, molto tranquilla.
<prima che Cassandra mi riconoscesse ero andata in bagno, Addy mi aveva seguita e mi era risuccesso. È una novità anche questa>
Poi il suo sguardo si concentrò improvvisamente su di me, guardandomi con occhi quasi completamente aperti, inquietante.
<e tu perché sei sveglio?>
Eccola di nuovo nei panni di Sherlock Holmes.
<incubo, anch'io> un po' evasiva come risposta? Probabile. Mi interessava? No, tanto avrebbe fatto le sue mille domande e congetture, a cui non avrei risposto.
<so che non mi dirai su cosa fosse, ma comunque mi dispiace, sono estenuati>
Grace che si arrendeva così facilmente? Doveva stare veramente male per non curiosare fino all'osso nei miei pensieri più nascosti.
Il suo viso era stanco, segnato da quella notte quasi insonne e dal malessere fisico, sembrava una bambina spaventata.
Si torturava le dita che teneva in grembo, forse ripensando al proprio incubo.
Mi alzai in piedi e le porsi entrambe le mani.
<vieni, torniamo a dormire>
Con uno sguardo confuso prese le mie mani, percepii dalla sua stretta quanto fosse debole.
Si mise in piedi e subito vacillò, feci un passo avanti e si appoggiò a me.
Con le mani stringeva la mia maglia, nascondeva il viso contro di essa, prendeva respiri profondi.
Nel silenzio che regnava tra noi posai le mani sulle sue costringendola a lasciare la presa sulla maglietta, me le portai dietro al collo e afferrandola da sotto le gambe la presi in braccio.
Sussultò, fu inaspettato.
<non devi..>
Ma la interruppi subito, non volevo sentire storie.
<sei troppo debole, ti porto io>
Adagiò il viso sulla mia spalla stringendosi le mani all'altezza delle mie scapole.
<grazie> lo disse in un sussurro, così impercettibile che pensai di essermelo immaginato.
Feci la strada a ritroso, per fortuna la stanza era illuminata dal lieve fuoco che ancora ardeva al centro.
Mi fermai dove avevo lasciato le mie cose, appena feci il gesto di metterla giù si strinse a me, con le gambe intorno al mio bacino.
Sentii un brivido.
<non voglio dormire, fare ancora quell'incubo...>
Quando aveva paura ma non voleva dirlo le veniva sempre fuori una vocina dolce, innocua, velatamente terrorizzata, proprio come in quel momento.
<dormo con te, se vuoi>
Si spostò dalla mia spalla per finirmi di fronte al viso, troppo vicina.
<non voglio tenerti sveglio, hai bisogno di dormire>
Adagiò un dito sotto al mio occhio destro, segnando l'occhiaia ormai scura che lo segnava.
<dormiamo tutti e due, giuro>
Annuì, non molto convinta,
La aiutai a scendere da me, tenendola stretta per i fianchi, aiutandola anche a sdraiarsi a terra.
Dio quanto sei debole Grace, era l'unica cosa che martellava nella mia testa.
Si voltò sul fianco dando le spalle al fuoco e ai nostri compagni.
<ti prendo lo zaino e la giacca> la avvisai, chinato alle sue spalle, la vidi annuire.
Lasciai le sue armi lì dov'erano e presi zaino e giacca, mentre mi rimettevo in piedi l'occhio mi cadde su Addy, che mi fissava nella penombra alzata su un gomito.
Si godeva la scena in silenzio, sorridendo, con gli occhi stanchi di chi si è svegliato da poco, temevo a scoprire cosa avesse visto veramente.
Mi portai un dito alle labbra, incitandola al silenzio.
Lei fece lo stesso e mimò di chiudersi una zip sulla bocca, poi si sdraiò di nuovo, dandoci le spalle.
Chissà che cazzo mi dirà domani. ..
Ma non importava in quel momento, avevo ancora il cuore in gola, per Grace.
Si stringeva le braccia tremando, non capivo se per il freddo o per il fatto che aveva vomitato poco prima, non potevo saperlo.
Mi avvicinai e mi chinai in ginocchio di fronte a lei, mi guardava con occhi stanchi, spenti.
Che diavolo ti è successo Grace!
Dio quanto avrei voluto urlarlo, sapere tutta la verità su quei 4 mesi, sul suo accampamento, su Dylan.
Dovevo ancora inquadrare bene quel ragazzo, a prima impressione non mi era piaciuto, troppo pavoneggiante e presuntuoso, Grace era più semplice e diretta, non voleva mai un grazie in cambio del suo aiuto e se poteva farlo lo faceva senza chiedere e senza mai tirarsi indietro, pronta a sacrificarsi persino per uno sconosciuto.
La mia Grace...
No! Basta con questi pensieri inutili, non era mia e mai lo sarebbe stata, nemmeno lo volevo, era solo la persona più vicina a una mia coetanea che avessi visto negli ultimi tre anni e mezzo.
Si esatto, quella era la spiegazione più logica, mi rivedevo in lei, non volevo morire io e per questo la proteggevo, perché la rivedevo in me.
<metti questa sotto alla testa> le porsi la sua giacca già piegata, non fece domande e ubbidì.
Presi una di quelle coperte che aveva messo nel pickup lei stessa, non l'avevo usata ma a lei serviva, rischiava di ammalarsi.
La sistemai sopra il suo esile corpo, la prese con le mani e se la portò fino al mento mimando con le labbra un "grazie".
Le accennai un sorriso e mi sdraiai di fianco a lei con un braccio a reggermi la testa, tenendo qualche centimetro di distanza, mi serviva per preservare un minimo di lucidità.
Che andò completamente a puttane appena mi sfiorò il braccio con la mano e il suo corpo aderì con il mio.
Merda.
Fissai il soffitto, anche se quel contatto mi aveva fatto fremere ogni centimetro di budella dentro di me.
<promettimi che andrà tutto bene> sussurrò, la voce stanca, sommessa.
A quelle parole voltai il viso verso di lei, troppo vicina dannazione.
<che non ci saranno più vittime innocenti, che staremo bene e arriveremo in California, ci sarà un vaccino e Cassandra tornerà la mia Cass>
Gli occhi si riempirono di un velo di lacrime, la voce spezzata ma che cercava di controllare, inutilmente.
<ti prego Thomas, ti prego, promettimelo>
Mentre sussurrava il mio nome mi cadde lo sguardo sulle sue labbra, Dannazione a me!
<ti prego...> quella supplica fu come una coltellata nel cuore.
Mi voltai sul fianco tenendo sempre il braccio come appoggio per la testa e senza riuscire a pensare le presi il viso con l'altra mano, così vicini.
<andrà bene questa volta, arriveremo in California e risolveremo tutto, ci sarà presto una fine a tutto questo>
Dio, sentivo così tanto il bisogno di toccarla, stringerla, abbracciarla, che non mi riconobbi.
Mi spaventai per quelle sensazioni e tornai nella mia modalità base; freddo e distaccato.
Mi allontanai di qualche centimetro dal suo viso, riprendendo le dovute distanze affinché non accadesse l'irrimediabile, di nuovo.
Grace sembrò più tranquilla allora mi voltai di nuovo sulla schiena, evitando il suo viso ad ogni costo.
Chiusi gli occhi, costringendomi ad arrivare a uno stato simile al sonno, per quanto dormire mi risultasse impossibile ma dovevo per forza almeno riposare, saremmo ripartiti di prima mattina e la strada che ci aspettava non era per niente sicura, dovevo esser pronto a tutto.
L'unico modo in cui riuscivo a prendere sonno era ripassando a mente tutti i passaggi per smontare, pulire e rimontare il mio fucile.
Ma quello non bastò, nemmeno facendolo 3 volte, lentamente.
Un altro modo era contare, proprio come con gli zeta.
Iniziai, esasperato.
Uno, due, tre... duecentocinquantotto, duecentocinquantanove, duecentosessanta... quattrocentosettantacinque, quattrocentosettantasei, quattrocentosettantasette... cinquecentonovantasette, novantotto, novantanove... seicento.
Ancora niente, nemmeno un accenno di sonno o stanchezza.
Lei starà dormendo? Pensai col timore di voltarmi, scoprirla a guardarmi e a farmi beccare.
Se in cinque minuti ci sono trecento secondi, allora dovevano esserne passati almeno dieci, la fisica non poteva cambiare nonostante l'apocalisse.
Di sicuro dorme, prova a guardare.
Dannata curiosità, dannata insonnia e dannata Grace!
Voltai il viso.
Gli occhi chiusi, il volto calmo e rilassato, le labbra leggermente aperte da cui usciva un flebile accenno di respiro, lento e regolare.
Bene, stava dormendo.
Scrutare il suo volto, i suoi lineamenti, era sempre quasi impossibile a meno che non accadesse mentre litigavamo, faccia a faccia, urlandoci addosso tutta la rabbia che avevamo represso, per poi far finta di nulla cinque minuti dopo, tutto passato insomma.
Quella era una delle poche e rare volte in cui potevo osservarla mentre dormiva, senza urla, senza sarcasmo o battute, senza nessuno che ci interrompesse.
Solo io e lei, anzi.
Io che guardavo lei.
Fui preso alla sprovvista quando mi prese il braccio con la mano, completamente nel mondo dei sogni, e la strinse avvicinandosi al mio arto.
Finii per avere il suo viso sulla spalla, il braccio destro che mi avvolgeva completamente mentre teneva in ostaggio il mio braccio sinistro stretto dalle ginocchia rannicchiate verso il petto e quest'ultimo, tenendomi la mano avvinghiata alla sua.
La mia mano avvinghiata alla sua, fra le sue gambe.
Era una tortura, una fottuta tortura, e non potevo nemmeno spostarmi!
Pensa ad altro, pensa ad altro oltre che alla tua mano nelle sue cosce...basta!
Mi rassegnai.
Mi feci d'appoggio con il braccio libero e continuai a guardare il soffitto.
Però il calore dato da quel corpo era rilassante, tanto che senza rendermene conto chiusi gli occhi, sentendo ancora il profumo dei suoi capelli,

***

Grace pov's
Numerosi giorni dopo

Desolazione, solitudine e lampi, ecco cosa ci stava guidando dal lato opposto rispetto a quella strana tempesta di radiazioni, un ennesimo e piccolissimo effetto collaterale da cui il gruppo stava scappando ancor prima di incontrarci, ma quella massa di nubi stava avanzando velocemente in qualunque direzione andassimo.
Mi avevano parlato di un'esplosione, un'altra, molto distante da lì a cui avevano assistito ma di cui non erano stati la causa, non sapevo se crederci o meno ma di quei tempi ordigni ed esplosioni nucleari erano all'ordine del giorno, senza contare che non ci fosse più nessuno in grado di fare manutenzione a quei complessi impianti, forse solo mio padre...
Si era visto com'era andata nelle Black Hills: esplosione scampata ma alto tasso di radiazioni, e la benedizione di Stubbins con il suo "avrete il cancro entro i prossimi vent'anni".
Una meraviglia, insomma.

Non riuscivamo a trovare una singola auto che potesse portarci il più lontano possibile da quelle inquietanti praterie...e il più vicino possibile alla California.
Dovevamo aggirare la nube e sperare che i venti non cambiassero e non ce la spingessero di nuovo contro, mentre noi in quel momento camminando ci stavamo allontanando dalla terra promessa.
La cosa più positiva di quel momento era che la mia salute sembrava essersi rigenerata in quelle due settimane scarse, tra dormite incontrollate, le strane caramellino gommose alle vitamine di Doc e qualche cosa in più da mangiare.
Nonostante i giramenti di testa dovuti al troppo sforzo persistessero si erano in qualche modo placati, sia nella minor frequenza che nella durata dei postumi.
Quindi qualche cosa stava andando per il verso giusto, almeno.

<stiamo andando nella direzione sbagliata, di nuovo!> esclamò Murphy interrompendo il mio flusso di pensieri mentre a fatica scalavamo quella collinetta.
<non ci hai lasciato altra scelta, troppe radiazioni a Ovest> replicò Warren facendo ammenda alla propria infinita pazienza, ma la intravidi comunque alzare gli occhi al cielo scocciata dalle sue lamentele.
<di nuovo, non è certo colpa mia!> insistette l'uomo, beccandosi un'occhiata torva persino da Doc, che lo riprese, ancora.
<Murphy non farmi ripetere il significato di "arma collaudata di distruzione di massa">
Ma Murphy era di mille parole oggi, proprio non demordeva!
<come sai che la California è ancora lì?>
Intervenne Vasquez, esasperato anche lui.
<sei messo male, ti conviene che esista ancora>
Vasquez lo spinse in avanti.
La tensione era palpabile.
Murphy si voltò lentamente verso l'uomo ispanico, uno sguardo glaciale in volto.
<non mi sembra che tu sia il mio capo> sentenziò.
La situazione si stava mettendo male e non eravamo nelle condizioni di aggravare il nervosismo generale, vista la nube tossica che ci stava seguendo da giorni.
Mi misi in mezzo ai due uomini, appoggiai le mani sui loro corpi allontanandoli l'uno dall' altro, mi raggiunse anche Warren facendo lo stesso.
<lei lo è> sentenziò sempre Murphy indicando con un cenno della testa verso Warren.
Poi guardò me.
<e lei il vice> accennò nella mia direzione.
Rimasi di stucco per un secondo, poi incoraggiai Murphy a riprendere a camminare, Warren gli diede persino una spinta.
<e non fare il lecca culo con me!>esclamai così che tutti sentissero, per metterlo un po' in ridicolo, nonostante mi avesse lusingata con quell'affermazione.
<come se ti dispiacesse> sussurrò Dylan alle mie spalle, beccandosi una gomitata dritta nel costato, imprecando.
<te la meriti> gli feci l'occhiolino e ricominciai a camminare, vicino a Addy e con a lato Cassandra, tenendo d'occhio quest'ultima.

Ci fermammo su un piccolo crinale, Warren davanti a tutti chiamò a sè Diecimila.
<fammi usare il tuo mirino> ordinò porgendo la mano nella sua direzione, già concentrata nell'osservare l'orizzonte.
Diecimila glielo diede senza esitare, senza una parola, e lei si portò il fucile vicino al viso, scrutando la vallata.
Mi avvicinai a loro, affiancando la donna dal suo lato libero, Diecimila mi guardò di sottecchi.
<ah! Ma guarda qui!> esclamò Warren, ironica, abbassando appena il fucile.
<fammi vedere> dissi, facendole cenno di passarmi il fucile del ragazzo.
Sulla strada sterrata sotto di noi vi era un'auto, o forse era una jeep, ribaltata su un lato, completamente in fiamme.
Uno zeta uscì strisciando da essa, in fiamme anche lui, riabbassai il fucile a quella vista così tetra.
<c'è uno zeta> sussurrai, riconsegnando il fucile alla donna.
<lasciamolo libero, meglio non sparare da queste parti, il colpo risuonerebbe in tutta la vallata>
Annuii, d'accordo con lei, era stato il mio stesso ragionamento.
Diecimila si voltò a guardare Murphy e Cassandra, lui seduto su una roccia mentre lei gli massaggiava le spalle con sguardo assente, vuoto, che fissava nel nulla.
<che facciamo con lei?> sussurrò a Warren, non facendosi ascoltare nemmeno dagli altri nostri compagni.
<Cassandra?> domandò lei, tornando poi a guardare nel mirino.
<quella non è Cassandra, non più>
Mentre pronunciava tali parole, il suo sguardo sconfortato mi colpì dritto nel petto, ignorai la sensazione.
<forse riuscirà a tornare in lei, una volta in California> lo confortò la donna, con un mezzo sorriso.
<forse..> annuì lui, ad auto convincersi.
<già.. forse> sussurrai senza accorgermene mentre fissavo la ragazza.
Rivolse uno sguardo nella mia direzione, era esattamente come quello che mi aveva riconosciuta pochi giorni prima, che aveva svelato la mia identità al gruppo: malinconico, triste ma con una nota di speranza, come se si ricordasse ancora di me.
Mi venne la tachicardia insieme al pensiero che forse la mia cassandra ancora c'era, bloccata in quel corpo che non le apparteneva più, ma la sua anima era ancora la stessa di prima del morso, con pensieri e ricordi che ci riguardavano tutti.
Murphy fece un cenno impercettibile con la testa e lei tornò a fissarlo e a massaggiargli le spalle: era di nuovo sotto il suo controllo.
Un brivido mi percorse la schiena, quell'uomo mi inquietava.

Warren mi riportò alla realtà mentre un frastuono si stava avvicinando sulla strada, ci radunammo sul crinale e un camion, anzi, una serie di camion e macchine si susseguirono passando nella radura.
<Che diavolo è? Una sorta di trenino post-apocalittico?> chiese Doc con gli occhi spalancati dallo stupore.
<Beh non è di certo "quel treno per Yuma">
Apprezzai la citazione di Warren, in effetti la trama del film si adattava perfettamente alla nostra missione: un gruppo di sopravvissuti a una guerra, seppur apocalittica, che scortava un prigioniero alla sua prigione, ovvero la California dove chissà quanti test gli avrebbero fatto.
Il convoglio si fermò a causa di spari improvvisi provenienti da quell'auto in fiamme.
C'erano persone vive al suo interno? O forse era solo un'esca?
<non gli conviene scendere> sussurrò Warren, riferita a chiunque stesse guidando il camion in testa al treno.
<sarà un massacro> replicò Addy.
<non si attraversa una valle senza aspettarsi un'imboscata, non guardavate film western da piccoli?> rispose acido Murphy, beccandosi uno sguardo gelido da Warren.
<quando andavano di moda non ero neanche nata> gli risposi di tutto punto, mi fulminò con uno sguardo a cui risposi con uno splendido e falsissimo sorriso.
Tornammo tutti concentrati sulla strada, gli uomini dei camion scesero rispondendo al fuoco, idioti.
Sentivamo le loro voci ma ovattate, c'era troppa distanza tra noi, quello che sembrava il capo del convoglio aveva un tono molto autoritario.
<toglietevi subito dalla mia strada!> aveva urlato, verso gli sconosciuti.
Altri colpi, un primo uomo cadde, morto.
Altri uomini, nemici oserei chiamarli, raggiunsero i pochi nascosti dietro all'auto in fiamme, a bordo di alcuni quad.
Continuarono a spararsi l'uno contro l'altro, avevo perso il conto dei caduti in quella insulsa battaglia.
<sembra se la stiano cavando, per ora> sentenziò Diecimila, osservando anche la differenza numerica tra i due gruppi
<niente male per dei bersagli facili!> constató Warren, ancora con l'occhio nel mirino.
Ma doc dietro di lei era quasi preoccupato.
<pensate che dovremmo, non so...dargli una mano?> nemmeno lui era troppo convinto della sua affermazione.
Misi il mio arco sulle spalle, sopra allo zaino, ed estrassi la mia pistola dalla fondina alla gamba, facendo scattare la sicura.
Si voltarono verso di me, feci un cenno con la testa a Warren.
<ci sto, ma devo procurarmi un fucile>
Vasquez prese la canna del fucile che teneva Warren, la abbassò di colpo.
<pensa meno da missionario e più da mercenario,  aspettiamo e rubiamo le auto dei vincitori>
Warren gli regalò uno dei suoi sguardi più temerari e gelidi, l'uomo non si scompose.
<forse non potremo salvare il mondo..> si riprese l'arma e la passò al proprietario, Diecimila.
<..ma possiamo salvare loro>
Vasquez scosse la testa contrariato mentre Warren diede ordini su come muoverci.
<Dylan, sei bravo con quella?> domandò il tenente indicando la sua mitraglietta.
<mi chiamavano Occhio di Falco, nell'esercito> affermò sicuro, facendole un occhiolino lusinghiero.
<Bene. Grace e Vasquez con Diecimila. Addy e Dylan con me. Voglio un cecchino per ogni squadra> ci indicò le direzioni da cui avremmo colpito.
<Doc, tieni d'occhio lui> accennò alle sue spalle, Murphy <e lei> Cassandra.
Ci separammo, seguii Diecimila e Vasquez lungo il crinale, rimanendo bassi per non farci vedere.
Trovammo una collinetta, più uno sprazzo di terra che però sembrava abbastanza compatto da attutire dei proiettili.
Diecimila restò nella parte più bassa del terreno, doveva rimanere coperto per prendere la mira e sparare;  Vasquez si teneva grazie a delle radici contro la parete terrosa, io aiutandomi con esse provai ad arrampicarmi, volevo controllare la situazione da sopra e grazie a dei cespugli sarei rimasta coperta.
<non è stabile> provò ad avvisarmi Vasquez ma non gli diedi retta, la mia testardaggine non mi aveva abbandonata in quei 4 mesi di assenza.
Riuscii ad arrivare in cima, mi tenni alle radici dei cespugli con le mani e osservai la scena.
Proprio di fronte a me, alla base della collinetta, c'era il cadavere di un uomo, ma l'unica cosa che vidi davvero fu il fucile che teneva ancora in mano.
Sei mio.
Dietro al suo corpo invece due uomini continuavano a spararsi usando l'auto in fiamme, ormai spenta, come riparo.
Mi voltai verso i miei due compagni e con la mano segnai un due, annuirono avendo ricevuto il messaggio.
Iniziai a scendere, molto lentamente, ma una delle radici sotto ai miei piedi non resse e scivolai lungo la parete cercando di atterrare come meglio potevo.
Due braccia mi presero in tempo, da sotto le mie, stringendomi sul petto con una tal forza che quasi non toccai terra coi piedi nel cadere.
Mi sfuggì un sospiro di sollievo e gratitudine, avevo davvero rischiato di farmi male.
Mi lasciò andare e mi voltai verso di lui.
<cosa ti avevo detto?> Vasquez mi rimproverò riprendendosi la pistola che aveva gettato a terra
<avevi ragione mi hermano>
Sorrise scuotendo la testa, adorava e odiava quando lo chiamavo cosi.
Che a dirla tutta aveva iniziato lui, il giorno che eravamo ripartiti, dopo che avevamo condiviso la nostra storia; ringraziandomi mi aveva chiamata hermana, sorella, da allora lo chiamo così, fratello.
Diecimila ci fece cenno di avanzare, pronti a far fuori quegli sconosciuti, per aiutare altrettanti sconosciuti.
Ironico, vero?
Diecimila fu il primo a sparare, colpì un uomo su un quad ma riuscì a sfuggirgli, eravamo nel caos più totale tra rumori di spari, motori e nubi di polvere ovunque.
Vasquez ne colpì un altro, lo prese ma di striscio, questo continuò a correre salendo su un altro quad.
Diecimila e Vasquez si guardarono, ci fu appena un cenno tra loro e il cecchino sparò un colpo, dritto alla nuca del nemico che cadde sul volante finendo fuori strada, schiantandosi contro una serie di alberi.
Nel mentre mi affrettai a prendere il fucile da quel cadavere che avevo adocchiato e in una sua tasca trovai anche un caricatore pieno, una cosa buona almeno.
Regolai il mirino, era quasi identico al mio vecchio fucile, più pesante però.
<secondo me non ti ricordi come si usa> affermò sicuro Diecimila, sempre pronto a istigarmi.
<ti piacerebbe!> esclamai di rimando facendo scattare la sicura, mirando a un uomo che correva nella nostra direzione e sparando un singolo proiettile.
Cadde all'istante, non si sentì nè un verso nè un lamento, si udì solo il boato del colpo.
Mi voltai verso di lui e Vasquez mi fece un cenno di approvazione, soddisfatto.
<va bene anche così>
Diecimila rimase a fissarmi per qualche istante poi distolse lo sguardo rimettendosi il fucile in spalla.
Era calato il silenzio, niente più spari, la battaglia era finita, per ora.
<forza, raggiungiamo gli altri> incitò Vasquez venendo verso di me, il ragazzo lo seguì.
Si avvicinarono a me e L'ispanico mi diede una pacca sulla spalla.
<ben tornata a bordo, cecchino>
Mi scappò un mezzo sorriso, mi era mancato usare il fucile.
Stetti dietro di loro mentre cercavamo Warren, dovemmo andare fino alla fine del convoglio per intravederle.
Ero coperta da entrambi, sentii solo la sua voce da lontano.
Un figura si presentò davanti a me e mi corse in contro, ci misi qualche istante a riconoscerlo.
<Dio per fortuna stai bene, non riuscivo a trovarti> Dylan mi abbracciò all'improvviso spingendomi verso di lui, mi teneva una mano tra i capelli, sentivo il suo cuore battere all'impazzata contro il mio viso.
Ricambiai quel gesto, così stranamente affettuoso, rassicurandolo che stessi bene.
<e poi guarda che bel giocattolino mi sono trovata!>
Si staccò e vide il fucile che tenevo fieramente in mano, gli si riempirono gli occhi di gioia.
<sei proprio tornata alle origini allora>
Passò una mano sui miei capelli lasciando una carezza che scese fino alla guancia, sfiorò la pelle mentre mi guardava fisso negli occhi.
Rimasi stupita sia dalla sua preoccupazione che da quel gesto, era da tanto che non rimanevamo da soli o che qualcosa del genere accadesse.
Dal campo per la precisione, quella notte in cui.. lo avevo baciato.
Diamine era tutto così confuso! Erano giorni che Diecimila a stento mi parlava e si era allontanato, al posto suo Dylan si era riavvicinato, dopo essersi ambientato all'interno del nuovo gruppo.
E alla fine ci rimanevo in mezzo io, che non capivo ne il comportamento di uno ne dell'altro, giusto perché non bastava l'apocalisse per mandarmi fuori di testa.
Passai lo sguardo alle spalle di Dylan, mi sentivo osservata.
E infatti..
Addy e chi se non Diecimila, che ci fissavano con le braccia incrociate sul petto, parlavano piano tra loro.
Fu Warren però a interromperci.
Ci radunò tutti e la seguimmo nella parte più in fondò dell'ultimo camion, dei lamenti sopraggiunsero.
D'istinto alzai il fucile ma Vasquez subito mi fece cenno di abbassarlo.
Erano persone quelle da cui provenivano i lamenti, ammassate nel cassone di quel camion, erano messi abbastanza male.
<ci penso io> sussurrò Addy a Warren, salendo insieme a quelle persone per aiutarle.
<resto con te, forse posso aiutare> salii con lei, non sapevo cosa avessero quei poveri sopravvissuti ma vedere delle persone innocenti ridotte così mi spezzava il cuore.
<Dylan e Diecimila, restate con loro finché non torniamo. Io e  Vasquez sentiamo cos'hanno da dire questi tizi> Warren si dileguò seguita da Vasquez.
Diecimila si sedette sul bordo del cassone, Dylan rimase in piedi.
Addy stava cercando di svegliare un uomo ricurvò su se stesso, forse troppo debole per risponderle.
Ma cosa avevano tutte quelle persone? Non potevano di certo esser state morse o si sarebbe già trasformate da un pezzo!
Lasciai il fucile, l'arco e la faretra vicino a Diecimila, presi dallo zaino una bottiglietta d'acqua e mi avvicinai alla prima donna sulla mia sinistra, allungandogliela.
Era riluttante a prenderla.
<è acqua pulita, guardi!> ne bevvi un sorso e gliela passai di nuovo.
La afferrò con mani tremanti, quasi le cadde.
Appoggiai la mano sulla sua e la aiutai accompagnando la bottiglia alle sue labbra. Ne prese un sorso e mi chiese di passarla agli altri ma prima mi venne un'idea.
<aspetti, forse ho qualcosa che può farvi stare un po' meglio> rovistai freneticamente nella borsa e tirai fuori delle bustine di zucchero, avrei dovuto ringraziare Doc che mi aveva costretta a prenderle.
<che ci fai con dello zucchero in mezzo all'apocalisse?>
Accennai solo uno sguardo verso diecimila prima di rispondergli, iniziai a versarne due dentro la bottiglietta.
<per quando mi gira la testa> sentenziai.
Addy mi fece cenno di passarle le altre bustine che versò nella sua bottiglietta e ricominciò a farla bere a quelle povere persone.
<ha ragione, li aiuterà> disse fiduciosa.
Finimmo in fretta le nostre bottiglie, nel medesimo momento ci guardammo sconfortate, come se il sogno di poterli aiutare fosse già finito.
I due ragazzi ci fecero voltare, tenevano le loro bottigliette tese verso di noi.
Addy prese entusiasta quella di Dylan, lui fece un'occhiolino nascosto, la vidi arrossire.
Non è che a Addy...
Non era il momento di pensarci.
Diecimila stava ancora aspettando che prendessi la bottiglia, appena la toccai gli sfiorai le dita, fu come mettere una mano nel fuoco.
Alzammo entrambi lo sguardo, nello stesso istante, guardandoci.
Possibile che avesse avuto la stessa sensazione?
No, impossibile, era stata sicuramente solo una mia impressione.
Mi voltai all'istante, addy e io ripetemmo il medesimo passaggio e lasciammo l'acqua rimanente al ragazzo che sembrava stare meno peggio, rannicchiato a sinistra del veicolo e avvolto da una coperta.
La tentazione di chiedere cos'avessero era tanta, troppa; la mia curiosità un giorno o l'altro me l'avrebbe fatta pagare cara.
Proprio mentre stavo aprendo bocca Doc spuntò dal nulla.
<venite, Warren deve parlarci>
Recuperai le mie cose e seguii il resto del gruppo rimanendo indietro, stavo cercando di trovare la soluzione a quel quesito: da dove provenivano quelle ferite?
Sembravano abrasioni, alcune ustioni, altre piaghe.
Tutti i sintomi mi ricordarono di un episodio specifico della vita di mio nonno che mi aveva raccontato però mio padre, una volta iniziata l'apocalisse.
Ma non poteva essere fisicamente possibile, come avrebbero potuto quelle persone...
Mi scontrai con Addy, ferma di fronte a Warren.
Feci un passo indietro massaggiandomi il naso per la botta contro il suo zaino.
<Scusa Addy, pensavo a quelle persone là dietro e mi sono distratta>
Si spostò per farmi spazio e passò una mano sulla mia spalla, a confortarmi.
<lo so, anch'io ci sto pensando> accennò a un sorriso, non molto convinto ma speranzoso.
Warren iniziò con il suo rapporto.
<il tizio che guida questo convoglio si chiama Sam Caster, stanno andando a Edmonton, ci daranno un passaggio se li aiuteremo a proteggere queste persone da altri attacchi, continuiamo verso Est finché non abbiamo aggirato quella nube, il vento per allora dovrebbe essere a nostro favore>
Troppe informazioni in una volta sola.
<Edmonton? Che diavolo c'è là?> Doc mi precedette.
<freddo, gli zombie odiano il freddo> rispose Diecimila.
<e i moribondi in quel camion?> chiese Addy, precedendomi un'altra volta.
Warren abbassò un istante lo sguardo.
<avvelenamento da radiazioni>
Avevo ragione, e brava Grace.
<non arriveranno mai vivi> constatò Addy, tutti ci avevamo pensato.
Poi mi venne un'idea geniale.
<forse li posso aiutare!> esclamai, forse un po' troppo entusiasta.
Era molto azzardata come teoria ma anche se non avesse funzionato nel caso almeno potevo mettermi l'anima in pace per averci provato.
<puoi? Come?> subito vidi la speranza negli occhi di Addy.
<è azzardato ma se funziona almeno allevieremo le loro sofferenze. Un balsamo curativo molto efficace, posso farlo qui ma non ho alcune cose che mi servirebbero..>
La mia testa già stava calcolando con cosa poter sostituire degli ingredienti quando Warren interruppe il mio flusso di pensieri.
<prima mangiate qualcosa, poi troveremo ciò che manca a Grace. Sam ci ha offerto un po' delle sue scorte di cibo>
Annuii anche se ero da tutt'altra parte con la testa.
Ci sedemmo sulla fiancata del camion e aspettammo che Warren tornasse con le suddette scorte. Lei e Vasquez se ne andarono subito per richiamare Murphy che stava parlando con un uomo dalla giacca rossa, sembrava uscito da un ricovero di tossicodipendenti degli anni Ottanta.
Eravamo messi a semicerchio, per quanto possibile visto lo spazio minimo che avevamo.
Presi dallo zaino un libretto, non l'avevo mai mostrato a nessuno dei presenti, solo a Dylan in un paio di occasioni che era risultato utile.
<Ecco da dove avresti tirato fuori le tue pozioni magiche, streghetta> Dylan indicò il mio quadernino che avidamente custodivo da quasi quattro anni.
<ringrazio mio nonno per l'illuminazione> mi cadde lo sguardo su Diecimila, lui sapeva tutta la storia, vedevo preoccupazione nel suo sguardo.
<spiegati meglio> incoraggiò Addy, mangiando tranquillamente insieme agli altri.
Avrei omesso molti dettagli ma quella almeno era una storia degna di essere raccontata.
<avevo già visto queste ustioni in alcune foto di mio nonno risalenti all'86. Era un fisico nucleare ed era stato reclutato dall'esercito per andare in aiuto nella vecchia Unione Sovietica, pochi giorni dopo il disastro di Chernobyl. Quindi ho ricollegato quelle ferite con le loro ma non potevo esserne certa, comunque a questo stadio e senza cure vere non sopravviveranno più di qualche settimana, se sono fortunati>
Ci fu qualche secondo di silenzio ma io ero troppo concentrata a sfogliare il quaderno per trovare la giusta ricetta lasciata da Charlotte.
<incredibile! Allora è una cosa di famiglia il nucleare> disse Addy, palesemente facendo allusione alle Black Hills.
Annuii.
<ma queste persone per avere queste ustioni ma esser sopravvissute dovevano essere molto vicine all'esplosione> ragionai a voce alta, senza accorgermene.
<e tu cosa saresti diventata? Scienziato come tuo padre o Chirurgo come tua madre?> la domanda di Doc mi colse alla sprovvista, ogni volta mi scordavo che ormai sapevano quasi tutto della mia vita.
<a me piacevano le armi, a otto anni già dicevo di voler diventare "la miglior soldatessa d'America"> mimai la mia voce insolente di quando ero piccola, tutti ridevano quando lo dicevo, non mi prendevano sul serio.
<oppure chirurgo da campo> aggiunsi ridendo.
Entrambe le opzioni erano esilaranti di quei tempi.
<ti dirò, se nell'esercito avessi avuto una come te sicuro mi sarei risparmiato molto lavoro sporco in certe missioni> Dylan mi sorrise ma io scoppiai comunque a ridere.
A ripensarci una Grace nell'esercito avrebbe fatto molto ridere.
<la donna dai mille talenti> continuò Addy ammiccandomi.
Mi sentii arrossire, nel momento peggiore fra l'altro.
Feci finta di nulla, ignorai quell'apprezzamento sentendomi gli occhi di tutti addosso e mi concentrai nel trovare la ricetta che mi serviva.
<c'è l'ho!> esultai adagiando il libro al centro, così che si potessero avvicinare a guardare.
Addy lèsse a voce alta.
<ma dove le troviamo tutte queste cose? Non abbiamo ne un fornello, ne un pentolino, ne il mortaio e nemmeno il burro di Karitè, diavolo sembra la spesa di mia madre nel suo periodo di floriterapia>
Fu ancora più confusa nel leggere i passaggi.
<ho alcune cose che possono sostituirli, fortunatamente qualche giorno fa ho trovato i fiori che mi servono mentre scendevamo da quella montagna>
Tutti ricordammo i 3 giorni precedenti di fatica e mancanza di sonno pur di sfuggire alla nube radioattiva che sembrava inseguirci.
<quindi sei in grado di farla?> chiese conferma Dylan.
Annuii, sperando che andasse tutto bene.
<allora dopo lo facciamo, adesso mangia qualcosa>
Mi sorrise.

Guardando quel che stavano mangiando quasi mi pentii di aver accettato, sembrava disgustoso, un qualcosa ai funghi in un barattolo ben poco invitante.
Ne riuscii a mangiare due cucchiai poi iniziò a venirmi la nausea, odiavo quel genere di cose nell'apocalisse.
La diedi a Doc che fu più che contento del pensierino e mentre attendevo che finissero tutti di mangiare mi lasciai cadere nei ricordi più remoti del mio inconscio, tentando di riportare alla mente l'immagine di Charlotte che preparava quell'unguento.
Lo avevamo usato un paio di volte in quei mesi, in avanscoperta: una volta per Sebastian che si era ferito in uno scontro e la ferita si era infettata, la volta dopo era toccato a me, un'ustione abbastanza grave sulla caviglia.
Al tempo usavo delle scarpe in tela per correre più veloce, poi successe che scendendo da una moto mi era rimasto il laccio incastrato in qualche punto ed ero finita con la caviglia incollata alla marmitta rovente; da quel momento ho imparato la lezione: anfibi>scarpe in tela, soprattutto in un'apocalisse.
Quel balsamo di Charlotte aveva veramente salvato entrambi, non a caso la chiamavamo Salem, per scherzo. Aveva anche un adorabile gattino nero all'inizio di tutto, ogni tanto mi veniva da chiedermi se fosse vivo, se i suoi genitori fossero ancora a casa ad aspettarla e anche quelli degli altri, o per lo meno chi non era già venuto a mancare da tempo.
Ma quei ricordi stavano diventando sempre più tetri e mi obbligai a tornare alla pura realtà, che tanto meglio non era.
Addy mi stava parlando ma non l'avevo ascoltata, teneva in mano una ciotola di metallo.
<questa va bene?>
Si vedeva che era stata ricavata da mezzi di fortuna, probabilmente una delle lamiere con cui proteggevano il convoglio, però avrebbe funzionato.
<è perfetta> la rassicurai prendendogliela di mano e appoggiandola di fronte alle mie gambe, oltre il mio zaino.
Guardando gli ingredienti tirai fuori ciò che poteva servire e alcune improvvisazioni dell'ultimo secondo.
Con Addy che mi leggeva passo per passo le istruzioni della "ricetta".
<olio di iperico, o olio di SanGiovanni, veniva usato centinaia di anni fa per curare ustioni, piaghe, ferite infette e abrasioni. Si crea con questi fiorellini gialli, crescono lungo i versanti delle montagne, vengono pestati con il sale per aumentarne le funzioni curative e sprigionare i principi attivi del fiore e sempre per lo stesso motivo la preparazione và fatta alla luce del sole> spiegai mentre pestavo i fiori con il manico di un mio coltello all'interno di quella ciotola improvvisata.
<e il sale?> mi interruppe subito Dylan.
Gli mostrai delle bustine che avevo preso in un locale abbandonato in cui non avevamo trovato niente, meno che questo per me.
<perché ti porti del sale nell'apocalisse?> domandò ancora il ragazzo, quasi ridendo.
Mi sfuggì uno sguardo gelido inaspettato che lo ammutolì, finsi che non fosse successo niente e gli risposi in modo pacato.
<il sale disinfetta. Se non hai disinfettanti puoi usare acqua e sale nelle emergenze>
Doc annuì.
<ti abbiamo insegnato bene, ragazzina>
Annuii con un leggero sorriso, continuando però a pestare i fiori.
Da lì chiesi a Addy di aiutarmi facendole unire una bustina di olio, presa nello stesso posto di quelle di sale, al composto mentre continuavo a mischiarlo.
Poi le dissi di prendere i tre stick di burro cacao, che al suo interno presentava il famoso burro di Karitè di Addy, dal mio zaino e con l'aiuto di un coltello di spezzarlo in piccole parti e unirli al composto.
A quel punto presi un accendino e con molta calma iniziai a passarlo sotto alla ciotola, tenendola con una bandana per non scottarmi, e a fare movimenti circolari sotto di essa, per sciogliere il burro ed unire il composto ad esso.
Ci vollero quasi quindici minuti per fare tutto, appena assunse un colore rossastro ricominciai a mescolarlo ed infine lo adagia sul pavimento del camion.
<adesso aspettiamo che si raffreddi e si addensi, poi sarà pronto per essere usato. Sicuramente sarà meno efficace della versione originale ma dovrebbe comunque aiutare>
Pulii il manico del mio coltello e lo misi nella sua fodera sotto alla pistola, legato alla mia coscia.
Sistemai ciò che rimaneva delle mie cose dentro allo zaino ed attesi finché l'unguento non divenne opaco.
Addy subito si tirò in piedi e mi fece strada per tornare dai malcapitati, il resto del nostro gruppo ci seguì.
Fu tutto molto rapido, ci avanzò anche un po' di quel composto e lo lasciammo all'uomo di prima, il più cosciente.
Rivelò d'essere il figlio di Sam, condannato a morte certa dalle radiazioni, ma che il padre non aveva voluto ne abbandonare ne concedergli la grazia, obbligandolo a quella sofferenza.
Era consapevole che non sarebbe arrivato a Edmonton, rassegnato a dover affrontare quel viaggio mortale.
Warren ci interruppe, più puntuale di un orologio svizzero, chiedendo di riunirci.
<Murphy?> chiese Doc non vedendolo con lei e Vasquez.
<con il tizio stanno di prima, è abbastanza stupido quel ragazzo, lo terra a bada> precisò la donna.
Guardai Vasquez, il suo sguardo era inconfondibile.
<uccidiamoli e derubiamoli, so già cosa pensi> gli sussurrai per non farmi sentire dai proprietari del convoglio ma i miei compagni sentirono tutti.
Accennò di si con la testa.
Intervenne Addy.
<l'unione fa la forza. Cibo, acqua, riparo... è meglio che camminare però...>
Si interruppe incerta, fissava un punto fisso alle spalle di Vasquez, il camion dei malati.
Warren colse il suo sguardo.
<il rimedio di Grace allevierà le loro sofferenze ma non li farà sopravvivere a lungo> precisò la rossa, annuii in assenso al suo pensiero.
Warren capì subito.
<il camion ospedale è una zombie-bomba pronta ad esplodere>
Intervenni, per la prima volta.
<dovremmo andare con loro. Se si mette male alla prima sosta li lasciamo e loro andranno per la loro strada. Queste strade non mi piacciono, troppi banditi e ho sensazioni strane, come se qualcosa stesse per andare storto>
Doc appoggiò una mano sulla mia spalla e un po' ridendo disse la sua.
<nonostante il pessimismo della ragazzina le dò ragione, sembra un buon piano>
Mi fece l'occhiolino, risposi con lo stesso gesto, amavo quando mi davano ragione.
<faremo così. Mi servono i ragazzi ora, dobbiamo spostare il catorcio in fiamme dalla strada per ripartire. Doc resta tu con Murphy e Cassandra, sai che mi fido>
Si fece un segno con due dita, appoggiandole sulla tempia e portandole poi in avanti. Il classico segnale di Warren per avvisare che aveva capito, ormai lo usavamo tutti.
<io resto con i malati> affermò Addy, le si leggeva in faccia quanto l'avessero toccata quei poveri uomini.
Warren non le nego l'azione e anzi, la incitò ad andare.
Addy sparì dalla nostra vista.
Seguimmo Warren fino in testa al camion, si mise a parlare con quello che riconobbi come Sam, e Vasquez diede direttive a Dylan e Diecimila.
Stavo avvicinandomi anch'io al veicolo, per poter dare una mano in qualche modo, mi afferrarono per il braccio tirandomi indietro, finii addosso a quella persona.
Confusa mi voltai.
<tu no> furono le sue uniche parole mentre si sistemava gli strambi occhiali da aviatore in fronte, che gli tenevano a bada i capelli ormai ribelli.
Mi teneva ancora il braccio, la presa ferrea che avvolgeva completamente il mio gomito, il pollice che accarezzava lievemente la mia pelle.
<ma->
<no.> sibilò a denti stretti stringendomi sempre di più il braccio, avvicinandosi pericolosamente al mio viso, troppo vicino.
Mi ritrassi appena abbassando il viso ma senza distogliere lo sguardo dal suo, era come se fossi intimorita da lui.
Mi lasciò andare all'improvviso voltandosi dall'altra parte e raggiungendo gli altri verso il veicolo, già intenti a spostarlo.
Rimasi paralizzata, nella stessa posizione, vedevo ancora i suoi occhi cristallini incastonati nei miei.
Fu il tonfo dell'auto a risvegliarmi e riportarmi alla realtà.
Mi stavano raggiungendo, Warren veniva verso di me, poi vi fu un fruscio proveniente dalla mia destra.
Un battito di ciglia ed ero con l'occhio nel mirino cercando da cosa provenisse quel rumore, in mezzo alle aride praterie.
Ci fu uno sferragliare dietro di me, percepii la sua presenza alle mie spalle, lo aveva sentito anche lui?
<l'hai sentito?> sussurrò, impercettibile.
<si, l'ho visto a stento, è stranamente veloce>
Entrambi seguimmo la stessa figura finché non svanì nell'erba alta, abbassammo i fucili.
Superai Warren e gli altri che parlavano di quegli uomini che li avevano attaccati, cacciatori di taglie a quanto pare.
Mi feci strada tra quegli sconosciuti e tornai sul camion, attendendo di partire.
Mi stava seguendo, lo potevo percepire, ma finsi di non accorgermene finché poi non me lo trovai proprio davanti.
Come diavolo aveva fatto a seguirmi e poi a spuntarmi di fronte?
Sussultai per la sorpresa finendo un passo indietro., lui ne fece uno avanti, verso di me.
Rimase in silenzio a guardarmi, dal viso non traspariva nessuna emozione ma sembrava calmo, di sicuro più amichevole dei giorni precedenti.
<che vuoi? Perché mi hai seguita?>
Ancora impassibile, sembrava non mi avesse nemmeno ascoltata, che diavolo gli prendeva?
<lo hai visto anche tu, vero?>
Avevo già capito a cosa si riferisse e annuii.
<era veloce, troppo per essere normale>
Non disse altro, sembrava stesse pensando, ma a cosa?
Poi i suoi occhi incontrarono i miei all'improvviso, il viso serio mi fece preoccupare.
Si stringeva la corda del fucile con la mano mentre guardava intorno a noi, circospetto.
Fece un passo avanti e istintivamente ne feci uno indietro ma la sua mano mi afferrò per la cintura e mi tirò a se con una secca stretta.
<vieni con me, non fare domande>
Deglutii, avevo la bocca improvvisamente secca.
Esitai, non era mia intenzione farlo, ma con il suo sguardo dritto nel mio si presentò nella mia testa l'immagine vivida di quel bacio.
Potevo ancora sentire le sue labbra premere sulle mie, il respiro caldo, le mani che mi avvolgevano e cercavano di raggiungere ogni centimetro di pelle, come era riuscito a esplorare la mia anima in uno sguardo fugace, il mio tremore ad averlo cosi a libero contatto con la mia pelle.
Era troppo, troppo da reggere e sopportare, anzi, ignorare.
Dalla mia cintura la sua mano passò sul mio fianco ed infine sulla mia schiena,spingendomi un altro passo più vicino a lui.
Avevo il cuore in gola, sentivo ogni pulsazione amplificata, come se mi stesse per venire un infarto.
<respira> sussurrò decisamente troppo vicino al mio viso ma lui rimase impassibile, ancora, come se non lo toccasse minimamente.
Di certo non mi aveva aiutata in quel momento di confusione tanto che provai ancora ad allontanarmi spingendolo via con le mani sul suo petto ma lui mi riprese subito tirandomi per lo smanicato, mi tenne ferma contro di lui.
<calmati Giselle>
Chiamarmi con il mio vero nome non era stata una scelta corretta.
Non potevo essergli così soggiogata, avrei dovuto mentire, persino a me stessa.
Chiusi gli occhi e preso un profondo respiro, rilassai i nervi per quanto possibile e la stessa voce di quella notte si ripetè nella mia testa.
Dimentica quella notte.
Dimentica quella notte.
Dimentica.
Riaprii gli occhi pensando solo a quelle parole.
Eravamo solo due sconosciuti in uno stesso gruppo che dovevano svolgere una missione e sopravvivere.
Lo spinsi indietro, lasciò la presa all'istante, stupito.
Poi come se nulla fosse mi fece cenno con la mano di seguirlo.
Imbracciai il fucile e a debita distanza lo seguii.
Mi portò oltre il bordo della strada, vicino a un albero morente, non molto lontano dal camion.
<controllavo la zona e ho trovato questo>
Indicò con la punta del fucile un'area priva di erbacce, intravidi le scarpe di un corpo.
Ripercorsi quel corpo pensando si trattasse di uno degli uomini di quel camion ma come gli vidi il viso portai una mano alla bocca cercando di reprimere un conato di vomito.
I muscoli facciali, o quel che ne rimaneva, erano completamente esposti; un occhio penzolava dall'orbita, le ossa erano maciullate ma la cosa peggiore fu che era uno zombie.
<l'hanno divorato> sussurrai, pensando a voce alta.
<deve essere stato uno Zeta> aggiunsi prendendo un bastone e muovendogli la testa da un lato all'altro.
<ho pensato la stessa cosa> mi rispose passando lo sguardo da me al corpo.
Guardai lui perché non sapevo cosa fare, o cosa diavolo avesse fatto tutto quello.
<diciamolo a Warren, dobbiamo filarcela> proposi facendo un passo indietro.
Annuì.
<dovevo fartelo vedere, te ne intendi di zombie. Speravo avessi più risposte di me>
Ma negai con la testa, non avevo mai visto una scena del genere.
<se gli zeta iniziano a mangiarsi tra loro staranno mutando e...siamo fottuti, presto andiamocene>
Quella scena mi aveva inquietata così tanto da mettermi i brividi, volevo solo allontanarmi il più possibile da quelle praterie.
<ti seguo>
Ci incamminiamo a ritroso, verso il camion.

Un tonfo alle mie spalle mi fece voltare all'improvviso.
Diecimila era sparito.
<Diecimila?> chiamai.
<non è divertente, Diecimila?> provai ancora. L'ansia saliva.
Il suo urlo mi fece raggelare.
<Grace!> Lo gridò così forte che sentii il cuore lacerarsi a metà, come se me lo avessero strappato dal petto e aperto con le mani.
Guardavo ovunque senza riuscire a vederlo per quell'erba alta e fitta, continuava ad urlare il mio nome.
Non può succedere.
Vidi il corpo di uno Zeta chino sul terreno.
Lo presi dalla maglia e con tutta la forza che avevo in corpo lo tirai verso di me, lontano da lui.
Tirandogli un calcio sulla schiena riuscii ad allontanarlo di un altro metro, il tempo necessario per prendere il coltello con la lama più lunga che avessi addosso e scagliarmi contro di lui.
Prima che si girasse verso di me calciai dietro al suo ginocchio, poi l'altro, così forte che le ossa si spezzarono e uscirono dalla pelle putrefatta, cadde in ginocchio.
Si voltò col dorso e prese a strisciare sull'erba mimetizzandosi.
Indietreggiai di qualche passo finché non mi sentii afferrare per la caviglia, intravidi il braccio e lo calpestai così che lasciasse la presa.
Mi abbassai e lo trafissi sulla nuca, quando lo estrassi del sangue mi finì sul viso.
Cercai Diecimila con lo sguardo, era ancora steso a terra tenendosi sui gomiti mentre passava una mano dietro alla nuca.
Mi precipitai da lui chinandomi al suo fianco, gli presi il viso tra le mani e glielo feci muovere da un lato e dall'altro controllando ogni centimetro di pelle, le passai sul collo, sulle clavicole spostando la maglia fino alle spalle finché non mi prese un polso e tornai a guardarlo.
<calmati!> esclamò così forte da farmi sbarrare gli occhi e fermare il respiro in gola.
<ho solo battuto la testa, non mi ha morso> disse con voce più calma, vedendo la mia reazione.
Lasciò il mio polso e passò la stessa mano sulla mia guancia pulendomi dal sangue, avvicinai la mia alla sua stringendola con le dita.
<sto bene> aggiunse con un mezzo sorriso, uno dei suoi.
Lo spavento era stato così forte che non mi ero accorta di niente, nemmeno di come avevo ucciso lo zombie.
Mi lasciai cadere sul prato tenendogli ancora la mano stretta, esausta e con il cuore che batteva alla follia.
Mi ressi su una mano cercando di riprendere fiato, dallo sforzo e dallo spavento infernale che avevo provato.
Necessitavo di qualche minuto per migliorare quella situazione che mi perseguitava da settimane; mi era bastato quello sforzo per perdere le forze e in un'apocalisse questo mi avrebbe fatta morire in breve tempo.
<stai.. bene?> probabilmente nemmeno lui sapeva cosa chiedermi o cosa avessi, diventava sempre più strana anche la situazione tra noi.
<sono senza forze>
Mi sedetti meglio sull'erba lasciandogli la mano, strinsi le mie ginocchia con le braccia, vicino al petto, confortandomi.
<come va la testa?> domandai, per evitare a mia volta delle sue domande.
<bene penso, non è la prima volta che mi succede> vidi come si massaggiava la testa con la mano e mi fece quasi tenerezza, era buffo e dolce allo stesso tempo anche se le sembianze da duro rimanevano quelle.
<tieni> mi porse la sua mano.
Aveva cercato dentro a una tasca qualche secondo e mi rivolse il palmo aperto.
Mi scappò una risata nonostante la confusione.
<perché hai delle caramelle?>
La presi fra le dita e la scrutai, improvvisamente mi sentii più felice, una felicità innocente e anomala per me, come se fossi tornata bambina in un istante.
<per queste situazioni, hai detto che ti aiutano> fece spallucce come se fosse una cosa da poco quando dietro quel gesto c'era la premura che ne io ne lui volevamo dimostrarci a vicenda, non dopo l'ultima notte.
Con un sorriso lo ringraziai e mangiai quella caramella, che un pochino aiutavano sempre.
Diecimila si alzò in piedi porgendomi entrambe le mani.
<torniamo dagli altri, non è sicuro qui> si voltò appena per scorgere il corpo dello zombie ancora fresco, meglio andarsene al più presto.
Camminammo l'uno affianco all'altra, continuavo a controllare dietro di me temendo che un altro zeta comparisse all'improvviso, quello di poco prima era stato tremendamente veloce e vicino, e in più temevo che il colpo alla testa che aveva preso Diecimila in realtà fosse più grave.
Poteva non essere niente come poteva benissimo essere un trauma cranico, però sembrava stare bene, più in forma di quanto stessi io.
Forse notò che ero preoccupata, sovrappensiero, spaesata.
Percepii la pressione della sua mano sulla mia schiena, calda sulla pelle appena scoperta sopra alla cintura mentre le sue dita lasciavano lievi carezze.
Non dissi nulla, mi beai di quel lieve tocco fino a sentirmi finalmente calma, di nuovo concentrata nel mondo reale, non più persa nei miei pensieri.
<ragazzi!> Doc si stava sbracciando davanti a noi, Warren ci venne in contro.
Diecimila ritrasse subito la mano, appena lei fu abbastanza vicina da poterlo notare.
<partiamo tra pochi minuti, vi voglio tutti sui camion in posizione di tiro. Conto su voi due soprattutto> la donna ci indicò e subito io e il ragazzo ci scambiammo un fugace sguardo.
<chi starà con i malati, Addy non può farcela da sola, e se si dovessero trasformare?>
L'idea di perderla o che qualcosa le potesse succedere mi mandò di nuovo in tilt, volevo andare con lei e accertarmi che quelle persone stessero meglio, per quanto possibile.
<non ti preoccupare, ho mandato Dylan a sorvegliare, così lui potrà sparare dal lato posteriore. Doc sarà in un'auto subito dopo di loro, se qualcosa andrà storto interverrà>
Warren pensava proprio a tutto, ancora una volta era riuscita a stupirmi per quanto fosse prevedibile di ogni possibile fattore in campo.
Non a caso aveva tutta la mia fiducia dal primo giorno che l'ebbi incontrata.
<e Murphy?> domandò il ragazzo.
Warren sembrò contrariata, qualcosa doveva essere successo per forza.
<Sam ha voluto farlo mettere con i malati, l'ha beccato fumare erba zeta con Doc e il suo amico strambo, il Demolitore. Ma meglio così, se qualcuno si trasformerà riuscirà a gestirlo>
Non riuscivo a definire se fosse un bene o un male che stesse con i malati, il pensiero che potesse morderli e renderli come Cassandra mi terrorizzava. Nessuno si meritava una fine del genere.
Diecimila interruppe i miei pensieri e riportò a Warren ciò che avevamo visto, ciò che era successo.
Sembrò stupita, turbata ma cercò comunque di tranquillizzarci.
<mettetevi in posizione, io avviserò Sam. Magari ne sa più di noi>
Ci fece cenno di sbrigarci, seguii Diecimila mentre saliva sul camion.
Si posizionò su una specie di torretta, un punto strategico perfetto, ed io rimasi al di sotto per riuscire a muovermi liberamente, se ci fosse stato bisogno di intervenire in altre postazioni del convoglio.
Il suono del clacson preannunciò la partenza e in pochi istanti eravamo in marcia, decisamente più al sicuro che andando a piedi.
Passammo a fianco ad altre auto deragliate, i corpi dei conducenti erano stesi sull'asfalto e dalle loro condizioni si vedeva che si fossero trasformati.
Il cranio di tutti era completamente frantumato, mancava il cervello, il volto era sfregiato.
Distolsi lo sguardo, provai pena per loro.
<chissà cosa li ha ridotti così>
Alzai il viso nella sua direzione, non potevo dare una risposta alla sua domanda.
<mutanti, sono stati loro> quella voce femminile arrivò dalle nostre spalle, dalla parte posteriore del nostro veicolo.
Mi voltai a guardarla, si teneva stretta con un braccio a un'altra torretta simile a quella di Diecimila, che però non era protetta come la sua.
Aveva lunghi capelli bruni legati in una mezza treccia, del trucco sul viso di colore rosso anche se sembrava più un qualche tipo di pittura che le segnava gli occhi fino agli zigomi e il mento, teneva in mano un fucile completamente diverso dal mio, meno preciso.
<mutanti?> domandai confusa.
Annuì e si rivolse a Diecimila, guardandolo intensamente negli occhi, notai un certo interesse anche da parte del ragazzo.
<zombie mutati dalle radiazioni dell'esplosione. Sono agili e veloci, più del normale, hanno i sensi dell'udito e della vista amplificati e mangiano solo cervelli, di zombie o umani non gli importa>
Sembrava sveglia ma saccente, avrà avuto qualche anno in più di me sicuramente.
<devono essere quelli che abbiamo visto prima, giusto Grace?>
Non ascoltai Diecimila, ero intenta a fissare la ragazza, la riconobbi come quella che ci aveva offerto dell'acqua poco prima che mi allontanassi, ricordai anche lo sguardo bramoso che aveva rivolto a Diecimila.
<si proprio loro> Lo liquidai per poi distogliere lo sguardo e tornare a guardare la strada.
Passai l'occhio nel mirino, percepivo qualcosa.
Ne vidi uno di sfuggita e feci scattare la sicura del fucile, sparai un colpo ma lo mancai nettamente, era davvero troppo veloce.
<Diecimila, a ore tre. È veloce>
Sia il ragazzo che la ragazza al mio fianco si misero in posizione, fissavo quell'essere dal mirino e appena Diecimila sparò un colpo, lo seguii con un altro. Entrambi lo mancammo.
<dannazione!> esclamai riposizionandomi.
Ci fu un altro colpo, il mutante cadde a terra.
Mi voltai verso diecimila, ancora concentrato, lo sentii sussurrare.
<3098>
Sorrisi senza accorgermene, mi guardò un istante ma la ragazza sconosciuta ottenne il suo sguardo, rubandolo al mio.
<sei un grande tiratore!> esclamò lei.
Il ragazzo non rispose, sorrise e basta tra il compiaciuto e L'imbarazzato, tornò subito rivolto alla strada ed ignorò entrambe.
Ma che problemi ha? Prima mi cerca e poi mi ignora?
Basta, quei pensieri intrusivi mi stavano distraendo un'altra volta.
Mi spostai dall'altro lato della torretta, solo in quel momento mi accorsi che Warren e Vasquez erano lì, lei aveva messo da parte il mio arco e ci aveva appoggiato il proprio zaino e quello di Vasquez per non farlo cadere, ero già pronta a commuovermi per quel gesto quasi banale ma che per me valeva più di mille parole.
Passando dal lato opposto, dando le spalle a Warren per coprire lei e  Vasquez, mi avvicinai di nuovo a diecimila, che si abbassò dalla torretta per ascoltarmi.
<ci prova con te, perché non andate a farvi un giro?> non so perché mi uscì una frase del genere e per di più con tono così cattivo ma dentro di me era come se andasse tutto a fuoco, provavo una rabbia quasi incontrollabile.
Per un attimo fu sorpreso, poi confuso, alla fine accennò un sorriso, uno dei suoi.
<gelosa ragazzina?>
Lo fulminai ma questo lo fece sorridere ancora di più, ancora appoggiato al bordo che mi fissava, così intensamente che il mio stomaco fece una giravolta.
<io? Ti pare?>
Gli sfuggì una risata.
<sai non è una brutta idea la tua, magari dopo ci faccio un giro, alla prossima sosta>
Un rumore di motociclette interruppe la conversazione, per fortuna, mi stavano per uscire solo parole poco carine per rispondergli.
Si avvicinavano sempre di più, ero quasi sicura che fossero gli stessi uomini dello scontro di prima. Per averne la certezza mi sporsi in avanti, partí un colpo e mentre mi spostavo per nascondermi il proiettile mi sfiorò il viso.
Sentii una goccia di sangue colare lungo la guancia e un lamento mi uscì spontaneo per il dolore, così forte che mi piegai in avanti tenendomi una mano sul viso mentre cercavo di prendere la pistola dalla fondina.
Il dolore era così forte e pungente che dovetti fermarmi un istante contro la parete metallica e prendere dei respiri profondi prima di riuscire a sparare di nuovo.
<stai bene?> la voce di Vasquez mi arrivò ovattata da tutto quel rumore di motori e ruote sull'asfalto, gli risposi con semplice gesto della mano a dire che stavo bene.
Un ultimo respiro e mi sporsi di nuovo da quell'angolo cieco, erano così vicini che distinsi i loro tratti facciali, gli sparai contro ma li mancai di poco.
I due motociclisti si divisero e passarono uno per ogni lato del convoglio.
Sfrecciarono così velocemente che tutti i proiettili miei e di Diecimila andarono a vuoto, fu tutto inutile.
Cercai di seguirli e continuai a sparare passando alla parte anteriore, rimanendo comunque vicina a Warren e Diecimila in caso servisse, e riuscii a colpirne uno alla spalla.
Ormai ci avevano superati, troppo lontani per colpirli.
Sospirai frustrata, odiavo mancare i bersagli!
Mi cadde l'occhio sulla mia mano, sporca di sangue; cercai di pulirla sui pantaloni ma ormai era secco, avevo impregnato anche il fucile.
La riposi nella fondina sconfortata, quella giornata stava prendendo una piega sbagliata e pensandoci bene erano già un paio di giorni che non accadeva nulla di brutto.
Notai come mi tremassero le mani per il dolore del taglio sul viso che molto lentamente si stava attenuando.
Vasquez spuntò alle mie spalle cogliendomi di sorpresa.
Controllò rapidamente il taglio sullo zigomo spostandomi il viso da un lato all'altro.
<dobbiamo sistemarla, continua a sanguinare>
Sentenziò raccogliendo dal mio collo un'altra goccia di sangue.
Andò a prendere qualcosa dal suo zaino e tornò indietro, non diede a me ciò che aveva preso bensì a Diecimila, alle mie spalle, che osservava la scena.
<pensaci tu ragazzo, io copro l'area se dovessero tornare>
Passai lo sguardo dall'uno all'altro confusa, era davvero necessario?
Diecimila acconsentì e mi porse una mano per aiutarmi a salire, avrei dovuto scavalcare così appoggiai le mani sul bordo e feci leva con le braccia, appena riuscii a sedermi sul bordo e prima ancora di portare le gambe all'interno della torretta le sue braccia mi avvolsero la schiena e da sotto alle gambe.
Senza il tempo nemmeno per reagire o protestare mi sollevò di peso portandomi vicina al suo corpo, ma appena adagiò le mie gambe facendomi toccare terra non mollò la presa sulla mia schiena, ancora la avvolgeva completamente e mi teneva così stretta contro di lui che a stento riuscivo a respirare.
Fissava intensamente il taglio sulla guancia e poi i miei occhi e di nuovo il taglio; aveva la mascella serrata e stringeva forte con le dita la mia maglietta come se fosse stato preso da una rabbia incontrollata.
Con essa stringeva anche la mia pelle e non dissi nulla finché non sentii dolore, non riuscii a dirgli nulla e anzi, non volli dirgli nulla.
Preferivo che si sfogasse, persino su di me, purché non trattenesse qualunque cosa lo stesse facendo sentire così, dentro di se.
Chiusi gli occhi e serrai le labbra cercando di ignorare le dita che stringevano così forte la pelle; appena se ne accorse spostò la mano, come se lo avessi scottato.
Cambiò improvvisamente espressione e divenne preoccupata.
Adagiò di nuovo la mano sul mio fianco, sta volta delicato come il petalo di un fiore, sfiorava la pelle che fino a poco prima stringeva come se volesse confortarmi nonostante poco prima mi avesse fatto male.
<scusa per..>
Scossi la testa, per fargli capire che non dovesse scusarsi o preoccuparsi, e gli sorrisi come a dire che andava tutto bene.
Fummo interrotti, un'altra volta, da Warren.
<riparatevi nella torretta, potrebbero tornare a momenti> ordinò facendo cenno di abbassarci mentre il convoglio iniziò a sfrecciare sempre più veloce.
Diecimila eseguì gli ordini chinandosi e rimanendo coperto, io attesi incerta; alla mia esitazione mi afferrò per la cintura e mi tirò verso il basso.
Finii in ginocchia sopra di lui.
Vedendomi esitare ancora, in quell'imbarazzante posizione, mi prese da sotto le gambe e mi tirò su di lui facendomi sedere sulle sue gambe, con il viso a un palmo dal suo.
Mi sfuggì un sospiro per la sorpresa, quel gesto fu più che inaspettato.
Sorrise nel vedermi così, con gli occhi e la bocca spalancati dallo stupore mentre con le mani mi reggevo a lui.
<tranquilla ragazzina, non ti faccio nulla>
Quella sua affermazione mi provocò una serie di brividi lungo la schiena, così tanti che trasalii ma lui ne sembrava divertito, tanto da avvolgermi la parte bassa della schiena con entrambe le braccia e avvicinandomi a lui adagiandomi sul suo bacino.
Mi guardava dal basso, con il viso quasi sul mio seno, continuando a stringermi e a fissarmi con quegli occhi cristallini come l'acqua.
<c-cosa?> balbettai inebetita.
Rise stringendo le braccia sul mio corpo, costringendomi ad avvicinarmi e facendomi inarcare la schiena per non fargli finire il viso sul mio petto.
<che fai, fuggi?> sussurrò sotto al mio viso, non riuscivo a distogliere lo sguardo.
Scossi la testa e sussurrai un <no> ben poco convinto.
Appoggiò il mento sul mio petto, poi la guancia nello stesso punto, trattenni il respiro.
<perché ti batte così forte il cuore?> domandò alzando il viso, confuso.
Non sapevo cosa rispondere, inventai una scusa prima di farmi assalire dal panico.
<da prima, mi sono spaventata>
Alzò gli occhi al cielo e rise, sbeffeggiandomi.
<certo, come no. So riconoscere quando hai paura, Grace>
Beccata.
<allora l'adrenalina, non lo so> gesticolai ormai arresa.
Spostò le braccia lasciandomi rilassare la schiena, finalmente.
Le sue mani scivolarono fino ai fianchi e si fermarono sulle cosce, accarezzando il tessuto dei pantaloni dalle ginocchia fino al bacino, in un movimento così lento che poteva scandire liberamente ogni mio respiro.
<la ferita> accennò con la testa al mio viso, senza spostare le mani da dove stavano.
<continua a sanguinare> concluse mentre riuscii a sentire il lieve solletico lasciato da una goccia di sangue che cadde come una calda lacrima sulla mia guancia.
Appoggiò la mano sulla mia guancia con le dita che sfioravano l'orecchio e affondavano nei capelli dietro ad esso, il pollice lo passò sulla mandibola per poi seguire la scia lasciata dalla goccia fino alla ferita.
Arrivato ad essa ne sentii il bruciore tornare come fuoco vivo sulla pelle nuda e sussultai cercando di prendergli la mano per spostarla; mi precedette afferrandomi il polso così in fretta che rimasi paralizzata.
<faccio io> sussurrò portandosi la mia mano sul petto e tornando a scrutare quel brutto taglio sul mio viso.
Lasciai perdere, per una volta forse aveva ragione.
Osservai attentamente ogni suo movimento mentre prendeva del disinfettante dato da Vasquez e un pezzetto di cotone.
Lo imbevve e lo avvicinò molto lentamente alla ferita, come se volesse avvertirmi che stava per farlo.
La sensazione era quella di mettere sale e limone su un'ustione di secondo grado, fu atroce per i primi istanti ma non esalai neanche un gemito, me lo impedii stringendo le labbra coi denti.
<non morderti le labbra, ragazzina, resistiti qualche istante> la sua voce risuonava così tranquilla e tenue che senza rendermene conto smisi di mordermi il labbro e restai a guardarlo soggiogata, senza accorgermi nemmeno del dolore.
<ho quasi fatto> avvisò mentre prendeva uno degli ultimi cerotti che ci erano rimasti.
Gli bloccai la mano appena lo notai stringendola con la mia e spingendola lontano dal mio viso, fra le mie gambe facendola finire anche sulle sue.
Cercai di non pensare a cosa lui stesse sfiorando e cosa io rischiavo di toccare spostandomi di pochi centimetri.
<non serve, tienili per gli altri>
Scosse la testa diventando serio in volto, rimproverandomi con lo sguardo.
<ne hai bisogno tu ora, non gli altri>
Si liberò dalla mia presa e con l'altra mano mi afferrò il viso spostandolo, volgendo il taglio davanti a lui e tenendomi ferma stringendo le dita sulle guance.
Applicò il cerotto e avvicinò il viso al mio collo, riuscii a sentire il caldo respiro a contrasto con la mia pelle mentre lentamente saliva fino a sfiorare il lobo dell'orecchio con le labbra; le dita sul mio viso strinsero appena spingendomi ad inclinare il collo, mostrandoglielo.
<stai attenta, ragazzina. Ti osservo>
Il respiro mi rimase bloccato in gola quando scattai con il viso verso il suo, liberandomi dalla sua mano, ma finendo per sfiorargli le labbra con le mie.
Subito mi ritrassi, lui stesso rimase immobile mentre il suo caldo respiro entrava dalla fessura delle mie labbra schiuse, un fremito percorse il mio corpo.
Le sue mani si adagiarono sulle mie cosce, le strinse, poi sospirò sulle mie labbra.
Era tutto sbagliato, quel che stavamo facendo, tutto sbagliato! Stavamo rovinando tutto di nuovo, non dovevamo, non potevamo.
Il suo corpo era come una calamita per il mio, le sue labbra lo erano, stava diventando impossibile resistergli ancora a lungo.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalle sue labbra, controllavo quanto fossero vicine alle mie; ogni tentativo di allontanarmi spingendomi con le mani sul suo petto era vano, inutile a confronto con la sua presa che mi tirava ogni volta più vicina.
Mi farai impazzire Diecimila!

Che diavolo voleva? Perché si comportava così? E per forza dovevo resistergli, o era giusto lasciarmi andare? No! Era sbagliato, non potevamo!
Finimmo per l'ennesima volta a sfiorarci il viso, nei suoi occhi vidi una bramosia anomala da cui fui rapita, completamente.
Stavo per cedere, baciarlo di nuovo nonostante sapessi fosse sbagliato, avremmo incasinato il nostro rapporto, il gruppo, la missione ma nulla mi importava in quel momento.
E poi, degli spari.
Scattò a guardare in alto, anche se non poteva vedere nulla.
Mi prese con la forza facendomi spostare dalle sue gambe e si alzò lasciandomi esterrefatta seduta per terra.
Un'altra serie di spari mi fece tornare alla realtà e anch'io mi alzai, controllando la situazione.
Warren ci raggiunse e mi fece cenno di scendere, di tornare alla posizione di prima.
Appoggiai le mani al bordo della torretta e ancor prima di alzarmi Diecimila fece la medesima cosa di poco prima, sollevandomi di peso con un braccio ad avvolgermi la schiena, l'altro sotto alle gambe, mi portò fin oltre il bordo ed accompagnò il mio corpo mentre toccavo terra.
Warren fece un'espressione abbastanza ambigua nel vederci ma sentendo altri spari avvicinarsi non si preoccupò più di tanto di noi e tornò a spalleggiare Vasquez.
Diecimila prese il fucile e poi mi passò il mio, appena lo presi mi accorsi che fosse più pesante, nell'istante in cui stavo per caricarlo e tolsi la sicura capii l'errore: li avevamo scambiati.
Neanche il tempo di avvisarlo che il convoglio sfrecciò ad alta velocità lungo lo sterrato, la vista era completamente coperta dalla polvere ed oltre al rumore di spari si vedeva poco e niente, li stavamo seminando?
<Diecimila, il fucile!> tentai di fargli notare lo scambio, sparare con un fucile così differente era difficile persino per il cecchino più bravo sulla terra.
Non scollò l'occhio dal mirino, nemmeno per un istante.
<Tienilo!> esclamò di rimando, fece scattare la sicura del mio fucile.
<al riparo!>
Feci giusto in tempo a chinarmi dietro la parete del camion che una raffica di proiettili ci colpirono all'istante.
Warren era andata a parlare con Sam e Vasquez era anche lui chinato, proprio come me, cercando di proteggersi dalla pioggia di proiettili.
Si sentì un tonfo improvviso, un corpo era steso sotto alla torretta, inerme, ricurvo su se stesso.
La visibilità era così scarsa che l'unico modo per identificarlo erano gli indumenti, o almeno i colori di essi.
Nonostante gli spari mi avvicinai ad esso di soppiatto, quasi strisciando, mentre il cuore che pulsava in gola mi provocava fitte laceranti fino alla trachea.
Non può essere lui, non è lui!
Quella voce nella mia testa urlava così forte che tutto intorno a me sembrava ovattato, insensato, insignificante.
Presi di forza quel corpo dalle spalle e lo voltai lasciando che gli occhi sbarrati mi raggelassero, eppure tirai un sospiro di sollievo.
Un unico foro in fronte le aveva tolto la vita, in un solo istante quella ragazza non era diventato che un ammasso di carne morta.
Eppure ero sollevata all'idea che fosse lei il cadavere e non lui.

Indietreggiai di poco dal corpo come se potesse trasformarsi, anche se era impossibile.
Qualcuno mi afferrò dallo smanicato e mi trascinò di peso contro la parete, sotto la pioggia di proiettili.
Cercando di pulirmi gli occhi dalla polvere misi a fuoco quella figura china davanti a me, con il fucile puntato ai nemici, che mi copriva dal pericolo.
Warren ci raggiunse, i nemici ci stavano seminando, il convoglio stava rallentando.
Vasquez lasciò il fucile a terra vicino a Warren che continuava a coprirci, mi passò le mani sul viso e sui capelli togliendomi la polvere di dosso per poi lasciar delle carezze più lievi.
Nei suoi occhi vidi una nota di preoccupazione, non capivo perché.
Per me, forse?
Ma perché io e non qualcun altro del gruppo?
Per l'età? Forse gli ricordavo la sua bambina? O forse per quel dettaglio che ci univa inevitabilmente?
Rimasi impalata a fissarlo, muta, senza riuscire a rispondere alle sue banalissime domande.
<stai bene? Sei ferita?>
Invece lo sguardo mi ricadde sul corpo della ragazza steso a terra.
Vasquez si voltò di sfuggita seguendo il mio sguardo e scosse la testa, contrariato dalla sua triste fine, tornò concentrato su di me ma ancor prima di ripetermi la stessa domanda fu preso dalle spalle e spinto a fianco.
Il volto di Diecimila mi si parò davanti, mi prese il viso tra le mani ispezionando con gli occhi ogni centimetro del mio corpo cercando delle possibili ferite.
Gli presi le mani spostandogliele, si irrigidì all'istante.
<sto bene!> esclamai tirandomi indietro, alzandomi e finendo contro la parete del camion.
Diecimila seguì i miei stessi movimenti ma rimase a distanza, mi porse il mio fucile.
Presi da terra il suo e facemmo di nuovo cambio arma, sta volta nel modo corretto.
Vasquez ci guardava confuso passando lo sguardo da me a lui, da lui a me; tornò anche Warren la quale si fermò a fianco all'ispanico, entrambi a braccia conserte, accigliati in volto, attenti a ogni nostra mossa.
Nel frattempo la donna aveva spiegato la situazione e che ci saremmo dovuti fermare perché era successo qualcosa ad alcuni dei nostri e dei loro uomini, iniziò a salire la paura.
Volevo andare a controllare dietro, Dylan e Addy, soli con i malati. Se si fossero trasformati e li avessero morsi? Dovevo stare con loro, non me lo sarei mai perdonata!
Forse il mio nervosismo si riflesse nelle mie azioni, lui fece un passo verso di me che bastò ad azzerare la distanza tra noi ed accarezzò il mio gomito, calmo, gentile.
<staranno bene, non torturarti>
Gli sorrisi appena cercando di far sparire la tensione di poco prima che mi aveva costretta ad allontanarmi.
Neanche il tempo di aprire bocca che il camion inchiodò di colpo, persi l'equilibro e mi sbilanciai in avanti.
Gli finii completamente addosso facendolo cadere, riuscii a portare una mano dietro alla sua testa nella caduta e a evitare che colpisse violentemente a terra, in compenso la mia mano subì un brutto colpo ma feci finta di nulla, tanto era la sinistra.
Passarono pochi secondi in cui mi concentrai sulle sensazioni che stavo provando per capire se stessi bene.
Non avevo dolore, meno che alla mano, sentivo il suo battito premere forte contro il mio petto, il suo respiro nel mio orecchio, le braccia ancora intorno alla mie schiena.
Alzai il viso e aprii gli occhi, incontrai le sue iridi ghiacciate che mi fissavano; lentamente sfilai la mano da sotto il suo capo lasciandomi sfuggire una smorfia, tutte le dita erano indolenzite, le nocche già mostravano degli aloni rossi che presto sarebbero diventati viola.
Volevo alzarmi anche solo per staccare gli occhi dai suoi ma fu lui a precedermi alzandosi a sedere, trascinandomi con se, seduta a cavalcioni sulle sue gambe, di nuovo.
Mi prese la mano e se la portò vicino al viso, alzò lo sguardo verso di me e poi di nuovo sulla mano, premette le dita sulle nocche e subito la ritrassi, mi bloccò tenendomi per il polso.
<fammi vedere>
Si riprese la mia mano adagiandola sul palmo della sua, passò i polpastrelli su ogni singolo dito e di nuovo sulle nocche; non mi accorsi neanche di star guardandolo, senza curarmi della mano.
Alzò lo sguardo e sussultai, finsi che fosse a causa della pressione sulle nocche, invece che per quell'improvviso contatto visivo.
<perché l'hai fatto?>
Sembrava pieno di sconforto, lo avevo deluso, forse?
<avevi già battuto la testa prima...devi starci attento>
Scosse un po' la testa abbassando lo sguardo, quando lo risollevò aveva un lieve sorriso sul bordo delle labbra, uno dei suoi.
<adesso devi stare attenta tu, alla mano>
Alzai le spalle.
<abitudine ormai>
Gli sfuggì una risata.
Che bel sorriso.

Ci fermammo, giusto il tempo di lasciare i corpi morti in strada, attendere l'arrivo di Addy e scoprire che aveva tratto in salvo sia Doc che Murphy.
Controllammo che stessero bene, nel mentre tra sam e il ragazzo demente iniziò un'accesa lite, l'auto rubata era importante per lui, un profondo ricordo.
Murphy se ne stava beato nel camion-ambulanza-lazzaretto fumando ciò che rimaneva dell'erba zeta del Demolitore; insieme all'auto avevano rubato tutte le scorte d'acqua, riposte in quel singolo veicolo
Me lo sarei aspettava? No.
Ne eravamo stupiti? Per niente.
Era da idioti lasciare tutte le scorte in un solo veicolo ma ormai era fatta, ed eravamo fottuti.
Come se non bastasse dopo quell altro piccolo incidente con Diecimila, Warren era venuta da me ad avvisarmi che quella sera "avremmo fatto una bella chiacchierata tra donne", ciò includeva anche Addy e tanto, tanto imbarazzo.
La ragazza rimase sul mezzo, il camion dei malati, e li la raggiunsi aprendo la portiera; Dylan era rimasto nel retro.
<cos'è successo là in fondo? Vi avevamo persi, ho temuto il peggio!> senza trattenermi la abbracciai sentendomi ridicola un attimo dopo, mi rilassai quando ricambiò il gesto.
<quei mutanti hanno incasinato del tutto Murphy, è completamente fuori di testa, nessuno è al sicuro! Ha cercato di controllarli ma ci hanno attaccato lo stesso, ne siamo usciti per miracolo> aveva ancora il fiato corto per lo sforzo mentre cercava di sistemarsi i capelli, ormai così corti, dietro alle orecchie.
<li ho visti, ne ho preso a stento uno, persino Diecimila ha avuto difficoltà>
Addy annuí, eravamo davvero un brutto guaio e uscirne sembrava impossibile.
La vidi, che stava per chiedermi di quel taglio sulla guancia, ma fummo interrotte da Dylan che accorse con il fiatone.
<Dio Grace! Non ti trovavo!>
Scesi dal mezzo mettendogli una mano sulla spalla mentre se ne stava piegato in avanti con una mano sul petto, prendendo profondi respiri.
<tranquillo! Semmai ero io a non trovare voi, mi avete fatta preoccupare>
Si voltò a guardarmi e il sorriso gli morì sulle labbra, mi prese il viso con una mano, passando l'altra sulla guancia.
<chi ti ha fatto questo?> dagli occhi lasciava trasparire tutta la rabbia che stava trattenendo, quasi mi allarmai.
<gli stessi che hanno rubato l'auto a Doc.. ma non è niente! Diecimila l'ha sistemato> mi indicai lo zigomo e gli sorrisi, speravo che credesse alle mie parole perché era la pura verità! Per una volta che venivi ferita e avevo rischiato la vita stavo ancora davvero bene.
Lasciò il mio viso, strinse i pugni.
<dov'è lui?> pronunciò quelle parole lasciandomi i brividi, parlava di Diecimila.
Sbiancai in viso, temevo a cosa avrebbe potuto fargli, e soprattutto il perché.
<doveva proteggerti, ad ogni costo!>
Stava diventando furioso ma io di più a sentir quelle parole.
<nessuno mi deve proteggere, lo faccio benissimo anche da sola!>
Lo spinsi sul petto e gli puntai l'indice verso il viso, non sembrò smuoversi dalla sua pazza idea di confrontarsi con Diecimila che in quella storia non centrava nulla!
Warren ci divise e con il suo sguardo severo ci fece zittire.
<calmi, risolverete le vostre faide più tardi, adesso dobbiamo svignarcela. Vi voglio pronti in ogni momento, abbiamo un piano>
Le bastò un cenno per far eseguire gli ordini e Dylan tornò sul camion nel retro, con i malati, ancora torvo in viso.
Degli spari mi fecero sussultare e da lontano li vidi, i mutanti.
Diecimila dalla torretta mi fece cenno di raggiungerlo, prima di muovere un passo i primi mutanti attaccarono una donna del convoglio, le sue agghiaccianti urla riempirono la vallata.
<oh cavolo! Warren! Abbiamo un problema!> e mentre Doc pronunciava questa frase un mutante si buttò su Vasquez, atterrandolo.
Fu così veloce che lo vidi a stento, Warren aveva già la pistola puntata verso di loro ma il mutante era troppo veloce per essere colpito senza rischiare di ferire anche Vasquez.
Tentava di morderlo da un lato del viso, poi dall'altro, una spalla e poi l'altra ma l'uomo riusciva tempestivamente a schivarlo e a tenerlo abbastanza distante.
<non riesco a mirare!> urlò Warren.
Corsi in contro al mutante estraendo dalla cintura un coltello abbastanza lungo ed affilato da poter trapassargli il cranio.
Lo afferrai dal retro del colletto della camicia, con le braccia tentò di afferrarmi alle sue spalle, la mia mossa fu più rapida e gli conficcai il coltello da una tempia all'altra, di netto.
Vasquez si sollevò sui gomiti prendendo prognosi respiri mentre spingevo il cadavere lontano da lui, poi gli allungai una mano per aiutarlo ad alzarsi.
<quello era veloce!> esclamò ancora esterrefatto.
Gli diedi una pacca sulla spalla mentre rinfoderavo il coltello, sorrideva nonostante fosse stato a un passo dalla morte e contagiò anche me, che per un momento il pericolo che ci circondava.
Warren accorse e si assicurò che stesse bene, ringraziò me e fece cenno a Sam di mettersi in moto.
Ripresi il mio fucile ma ormai ci fu la calma totale, come se i mutanti si fossero volatilizzati, o come se stessero preparando un attacco..
Mi appoggiai alla torretta di Diecimila tenendomi con un braccio a una delle aste che tenevano in piedi quel poco che rimaneva del tendine al di sopra, almeno se avesse frenato non sarei volata in strada.
Ricordati che tra le persone presenti poco prima mancava cassandra, subito mi voltai verso Diecimila terrorizzata all'idea che uno di quegli esseri avesse potuto farle del male, nonostante ormai fosse più simile a loro che a noi.
<prima hai visto Cassandra?>
Il suo sguardo confuso mi osservò solo per un momento, poi tornò nel mirino, rispose con tono scocciato, quasi alterato.
<sarà con Murphy>
La mia preoccupazione saliva, non era dietro con lui e ne ero certa!
<non c'era quando ho controllato>
Non si mosse dal mirino.
<si sarà fatta un giro e poi sarà tornata nel camion, senza Murphy non va molto lontano>
Gli diedi una spinta sulla spalla così che perdesse la mira, il suo sguardo mi bruciò come il fuoco ma la rabbia di quando non venivo ascoltata era ancor maggiore.
<ti sto dicendo che non c'era! Perché non mi prendi seriamente?>
Ad urlargli così forte e a pieni polmoni mi si riempirono gli occhi di lacrime per la rabbia, mi capitava di rado ma se non mi sentivo ascoltata scattava qualcosa in me, mi faceva sentire vulnerabile e ferita, e io odiavo sentirmi così.
Appena notò la mia reazione abbassò il fucile di poco tenendolo ancora ben saldo in braccio; la sua espressione pareva confusa e preoccupata, quasi indecifrabile.
<Grace di sicuro è qui in giro, non preoccuparti>
Passò lo sguardo sulla strada, su di me e di nuovo verso la strada; indicò un punto alle mie spalle.
<guarda>
Voltandomi riconobbi subito l'auto rubata poco più di mezz'ora prima a Sam, quella con tutta l'acqua dentro, e affianco Cassandra, imbrattata di sangue che lentamente si alzava da terra.
<Cassandra!> urlai istintivamente, lei non si mosse, rimase ferma e catatonica.
Il convoglio rallentò, scesi e iniziai a correre verso di lei, sentii i passi di Diecimila seguirmi e la sua voce urlarmi di rallentare, che non era sicuro.
Ormai davanti a lei le presi il viso tra le mani alzandolo verso l'alto, cercando di capire se il sangue fosse suo o meno ma.. non era ferita e in bocca aveva ancora dei pezzi di carne, rabbrividii, era carne umana.
Istintivamente feci un passo indietro, per un istante mi sembrò di esser stata catapultata a mesi e mesi prima, nell'accampamento degli orrori di quel pazzo cannibale di Tobias.
Feci un altro passo in dietro, scontrandomi con Diecimila.
Appena mi voltai verso di lui mi lèsse in volto ciò a cui avevo pensato e ci mise un solo secondo a spostarsi dietro di me, sussurrando un <ci penso io> dolce e rassicurante mentre raggiungeva cassandra.
Guardai da poco lontano la scena: le prese il viso con le mani come avevo fatto io poco prima, le guardò gli occhi, la bocca, tutto quel sangue.
<Cassandra, ci sei ancora?> le domandò con una voce così dolce che mi sorprese, a volte scordavo quanto erano amici prima che lei diventasse così.
Doc ci raggiunse con la sua classica camminata tranquilla, come se stesse facendo la sua passeggiata della salute, come se l'apocalisse fosse pura finzione.
Il vecchio andò alle spalle di Cassandra e la guardò sorpreso, poi le mise le mani dietro alla schiena.
<hai una cosina infilzata qui dietro>
Una...un'accetta?!
Trattenni un sospiro, stava..bene?
Diecimila mi sentì e si voltò a guardarmi, a controllarmi.
Tornò a guardare lei.
<ti fa male?>
Ma lei non lo guardava nemmeno in faccia, poi parlò.
<avrei bisogno di un po' di erba zeta..> disse a fatica.
<non ho parole!> esclamai, quella era la frase più lunga che le avevo sentito dire nell'ultima settimana e lei chiedeva l'erba zeta?! Dannazione Murphy!
<beh, a chi lo dici> sussurrò Doc abbandonando l'accetta a terra.
Lei scattò a guardare verso di me, oltre alle mie spalle.
Si affrettò a venirmi in contro e mentre mi passava a fianco mi diede una spinta, come se non mi avesse vista affatto, ma io la lasciai fare spostandomi dopo l'urto.
Chinai un po' la testa per coprire una lacrima che mi sfuggì senza rendermene conto; Doc mi appoggiò una mano sulla schiena mentre entrambi guardavamo Cassandra raggiungere Murphy e buttarsi fra le sue braccia.
Doc avvicinò l'indice alla mia guancia e tolse una seconda lacrima che scese a vedere la scena; stupidamente mi passai il dorso della mano sotto gli occhi e mi schiarii la voce.
<scusa, non mi sono ancora abituata a vederla così>
Lui sorrise, in quel suo modo un po' buffo, e lasciò un buffetto sulla mia guancia.
<non ti devi scusare, presto ti abituerai>
Diecimila spuntò di fianco a lui e dopo aver passato una lunga occhiata su di me, si rivolse a Doc.
<pensi che ormai Cassandra sia più morta che viva?>
La sua domanda mi raggelò il sangue.
<mi stai chiedendo se è più zeta che umana?> Doc si fece serio.
<Si Doc> mi aggiunsi anch'io, prima che rispondesse il ragazzo.
<agh, non lo so ragazzi. È come se andasse e venisse, un po' è lei e dopo è..>
<..Murphy> conclusi, trovando il termine giusto per descrivere chi o cosa diventasse in certi momenti.
Doc diede una pacca sulla schiena ad entrambi e ci incitò a tornare verso il camion, non era sicuro stare lì, così scoperti.
Notai Warren e Vasquez discutere con Sam, sicuramente il piano di Warren di cui ancora non sapevo nulla si sarebbe svolto molto a breve, si stavano scaldando gli animi.
Warren indicò l'auto che avevamo appena ritrovato e prima ancora di potersi avvicinare ad essa quest'ultima partì, Cassandra era al posto del passeggero, Murphy sventolava il braccio fuori dal finestrino del conducente.
<figlio di buona donna!> imprecai cercando di mantenermi calma, per quanto possibile.
<questa mossa non me l'aspettavo> si aggiunse Doc.
<ci risiamo> concluse Diecimila.
Salimmo sul veicolo mentre stava partendo, adesso il problema diventava inseguire il pacco.
<ci conviene muoverci, i mutanti saranno vicini> affermai caricando il fucile.
Diecimila si mise in posizione sulla torretta e Doc rimase sotto di lui.
Sentimmo Addy e Dylan urlare, verso di noi.
<Warren dobbiamo andare! Sbrighiamoci!>
Da dietro al mirino Diecimila caricò un colpo.
<stanno arrivando!> avvisò e subito dopo sparò.
Partirono anche i primi colpi da Addy e Dylan, io da quella posizione non potevo aiutare nessuno di loro.
Attesi finché Dylan non ci corse in contro.
<abbiamo finito i proiettili!> esclamò maneggiando un coltello, lo fermai e cercai di tranquillizzarlo.
<tu resta qui, vado io da Addy, ne ho ancora per la sua calibro 9>
Mi stavo già voltando nella sua direzione pronta a raggiungerla ma Dylan mi fermò prendendomi per le braccia, il suo sguardo era un misto di terrore e preoccupazione.
<ti prego fai attenzione, se ti succedesse qualcosa io->
Lo interruppi con un semplice <andrà tutto bene> e mi precipitai da lei.
Presi dallo zaino i il caricatore mezzo vuoto per metà che mi era avanzato, i proiettili non erano compatibili con la mia pistola, li tenevo per questo tipo di emergenze o come moneta di scambio.
Affiancai Addy e glielo passai, lasciò cadere a terra il caricatore vuoto e fece scattare il mio.
<grazie a Dio Grace! Si mette male!>
Alle nostre spalle sentimmo un rantolio, ci voltammo e il figlio di Sam, Kith, alzò lentamente la testa da terra. Era uno zombie.
<oh merda!>
Attaccò la donna al suo fianco poi l'uomo dietro di lui, fu così veloce che i due proiettili che Addy sparò andarono a vuoto.
Tra i mutanti e i nuovi zeta eravamo circondate.
Ci guardammo, ormai erano tutti morti, mi fece un cenno con la testa e subito capii, dovevamo scappare.
Iniziammo a spingere gli zombie l'uno sull'altro, li tenni occupati così che Addy potesse salire sul tettuccio del pickup; questo era alto, troppo da arrampicarsi senza un'altra persona ma io ero completamente impegnata.
<serve una mano?>
Non mi servì voltarmi a guardare per capire chi fosse.
<Diecimila! Presto aiutaci!> esclamò Addy lasciando che la aiutasse a salire.
Appena i suoi colpi di proiettile tornarono a risuonare e a tentare di colpire gli zeta fu il mio momento di scappare.
Misi il fucile sulla schiena e li trovai li ad aspettarmi, Addy concentrata con l'arma, Diecimila che mi tendeva la mano.
La afferrai mentre con l'altra mi arrampicai a fatica sulla parete liscia.
Uno di loro si aggrappò alla mia caviglia, gli tirai numerosi calci mentre Diecimila mi tirava verso di se.
Finalmente mi lasciò andare e per la forza con cui Diecimila cercava di trattenermi, appena lo zeta mollò la presa, gli finii completamente addosso.
Fui solo felice di essere finita in braccio a lui e non a uno zombie; tirai un sospiro di sollievo appoggiando il viso sul suo petto mentre aspettavo che il mio battito decelerasse.
Nonostante ciò che c'era intorno a me riuscivo a sentirmi comunque al sicuro, non sentivo i versi degli zeta o il loro putrido odore, ero solo cullata da quelle braccia che mi stringevano ancora.
<Ei piccioncini! Non è il momento per le smancerie!> la voce squillante di Addy mi riportò subito alla realtà facendomi rimangiare il mio sospiro di prima.
Mi alzai quanto più in fretta possibile tirando sù anche Diecimila, prendendolo per un braccio e trascinandolo davanti a me.
<corri!> urlai dandogli una spinta sulla schiena, non si voltò indietro e continuò a seguire Addy.
Doc stava ancora guidando il camion ospedale, sul quale stavamo correndo per sfuggire agli zeta e ai mutanti che a momenti ci avrebbero raggiunti; Addy gli fece cenno di seguirci, di andare via, e mentre passavo sopra al parabrezza mi chinai verso il finestrino.
<Doc muoviti! Ci sono Zeta e mutanti a palate qui dietro!>
Mi parve confuso ma come sempre non si fece tante domande, era l'apocalisse in fondo, se qualcuno ti diceva di correre tu correvi, più forte è lontano che potevi.
<ricevuto tesoro!> esclamò facendo cenno alla ragazza a fianco a lui di prendere il volante, lei non si fece domande e il vecchio si sporse dal finestrino riuscendo a fuggire.
Lo feci andare davanti a me, scappammo giusto in tempo perché il primo mutante si buttò sul parabrezza del camion.
Addy aiutò a salire in un rialzo del veicolo e Doc tirò fuori la pistola.
<muoviti Grace! Ti copro io!>
Presi al volo la mano di Addy che riuscì a farmi salire sullo stesso rialzo, Doc sparò un colpo che andò a vuoto e poi un secondo che colpì il mutante alla spalla, esso fece una giravolta e poi cadde sull'asfalto, abbandonando il veicolo.
<bel colpo Doc!> Esclamai tirandolo per una delle sue simpatiche bretelle.
Da lontano scorsi Vasquez e Dylan con le armi puntate verso di noi, sparavano colpi cercando di liberarci dagli zeta. Sicuramente Warren aveva dato le sue munizioni a Dylan, quella Santa donna.
Ci stavano per raggiungere, eravamo più vicini alla morte di quanto lo fossimo stati da tempo; feci qualche passo in dietro, la vista dei mutanti con la loro rabbia disumana era impressionante, quasi paralizzante.
Una mano si posò sulla mia schiena, arrestandomi; alzai il viso nella sua direzione, sussurrò delle parole in modo così impercettibile che riuscii a sentirlo solo io.
<andrà tutto bene>
Rimasi a guardarlo, non ero convinta della sue parole, sapevo lo stesse dicendo solo per rassicurarmi ma con quegli esseri così vicino era impossibile riuscirci.
Distolse lui lo sguardo, si portò l'arma davanti al viso e sparò sfiorando uno di loro.
Feci lo stesso, riscossa dai pensieri negativi, finché non arrivò Warren, dovevamo prepararci.
Ma prepararci a cosa?
Stavamo rallentando? Era l'ultima cosa che doveva succedere il quel momento!
Warren sparì dietro di noi, la seguimmo per raggiungere Dylan e Vasquez e tornammo poi a tentare di colpire i numerosi mutanti che avanzavano.
Non solo erano tremendamente veloci ma sembrava avessero una vera e propria intelligenza! Non sempre attaccavano e spesso cambiavano preda, come se non fossero interessati solo a cercare cibo.
Quel mondo alla deriva mi riusciva sempre più a stupire, non sempre in meglio.

Il convoglio accelerò bruscamente e Vasquez ci avvisò di tenerci, da qualche parte, per non cadere.
Finimmo contro a un blocco creato da un ammasso di auto e barili e simili, lo sfondammo completamente riuscendo a superarlo.
Sicuramente era stato creato per far fermare i passanti e derubarli ma non sta volta, non a noi.
Gli zeta ormai erano vicinissimi, così tanto che il loro rancido putridume mi fece storcere il naso, ogni volta era difficile abituarsi.
Addy provò a sparare un colpo dalla sua pistola verso il figlio di Sam, Zeke, ormai trasformato ma il caricatore era vuoto.
Chiese a Doc la propria e con essa gli concesse la grazia.
Puntai alla persona di fianco a lui, la donna a cui poche ore prima avevo dato quello strano balsamo curatore, speravo che ce l'avrebbe fatta.
Al secondo colpo, cadde.
<ragazzi che facciamo? Si mette male qui!> domandai indietreggiando ancora, sta volta verso Dylan che mi prese per la spalla portandomi vicinissima al suo corpo.
<aspettiamo il segnale di  Warren> affermò sicuro.
Io confusa lo guardai cercando spiegazioni, nessuno mi aveva avvisata di alcun piano!
L'unica soluzione per sfuggire a morte certa era...saltare?
Sbarrai gli occhi terrorizzata all'idea, non ero mai saltata giù da un veicolo in corsa e non ci tenevo a provare l'esperienza in quell'occasione.
<vuoi dire che noi..?> indicai l'asfalto che sfrecciava veloce sotto alle nostre ruote.
Annuì.
<è l'unico modo> aggiunse.
Avrei volentieri espresso il mio disappunto se solo non si fosse sentito un doppio clacson risuonare.
Quello era il segnale.
Vedemmo Warren buttarsi e rotolare sull'asfalto.
<resisti Roberta!> urlò Doc, come se potesse sentirlo.
Presi l'arco e la faretra, lo zaino e il fucile, seguii i movimenti dei miei compagni e lanciai tutto a terra e poi arrivò la parte che mi terrorizzava.
Eravamo tutti sul bordo del veicolo ma io stavo un passo più indietro, avevi raccontato di quanto soffrissi di vertigini? Ecco, se pensavo che durante l'apocalisse mi fosse passata, in quel momento mi sentivo proprio come su quel famoso aereo che feci atterrare per un attacco di panico da vertigini.
Mi sembrava assurda l'idea di saltare nel vuoto a chissà quanti chilometri orari, sperando di sopravvivere.

Addy prese per mano Diecimila e Doc ma il primo a saltare fu Vasquez, impavido come sempre.
Dylan mi prese la mano ma sentivo di non riuscire a farlo, ero bloccata a fissare l'asfalto scorrere.
<devi saltare!> esclamò.
I tre al suo fianco saltarono.
Guardando loro sbarrai di nuovo gli occhi, negai con la testa.
<Grace ti prego! Ci raggiungeranno a secondi!>
Mi voltai per guardare quanto fossero vicini quegli zombie e subito dopo sentii una spinta su una spalla, poi il vuoto.
Mi sfuggì un urlo di terrore che si arrestò appena toccai terra, la voce mi morì in gola.
Come potevo pensare di cadere bene se mi avevano buttata? Era stato necessario ma brutale, ne ero consapevole, eppure quel dolore non era normale, non poteva esserlo.
Continuai a rotolare rendendomi conto che forse non ebbi la fortuna degli gli altri che finirono nell'erba, per quanto arida fosse, ma sull' asfalto rovente.
Quando mi fermai cercai di alzarmi, tossendo, ricoperta di terra e polvere ma subito finii a terra senza forze.
Avevo provato a reggermi con il braccio sinistro ma era completamente intorpidito e ci caddi sopra lasciandomi sfuggire più di un lamento, trattenendomi dal poter urlare per non attirare di nuovo i mutanti.
Riuscii a voltarmi sulla schiena mentre la nuvola di polvere si affievoliva e iniziai a intravedere le figure un po' lontane dei miei amici che lentamente si stavano alzando in piedi riprendendo le proprie cose.
Non capivo cosa mi facesse male, se mi fossi rotta qualcosa o se fosse solo lo stato di shock per essere saltata giù dal veicolo in corsa; appena sfiorai la spalla capii.
Dylan si alzò da terra ripulendosi dalla polvere, raccolse zaino e fucile ormai scarico e si diresse nella mia direzione.
Nel medesimo momento anche Doc, Addy e gli altri, più in dietro di me, vennero nella mia direzione.
Provai ancora ad alzarmi riuscendo a reggermi sul gomito destro e a sedermi, mi tenni il braccio sperando di riacquisire sensibilità ma finii solo per ciondolare in avanti gemendo dal dolore.
Vidi Addy corrermi in contro per poi chinarsi al mio fianco, appoggiò una mano proprio sulla spalla ferita, le afferrai il polso cercando la forza di spostarla ma senza successo, ero sul punto di urlare ma la voce mi morì in gola e mi piegai in avanti.
<stai male? Cos'hai?> continuò a parlarmi e a passare una mano sulla mia schiena.
Balbettavo, persino respirare era uno sforzo per quel dolore.
<credo.. credo che mi sia uscita una spalla nella caduta>
Mi rivolsi poi a Doc, in piedi dietro alla ragazza.
<riesci a sistemarla?>
Passò dietro di me e si chinò al mio fianco, toccò la spalla in vari punti, il braccio e la mano; rimase confuso dai lividi sul dorso di essa ma gli feci cenno con la testa di non chiedere, fece finta di nulla e poi mi sorrise.
<ti farà un male atroce ma finirà presto>
Fui sollevata, si poteva sistemare per fortuna! Temevo fosse quasi rotto, usare l'arco o il fucile sarebbe stato impossibile al di là del dolore già presente.
Doc si preparò a fare la manovra con già le mani sulla spalla aiutato da Addy che mi teneva per le gambe, ferma sull'asfalto.
Diecimila pochi passi indietro teneva lo sguardo basso finché Dylan non parlò.
<stai bene? Com'è successo?> cercò di avvicinarsi ma Diecimila gli corse addosso, furioso e lo spinse.
<stai lontano da lei!> urlò, così forse che sussultai e istintivamente presi la mano di Addy sopra alla mia coscia.
Dylan si riprese dalla spinta e guardò irato il ragazzo, continuavo a non capire cosa stesse succedendo.
Provò di nuovo ad avvicinarsi a me ignorando diecimila, e un'altra volta lo spinse indietro.
<hai detto che dovevo proteggerla ma tu Cos'hai fatto di meglio? Rispondi!> Diecimila spinse nuovamente con forza Dylan che perse l'equilibrio facendo un altro passo indietro.
Il suo viso mutò e da preoccupato, qual'era per le mie condizioni, divenne alterato e rabbioso, si scagliò contro diecimila spingendolo a sua volta.
<no! Fermi!> urlai sperando di arrestarli ma i due continuarono senza sosta, nemmeno Addy riuscì a calmarli.
Al primo pugno sferrato da Diecimila in pieno viso a Dylan, il quale poi rispose in altrettanto modo, vennero interrotti Da Vasquez e Doc che afferrarono con tutte le loro forze i due ragazzi mentre continuavo a implorarli di fermarsi, con Addy che mi teneva a terra di peso.
Diecimila quasi sfuggì alla presa di Doc, Addy accorse ad aiutarlo lasciandomi sola a guardare la scena, senza poter fare nulla.
Warren che stanziava tra i due li teneva separati con le mani sul petto di ognuno, finché non si furono calmati abbastanza da poterli lasciare andare.
<abbiamo altri problemi adesso, prima pensiamo a Grace e poi a Murphy, rimandate le vostre faide a più tardi>
Diecimila anche se contrario ascoltò Warren e Doc lo lasciò andare, superò Dylan e si diresse verso di me, pensavo si sarebbe fermato ma continuò a camminare, mi rivolse solo un veloce sguardo, ma andò verso ciò che rimaneva di uno dei camion del convoglio che si era schiantato.
<Vasquez e Dylan, con me e Diecimila, mettiamo in moto quel catorcio>
Rimanemmo sole con Doc, io ed Addy, mentre la mia testa continuava a cercare una spiegazione a ciò che era appena successo.
<mi devi delle spiegazioni> sussurrò Addy tornando a tenermi per le gambe.
<ci devi> la corresse Doc tirando fuori dalla tasca una bandana rossa e lasciandomela in mano.
<mettila in bocca, ti servirà>
Gli sorrisi per ringraziarlo, anche se sicuramente sarà sembrato più una smorfia che altro e feci come mi disse.
Contò fino a tre e poi lo fece, in un'unica mossa, che fece un male atroce.
Strinsi più forte che potevo la mano di Addy e finii piegata su me stessa, le urla che avevo trattenuto fino a quel momento vennero ovattate solo da quella misera bandana.
<sei stata brava> sussurrò Addy sulla mia spalla lasciando un veloce bacio, come aveva sempre fatto per confortarmi.
Con la mano tremante mi tolsi dalla bocca la bandana e presi dei respiri profondi, lentamente riprendevo sensibilità alla mano.
<aiutami ad alzarmi>
Entrambi mi presero da sotto le braccia e mi alzarono di peso, mi ressi a Addy, vidi Doc prendere il mio zaino e il resto delle mie cose.
Lo ringraziai, sorrise mentre ci superava per raggiungere il resto del gruppo.
Appena fu abbastanza lontano rallentò, seguii i suoi movimenti, la vidi sorridere in quel suo modo così simile a cassandra quando voleva dire una delle sue solite cazzate divertenti.
<quindi.. questa lotta di testosterone a cos'è dovuta? Cos'hai combinato?>
Eccoci di nuovo..
Come se non bastasse, Warren ci raggiunse.
<ragazze, siamo quasi pronti a partire. Tu stai meglio?> si rivolse poi a me.
Annuii.
<Doc è stato bravo, lentamente riacquisto sensibilità> li feci vedere che riuscivo a muovere le dita anche se il braccio sembrava pesare quintali.
Storse il naso, stava pensando.
<immagino, mi è capitato durante una missione. Ti ho portato questo> mi fece vedere una fascia composta da ciò che sembrava essere una maglia dalle maniche lunghe legate assieme alle estremità, il busto della maglia aveva la forma perfetta per reggere il braccio.
Mentre Addy insisteva per reggermi nonostante mi sentissi meglio, Warren mi sistemava la fascia stringendola dietro al collo.
<quindi? Di cosa stavate parlando, ragazze mie?>
Addy mi precedette in un secondo.
<oh! Grace mi stava giusto spiegando il perché di questa bella lite tra Diecimila e Dylan>
Warren sembrò subito interessata.
<ve lo giuro non ne ho idea! Prima avevano già discusso per una stupidata, Dylan se l'è presa con Diecimila perché mi ero ferita alla guancia, diceva che avrebbe dovuto proteggermi ma giuro, non è stata colpa di nessuno!>
Addy sembrò sorpresa ma non del tutto stupita.
<sentivo un po' di tensione tra quei due> affermò nel suo lampo di genio.
<poi diecimila ha perso la testa quando Dylan ti ha spinta, corretto?> si aggiunse Warren, seguendo il filo logico degli eventi.
Annuii.
<ma non l'ha fatto con cattive intenzioni, avevo troppa paura di saltare, ci avrei fatti ammazzare entrambi!>
Non ero arrabbiata per lui, indirettamente mi aveva salvato la vita, anche se mi era uscita la spalla nella caduta; almeno non ero uno zeta!
Warren storse il naso, Addy invece aveva un sorrisetto fin troppo esplicativo.
<qualcosa non torna, non me la racconti giusta. Diecimila non è mai stato così impulsivo, c'è qualcosa che ci tieni nascosto?>
Senza volere mi partì una risata isterica, che mi tradì completamente ma non dissi nulla comunque, era il nostro segreto.
<ma secondo te! Non c'è niente di nascosto!>
Non era convinta, affatto, nemmeno Warren.
<sicura? Perché mi sembra di avervi visto dormire insieme, dolcemente abbracciati, la sera in cui siamo ripartiti per la missione. Nemmeno lui mi ha dato spiegazioni> fece spallucce, come se fosse stata la cosa più naturale da dire.
<anch'io ho notato alcuni atteggiamenti strani, soprattutto quando te ne sei andata mesi fa. Aveva smesso di sparare agli zeta> si aggiunse Warren, poi mi sorrise.
<non è che voi..>
La fermai subito.
<no no! Non c'è niente! Quella notte non riuscivo a dormire per... avevo fatto un incubo> mi imbarazzai a dirlo, mi veniva difficile ammetterlo, mi faceva sentire debole.
<allora con Dylan? Anche lui ha degli atteggiamenti molto.. particolari nei tuoi confronti> continuò Addy ma negai ancora anche se..
<c'è stato qualcosa, mesi fa, al campo. È finita lì, era stato uno sbaglio impulsivo, non ne abbiamo nemmeno più parlato, è come se non fosse mai successo. In più stare insieme, da soli, per così tanto tempo, ci ha fatti unire molto ma è come un fratellone per me...nulla di più!>
Addy schioccò le dita e urlò <lo sapevo che c'era qualcosa!>
I ragazzi, ormai vicini, si voltarono a guardarci incuriositi e confusi.
<non sono affari vostri! Cose da donne!> li riprese Warren facendo gesto di girarsi e farsi gli affari loro ma ormai eravamo a pochi passi dal veicolo e la conversazione morì lì.

<il braccio? Va meglio?> Dylan mi spuntò davanti d'improvviso, avevano sistemato il camion per riuscire a partire e cercare Murphy.
<oh si! Doc ha fatto un ottimo lavoro> gli mostrai come riuscissi a muovere la mano, finalmente.
<sai che.. non volevo farti male> sussurrò avvicinandosi con il viso al mio, i suoi occhi grigi mi ammaliarono anche se non erano come i suoi.
<certo, anzi, volevo ringraziarti. Mi hai salvata>
Passò una mano sulla mia guancia e lasciò una tenera carezza, abbassò lo sguardo sulle mie labbra e poi di nuovo ai miei occhi.
<sai che farei di tutto per te>
Rimasi confusa dalle sue parole e mi tornò in mente ciò che aveva detto Addy poco prima, su Dylan e me ma...era impossibile che io gli piacessi, assolutamente impossibile! Lo avrei sicuramente notato!
Per sviare quella su affermazione mi limitai a sorridergli, a ringraziarlo e a incitarlo a seguirmi per tornare dagli altri, Addy stava parlando.
Ci avvicinammo al furgone, mi diressi allo sportello anteriore mentre li ascoltavo, passando davanti a loro.
<sei sicura su Minneapolis?> le domandò Warren.
<Demolitore parlava di una cura naturale per il virus zombie, preparata in un laboratorio di alimenti geneticamente modificati>
Doc la interruppe.
<aspetta un momento... marijuana, zombie e OGM.. cosa può andare storto!>
Aprii lo sportello e un corpo mi cadde ai piedi, un braccio mi avvolse il petto tenendomi con forza contro di lui mentre puntava una pistola contro quel corpo, completamente inerme a terra.
Sentivo il cuore esplodermi nel petto, forse per lo spavento, forse perché sapevo benissimo di chi fosse quella mano sul mio petto.
Era Sam.. proprio lui, non si era trasformato, nell'impatto doveva aver battuto la testa e non gli era servita la grazia.
<dannazione!> imprecò Doc, tirando un sospiro di sollievo dopo lo spavento generale.
Lascia la portiera che ancora tenevo con la mano ma il mio sguardo non si distoglieva da Sam Caster.
<Una carovana di venti rifugiati parte da Seattle diretta ad Edmonton, per strada incontrano otto sopravvissuti e un Murphy, quanti rifugiati sopravvivono?>
La voce di Warren, desolata ma sempre decisa, mi arrivò annebbiata, ovattata dal mio stesso battito che rimbombava nei timpani.
<zero> rispondemmo all'unisono Addy ed io.
Notò il mio sguardo perso sul corpo sotto di me, Diecimila non aveva ancora tolto il braccio con cui mi aveva allontanata anche se aveva abbassato la pistola.
Lei capì che qualcosa non andava, mi appoggiò una mano sulla spalla e lentamente spostò il braccio di Diecimila, lui fece un passo indietro ed Addy mi avvolse le spalle con cautela, lasciandomi una carezza sulla guancia.
<vieni, facciamo due passi> tornammo verso la strada, giusto per allontanarci un po dal resto del gruppo, nonostante avessimo poco tempo prima di partire.
<allora, che succede?> domandò lei.
<è solo..una di quelle brutte giornate dove ogni cosa che potrebbe andare male, và male>
Annuì, sicuramente la pensava come me.
<e prima con Sam?>
Attesi qualche instante, riguardai in dietro il suo corpo spostato sul ciglio della strada.
<sono morte tante persone oggi, lui aveva un sogno.. speravo riuscisse ad arrivare ad Edmonton. Mi hanno ricordato un po' noi e la nostra missione, e se finissimo come loro? Che ne sarà della squadra, di Murphy, della California.. se non ritrovassimo Murphy?>
<calma Grace, hai troppe preoccupazioni! Cerca di vederla come Doc, come la riabilitazione, un giorno alla volta. E poi anche se dovessimo concludere la missione la squadra rimarrebbe insieme, in giro per la California a sterminare gli zeta, salvare chi è in difficoltà.. alla fine non è già ciò che stiamo facendo?>
Aveva ragione, infondo non avevo motivo per continuare a preoccuparmi, eravamo insieme e in qualche modo al sicuro se non ci dividevamo. Avrebbe potuto funzionare!
<in più c'è più gioia da quando sei tornata, e Dylan è un'ottima risorsa per la missione, va tutto per il meglio anche se abbiamo perso Murphy>
Ci scappò una risata, era incredibile come Murphy riuscisse sempre a fare dei danni.
<torniamo dagli altri, ritroviamo Murphy e poi mi racconterai meglio di questi mesi che abbiamo passato separate, soprattutto di ciò che è successo con Dylan!>
Acconsentii ridendo anche se l'idea non era delle migliori, almeno mi aveva un po' calmata.
Mi risistemò la fascia intorno al braccio e ci incamminammo verso il camion.
<dò una mano a Doc e Dylan per controllare il motore> mi avvisò, indicando alle sue spalle i due che ispezionavano il cofano aperto del veicolo.
<io vado a controllare nel retro di aver preso tutto, non vorrei dimenticare qualcosa in questa strada dimenticata da Dio>
Le sfuggì una risata e mi voltò le spalle, la osservai svanire davanti al veicolo e a quel punto mi voltai anch'io.
Un po' sovrappensiero cercavo di sistemarmi la fascia, muovevo la mano e cercavo di fare lo stesso con il braccio e lentamente la sensibilità stava tornando e il dolore si affievoliva.
Ero così indaffarata nel sistemarla che non mi accorsi di star oltrepassando il retro del furgone.
Appena alzai lo sguardo mi ritrova contro il veicolo, bloccata da un braccio fermo vicino al mio viso che non mi lascia via di fuga.
Trattenni un respiro, il suo sguardo impassibile mi studiò come un radar, ogni millimetro di pelle, mi prese il viso con la mano e lo volse da un lato all'altro.
<poteva ammazzarti> sussurrò lasciando cadere il braccio lungo il suo corpo, si voltò dandomi le spalle, si stringeva i pugni dalla rabbia.
<ma non è successo>
Feci una passo verso di lui come due calamite che percepiscono l'attrazione reciproca ma sono ancora troppo distanti per unirsi.
<potevi morire> ringhiò con rabbia.
Gli andai dietro annullando la distanza tra noi e lo presi per un braccio cercando di farlo voltare, senza successo finché non lo strattonai più forte e lui fece altrettanto liberandosi dalla mia presa.
Non capivo il suo comportamento ma non riuscivo a capire nemmeno il perché io stessi insistendo tanto, non era da me, se non voleva parlarmi non era un problema mio.
Lasciai perdere? Assolutamente no.
Gli girai intorno e finii proprio di fronte a lui ma non mi guardò in viso, aveva ancora lo sguardo basso e i pugni serrati.
<Diecimila?> lo chiamai, facendo un passo verso di lui; non si mosse.
<Diecimila..?> riprovai, ormai così vicini che se solo avesse alzato lo sguardo avrei avuto il suo viso sopra al mio.
Probabilmente capì quanto fossimo effettivamente vicini perché in quell'istante si irrigidì, lo notai dalle spalle, la postura, la schiena.
Gli sfiorai la mano con la mia, lo vidi esitare.
<Thomas?> sussurrai trovando il coraggio di passare il mio palmo sulle sue nocche fino ad avvolgergli la mano, con il timore che qualcuno potesse vederci.
I suoi occhi saettarono nei miei, nel mio palmo sentii la sua mano rilassarsi fino a sciogliere il pugno mentre continuava a guardarmi, sembrava parlasse con lo sguardo, sembrava emanare tutta la rabbia che stava trattenendo.
<non riuscivo a saltare, ha dovuto farlo... e sto bene, la spalla è solo un po' indolenzita> gli feci vedere che ero in grado di muovermi, nonostante avessi ancora bisogno di riposo.
<lui non doveva farlo in nessun caso, ti ha messa in pericolo>
Si stava di nuovo arrabbiando.
<ti ho appena spiegato che l'ha fatto per me! Sarei morta se non mi avesse spinta e gli sono grata che l'abbia fatto!> esclamai, odiavo quando non capiva ciò che cercavo di spiegare.
<e io ti ho appena detto che saresti potuta morire per una stronzata, è così difficile da capire per te?>
Entrambi ormai avevamo alzato la voce inutilmente, lui non ascoltava me e io non ascoltavo lui, sapevo di aver ragione soprattutto perché riguardava me soltanto ciò che era successo, lui stava solo ingigantendo la situazione.
<è impossibile parlare con te, tanto non mi ascolti!> ormai ero furiosa, non avevo più ragione di cercare di essere gentile con lui.
<hai ragione, con te è impossibile ragionare. Fai pure la bambina, non ti aiuterò sta volta, non mi importa più>
Se ne andò, mi lasciò sola.
Lo pensava davvero? Non gli importava nulla di me? Perché mi aveva risposto così? Perché era stato così cattivo?
Non mi accorsi di quella lacrima che cadde sul mio viso, nemmeno degli occhi colmi come il mare, il respiro irregolare e la rabbia che ancora si fomentava nel mio petto.
Non aveva senso, nulla lo aveva, lui nemmeno!
Sconfortata mi appoggiai al retro del veicolo e attesi che giungesse l'ora di partire.
Solo Warren e Vasquez salirono nella parte del guidatore e passeggero, noi altri restammo nel retro, ognuno contro a una parete.
Una volta partiti Dylan mi si avvicinò, non avevo parlato fino a quel momento, mi avvolse la schiena con un braccio e mi spinse verso di se, finimmo molto vicini.
Qualcun altro ci stava guardando di sottecchi, lo ignorai.
<che hai, my lady? Sei silenziosa> Dylan sfoggiò il suo solito sorrisetto che sicuramente avrà ammaliato decine e decine di ragazze prima dell'apocalisse ma che con me non aveva mai funzionato.
<nulla, è solo stanchezza>
Non credette alla mia bugia ma fece finta di nulla, mi invitò a sdraiarmi ed appoggiarmi a lui per riposare.
Pur di togliermi gli occhi del tenebroso di dosso accolsi la richiesta, e in fin dei conti riposare non mi avrebbe fatto sicuramente male.
Mi appoggiai con la guancia sulla sua gamba e lasciai che mi cullasse con delle carezze sui capelli.
Quel tocco era così familiare ma allo stesso mi sembrava sbagliato, estraneo, non riveniva da colui che mi aveva confortata pochi notti prima, era quel tocco a mancarmi terribilmente.
Fuggii da quel pensiero e liberai la mente, in quel momento era meglio un incubo che pensare a Diecimila.

Dylan si prese cura di me quella notte, anche quando mi svegliai per uno strano sogno che lo riguardava, mi rassicurò facendomi tornare a dormire, quella volta però abbracciati, come un tempo.
Alla fine lui aveva sempre dimostrato di tenerci a me, forse era stato un errore tornare nell'operazione morso, forse ci bastavamo noi due ed io lo stavo guardando solo con gli occhi di una sorella, non in un possibile altro modo.
Infondo era impossibile che provasse qualcosa per me, eravamo troppo amici per far sì che accadesse!
Dovevo solo allontanarmi da Diecimila, tutto sarebbe tornato al suo equilibrio originale perché infondo, a lui, non importava di me.


Spazio autrice:
Scusate l'attesa, è il capitolo più lungo che abbia mai scritto in vita mia!
Qui sotto vi lascio due foto di fantasia che sono riuscite a dare il volto a Dylan, nella mia testa un mix tra loro è proprio il nostro caro soldatino.
(Grazie Pinterest<3)

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