Capitolo 20
Mi stringevo al suo corpo, avvinghiati in una morsa di sensi di colpa, stupore, estasi, paura ed eccitazione.
Passava le mani sotto alla mia schiena, bramoso di quei baci, stringendomi contro di sè mentre le mie mani vagavano sulla sua schiena stringendogli le spalle, le braccia, poi di nuovo sulla schiena non riuscendo a star ferme un attimo.
Il suo corpo ormai era completamente sdraiato sul mio e mai un secondo lasciò andare le mie labbra, mai per un istante smise di stringermi a se, di farmi sentire finalmente al sicuro.
Sentivo che era sbagliato, un errore madornale ciò che stavamo facendo, eppure perché non riuscivo a fermarmi? Perché non riuscivamo a smettere? Perché desideravo sempre di più?
Ci fu un tuono fortissimo che mi fece tremare di nuovo, strinsi gli occhi per lo spavento e mi portai le mani a coprirmi le orecchie e una smorfia di puro terrore mi ricoprì il viso.
Non ci furono parole quella volta, solo piccoli gesti da parte sua.
Quasi di forza mi spostò le mani dalle orecchie, una volta finito il forte rumore, per poi adagiarle sul mio petto, così delicato che quasi non lo sentii.
Passò una mano sul mio viso accarezzandolo, così facendo la mia smorfia di terrore si attenuò fino a riavere il viso rilassato, fu allora che sentii di nuovo le sue morbide labbra adagiarsi sulle mie.
Le intrappolai subito in un bacio più intenso, quasi necessario, a cui era impossibile resistere.
Continuavo a non capire cosa stesse succedendo.
Perché proprio adesso, perché lui, perché io!?
A stento riuscivo a rendermi conto che fosse tutto reale, che fossimo di nuovo io e lui in mezzo all'apocalisse ma questa volta era diverso, ci eravamo spinti troppo oltre.
Ma quello forse fu un pensiero di entrambi perché appena un secondo dopo feci in modo di cambiare posizione e finire io sopra di lui, mi staccai dal suo viso ormai senza aria e lo guardai rimanendo seduta sul suo bacino.
Si alzò sui gomiti, continuando a guardarmi, confuso quanto me.
<che cazzo stiamo facendo?> domandò più a se stesso che rivolto a me, passandosi una mano sul viso e poi fra i capelli.
Io tenevo due dita premute sulle mie labbra, sentivo ancora le sue sopra le mie e quella sensazione sembrava non volersene andare.
<non lo so> sussurrai così piano che a stento mi sentì, nel mentre mi passai una mano fra i capelli disordinati, presi profondi respiri, ormai ero calma.
<però ha funzionato> disse sorridendo con un lato della bocca, gli sfuggì anche una risata mentre si risistemava sui gomiti.
Lo guardai stizzita per poi tirargli un pugno, leggero, sulla spalla.
<deficiente> imprecai lasciandomi però sfuggire anch'io una risata.
Appoggiai le mani al letto, vicino al suo viso e mi avvicinai per metterlo un po' più sotto pressione, lo conoscevo bene ormai e sapevo alcuni dei suoi punti deboli.
<chi ti ha insegnato questa cosa? È uno dei metodi di medicina alternativa di Doc?> domandai ironica, alzando un sopracciglio e attendendo risposta.
Lo sentii e vidi deglutire sonoramente, spaesato.
Mi rispose balbettando qualche parola, confuso da quel mio atteggiamento così provocatorio.
<Addy. Lo faceva Mack con lei quando aveva gli attacchi di panico, l'ha sempre aiutata. Dovevo provarlo prima o poi> fece spallucce, sorridendo di nuovo col lato della bocca.
Lo fa apposta a sorridermi così, pensai.
<che non diventi un'abitudine, cecchino> lo minacciai puntandogli un dito sul viso e avvicinandomi ancora, troppo forse, visto che tornammo l'uno a pochi centimetri dall'altro.
<come vuole lei, baby killer> sussurrò quelle ultime due parole, un brivido mi percorse la schiena.
Quando lo sguardo mi ricadde di nuovo sulle sue labbra, e lui fece lo stesso, mi spostai mettendomi a fianco a lui.
Presi la maglietta che gli avevo trovato e gliela lanciai addosso mentre io, da seduta, mi infilai i pantaloni della tuta che mi aveva trovato lui.
<vestiti, devi dormire> ordinai mentre mi allacciavo più stretto possibile quei pantaloni enormi.
<si signora!> esclamò facendo il saluto militare.
Contrariata gli buttai un cuscino addosso per poi ritrovarmelo in faccia due secondi dopo.
<come ti sei permesso!> esclamai buttandomi sopra di lui e iniziando a fargli il solletico, sapendo lo soffrisse.
Scoppiò a ridere e nel dimenarsi tentava di spostarmi senza riuscirci, poi all'improvviso mi ritrovai sdraiata sul letto con lui sopra che mi teneva stretti i polsi sul materasso.
<esagerata> commentò prendendo aria e riuscendo a smettere di ridere.
<e tu sei un coglione!> replicai fingendomi arrabbiata.
<lo so, grazie del complimento> sentenziò prima di lasciarmi i polsi ma senza smuoversi dal mio corpo.
Lentamente si abbassò su di me, appoggiò il viso sul mio petto e una mano sulla mia spalla, in uno strano abbraccio.
Rimasi un attimo confusa, poi senza accorgermene iniziai a fargli delle carezze sulla schiena e fra i capelli, sapevo quanto gli piacesse.
<non ti ho abbracciata abbastanza, devo recuperare 4 mesi>
Mi sfuggì una risata, era tenero messo così.
<non ti facevo così coccolone sai?>
Si, lo stavo sfottendo e si, mi divertivo a farlo.
<solo perché di solito sei una stronza esagerata e perché per 4 mesi non ci hai fatto avere notizie. Stronza> lo disse come un bambino a cui rubi il gelato di mano, tutto offeso e sicuro di aver ragione, risi ancora sta volta all'idea di un Diecimila bambino che piagnucolava per questo.
<hai ragione, sarò meno stronza> ammisi continuando ad accarezzargli i capelli.
Si sollevò un istante ma solo per spegnere la lampada ad olio sul comodino affianco al letto, già pronto per addormentarsi.
<diecimila?> lo chiamai, nel buio più totale.
<Mh?>
<se non sto sotto le coperte non riesco a dormire..> lo sussurrai come se fosse un segreto, che in realtà un po' ' lo era, e mi imbarazzai tantissimo per quelle parole.
Lo sentii alzare la testa dal mio petto e immaginai mi stesse guardando.
<ma davvero?> chiese, forse pensando che stessi scherzando.
<è per il temporale, sennò non mi sento al sicuro e non mi addormento..>
Non disse altro, si spostò subito da me ed iniziò a sollevare la coperta su cui ero ancora sdraiata, mi spostai sotto di esse e anche lui fece lo stesso.
Poi tornò con il viso sul mio petto, le braccia ad avvolgermi la vita e i fianchi, una gamba sopra alle mie.
<meglio ora?> sussurrò con la bocca impastata dal sonno e rivolgendo il viso in alto, verso il mio.
<si, ora si>
Ci fu un altro boato susseguito da un altro lampo e un altro boato ancora.
Gli strinsi la maglia da sotto le coperte e presi un profondo respiro, avevo bisogno di dormire e non potevo tenere sveglio anche lui, non dopo aver saputo che erano giorni interi che non si riposava.
Mi abbracciò più stretto e mi disse di stare tranquilla, che c'era lui lì con me.
Lo ringraziai ancora, tornando ad accarezzargli i capelli.
<come facevi a sapere che il taglio sulla gamba me lo ero fatta io?> domandai all'improvviso, con quella domanda che mi tormentava ormai da qualche ora, mi tremò la voce.
Ci furono secondi di silenzio in cui pensai che si fosse addormentato anche se sarebbe stato fisicamente e biologicamente impossibile riuscirci in così poco, infatti rispose.
<mi ricordo di quella notte nello chalet nel bosco, che avevi cercato di feriti al polso e ti avevo fermata. In più ho pensato che fosse un taglio troppo preciso e che avessi usato i punti per "cancellare" tutto, sei la prima che si rifiuta sempre di farsi mettere i punti per non sprecarli nel caso in cui servissero per cose più gravi>
Rimasi affascinata da quanto fosse accurata e corretta la sua deduzione, infatti non fiatai per qualche minuto, non sapendo cosa dire finché alla fine, anche su questo, crollai.
<erano stati giorni difficili, Tommy>
Quando sentì pronunciare il suo nome alzò appena la testa, colto alla sprovvista.
<per sfuggire a un'orda io e Dylan ci eravamo separati, sono rimasta sola per circa 4 giorni, non avevo cibo, solo un paio di bottigliette d'acqua e avevo finito tutti i proiettili per le pistole. Ero senza forze>
Mi interruppi solo per prendere un altro profondo respiro e continuai, sapendo di avere ancora la sua completa attenzione.
<per la fame, la disperazione e la rassegnazione iniziai ad avere delle allucinazioni. Delle persone a me care ormai morte da tempo mi incitavano a farmi del male perché ero colpevole delle loro morti, me lo dicevano in continuazione e al terzo giorno iniziai a credere a quelle voci; anche mia sorella Mary era tra queste.>
Al ricordo di quei terribili e lunghissimi giorni di tortura psicologica mi riempii di brividi, come se i loro fantasmi fossero entrati nella stanza e l'avessero raggelata.
<al quarto giorno dicevano che dovevo provare il loro dolore, Charlotte diceva che dovevo provare il suo dolore e cosi mi feci quel taglio sulla gamba. Diceva che dovevo farlo infettare per capire cosa avesse vissuto veramente, lei avrebbe fatto la fine di cassandra se non fosse stata sbranata dagli zeta a causa mia>
Diecimila si mise seduto a fianco a me e prese la mia mano mentre continuavo a raccontare come fossero andate le cose, alzandomi a sedere ma tenendo lo sguardo basso, non riuscendo a incontrare il suo per la troppa vergogna.
<il quarto giorno ero arrivata al punto in cui volevo farmi mordere da uno di loro ma non ero abbastanza in forze nemmeno per alzarmi da terra. Per un qualche miracolo Dylan mi trovò e senza far domande mi rimise in sesto. Non sa che me lo sono fatta io, pensa che mia sia ferita scappando dall'orda. Dopo qualche giorno mi sono sentita meglio, le allucinazioni non c'erano più e la gamba era sistemata.. è successo una decina di giorni fa. Per questo abbiamo fatto una gran scorta di antibiotici, pensavamo potesse infettarsi ma in realtà sta guarendo in fretta, non fa più nemmeno così male>
Conclusi il racconto che stavo stringendo con forza la sua mano, mi scivolò una lacrima sulla guancia ma voltai il viso dall'altra parte in tempo affinché lui non lo notasse.
Lo sentii sospirare, non stava dicendo niente, mi preoccupai.
<so che ti ho delusa. Non sono la ragazza forte che credevi che fossi, non sono la stessa di quando ci siamo incontrati la prima volta>
Ma a quelle mie parole lui mi prese subito il viso tra le mani e negò insistentemente con la testa.
<sei forte invece, non mi hai delusa. Hai resistito più che potevi a quelle voci, eri sola. Ora ci sono io, se dovesse riaccadere ci sarò io ad aiutarti, te lo prometto e te lo giuro sul nome di mio padre>
Avvicinò il viso al mio e stampò un bacio sulla mia fronte, poi allargò le braccia invitandomi tra esse.
In quell'abbraccio mi ci fiondai, ne avevo bisogno, mi sentivo nuda dopo essermi esposta così tanto, ancora.
<grazie di avermelo detto e di esserti fidata. Lo sapremo solo noi> aggiunse stringendomi nell'abbraccio e accarezzandomi la schiena.
Si sdraiò e con lui anch'io, con il viso sul suo petto e continuando a stringergli il busto mentre mi teneva stretta a se.
In quel momento mi scordai di tutto, mi sembrò di tornare a quella notte nel bosco il giorno in cui perdemmo Murphy e Cassandra fu trasformata dall'immune.
Ricordavo bene quella notte, passata con Diecimila, quella in cui gli mostrai il tatuaggio sulla schiena. Chissà cosa avrebbe detto venendo a sapere che all'accampamento in cui stavo me n'ero fatti fare degli altri.
Da quella ragazza che nella vita pre-zombie faceva la tatuatrice e dall'inizio dell'apocalisse si era portata sempre a dietro la sua macchinetta. Aveva più fortuna lei a trovare l'inchiostro per tatuare che noi altri a trovare un pacco di proiettili.
In moltissimi al campo si erano fatti tatuare da lei, una mano esperta che sapeva di libertà con le proprie opere incise su pelle.
Mentre riflettevo su questo sentii Diecimila tirare un lungo sospiro, come se qualcosa lo stesse affliggendo. Prima che potessi domandargli se stesse bene iniziò a parlarmi, in un sussurro, come se anche quello fosse un segreto, ciò che stava per dirmi.
<Ormai un mese fa ho avuto un piccolo incidente e mi sono ferito dove ora ho ancora le bende, sono praticamente guarite ma Doc è paranoico di questi tempi, dopo la morte di Mack e la tua scomparsa ha dato un po' di matto con me e Addy. Semplicemente quel giorno stavamo controllando un parcheggio d'auto rottamate, io e Addy eravamo insieme, lei ha aperto una portiera vedendo all'interno un walkie talkie, pensando di convertirlo in radio in qualche modo, ma non aveva previsto che aprendola sarebbe scoppiato un ordigno artigianale. Io l'avevo notato pochi secondi prima, pensavo lei l'avesse visto e quando si avvicinò così tanto all'auto ormai era tardi, cercai di avvertirla ma fu inutile. Ho cercato di proteggerla, una serie di schegge sono arrivate anche a lei ma le peggiori le avevo prese io; se noti lei ha una piccola cicatrice sotto l'occhio destro, è dovuto a quello.
Così è come mi sono ferito, Doc ha tolto tutti frammenti e ha ricucino le parti più gravi, siamo stati fermi qualche giorno e poi siamo ripartiti. Ora non mi fa male e le cicatrici sono minime, però Addy si era sentita in colpa e Doc era quasi impazzito all'idea che mi fosse successo qualcosa>
L'unica cosa a cui pensai fu che grazie a Dio, se ancora ce n'era uno, era vivo e stava bene.
Lo strinsi più forte perché l'idea che aveva rischiato la morte mi aveva fatto sentire un vuoto terribile all'altezza del petto, quell'abbraccio un po' lo aveva colmato.
<mi dispiace così tanto..> sussurrai premendo il viso sul suo petto, muovendo la guancia su e giù sulla sua maglietta, come un gattino che fa le fusa.
<ora sto meglio di prima, è come se non fosse mai successo per me. Con Doc non parlarne però, aveva ricominciato a fumare un sacco di erba per contrastare l'ansia che ci succedesse qualcosa>
Mi accarezzò dolcemente i capelli, era così tranquillo anche mentre raccontava un avvenimento così traumatico che mi chiesi come facesse ad essere così calmo.
Lui era l'equilibrio e la tranquillità fatta a persona, io tutto il contrario.
Insieme non ci azzeccavamo davvero niente, eravamo proprio lo ying e lo yang.
<sei sicuro che non ti fa male se resto sopra di te?> preoccupata alzai anche il viso per guardarlo ma lui negò, sorridendo nella penombra.
<non sento nulla, adesso che lo sai però dormi, anche io ne ho bisogno>
Fece una piccola pressione con la mano sui miei capelli per invitarmi a tornare nella posizione di prima, non esitai un istante e nonostante la notte inquieta e gli avvenimenti a dir poco frenetici che erano susseguiti uno dopo l'altro, mi addormentai cullata dalle sue carezze e sentendomi finalmente al sicuro.
Quando riaprii gli occhi ormai era giorno, sentii un particolare vuoto sotto di me, appena mi accorsi di essere sola nella stanza mi alzai a sedere immediatamente.
Era stato tutto un sogno?
Diecimila era reale? E quel bacio?
Quasi annaspando aria per respirare iniziai a muovere tutte le coperta cercando una traccia di lui.
Le scarpe. Non c'erano.
Sentii un vuoto nel petto, mi strinsi le mani nei capelli con gli occhi sbarrati, ciondolavo con la testa in avanti non riuscendo a razionalizzare.
<ti prego fa che sia solo un incubo!>
Proprio mentre pronunciai questa frase il mio sguardo fu catturato da un foglietto sul comodino, piegato su se stesso.
<esco> diceva solo questo, era firmato però, con una linetta e a fianco la scritta "10K".
Balzai in piedi colta da una insana energia, poi notai cosa cadde dal foglietto.
Una margherita.
Aveva le punte dei petali lilla, il gambo era molto sottile e riuscii a pensare solo a quanto fosse raro trovare delle margherite in quel periodo e in quel luogo così desolato e arido.
La portai vicino al viso e ne annusai il lievissimo profumo, la adagiai poi sulle labbra e i petali vellutati mi diedero l'impressione di star ricevendo un bacio.
Istintivamente sorrisi.
Nascosi quel fiore per poterlo preservare, nell'unico posto a cui nessuno sarebbe mai venuto in mente di guardare e nessuno si sarebbe mai permesso.
Poi mi rialzai in piedi, raccolsi tutti i miei vestiti e mi cambiai all'istante, reinfilai i miei anfibi e riallacciai la cintura con il porta coltelli. Solo in quel momento mi resi conto che ancora non avevo sistemato le cose che avevamo rubato il giorno precedente, fremevo all'idea di indossare lo smanicato e la cintura nuova.
Ero più tranquilla una volta accertato che ciò che era successo la sera prima era stato reale, che il gruppo fosse li per davvero, la sensazione di imbarazzo che provai subito dopo invece non fu piacevole.
Avrei fatto finta di nulla, con Diecimila.
Non era successo niente di grave in fondo, lo aveva fatto solo per calmarmi, niente tra noi sarebbe cambiato per quello. Giusto?
Sistemai un minimo le coperte e mi diressi fuori dalla stanza, verso il salone, dove sentivo delle voci riecheggiare contro le pareti.
Mi affacciai tenendomi allo stipite della porta ancora un po' stordita dal vederli tutti lì presenti.
<ma buongiorno a lei dormigliona!> esclamò Addy alzando gli occhi dalla mazza, che stava pulendo, e puntandola verso di me per indicarmi.
Era sdraiata sulla poltrona su cui mi aveva medicata la sera prima, con le gambe giù dal bracciolo mentre chiacchierava con Dylan, il quale mi rivolse un sorriso dolce.
<dai non ho dormito così tanto!> le dissi di rimando entrando nella stanza e sedendomi al tavolo.
Dylan nel mentre mi lanciò da dove era una barretta, giusto per mangiare qualcosa, e da dietro mi spuntò Warren con una tazza in mano e un pacchetto mono dose di cereali.
Mi porse la tazza e quasi mi vennero le lacrime a sentire l'odore del caffè.
<dove diavolo lo avete trovato!> mi avvicinai con il naso alla tazza e prima di prenderne un sorso annusai intensamente quel profumo che ormai da due mesi non sentivo.
<merito di Dylan, l'ha preso in quel supermercato di cui ci avete parlato> rispose Addy alzando un'altra tazza nella mia direzione per simulare un brindisi, poi fece lo stesso verso a Dylan di fronte a lei, come ringraziamento.
Lui le rivolse un sorrisetto ammiccante e un'occhiolino tempestivo, rimasi sorpresa.
Mi ero preoccupata così tanto di stare con Diecimila che non avevo calcolato a cosa avrei trascurato, come loro due.
<e l'acqua come l'avete bollita? Non funzionava niente ieri sera> domandai indicando la cucina alle mie spalle, iniziando a sorseggiare dalla tazza.
<sempre lui> si aggiunse Vasquez.
Guardai interrogativa il mio amico che ancora sorrideva, guardava sottecchi la ragazza rossa.
<fornello da campeggio, rubato sempre ieri> chiarificò.
Scossi la testa sorridendo per quanto quel ragazzo continuasse a sorprendermi, poi mi concentrai sugli elementi mancanti in quella stanza: Doc e Diecimila.
Warren vedendo come mi stessi guardando intorno mi precedette, sedendosi a fianco a me.
<perlustrano l'area, in base a quanti Zeta ci sono vedremo quando andare nel vostro amato supermercato. Torneranno a minuti>
Annuii avendo capito che mi toccava aspettare li, anche se non era male come idea, infatti iniziammo un avanti e indietro di domande tra le più svariate.
<quindi Murphy come stai? Vedo che hai una bella cera> domandai all'uomo dall'altra parte con il solito tono ironico di chi ancora serva rancore verso qualcuno, soprattutto se quel qualcuno ti ha portato via una delle tue migliori e uniche amiche.
Mi rivolse un sorriso a dir poco falso, cassandra dietro di lui ringhiò verso di me.
<non mi sono ancora abituato a.. questa cosa> si intromise Dylan accennando a cassandra, nemmeno io c'ero ancora abituata, avevo sperato che l'avessero in qualche modo fatta tornare normale.
<oh sto benone, starò ancora meglio dopo che sarà finita questa apocalisse, neanche 5 docce bollenti mi toglieranno di dosso tutto lo schifo di questi mesi>
Stava bene, si vedeva dal suo bel tono nel rispondere; almeno non mi sarei dovuta preoccupare di lui il che non mi era mancato affatto.
<e lei?> domandai rivolgendomi però a Warren, perché di Murphy non mi fidavo da tempo ormai, riferendomi a Cassandra.
<come l'ultima volta, un po' meno aggressiva e spesso ci ha aiutati, però non è comunque più se stessa. La teoria di Doc è che sia una conseguenza delle radiazioni emanate dalle ultime esplosioni che abbiamo causato e luoghi radioattivi che abbiamo perlustrato; infatti se ricordi, nel laboratorio di Kurtz o Kurian o come vogliamo chiamarlo, appena morsa era diversa, più viva che morta, ora il contrario>
Furono così tante informazioni da assimilare che non mi scomposi di un millimetro quando Dylan domandò spiegazioni, ancora.
Poverino, nemmeno si poteva immaginare in che guai ci eravamo cacciati per mesi pur di portare quell'uomo in California.
Ma per fortuna Warren spiegò tutta la storia nei minimi dettagli a cui aggiunsi solo qualche nota o particolare: di come eravamo arrivati in quel laboratorio, le condizioni di cassandra, gli zombie mutanti che abbiamo incontrato e la fine, tragica, di quell'episodio.
Giusto appena finimmo di parlare entrarono Doc e Diecimila che ridevano tra loro.
Doc entrò per primo, si fermò sulla soglia del salone e alzò entrambe le braccia con i palmi aperti a imitare lo stupore.
<chihuahua zombie> esortò.
Gli scoppiai a ridere in faccia, letteralmente, e anche Addy non si trattenne all'idea.
<Due in realtà> lo corresse Diecimila spuntando da dietro e battendogli una pacca sulla spalla prima di superarlo e venire verso il tavolo.
Lasciò cadere su di esso il fucile e lui si abbandonò su una sedia, di fronte a me.
<tremila uno e due> precisò prima di guardare verso di me e indicarmi la tazza <passa> si limitò a dire.
Feci per allungargli la tazza ma quando la posi a metà tra me e lui, Warren la prese e la rispostò di fronte a me.
<ne hai già bevuti due, non ti azzardare> si rivolse a Diecimila puntandogli il dito contro, lui fece il saluto militare e le rispose con un solenne <si signora!> facendola ridere.
Riprendendomi la tazza in mano e ormai finendola mi rivolsi a lui.
<sei già a tremila> affermai.
Lui annuì <c'è stata un po di fiacca in realtà, pochi zeta nelle ultime settimane>
Ma intervenne Addy a smentirlo.
<pochi zeta o pochi quelli che hai ucciso tu? Perché io ricordo ancora bene l'acido lattico alla braccia per tutti gli zombie che ho ammazzato al posto tuo, principino> gli fece verso lei, sostenuta anche da Doc.
<vero ragazzo, per un po' hai smesso>
Cercai di capire il motivo di quel suo smettere di uccidere gli zeta, lo divertiva ed era la sua missione, ma una mezza idea me l'ero fatta però per il mio stato mentale era meglio rimanere nell'ignoranza a riguardo.
Diecimila borbottò qualcosa che non si capì bene e per fortuna invece che fare altre domande, venne cambiato argomento.
<comunque non ci sono molti zeta nei dintorni, quindi quando volete andiamo a fare scorte> si pronunciò Doc nel mentre che sgranocchiava anche lui gli stessi cereali con cui avevo fatto colazione anch'io.
<se la metti così possiamo andare anche adesso, niente sorprese cosi, no?> Addy fece spallucce, chissà cosa le faceva avere così fretta di andarci, forse la prospettiva di aver finalmente delle scorte era più forte che mai in quel momento, alla fine sarebbero ripartiti a breve.
Sarebbe stato bello andare con loro ma non credo mi avrebbe riaccettata così facilmente e in più non penso Dylan sarebbe stato molto d'accordo.
Tenni per me quei pensieri, era già qualcosa che ci fossimo ritrovati dopo quasi 4 mesi.
<io vi aspetterò qui, al sicuro, a riposo. Sapete, proteggere la missione> fece voce Murphy.
Ma Warren non fu della stessa idea, anche se tenerlo lontano dai guai per una volta non doveva essere così male.
<No caro! Vieni con noi e mi stai attaccato al culo. Devo ancora perdonarti Cheyenne!> esclamò la donna, seduta con una gamba accavallata all'altra mentre con fare minaccioso puntava il coltello che stava tranquillamente pulendo poco prima contro Murphy.
Lui alzò gli occhi al cielo <oh avanti! Vi ho già chiesto scusa! Per mesi!>
Intervenni io, colta da un'improvvisa rabbia per il suo comportamento infantile. "Ho chiesto scusa" mi risuonava in testa.
<dillo a Mack e a Cassandra>
Pronunciando quei nomi i brividi mi pervasero le braccia.
Mi alzai andando di fronte a lui, sotto lo sguardo attento dei presenti che non sapevano cosa aspettarsi, ma Diecimila se la rideva di nascosto.
<oh giusto, non puoi> aggiunsi puntandogli uno sguardo gelido dritto negli occhi.
Poi mi abbassai a prendere il mio borsone portandomelo su una spalla, mi voltai dirigendomi verso la cucina.
<prendo delle cose e andiamo> dissi oltrepassando la porta.
In cucina presi dal borsone la cintura che avevo rubato il giorno prima indossandola subito e riempiendola con tutto ciò che poteva starci.
Ad essa riuscii ad attaccare anche la mia fondina, che mi andò a circondare la coscia destra ma si fissava con un cinturino di cuoio alla cintura stessa.
Tolsi la felpa rimanendo con una semplice maglia maniche corte, una volta era grigia, ora invece presentava una serie di macchie rosse dovute a qualche zeta o da qualche piccolo incidente che comprendeva qualche mia ferita.
Sopra di essa misi quel bellissimo giubbotto smanicato, riempiendolo anch'esso di proiettili, sfere metalliche per la fionda e la bussola. Infine alla cintura infilai anche quel bel portachiavi multiuso che speravo di sfruttare presto.
Lasciai sulla poltrona della cucina il mio borsone e non presi altro con me se non la pistola, nella fondina, i coltelli nella cinta e l'arco.
Era bello viaggiare più leggeri, potevo usare liberamente la mia arma preferita senza però avere di intralcio zaini, borse o oggetti strani.
Tornai verso il salone, erano tutti pronti per partire con le proprie armi in mano o nelle fondine.
<vamos> esclamai facendo in modo che notassero la mia presenza sullo stipite della porta.
Uno ad uno alzarono lo sguardo, si soffermò pure diecimila a guardarmi, fissarmi.
Distolsi subito lo sguardo e per fortuna Addy venne da me.
Mi prese le braccia di scatto e le portò in avanti, confusa cercai spiegazioni con lo sguardo, poi fece un sorrisetto ammiccante.
<da quando hai questi tatuaggi!?> esclamò sorpresa, lasciò le mie braccia e mi sfuggi una risata.
<è bella e lunga storia, te la racconto per strada>
Mi prese a braccetto, come facevamo un tempo, e uscimmo di casa andando al pickup.
Saltò nella parte posteriore e mi allungò entrambe le mani per aiutarmi a salire visto le condizioni della caviglia.
<bel look comunque, molto da figlia dell'apocalisse> scherzò mentre mi tirava sù.
Risi ancora, mi era mancato il suo umorismo.
<di questi tempi purtroppo non posso mettermi i miei tacchi da met gala> scherzai di rimando, sedendoci entrambe mentre gli altri salivano.
Doc e Diecimila con noi, come sempre.
Vasquez teneva d'occhio Murphy e cassandra nei sedili posteriori e Warren davanti insieme a Dylan, il quale era alla guida.
Prima che salisse quest'ultimo mi sporsi di lato, verso di lui che stava passando a fianco del pickup, ultimo fra tutti.
<sai che questo pick-up sarà mio tra qualche giorno, vero biondino?> gli feci un sorrisetto che lasciava intendere che non aveva scelta.
<ti conviene sistemarti la caviglia, my Lady> mi fece un finto inchino e ridendo si mise al volante.
Quando imponevo qualcosa mi chiamava sempre così per sfottermi, fastidioso ma divertente.
Addy mi diede una lieve gomitata.
<hai imparato a guidare alla fine?> chiese sorridendo, quasi fiera.
<viaggiando in due è toccato anche a me, non pensavo fosse così divertente> feci spallucce e ricambiai il cinque che stava per darmi con la mano in basso vicino alla mia gamba.
<di certo guidi meglio di lui> con la testa accennò a Diecimila.
Aprì bocca per ribattere ma non gli lasciarono neanche il tempo di provare che pure Doc lo zittì.
<ragazzo, è inutile, devi ancora imparare> gli pose una mano sulla spalla come per convincerlo a rassegnarsi, cosa che non avrebbe fatto mai.
<vedrete miscredenti!> esclamò lui con fare teatrale, mettendo su un broncio offeso, aspettando che qualcuno glielo facesse togliere.
Nel mentre eravamo partiti e già in strada, ci avremmo messo circa 10 minuti con il pick-up ad arrivare.
Diecimila teneva ancora le braccia e le gambe incrociate, la fronte corrucciata e il labbro inferiore che gli sporgeva un po' in fuori; mi faceva una tenerezza lacerante, tanto che non riuscii a resistergli.
Gattonai fino davanti a lui e mi alzai in ginocchio davanti, non in piedi perché ho sempre avuto il terrore di cadere dalle auto in corsa.
Mi sporsi in avanti e lo strinsi in un abbraccio prendendogli il viso sul mio petto, apposta perché è come fanno le madri coi bimbi che si fanno male e fanno i capricci, proprio come lui.
<povero il nostro piccolo Diecimila, o forse dovremmo chiamarlo Cinquemila da oggi?> dissi voltandomi poi verso Doc e Addy che se la ridevano e anche di gusto.
ho riso meno quando ci fu una brusca frenata ed io caddi come una pera proprio su Diecimila, la risata dei due con noi si fece ancor più forte.
Ma non mi lasciarono neanche il tempo di sentirmi in imbarazzo che Warren urlò qualcosa dal sedile anteriore per metterci in guardia, a noi nel retro, ma lo capimmo solo quando una decina di zombie accerchiarono l'auto.
Ne spuntò uno proprio di fronte a me mentre ero ancora sul ragazzo.
Tirai Diecimila contro di me tenendogli una mano ad avvolgergli la nuca, in un attimo estrassi la pistola dalla fondina alla gamba e gli sparai dritto in fronte, appoggiando completamente la pistola ad essa.
Il corpo cadde e lasciai andare Diecimila per poi alzarmi senza dire una parola.
<cuccioli e gattini!> esclamò Doc, ecco cosa aveva detto poco prima Warren.
Diedi al vecchietto la mia pistola e presi l'arco, mi arrampicai sul tettuccio un po' goffamente e mi posizionai su di esso iniziando a scoccare frecce su frecce, mentre Addy se la cavava piuttosto bene con lo sfracella zombie e Diecimila usava un coltello. L'idea di dare la pistola a Doc non fu delle più azzeccate per tutto il rumore che stavamo facendo ma tanto il primo sparo l'avevo fatto partire io.
Warren e Dylan riuscirono ad uccidere qualche Zeta senza però uscire dall'auto, usarono i finestrini come tramite tra loro e i non morti, perché la massa di zombie impediva di aprire le portiere e in più sarebbe stato proprio stupido da parte loro, sarebbero stati morsi all'istante.
Rimanemmo solo noi 4 ad eliminare la piccola orda.
Ripensai alle parole di Doc di appena mezz'ora prima sul fatto che non ci fossero zeta.
Anche il giorno prima io e Dylan non ne avevamo trovati e invece quell'assortimento di sopravvissuti era stato attaccato proprio poche ore dopo.
<devono esseri raggruppati per colpa della tempesta di sta notte> esclamò Addy affaticata mentre estraeva l'ennesima mazzata dal cranio di uno di loro.
<io sto finendo le frecce!> avvisai sentendo con la punta delle dita le ultime 4 nella faretra.
<io i proiettili> anche doc non era messo al meglio, lo feci voltare fischiando e gli lanciai un caricatore pieno.
<da oggi ti chiamerò Salvezza, ragazzina!> esclamò ancora, entusiasta, mentre caricava la pistola.
Finii le frecce. Non mi rimaneva che usare il coltello.
<non c'è di che Doc, fatemi spazio> annunciai il mio arrivo sfoderando due coltelli con i quali aiutai Addy a farne fuori il più possibile.
Diecimila e Doc coprivano un lato, io e la ragazza l'altro.
Gli ultimi vennero uccisi da Dylan e Warren, finalmente usciti dall'abitacolo, in visibile apprensione per noi.
Doc si fece cadere contro il pick-up e Addy si mise in ginocchio riprendendo fiato, Diecimila invece sembrava un fiore, per niente affaticato.
Rinfoderai i coltelli e scesi dal pick-up lasciandomi aiutare da Dylan per paura di mettere male la caviglia.
<state tutti bene?> Warren posò una mano sulla spalla di Addy che alzò il viso annuendo e prendendo gran boccate d'aria.
Anch'io mi limitai ad annuire mentre Doc ci mise in mezzo una battuta squallida delle sue ma comunque divertente.
Dylan appoggiò una mano sulla mia guancia e mi chiese di nuovo se stessi bene, in un sussurro, come se fosse un nostro piccolo segreto.
<diciamo di sì, sai quando ti ho detto che a volte mi gira la testa quando faccio degli sforzi improvvisi? è uno di quei momenti proprio ora> mi portai la mano alla fronte sapendo che quel giramento sarebbe durato ancora qualche secondo e appoggiai il viso contro la spalla di Dylan aspettando che finisse.
Era un po' una novità quella dei giramenti di testa, andava avanti da qualche giorno, da quando io e Dylan c'eravamo separati e avevo raggiunto lo stremo delle mie forze tentando di sopravvivere senza cibo e ne acqua.
<devi ancora rimetterti in forze, mangi e dormi troppo poco, il tuo corpo sta facendo gli straordinari>
Infondo non aveva tutti i torti ma non lo avrei ammesso.
Alzai il viso dalla sua spalla e gli diedi una pacca sul petto, come per dirgli di rassegnarsi a quell'idea.
<ora sto bene> gli comunicai voltandomi e andando a prendere le mie frecce.
Addy scese subito dal pick-up e si propose di venire con me per aiutarmi, avremmo fatto molto prima.
Pure Diecimila ci seguì, senza dire nulla però, in silenzio e furtivo come aveva sempre fatto.
Dylan nel mentre si mise a parlare con Doc e Warren, la quale era rimasta dietro con noi per accertarsi ancora che fosse tutto a posto.
<quante ne avevi?> domandò Addy, piegandosi ad estrarne una dal cranio di un corpo.
<venticinque, spero di ritrovarle tutte> nemmeno mi ricordavo dove le avessi tirate sinceramente, mi ero preoccupata solo di proteggere quelle persone.
Ne avevo prese dieci nel mentre, Addy e Diecimila invece quattordici, ne mancava una.
<guarda è là, conficcata nell'albero> Addy indicò un albero sulla svolta a sinistra più vicina alla nostra auto, era giusto sulla strada, che interrompeva il marciapiede, fuori da una villetta abbandonata.
<come diavolo c'è finita lì> imprecai incamminandomi.
I due restarono a guardarmi mentre raggiungevo l'albero e cercavo di disincastrare quella dannata freccia. Quello era l'unico contro dell'arco, recuperare le frecce.
<serve una mano?> urlò sempre Addy, appoggiata al nostro mezzo che mi guardava ridendo a braccia incrociate.
<c'è la faccio>replicai finalmente estraendola, con un "urrà" urlato da Doc alle mie spalle.
Mentre la infilavo nella faretra Addy si mise ad urlare, contro di me, non capivo il motivo. Poi alzai lo sguardo dalla faretra che tenevo fra le gambe per sistemare le frecce e fu in un attimo che uno Zeta si avventò sopra di me.
Tutte le frecce caddero a terra sparse e io mi ritrovai con le spalle premute contro la corteccia di quell'albero, sbattendoci la testa contro, rimanendo stordita per qualche istante mentre lo tenevo lontano con le sole braccia.
Sentii un ovattato <stai giù!> urlato a breve distanza, senza esitare mi accovacciai a terra e mentre lo zeta tentava di seguirmi nel movimento venne sparato un colpo, e il corpo mi cadde addosso a peso morto.
Riuscii a spostarlo facendolo rotolare per terra, dei passi si avvicinarono correndo, ma io mi tenevo ancora una mano dietro la nuca per il dolore, sedendomi contro quell'albero maledetto.
Riconobbi subito Addy che si chinò a fianco a me, Dylan dietro di lei rimase in piedi perché all'altro mio lato si era precipitata Warren.
<stai bene?> chiese Addy mettendomi una mano sulla spalla.
<Si ma ho bisogno di una mano per alzarmi>
Non se lo fecero ripetere e subito sia Warren che Addy mi presero da sotto le braccia tenendomi ben stretta fino a rimettermi in piedi, non mollarono la presa.
<fottuto zeta> imprecai ancora massaggiandomi la testa, stavo bene anche se ero un po' stordita.
<ci sei Grace?> chiese ancora Warren.
<si sì grazie, ho solo tirato una testata all'albero, è stato..inaspettato>
Mi lasciarono le braccia e presero loro le mie frecce, rimettendomi la faretra sulle spalle.
Mentre le due donne andavano verso il pick-up io le seguii, affiancata da Dylan che si accertò anche lui che stessi bene.
<cosa ti avevo appena detto!> mi fece becco lui, tenendomi una mano sulla schiena per accompagnarmi.
<va bene hai vinto! Basta che non continui con questa storia, ho mal di testa> farfugliai ancora un po' confusa dalla botta.
<sali e rilassati finché non arriviamo, poi quando torniamo a casa vai a dormire>
Iniziai a ridere poi mi voltai verso di lui.
<sembri proprio mio fratello quando fai così>
Mi venne fuori forse con una voce troppo dolce rispetto al solito ma lui non ci fece tanto caso e mi sorrise, poi mi diede un bacio sui capelli e una spintarella per farmi muovere.
Addy era li che mi aspettava per aiutarmi a salire, la ringraziai lasciandomi cadere contro la parete del pick-up continuando a massaggiare la testa nonostante ormai non facesse più tanto male.
Ripartimmo all'istante e con noi anche le chiacchiere nel retro del mezzo.
<quindi.. la storia di questi nuovi tatuaggi?> incitò Addy dandomi una lieve spallata stando di fianco a me.
<vi abbiamo raccontato che siamo stati per quasi un mese in un accampamento, no?> attesi la conferma che arrivò con il loro annuire.
<c'era una ragazza molto brava che faceva la tatuatrice nel vecchio mondo, eravamo diventate in qualche modo amiche e mi doveva qualche favore, si è sdebitata tatuandomi ciò che volevo>
Mostrai i tatuaggi con fierezza, ne andavo matta.
Sul polso sinistro avevo un cuore anatomico, sul polso destro un cervello anatomico, poi alzai la maglia fin sotto al seno perché sul costato vi erano delle coordinate, un proiettile da fucile sul bicipite destro e infine sull'altro braccio una bussola che segnava verso ovest.
<e cosa significano?> domandò Doc interessato, tenendo il gomito sul ginocchio per farsi da appoggio con il pugno chiuso sotto al mento, mi sorrise dolcemente, mi sei mancato pensai.
<il cuore e il cervello sono per me stessa, la mia impulsività nel prendere decisioni, ho capito che devo calmarmi un po' su questa cosa e questi due tatuaggi me lo ricordano, di prendere le decisioni ben calibrata tra emozioni e ragione. Le coordinate sono quelle di casa mia; il proiettile è un omaggio all'apocalisse ma l'idea era quella di farne 3, uno per ogni anno, però poi ho pensato che se dovessi sopravvivere per altri vent'anni dovrei avere il braccio pieno di proiettili>
Scoppiarono a ridere.
<non hai tutti i torti> aggiunse Addy dandomi ragione.
<e la bussola?> continuò Doc.
Gliela mostrai meglio e persino io mi misi a ridere per raccontarglielo.
<in realtà, è un cameo sulla missione di Murphy, la bussola segna l'ovest, verso la California. È stato un modo per ricordarmi di voi >
Ero così in imbarazzo nell'averlo svelato che quasi mi pentii, Addy però mi abbracciò forte dandomi un bacio sulla guancia.
<non ti facevo così dolce e malinconica> aggiunse risedendosi a fianco a me appoggiando la mano sul mio braccio e lasciandomi una carezza.
<in questi mesi mi siete mancati, è stata dura all'inizio> abbassai lo sguardo ripensando ai primi giorni sola, alle continue lacrime che avevo versato senza un apparente motivo, per la prima volta ero di nuovo sola dopo mesi e mesi di compagnia, risate, scherzi ma anche perdite, dolori e pericoli.
<ma ora sei qui, siamo qui, di nuovo insieme> quel tono così rassicurante mi fece quasi dimenticare che di lì a poche ore sarebbero ripartiti e le nostre strade avrebbero preso nuovamente direzioni diverse.
Mi sfuggì un sospiro sommesso, carico di rammarico e malinconia.
<sei un po' debole, non è così ragazzina?> intervenne Doc, non riuscii a capire a cosa si riferisse e cosa intendesse per debole.
<fisicamente intendo, sembri stremata>
Annuii cercando un modo per non far sapere dei problemi che stavo avendo ma mentire non aveva molto senso, di loro sapevo di potermi fidare.
<Poco tempo fa ero rimasta senza ne cibo ne acqua, io e Dylan ci eravamo divisi e non avevo più forze per cercarlo, mi sono affaticata così tanto nel cercare di resistere che ancora ne sento gli effetti, a distanza di quasi due settimane la situazione non è migliorata molto. In più si è aggiunta questa maledetta caviglia, proprio non ci voleva> sconfortata mi avvicinai a Addy e appoggiai la testa sulla sua spalla, lei dolce come sempre iniziò a farmi delle carezze sul viso mentre sussurrava "starai meglio, sei in salvo ora".
Mi era mancato quell'affetto.
In realtà mi era mancata moltissimo Addy e insieme a lei Cassandra, ormai persa in quella voragine causata da Murphy.
Il solo pensiero ancora mi mandava in bestia, dopo tutto ciò che avevamo fatto per lui era comunque riuscito a ferirci come se non gliene importasse veramente nulla. Ma forse era così, non gliene fregava niente di noi.
Doc interruppe il mio flusso di pensieri facendomi un fischio.
Mi lanciò qualcosa che presi al volo e mi cadde tra le mani, una caramella.
<mangiala, gli zuccheri tirano un po' sù> mi incitò lasciando che il suo sorriso contagiasse anche me, per non sembrare scortese la scartai e la mangiai, ringraziandolo.
In realtà un po' aveva ragione, quella sensazione di affaticamento che sentivo ogni volta che mi girava forte la testa si era affievolita e quasi non la percepivo più.
Il mio dottore di fiducia, pensai.
Guardai ai lati della strada e riconobbi il benzinaio che si trovava giusto poco dopo il supermercato da svaligiare.
<siamo quasi arrivati> annunciai prendendo già l'arco in mano, appena pochi secondi dopo svoltammo nel parcheggio di fianco alla nostra entrata improvvisata e lasciammo l'auto proprio lì davanti, sicuramente nel caso dovessimo fuggire all'improvviso.
<è sicuro?> domandò Warren raggiungendomi mentre sbirciavo dall'apertura.
<dovrebbe> presi uno dei miei coltelli e con il manico iniziai a battere contro il vetro, insistendo affinché se ci fossero stati Zeta sarebbero usciti subito attirati dal rumore.
Quando smisi, perché non era uscito nulla, sentii Murphy alle mie spalle sussurrare.
<la chiamavano finezza> parlando con Doc.
Alché mi voltai contrariata e indicandogli l'ingresso.
<dopo di lei, signor Murphy> feci un inchino teatrale proponendogli il primo passo all'interno ma lui fece un passo indietro, scocciato e contrariato.
<come pensavo> sussurrai entrando.
Mi seguì Warren tenendo la pistola alta in caso di pericolo, poi ci raggiunse Dylan ed insieme a lui iniziai a spostare i cadaveri che avevamo lasciato sotto la vetrata, in modo che nessuno ci inciampasse sopra.
Ci radunammo in cerchio, l'uno di fronte all'altro, attendendo che Warren desse istruzioni, come un deja vu.
<stiamo in coppie, Murphy con me> aggiunse facendogli cenno di seguirla.
Prima che potessi avvicinarmi verso Dylan, Addy era già a fianco a lui.
<devi finire di raccontarmi la storia della mazza> disse lui, voltandomi le spalle ancor prima che mi potesse notare, mentre lei sorridente lo corresse.
<sfracella zombie> precisò facendo roteare la mazza a mezz'aria.
I due si allontanarono, anche Warren seguita dal Messia e la sua Cassandra.
Prima ancora di poter fare affidamento su Vasquez o Doc, i due si stavano allontanando mentre Vasquez dava delle pacche sulla spalla di Doc.
<andiamo a cercare dei medicinali> disse l'ispanico e il viso di Doc subito si illuminò.
<grandioso> sussurrai tra me e me per poi voltarmi verso l'ultimo rimasto, Diecimila.
Mi aspettava in piedi con il fucile in spalla, non disse una parola e fui io a prendere l'iniziativa.
<avanti muoviamoci>
Mi seguì e poi mi raggiunse affiancandomi.
<grazie per prima, lo Zeta> gli sussurrai, guardando dritto davanti a me, diretti al reparto più lontano e imboscato del complesso, quello dove avevo trovato quegli oggetti meravigliosi da campeggio, sapevo gli sarebbero piaciuti.
<non ringraziarmi, era solo uno>
La sua risposta fu abbastanza evasiva, dopo regnò il silenzio finché non arrivammo a quel reparto.
Io presi uno zaino vuoto e ci misi dentro giusto un paio di cose mentre Diecimila fece scorta per un esercito.
Lo sentivo sussurrare, tutto concentrato.
<questo per Doc, questo a Addy.. oh questo piacerà a Warren e questo a Vasquez> mentre sceglieva accuratamente dei coltelli di vario peso e dimensione.
Che dolce, pensai.
Scacciai quelle parole dalla mia testa e mi appoggiai a uno scaffale aspettando che lui finisse, anche se ci sarebbe voluto ancora molto.
Mi sentivo stanca, affaticata e ancora mi faceva male la testa da prima, in più ero stranita e confusa dall'essere li con Diecimila come se nulla fosse successo la notte prima.
Ci eravamo detti di dimenticarcene, per lui era stato facile evidentemente. Io non ci riuscivo.
Preferii sedermi, lasciai lo zaino a fianco a me e portai le gambe strette al petto appoggiando la fronte sulle ginocchia.
Pensai a fare qualche respiro profondo per calmare i nervi e sperando che mi passasse quel malessere stando seduta.
Con le braccia appoggiate sulle ginocchia e le mani tirate indietro verso la testa mi passavo le mani sul collo e i capelli lasciando lievi carezze, era una piccola azione che mi calmava sempre.
Sentii uno sferragliare di fianco a me e poi delle mani si posarono sulle mie ginocchia.
<stai bene?> sentii di fronte me, Diecimila si era chinato, mi stringeva appena le ginocchia, sentivo i suoi pollici accarezzare dolcemente il tessuto che le ricopriva.
<mi fa male la testa e mi gira un po'> tenevo gli occhi chiusi perché così quella sensazione che tutto in torno girasse si affievoliva.
<vuoi un po' d'acqua?>
Gli annuii alzando appena la testa da in mezzo alle braccia, ero estremamente debole.
Aprì la sua borraccia e la avvicinò alle mie labbra, provai a prenderla ma le mie mani tremavano in modo incontrollato.
<lasciati aiutare una buona volta> sussurrò portando una mano dietro alla mia testa a reggerla mentre prendevo piccoli sorsi.
Gli feci un cenno con la mano per dirgli che ero a posto, continuò a tenermi la testa mentre chiudeva la borraccia aiutandosi tenendola tra le ginocchia.
<aiutami ad alzarmi>
<sicura? Sei molto pallida>
Annuii allungando le mani verso di lui.
Lo vidi incerto ma fece come gli avevo chiesto, si alzò in piedi e mi afferrò le mani facendo forza ed alzandomi. Stava per lasciarmi andare e allontanarmi ma lo bloccai portandogli le mani dietro al collo e reggendomi a lui.
In un attimo e forse anche per istinto le sue braccia avvolsero completamente la mia schiena spingendomi verso di lui, così che potesse controllare ogni mio movimento.
<troppo in fretta?>
Il suo sussurro mi fece rabbrividire, lo disse con la voce così bassa e roca che quasi non riuscii a riconoscerlo, mi provocò uno strano groppo in gola che a stento mi lasciava parlare.
Per rispondere mi limitai ad annuire, poi appoggiai per qualche istante il viso sul suo petto e ascoltai il suo battito che premeva forte verso di me.
La sua presa si fece ancora più forte e quando sentii le sue labbra premere sulla mia nuca aprii gli occhi, alzai lo sguardo e lo sorpresi a guardarmi.
Potevo distinguere ogni sfumatura di azzurro e grigio nei suoi occhi da quella distanza, rimasi pietrificata alcuni istanti finché dei rumori provenienti da fianco a noi ci fecero voltare all'unisono.
<tutto bene, vedo>
Murphy era comodamente appoggiato allo scaffale, con le braccia incrociate al petto e una gamba piegata così che il piede si appoggiasse ad esso.
Ci separammo all'istante, ma troppo tardi perché Warren lo raggiunse e ci guardò prima confusa, poi sorridendo.
Murphy le fece cenno con la mano di consegnarle qualcosa, infatti rimase con l'arto proteso verso di lei finché, rassegnata, pronunciò un <va bene!> esausto e tirò fuori qualcosa dalla tasca e lo consegno all'uomo.
Fierissimo della sua vincita si voltò nuovamente verso di noi.
<grazie ragazzi, mi serviva> si portò una sigaretta alla bocca e con l'accendino che gli aveva procurato Warren si accese la sigaretta, l'unica che aveva.
Poi ricominciò a camminare come se nulla fosse, seguito da Warren, che si era presa due zaini da uno scaffale, e da Cassandra che aveva assistito a tutta la scena dall'angolo più nascosto che c'era; ecco spiegato cosa ci facessero li.
<ma cosa è appena successo?> chiese confuso portando una mano fra i capelli e guardandomi stranito.
Feci spallucce, alla fine Murphy rimaneva sempre il solito e vecchio Murphy.
Ripresi lo zaino e le armi posizionandoli sulla schiena, reggendomi comunque allo scaffale e di sottecchi notai come Diecimila teneva già le mani protese verso di me nel caso in cui mi fossi sentita male di nuovo.
<sto meglio, andiamo> gli passai anche il suo zaino, molto più pesante del mio, e iniziai a camminare verso la corsia successiva dandogli subito le spalle.
Si riprese il fucile e mi seguì, non ci mise molto a raggiungermi vista la mia lenta e zoppicante camminata.
<sicura di star bene? Sei ancora bianca come un cadavere>
<grazie del complimento ma si, passano in fretta quei momenti>
Ignorai il suo sguardo contrariato e ripresi a guardare gli scaffali.
Quando vidi delle coperte ben piegate e chiuse in sacchi di plastica mi venne l'idea di prenderle per loro, la notte iniziava a fare freddo e spesso dormivano in macchina o viaggiando.
Ne presi un po' e avvisai Diecimila che li avrei portati sul pickup, si limitò ad annuire cosa che notai ben poco perché già stavo andando verso l'uscita.
Li scaricai nel retro del pick up, diedi un'occhiata veloce che non ci fosse nessuno nelle vicinanze e con calma tornai dentro, facendo attenzione al sangue e alle budella sparsi a terra e ai vetri rimasti in giro.
<schifo..> sussurrai tra e me, strisciando le suole delle scarpe a terra per togliere tutti i rimasugli di quell'accumulo di putridume.
<venga, my lady, l'apocalisse la attende>
Alzai la testa proprio mentre Dylan concludeva il suo inchino.
<ha ha, molto divertente. Lo sai che mi fanno schifo i putrefatti>
Gli andai in contro, subito dietro di lui spuntò Addy.
<putrefatti?> chiese confusa.
<sono gli zeta già morti che sanno di putrefatto, così li chiamo putrefatti> la spiegai.
Lei guardò me e poi lui facendo una faccia compiaciuta.
<mi piace, termine zombie molto utile, lo aggiungerò al mio vocabolario apocalittico>
Dylan si mise a ridere, anche io ma in modo più controllato, si continuavano a fissare.
<vado da Diecimila> partii spedita verso dove mi trovavo prima ma venni fermata da Dylan che mi prese per il braccio, all'altezza del gomito, per poi farmi voltare verso di lui.
<tutto okay, stai bene? Sei pallidissima>
Annuii togliendo il mio braccio dalla sua presa.
<i putrefatti mi danno la nausea>
Ripresi a camminare e superai 8 o 9 corsie prima di trovare diecimila che teneva in mano un sacchetto bianco in plastica o forse carta.
Venne verso di me ancora prima che lo raggiungessi e mi porse l'oggetto. Era ghiacciato.
Lo guardai confusa non capendo cosa dovessi farci.
<è ghiaccio istantaneo, mettilo sulla testa dove ti sei fatta male. Passerà più in fretta>
Realizzai solo in quel momento che su quell'oggetto c'era scritto proprio "ghiaccio istantaneo".
Lo ringraziai portandomi il sacchetto dietro alla testa e tirando un vero e proprio sospiro di sollievo che fece ridere Diecimila, di gusto anche.
<non ridere delle mie disgrazie> lo rimproverai tornando a guardare velocemente tra gli scaffali anche se sapevo che in quella corsia non mi sarebbe servito nulla.
<come faccio a non ridere se sei così melodrammatica?>
Mi voltai verso di lui e mi finsi tremendamente offesa aprendo la bocca sbigottita e portandomi la mano libera al petto.
<io melodrammatica?!> esclamai <con questo non siamo più amici, arrangiati!>
Gli diedi le spalle e tenendo le braccia conserte davanti a me iniziai a camminare nella parte opposta, sapendo che mi avrebbe seguita.
<oh avanti Grace!> esclamò raggiungendomi e prendendomi per un braccio facendomi voltare verso di lui.
<non fare la bambina e rimetti il ghiaccio sulla testa>
Prese la mano in cui tenevo il ghiaccio e la accompagnò dietro alla mia nuca, poi la lasciò andare e posò entrambe le mani sulla mia schiena spingendomi contro di lui.
<e poi lo sai anche tu che sei un piccolo disastro, ne combini sempre una>
Ma quella vicinanza tra noi...i nostri corpi e volti a pochi centimetri di distanza, non poteva accadere di nuovo, non potevamo ripetere lo stesso errore della sera prima.
Misi il braccio libero sul suo petto e provai ad allontanarlo ma senza successo perché riprese a stringermi più forte, ormai incollata a lui.
<non fare il cretino dai!>
Ma lui si avvicinò ancora e nella mia testa si creò una confusione tale che rimasi paralizzata, come la notte precedente.
<facciamo uno scambio> iniziò lui, la sua mano si abbassò lentamente sulla mia schiena, sostando all'altezza del bacino.
Trattenni il respiro quando sfiorò la pelle scoperta sulla mia schiena e lasciò che la mano si nascondesse sotto alla mia maglia.
<c-che scambio?>
Sorrise vedendomi balbettare, ma che diavolo gli stava prendendo?
<io ti lascio andare e tu..>
Si interruppe.
Io cosa?
Teneva l'altra mano all'altezza del collo, sentivo che un dito lo stava passando tra i capelli come se nulla fosse, facendo dei ricciolini.
Potevo liberarmi ora, non mi stringeva più, però ero soggiogata da lui e non mi mossi di un millimetro.
<e io?> domandai per incitarlo, non riuscivo più ad aspettare!
Si avvicinò al mio orecchio, percepii le labbra sfiorare la pelle, il suo respiro contro di essa e il sorriso sul suo viso.
<verrai in California con noi>
Rimasi a bocca aperta.
Fui così stupita che giuro credevo stesse scherzando ma quando tornò a guardarmi vidi quanto fosse sincero in quel momento.
<ma.. gli altri non vorranno di sicuro>
Era la mia paura più grande essere rifiutata da loro, anche se me lo sarei meritato, non ero degna di fiducia in quel momento.
<Sono tutti d'accordo, persino Murphy anche se la sua opinione vale meno di zero>
Il cuore mi stava esplodendo nel petto. Mi rivolvevano con loro? Dopo tutto ciò che era successo e che avevo fatto?
<dovrei parlarne con Dylan>
Il suo sguardo si spense a quelle mie parole, il suo corpo si irrigidì, non giocava più con i miei capelli.
<Ci sta pensando Warren, dopo potrete parlarne con calma e prendere la vostra decisione>
<allora adesso mi lasci andare?> domandai sfoggiando lo sguardo più dolce e tenero che potessi regalargli.
Gli spuntò un sorrisino dolcissimo in viso.
<se me lo chiedi con quegli occhioni come faccio a dirti di no?>
Altro punto debole, prendi nota Grace.
Sentii le sue mani allontanarsi dal mio corpo e il freddo che ne seguì non fu per niente piacevole ma lo ignorai totalmente e decisi di far finta di nulla.
Mentre Diecimila finiva di controllare gli scaffali io facevo avanti e indietro pensando alla sua proposta, mi sembra un sogno impossibile.
E se Dylan non avesse voluto?
Sarei rimasta con lui o lo avrei abbandonato per tornare con loro? O magari avrei continuato il viaggio da sola, avrei trovato la strada di casa e mi sarei dimenticata della mia missione: trovare gli uomini che avevano ucciso mia madre.
Senza distogliermi da quei pensieri seguii Diecimila negli scaffali successivi, abbandonai su uno di essi il sacchetto ormai non più freddo di ghiaccio istantaneo e rovistai un po' in giro, distratta.
Mi ripresi solo quando incontrammo Doc e Vasquez, che si misero a parlare con Diecimila del bottino di medicinali che si erano procurati, così tanti che dovettero cederne al ragazzo.
Poi Doc venne verso di me che osservavo la scena da lontano, un po' malinconica.
Mi allungò un barattolo bianco, me lo girai tra le mani e lo guardai confusa.
<sono vitamine. Ti aiuteranno a riprenderti più in fretta. Prendine almeno un paio al giorno e sarai come nuova>
Per quel semplice e dolce gesto mi stavo per commuovere, per nascondere gli occhi ormai lucidi lo abbracciai e il mio cuore esplose di felicità quando ricambiò il mio abbraccio.
Se qualcosa al mondo poteva donare serotonina all'istante questo erano i caldi abbracci di Doc.
<mi raccomando prendili> si assicurò che avessi capito poi ci separammo dall'abbraccio.
Mentre Doc tornava a parlare con gli altri due intanto che prendevano le ultime cose dagli scaffali, avvisai che sarei andata da Dylan, ovviamente volevo parlargli all'istante.
<non stare troppo tempo da sola, non si sa mai> si rivolse a me Vasquez, Diecimila che lo teneva d'occhio.
Annuii e mi dileguai.
Trovai subito Dylan, con Addy e Warren: i tre ridevano e scherzavano tra loro, sembrava si conoscessero da una vita.
Li raggiunsi senza che mi vedessero, i tre mi davano le spalle, e li sorpresi prendendo Dylan da una spalla e facendolo voltare.
<dobbiamo parlare> annunciai incitandolo a seguirmi da un'altra parte.
<meglio se vai> gli disse Warren dandogli delle pacche sulla spalla, non se lo fece ripetere e mi seguì.
Arrivati in un posto più appartato mi voltai a guardarlo e il suo sorriso mi fece tacere all'istante.
<uniamoci a loro>
Le sue parole mi paralizzarono, non mi aveva neanche lasciato il tempo per chiederglielo.
<aspetti questo momento da settimane, mesi... sono delle bravissime persone e hai di nuovo una luce negli occhi che non ti vedevo da tanto da quando li abbiamo incontrati. Sarà anche più facile per noi sopravvivere e riposarci se saremo in tanti, in ogni caso saremmo comunque andati in California seppur solo noi due. È meglio farlo in compagnia>
Non riuscivo a credere alle sue parole, temevo fosse tutto un brutto scherzo.
<per davvero? Tu vorresti unirti a loro e continuare il viaggio tutti insieme?> domandai per esserne sicura, ero andata in tilt, anche se me lo avesse ripetuto 10 volte di fila non so se sarei riuscita a capirlo.
<certo. Sai quanto è difficile trovare un gruppo e per di più di brave persone di questi tempi? E poi se tu ti fidi di loro io mi fido>
Mi sembrava tutto così surreale che per l'emozione mi buttai verso di lui abbracciandolo e saltando, per quanto possibile, ringraziandolo come se fosse stato il regalo di Natale più bello del mondo.
<non ci credo, non ci credo, non ci credo!> continuavo a esclamare mentre lui rideva e cercava di tenermi ferma.
<calmati o ti farai di nuovo male alla caviglia!>
Smisi di saltare solo per non peggiorare le mie condizioni, lo riabbracciai e ringraziai ancora.
<ne sei sicuro, vero?> domandai ancora mentre tornavamo verso gli altri per finire di fare provviste.
<certo, e poi era da settimane che speravo di conoscerli> accennò a Warren e a Addy che ci aspettavano nella corsia-farmacia, riempiendo gli zaini di medicinali, garze, disinfettanti e cerotti.
<allora ragazzi, la vostra decisione?> incitò Warren che ci raggiunse, seguita da Addy.
Dal suo sguardo lei già sapeva che avremmo accettato, mi conosceva come i palmi della sue mani, o come il suo sfracella zombie.
Dylan mi guardò, si rivolse a Warren e sfoggiando uno splendido sorriso annuì.
<siamo dei vostri>
Warren quasi con le lacrime agli occhi venne da me, mi prese per le spalle e mi accarezzò la guancia commossa, poi mi abbracciò.
<abbiamo sperato di trovarti non sai per quanto tempo, sono felice tu sia tornata tra noi>
La stringo a mia volta in quell'abbraccio materno, gli abbracci che più mi mancavano a quel mondo ormai distrutto.
<non me ne andrò più, te lo prometto>
Ci sciogliemmo dall'abbraccio, sul suo viso era scesa una lacrima.
Arricciò le labbra in un espressione fiera, contenta, felice; si asciugò la lacrima dal viso, prese un lungo sospiro e più raggiante di prima si voltò verso Dylan e Addy.
<avanti, finiamo di fare provviste. Partiremo tra due ore>
A quelle parole mi giunse un brivido sulle braccia, speravo di poter sentire ancora una volta Warren impartire ordini prima di passare all'altro mondo, il mio desiderio si stava realizzando.
Lasciai Dylan con Addy che ancora stava festeggiando, Warren e io facemmo un pezzo di strada a ritroso insieme: lei per cercare Murphy e io Diecimila.
<tra te e Dylan.. c'è qualcosa?> domandò curiosa, rallentando un po' il passo.
Rallentai anche io, per seguire lei, e mi lasciai sfuggire una risata.
<no davvero, non c'è pericolo. Non sono pronta ad affezionarmi così tanto a qualcuno>
Sorrise anche lei appoggiando una mano sulla mia spalla.
<oh capisco bene, è difficile di questi tempi lasciarsi andare>
Annuii sperando che quell'imbarazzante argomento si potesse definire concluso, ma ovviamente mi sbagliavo.
<perché sai, ho visto come ti guarda e ho pensato che stesse insieme, anche da come siete complici tra voi>
<no davvero, abbiamo un bellissimo rapporto ora, stando da soli per mesi è stato inevitabile imparare a fidarsi ciecamente l'uno dell'altro>
Lei mi sorrise e mi strinse la guancia tra due dita, lasciando un tenero buffetto.
<mi sembri così cresciuta in soli pochi mesi, forse è il nuovo look a ingannarmi>
Accennò ai tatuaggi e al mio arco, anche se quest'ultimo me lo aveva già visto seppur per poco.
<questi poi me li spieghi> ammiccò indicando i tatuaggi sui polsi e quello sul braccio.
<devo darvi spiegazioni ben più importanti ma parleremo anche di questa mia piccola cazzata>
Warren si mise a ridere e acconsentì, incitandomi a raggiungere il cecchino che ci stava osservando cercando di non farsi scoprire.
Lo raggiunsi ripensando alla decisione che avevo preso, era la cosa giusta da fare?
Ero ancora in tempo per tirarmi indietro, per scappare un'altra volta ma avevo promesso che non l'avrei fatto, lo avevo giurato.
Se le cose si faranno difficili, come mesi fa, non scapperò; rimarrò con loro, li sosterrò, come loro sempre hanno fatto con me riuscendo a farmi dimenticare per alcuni istanti del vuoto che provavo nel petto provocato dalla tragica morte di mia sorella e dei miei amici, quelli con cui ero partita dalla mia città natale.
Me lo ripetei più volte.
Ora più che mai ero convinta di rimanere, lentamente cercavo di far combaciare il cuore e la mente, questi due eterni pilastri in conflitto che mi portavo avanti da anni, forse dalla nascita.
Per confortarmi mi guardai i polsi, quei tatuaggi così vividi e impressi nella pelle, segno indelebile che per sempre mi avrebbe ricordato cosa avrei dovuto fare delle mie decisioni.
Mai prenderle troppo di testa, mai troppo di cuore, serviva il giusto mezzo.
<tutto okay?>
La sua voce mi fece risvegliare da quello stato di trans.
<eh?> confusa non badai neanche al fatto che gli ero arrivata a neanche un centimetro, fermata per un pelo dalla sua voce, altrimenti gli sarei finita addosso.
<ero sovrapensiero> come se questo potesse giustificare i miei comportamenti strani delle ultime ore ma tentar non nuoce.
Ben poco convinto fece finta di crederci, sapevo che non mi avrebbe fatto domande, almeno per ora.
<resterò con voi> dissi tutto d'un fiato, come a togliermi un macigno dal petto.
Sorrise beffardo, con i soli angoli delle labbra, tornando poi a controllare negli scaffali dandomi le spalle, aggiungendo solo un <ho vinto>.
Rimasi delusa, non mi aspettavo di certo dei salti di gioia ma visto il teatrino di prima almeno un "sono contento" o qualche parola carina sarebbe stata gradita.
Perché quell'improvviso disinteresse?
Non gli importava, forse?
E se lui non avesse voluto riavermi con loro e me lo avesse chiesto solo perché era stato obbligato dagli altri?
Così però non tornavano i conti, e quello che ci eravamo detti la notte precedente?
Dimenticati quella notte.
Una voce nella mia testa continuava a ripeterlo, estenuandomi.
Ma la sola idea che a lui non fregasse nulla mi faceva sentire un vuoto nel petto.
Arrestai tutto. Tutte quelle sensazioni le cacciai via, indietro nella mia testa.
Accatastai nel dimenticatoio quelle insiste preoccupazioni e tentai di distrarmi dal ricordo della notte prima.
Dimenticati quella notte, continuava la voce, imperterrita.
Tornai al lavoro, cercando oggetti utili per la partenza.
E ancora.
Dimenticati quella notte.
***
Tornati in viaggio subito dopo aver recuperato le ultime cose dal nostro rifugio pattuimmo i turni per guidare, un alternarsi tra Doc, Dylan, Warren e Vasquez.
L'ordine per me invece, del dottore, del capo e di tutti in realtà, era quello di dormire, riposare, non affaticarmi.
Mi veniva impossibile con tutte quelle emozioni ancora in circolo come pura adrenalina nel sangue, non riuscivo nemmeno a stare ferma seduta nel pickup, continuavo a spostare oggetti e rimetterli al loro posto, nervosamente.
<Dio ti prego calmala e fermala, mi fai girare la testa> fu il commento di Doc che continuava a fissare ogni mio singolo movimento mettendosi una mano in fronte.
<davvero, rilassati> si aggiunse Diecimila.
Ignorai quel suo commento e mi rivolsi a Doc.
<non sono più abituata>
Mi sedetti, finalmente, contro la parte alta del pickup, di spalle al guidatore.
<a cosa?> intervenne anche Addy.
Mi soffermai a guardarla e gesticolai indicando tutto ciò che ci circondava.
<a tutto questo, viaggiare, la missione. Mi devo riabituare>
Il suo sguardo fu comprensivo, e ancora non sapevano la metà delle cose che erano successe in quei mesi. Quella sera stessa avrei detto tutto, volevo liberarmi di quel peso, ricominciare come una persona nuova.
<facciamo che ora provi a riposarti, così intanto ti calmi e ti riprendi dalla stanchezza> incintò la rossa, indicandomi di avvicinarmi a lei.
Non mi opposi e mi sdraiai al suo fianco, appoggiando la testa sulle sue gambe e lasciando che lei mi avvolgesse con un braccio, accarezzandolo dolcemente.
Mi addormentai, sentendomi al sicuro come da tempo non mi sentivo.
In quel breve lasso di tempo di riposo mi tormentò un incubo, uno di quelli ricorrenti, vividi e lucidi perché raccontava anche dei fatti reali, non solo pura fantasia.
Correvo da un lato all'altro di quella grotta, con le persone che continuavano a morire una dopo l'altra, miei amici, colleghi o conoscenti.
Ero di nuovo in quella comunità, subito dopo l'attacco degli uomini incappucciati, che allestivo il triage ma per quanto cercassi di essere veloce, ogni persona che toccavo moriva e si trasformava.
Mi ritrovai circondata, i loro volti mutati dalla morte assunsero le sembianze di altre persone, scomparse dalla mia vita o molto lontane.
Temevo fosse tutto reale, che davanti a me ci fossero davvero i miei fratelli, i miei genitori, i miei amici, tutti trasformati in morti viventi.
E io cercavo di indietreggiare fino a toccare la parete rocciosa con la schiena, al buio, in un angolo, senza via d'uscita.
Mi sentii scuotere per una spalla, nel sogno, ma nulla c'era di fianco a me; mi mosse così tanto che mi svegliai, nel mondo reale, ma credendo di trovarmi ancora nel mio incubo.
Afferrai d'istinto il polso di chi mi aveva svegliata, sollevandomi a sedere, con un coltello che puntava dritto sul collo di quello sconosciuto.
In un battito di ciglia mi ritrovai disarmata e con la mia stessa arma puntata alla gola.
Realizzai chi fosse mentre il respiro era ancora fermo in gola da quando mi ero svegliata.
<torniamo alle vecchie abitudini?> chiese ironicamente il ragazzo, abbandonando la presa e liberandomi.
<non fare il cretino!> esclamai strappandogli il coltello di mano, riprendendo tutte le mie cose e buttandole a caso dentro lo zaino.
<oh, perché questo umore?> continuò lui, seduto tranquillo che aspettava io finissi di smanettare con le mie cose.
<niente, solo un sogno> risposi mettendo le ultime cose e chiudendo lo zaino.
Scesi dal pick-up facendo molta attenzione alla mia povera caviglia e mi diressi nell'unico posto presente nell'area: una stazione di servizio dispersa nel nulla.
<aspetta!> mi sentii afferrare il braccio, provai a ritrarlo ma strinse la presa più forte, in quel momento ero troppo debole per cercare di liberarmi e mi voltai verso di lui, cercando di capire cosa volesse.
<sogno o incubo?>
Non risposi, tacqui abbassando lo sguardo, sentendomi colpevole.
<li fai ancora?>
Lasciò la presa sul mio polso, la sua mano nel spostarsi si soffermò giusto un istante contro il mio palmo, fu quasi impercettibile ma non per me.
<non hanno mai smesso> confessai incontrando di nuovo i suoi occhi.
Era cambiato di nuovo, ora riuscivo a intravedere un velo di preoccupazione in lui.
<su cosa sono questi incubi?>
Eravamo l'uno di fronte all'altra.
Scossi la testa, non erano affari suoi.
<non vuoi saperlo> sentenziai voltandomi e raggiungendo gli altri, che ci aspettavano all'ingresso.
Diecimila mi seguì ma rimase distante da me, si affiancò a Addy che gli chiese qualcosa all'orecchio, lui rispose nel medesimo modo e lei incrociò il mio sguardo.
Parlano di me?
Sarei andata a chiederglielo se solo Warren non avesse iniziato a parlare.
<questa è la prima stazione utile che abbiamo trovato, indicata da Cittadino Z qualche giorno fa. Probabilmente è invasa ma questo sarebbe positivo, troveremo altre provviste e poi saremo al sicuro.
Rimaniamo insieme e compatti, ci metteremo più tempo ma ne usciremo vivi. Preparatevi>
Caricai la pistola anche se speravo di non doverla usare, legai i capelli in una treccia per essere più comoda e misi la mia giacca di pelle per essere più protetta da eventuali ferite.
Warren stava controllando la porta e la sua serratura.
Avevano usato tre spesse catene con tre differenti lucchetti, ci avremmo messo una vita ad aprirli tutti e stava per calare il sole, dovevamo anche giocare sul fattore luminosità per riuscire a uccidere I centinaia di zombie rinchiusi là dentro.
Dylan andò a parlare con Warren, dandole un'idea; un attimo dopo si voltò verso di me chiamandomi e chiedendomi di raggiungerla.
<eri brava a scassinare le serrature, ricordo bene?> domandò, al che annuii.
<riesci con questi lucchetti? Se usiamo il piede di porco di Doc faremo troppo rumore e li attireremo alla porta>
E in effetti aveva ragione, dovevamo essere silenziosi.
<dovrei riuscire, se non ho perso la mano>
Presi dalla cintura quel portachiavi multiuso che si rivelò essere già da subito la cosa probabilmente più che avessi mai rubato in 3 anni di apocalisse.
Dopo appena un paio di minuti il primo lucchetto cadde a terra.
Mi sedetti più comoda sulle ginocchia e mi concentrai in quel tedioso lucchetto.
Altri minuti, si sbloccò e lo feci cadere anch'esso a terra, a fianco dell'altro.
<muoviamoci, inizio a essere stanco> si lamentò Murphy un po' troppo a voce alta per i miei gusti.
<sta zitto! Non sento il lucchetto con le tue lamentele> cercai di sentire se qualcosa si era mosso all'interno ma senza successo.
Ci vollero altri cinque minuti buoni prima che scattasse e lo facessi cadere a terra insieme agli altri.
Tolsi le catene abbandonandole a terra in un mucchietto e mi rialzai reggendomi alla porta.
<andiamo?> domandai voltandomi verso Warren, lei prese l'altra maniglia della porta.
<andiamo!> esclamò, ed entrambe le aprimmo all'unisono.
I primi zeta iniziarono a venirci addosso anche se a occhio e croce sembravano meno di quel che mi aspettassi.
Murphy rimase attaccato a Warren e a Vasquez, noi altri li proteggevamo davanti e dietro, in una formazione a stella.
Fummo rapidi e veloci, nessuno si fece male per fortuna, ne uscimmo solo stanchi.. io soprattutto.
Portammo fuori i corpi, uno ad uno, per non avere la puzza di putrido sotto al naso tutta la notte.
A due a due li trascinavamo, ammucchiati ai lati dell'ingresso.
Ero con Dylan in quel momento, finalmente potevamo parlare da soli per la prima volta da due giorni.
<prime impressioni?> chiesi, accennando con la testa ai presenti.
<diciamo che ho capito perché li definissi la tua famiglia, sono brava gente>
D'istinto sorrisi perché la sua approvazione in quel momento per me era molto importante.
<dopo quando ci staremo riposando...racconterò tutto ciò che non ho mai detto loro, gli devo molte spiegazioni e...dirò anche molte cose che non sai, soprattutto sulla mia vera famiglia e sul mio passato>
Lui annuì, forse non sapendo bene cosa dire.
<volevo solo avvisarti> aggiunsi, lasciando cadere l'ultimo corpo sopra agli altri.
<hai fatto bene. Saremo pronti ad ascoltarti, io di sicuro>
Mi rivolse uno dei suoi soliti splendidi sorrisi tornando verso dentro, approfittai che mi lasciò sola lì fuori per benedire il pacchetto di sigarette ancora sigillato che avevo trovato là dentro.
Santa apocalisse.
Mi sedetti a terra tenendo le gambe al petto, aspirando lentamente quella sigaretta e nel mentre osservavo il tramonto, magnifico quel giorno.
La mia quiete fu interrotta solo da Doc e Diecimila che portavano anche loro il proprio ultimo cadavere.
<ragazzina dammene una!> esclamò Doc chinandosi di fianco a me.
Ne tirai fuori due, passandogliele.
<se guardi dietro alle casse ci sono scaffali pieni, meglio fare un po' di scorta>
L'anziano mi lanciò un bacio volante con la mano, rientrò esclamando <Angelo mio!> e sparendo tra le corsie.
Diecimila invece rimase lì, prima in piedi, poi venne a sedersi di fianco a me.
Non aspettai che mi chiedesse anche lui una sigaretta e gliene passai una, poi ne presi un'altra per me che avevo quasi finito la mia, ma l'urgenza di fumare non si era per niente alleviata.
Rimanemmo in silenzio, a lungo, ma non volevo andarmene prima di dirgli una cosa importante, così mi accesi la terza sigaretta e gliene passai un'altra, come a invitarlo a restare.
<mio padre è vivo>
Si voltò di scatto verso di me con espressione stupita.
<veramente?> era stupito, aveva un sorriso sulle labbra.
Annuii.
<li ho risentiti poco tempo fa. Aveva avuto un incidente durante un'esplorazione e cadendo da un piccolo fossato si era rotto una gamba. Ha aspettato che gli facesse meno male ed è tornato a casa, una settimane dopo la mia conversazione con Jason e Scott, praticamente quando me ne sono andata>
Ci fu di nuovo silenzio poi si avvicinò di più e passò il braccio sulle mie spalle avvicinandomi a sè, anche se un po' confusa appoggiai il viso alla sua spalla mentre continuavo a fumare.
<sono felice che stia bene, non riuscivo a vederti stare così, in quegli ultimi giorni>
Mi stampò un bacio sui capelli, del tutto insospettato ma che mi fece ridere per la naturalezza con cui l'aveva fatto.
<almeno quei due combina guai dei miei fratelli non saranno soli>
Rise anche lui, divertito.
<mi piacerebbe conoscerli, il piccolo Scott sembra in gamba>
Si appoggiò con la testa sulla mia, guardavamo entrambi verso l'orizzonte.
<perché ha preso dalla migliore!> mi passai la mano da testa a piedi a indicarmi, cosa che fece ridere entrambi.
Era così bello sentirsi così leggeri, soprattutto se potevo farlo con lui, anche Diecimila aveva bisogno di leggerezza.
<che idiota> mi sussurrò da sopra la testa, al che finsi di arrabbiarmi.
<non offendermi!>
<ma se in meno di 24 ore mi hai dato del cretino, del deficiente e del coglione. Cosa dovrei dire io? Mi appello ai miei diritti di cittadino americano!>
Misi una mano davanti alla bocca per riuscire a smettere di ridere, avrei rischiato di soffocare con una nuvoletta di fumo.
<e a chi farai reclamo, sentiamo. Forze armate, FBI o direttamente dal Presidente zombie?>
<touchè>
Quella fu la battuta finale, fummo interrotti da un tossire palesemente finto, giusto per attirare la nostra attenzione.
<andiamo piccioncini, ci chiudiamo dentro>
<ma noi non->
<A-A-A niente ma, entrate cuccioli d'Uomo> incitò ancora Addy che teatralmente si inchinò mostrando la direzione con le braccia.
<o di assassini> aggiunse Vasquez alle sue spalle, appoggiato all'altra porta.
<oh no Vasquez, non ti coalizzare con lei ti prego!> quasi lo implorai mentre mi alzavo, un po' aiutata da Diecimila che secondo me aveva capito non stessi troppo bene.
Buttammo entrambi le sigarette finite a terra e rientrammo.
Chiudemmo le porte e le bloccammo con degli scaffali in modo che fosse accessibile solo dall'interno, dove ci trovavamo noi.
Quella notte sicuramente avrebbero dormito tutti, al sicuro... io mi sentivo già che non sarei riuscita a chiudere occhio.
<andiamo a mangiare qualcosa, bella mia> Addy mi prese per le spalle e mi condusse verso il centro dell'area, avevano spostato i tavoli e le sedie, formando un fuoco sicuro per fare luce e preservare le torce.
Ci sedemmo in cerchio, intorno al fuoco, io tra Addy e Diecimila, Dylan aveva voluto rimanere tra la ragazza e Doc, per finire una conversazione con entrambi, poi a fianco a Doc ovviamente Murphy, Cassandra che stava nel suo mondo, Vasquez e Warren.
Tutti insieme, come una famiglia felice al Ringraziamento.
Ci passavamo da mangiare condividendo tutto, mi tornò alla mente quella volta che ci nascondemmo nella camera mortuaria, mi venne da ridere.
<perché ridi? Condividilo con noi!> incitò Addy dandomi una gomitata all'altezza del fianco.
<niente, è che mi è venuto un deja vu di quando per scampare a un'orda ci siamo nascosti nelle celle frigorifere di un obitorio. Poi avevamo mangiato tutti insieme, come ora, ma su un tavolo da autopsie come se nulla fosse. È una di quelle cose da togliere dalla lista delle cose da fare prima di morire>
<oddio si! Aspetta dove eravamo?> mi seguì Doc, ridendo anche lui.
<aspetta ma io non c'ero?> chiese Addy confusa.
<no tu e Mack eravate andati in avanscoperta, è stato proprio all'inizio di quel periodo che abbiamo passato lontani> le spiegai cercando nel mentre di ricordarmi il nome della città.
<Nebraska> puntualizzò Diecimila, mentre si lanciava un mini pretzel in bocca, che gli finì però in un occhio.
Scoppiammo tutti a ridere, mi passò il sacchetto di pretzel.
Guardai la busta malinconica mentre altri ricordi mi tornavano alla mente.
<Cassandra aveva detto che questi erano i suoi preferiti>
Guardai la ragazza in questione che non si era accorta di nulla.
Purtroppo non era più la mia vecchia amica che ammiccava ogni volta che mi vedeva in compagnia del ragazzo tenebroso, ora era.. qualcosa, non qualcuno.
<Murphy prova a darle dei salatini, magari le piacciono ancora> rivolgendomi all'imminente gli passai un altro pacco nuovo, si vede che la controllò con la mente perché mise le mani a ciotola e iniziò a mangiarli in modo molto meccanico.
<direi che Cassandra approva> aggiunse Murphy.
Solo in quel frangente mi è sembrato di nuovo un Murphy gentile e carino nei nostri confronti, prima della sua fuga a Cheyenne, prima della mia di fuga.
Poi tornai a pensare a cosa avesse fatto alla povera Cassandra e tornò ad ardere l'odio.
<wow ragazzi, avete vissuto cose fuori di testa persino per l'apocalisse. Grace non mi aveva raccontato le parti più divertenti della vostra missione!> Dylan riuscì a smorzare la tensione palpabile che sentivamo.
<e non hai sentito ancora niente> lo rassicurò Warren.
Iniziò un botta e risposta di avventure: dalla centrale nucleare con gli zombie mutanti, a Murphy messia degli zeta, il monte Rushmore e la Liberty Bell vandalizzate, un orso zombie, un tornado zombie e uno zombiemoto; insomma, potevamo farci un libro.
<mille e uno modi per sopravvivere a un'apocalisse zombie, immaginate, best seller in tutti i paesi>
Alle mie parole si aggiunse Addy.
<e immagina la versione film. No! Anzi, serie tv! Con magari un bel Tom Holland o una Jennifer Lawrence>
Doc ci seguì a ruota.
<oh io voglio la mia versione però famosa, chi è un attore che mi assomiglia?>
Voltò il viso a destra e a sinistra per mostrare il profilo mentre faceva delle facce a dir poco strane.
<Mmmh, non so, forse il Professor Silente di Harry Potter!> Addy si stava superando quella sera, non credo di aver mai riso così tanto.
<o magari quello che fa Hershell in The Walking Dead, peccato che non mi ricordi il suo nome> aggiunsi un nome alla lista.
<oh ho capito! Mio marito amava quella serie, ne era ossessionato!> Warren su unì a noi contagiandoci con la sua risata.
<cavolo quella serie era bella davvero> sentenziò Dylan riflettendo.
<e ora che ci penso sto vivendo nel mondo di una delle mie serie preferite, è pazzesco quanto fosse romanticizzata l'apocalisse, in realtà fa abbastanza schifo> conclusi un po' rammaricata, alla fine era vero e in questi tre anni non ci avevo mai pensato. Come cambiano le cose dall'oggi al domani...
Parlammo ancora per un po' di vecchie e tremende avventure che ci coinvolsero, anche Dylan raccontò delle sue esperienze a cui aggiungemmo insieme di quella volta in cui riuscimmo a fare un incidente in macchina, con l'unica macchina guidata da altri umani in tutto quello Stato.
Quando ricominciarono i chiacchiericci più calmi a varie coppie, iniziai a credere che parlare del mio passato non fosse la cosa giusta, avrei demolito la bella atmosfera che si era creata e forse avrebbero anche perso fiducia in me sapendo quanto ero incasinata.
Però l'idea di tenermelo ancora dentro dopo che senza batter ciglio mi avevano riaccolta tra loro mi bloccò il respiro in gola, era meglio parlare finché avevo un minimo di coraggio.
<ci sarebbe una cosa che vorrei dirvi.. raccontarvi. Penso vi meritiate delle spiegazioni dopo la mia fuga improvvisa, il biglietto che vi ho lasciato non è nulla in confronto a ciò che c'è sotto>
Sentivo gli occhi di tutti puntati su di me ma io preferivo tenere i miei sul fuoco, a seguire quelle fiammelle che si accendevano e spegnevano in continuazione.
<puoi dirci tutto quello vuoi, ne abbiamo già passate tante insieme, magari questo ci aiuterà a capirti meglio> Warren parlò a nome di tutti, con la coda dell'occhio vidi Addy annuire, mi diede forza.
<sarà lunga, dobbiamo tornare indietro di quasi due anni, alla morte di mia madre> solo pronunciando quelle parole sentii come una folata di vento gelida colpirmi sulla schiena, rabbrividii.
<sin dall'inizio dell'apocalisse sono quasi sempre rimasta chiusa in casa, il primo anno soprattutto, poi quando la densità della popolazione era drasticamente diminuita convinsi mio padre ad iniziare anch'io a partecipare alle esplorazioni e ricognizioni.
Alcuni miei amici di scuola erano ancora vivi tra cui Charlotte e Sebastian, i miei due migliori amici. Ci allenavamo insieme, con anche Jessica e Mickey, e spesso ci vedevamo di nascosto o dormivamo tutti nel garage abusivo di Sebastian, ricavato dalla propria casa.
Io insegnavo come utilizzare le armi e Sebastian le arti marziali e l'auto difesa. Charlotte, che era un genio della botanica e della biologia, ci insegnò a fare dei balsami curativi solo con delle piante o determinati tipi di terriccio; mio fratello Jason ci supervisionava, dava consigli, ci aiutava a mettere in pratica le nostre lezioni portandoci all'aperto, a uccidere i morti. In cambio la mia sorellina Mary partecipava con noi, anche se era più giovane di 3 anni rispetto a noi, era molto in gamba.
Per noi non era cambiato molto da quando andavamo a scuola e mentre il mondo fuori da quel garage mutava, noi rimanevamo un gruppo di disadattati che lentamente si rendeva conto di tutto ciò che li circondava nel nuovo mondo.
Poi un giorno cambiò tutto, quando ormai erano mesi che partecipavo alle perlustrazioni con i miei genitori, quelli dei miei amici e i miei amici stessi, per trovare un po' di provviste, io e mia madre fummo colte di sorpresa da un gruppo di uomini incappucciati.
Eravamo a mezz'ora in auto da casa, nessuno ci avrebbe trovato, non vive per lo meno, ma quegli uomini non sarebbero neanche riusciti ad arrivare alla nostra città senza di noi, vive.
Eravamo speranzose di sopravvivere, anche perché fino a quel momento avevamo incontrato solo gruppi di persone gentili, che avevamo ospitato a casa nostra prima che continuassero il loro viaggio, avevamo ancora speranza nell'umanità.
Tutto svanì quando ci fecero inginocchiare davanti a loro e, senza motivo, il loro capo sparò nella mia direzione.
Non ebbi il tempo di scansarmi e-...> ancora lo interruppi, quei ricordi erano terribili da rievocare ogni volta.
<ti colpirono?> chiese Addy, voltata completamente verso di me, impaziente di sapere il continuo.
Ma io negai con le testa, percepii una lacrime scendere furtiva sulla guancia che scacciai via con un colpo della mano.
<mia madre mi aveva coperta, con il suo corpo. La colpirono al centro del petto, ricordo ancora le mie grida, le sue parole agonizzanti...
Riuscii a riportarla a casa, non so come perché ho un vuoto da quando quegli uomini hanno sparato fin quando sono arrivata sotto casa, non avevo mai guidato prima, non per così tanto tempo e senza qualcuno che mi aiutasse di fianco a me.
Provammo di tutto per guarirla ma fu inutile, mio padre non riusciva ad ucciderla, Jason, mio fratello maggiore, nemmeno.
Lasciai che anche Mary e Scott la salutassero finché era ancora vigile e appena chiuse gli occhi la legai a una sedia in quella stanza in cui c'eravamo solo noi.
Vidi la vita scivolare via dai suoi occhi, la vidi trasformarsi e cambiare completamente aspetto, tentai di parlarle sperando che ciò la potesse risvegliare ma niente funzionava.
Rimasi in quella stanza per ore, seduta di fronte a ciò che rimaneva di mia madre, con in mano il mio coltello ma senza la forza di farlo davvero>
Mi fermai, stavo davvero raccontando tutto e riaprendo delle cicatrici ancora non guarite.
Bevvi un po' d'acqua, nel mentre mi arrivò una domanda da Warren.
<e dopo? Come avete fatto?>
La guardai, quel suo barlume di speranza negli occhi che piano piano si stava affievolendo vedendo la mia espressione, ascoltando la mia storia.
<l'ho uccisa> mi indicai le tempie.
<nella parte più morbida del cranio, per non rovinarle il viso più di quanto la trasformazione non avesse già fatto>
Addy si lasciò sfuggire un respiro trattenuto, inaspettato, forse impaurito.
<oh Gesù... e quanti anni avevi?> domandò con una mano premuta sulle labbra per lo stupore.
Ci dovetti pensare, di quel periodo avevo una nuvola grigia che ricopriva parte dei ricordi.
<Quindici credo, si dovevo averne quindici>
Intervenne anche Murphy che indignato commentò a voce un po' troppo alta, molto preso dal racconto.
<e le hanno fatto dare la grazia da te? Roba da matti! Che vigliacchi!>
Warren lo ammonì, dicendogli di moderare i toni, io invece fui sorpresa del suo comportamento quasi protettivo nei miei confronti, stava forse cambiando il nostro Murphy? E in meglio per giunta?
<non li biasimo, forse ero quella più preparata per farlo. Aspettai l'alba, lei amava guardare le albe. Poi volli vendetta, non pensavo ad altro, volevo ritrovare quegli uomini incappucciati e ucciderli uno per uno, farli divorare dagli zeta, vederli agonizzanti e implorare la mia pietà.
Ideai un piano. Circa cinque o sei mesi dopo la sua morte, con un allenamento più intensivo e mirato nel combattimento, fui pronta per la mia prima vera missione: trovare gli uomini che mi avevano portato via mia madre, Lily.
Volevo andare da sola, sapevo fosse una missione suicida, ma i miei amici non volevano lasciarmi andare, acconsentii che venissero anche loro.
La mia seconda idea era stata quella di non dirlo a nessuno della mia famiglia, saremmo solo partiti per una spedizione alla ricerca di provviste, due settimane e saremmo tornati. Nel mio piano invece ci avremmo messo circa un mese, poi sia a missione compiuta che non, saremmo tornati.
Mary scoprì il piano, spiandoci, lo disse a Jason e cercarono di proibirmelo.
Alla fine li convinsi ma lei insistette per venire con noi.
Mio padre non si accorse di nulla finché alla seconda settimana non ci vide tornare, gli spiegammo che ci sarebbe voluto di più ma di non preoccuparsi. Al primo mese avevamo già perso Charlotte.
Non tornai più a casa da allora>
Doc mi interruppe, in volto era triste.
<e quando sei partita da casa?>
Dovetti fare due conti anche per quello.
<quando mi avete trovata ero fuori già da 4 mesi mesi quindi... un anno e due mesi direi>
<wow, eravate così piccoli> commentò Addy.
Si avvicinò a me e mi abbracciò, così dolcemente che sembrava di essere cullati in un sonno profondo.
La ringraziai e lasciai che mi stesse vicina per il resto del racconto.
<e i tuoi amici? Sono tutti.. morti?> domandò cauta Warren.
Annuii.
<come?> si aggiunse Addy, passandomi una mano sulla schiena, accarezzandomi.
Tornai a guardare il fuoco tentando di non pensare troppo ai dettagli, poi raccontai.
<Charlotte fu la prima. Una ferita alla gamba troppo grave per guarire, fatta scavalcando una staccionata arrugginita.
Quel giorno stavamo scappando da un'orda, io la reggevo, delirava per la febbre; si impuntò di non riuscire ad andare avanti, voleva essere lasciata lì.
E io lo feci, fu colpa mia.
Gli zeta la accerchiarono e divorarono, appena ci fummo messi al sicuro le diedi la grazia, non si era ancora trasformata.
Poi Mickey, gli spararono in uno scontro con un altro gruppo, un colpo in testa, netto. Morì sul colpo.
Poi Jessica. Dovevamo attraversare un fiume durante un diluvio, era l'unico modo per salvarci.
Venne inghiottita da un vortice e morì affogata. La storia è molto lunga... è meglio non raccontarla.
Fu poi il turno di Sebastian. Eravamo rimasti in tre, un giorno ci perdemmo di vista, probabilmente per gli zeta, da lì non lo trovammo più. Dopo una settimana persa a cercarlo decidemmo di proseguire, solo io e la mia sorellina.
Era malata quando è morta, il giorno in cui vi ho incontrati, un'infezione dovuta dall'acqua.
Eravamo quasi senza cibo, con poca acqua, allo stremo delle forze. Volevo entrare in quel centro commerciale perché sapevo ci fosse una farmacia dentro, mi servivano antibiotici.
Sono stata una stupida a lasciarla sola ma pensavo riuscisse a difendersi, quando tornai indietro a cercarla, per dirle che non ero ancora riuscita ad entrare, era sparita.
In cuor mio spero che sia morta a causa dell'infezione e non per il morso degli zombie, spero che l'abbiano morsa dopo e che non abbia sofferto, ma non potrò mai saperlo.
E dopo ho trovato voi>
Addy mi strinse più forte.
Sorrisi sulla sua spalla, poi scattai indietro quando mi ricordai altri dettagli.
<Ah! Ed è così che ho conosciuto Cittadino Zeta. Ci ha salvato il culo non so quante volte e per i primi mesi avevamo una radio satellitare molto potente, tutte le sere ci sentivamo per raccontarci della nostra giornata e per darci aggiornamenti sugli uomini che stavo cercando, era come parte della squadra, ecco perché sono sempre così felice di sentirlo quando chiamiamo>
A Addy scappò una risata, il suo caro spasimante era stato anche un mio Salvatore in quei mesi d'inferno.
<le coordinate>
A quelle parole mi raggelai.
<cosa?> rimasi perplessa, mi voltai verso di lui, serio in viso.
<devi raccontare tutto, no? Spiega a cosa ti servono quelle coordinate>
<che coordinate?> intervenne Warren, confusa piu che mai.
Mi infuriai, non aveva il diritto di tirarmi fuori dalla bocca cose che non ero ancora pronta a raccontare anche se ero consapevole di dover essere sincera al cento per cento.
<Grace, Diecimila, di cosa state parlando?> insistette Warren, più seria in volto, preoccupata.
Sospirai buttando fuori tutta l'aria che avevo in corpo, chinai la testa in mezzo alle spalle, ormai non potevo più tirarmi indietro; con Diecimila avrei fatto i conti più tardi
<avevo delle coordinate, ricevute grazie a Cittadino Zeta, sto seguendo quelle per arrivare agli uomini mascherati. Mi tiene costantemente aggiornata nel caso dovesse scoprire qualcosa e quando sarò abbastanza vicina al loro avamposto, li troverò e li ucciderò, fino all'ultimo uomo, donna o bambino che ci sia>
Calò un inquietante silenzio mentre il mio sguardo gelido incontrava quello di Warren, dagli occhi traspariva tutta la preoccupazione che stava sicuramente provando, ma non esprimendo.
<non me l'avevi mai detto, nemmeno questo>
La voce di Dylan risuonò nella stanza, delusa e amareggiata, ma non ci diedi molto peso, alla fine quella era la reazione di chiunque venisse a scoprire questa storia.
<non avresti capito, nessuno di voi probabilmente capirà>
Ero rassegnata ormai all'idea che nessuno in quella stanza, in quel mondo, avrebbe mai capito la mia necessità di trovare quelle persone, soprattutto il loro capo, l'artefice di tutto.
Loro non solo mi avevano portato via mia madre ma per colpa loro avevo iniziato la mia missione, perso i miei amici, mia sorella, mentito alla mia famiglia e in più avevano anche ferito il mio fratellino. Meritavano di morire, soffrendo.
<io ti capisco, Grace>
Alzai di scatto la testa.
Vasquez guardava fisso il fuoco davanti a se cercando la forza di parlare, glielo si vedeva nello sguardo.
<lavoravo per la DEA, rintracciavamo e catturavamo i più grandi trafficanti del Paese. L'uomo che stai cercando si chiama Escorpion, capo di un gruppo ispanico di trafficanti che ha continuato a operare durante l'apocalisse vendendo l'erba Zeta, sempre sotto il nome di Zero. Poco prima dell'inizio dell'epidemia aveva rapito mia moglie e mia figlia, Angie e Julia, le ha giustiziate davanti ai miei occhi. È da allora che lo sto cercando>
Rimasi a bocca aperta, quasi balbettai sotto shock.
<e come fai a essere sicuro che siano la stessa persona?> domandai quasi ingenuamente, avevo bisogno di conferme.
<indossavano maschere con scheletri e fiori, come per las dias de los muertos?>
Annuii.
<Escorpion, l'uomo che ha ucciso tua madre, aveva tatuato sul braccio sinistro il volto di un bambino?>
Annuii, avevo la conferma che cercavo.
Mi portai una mano alle labbra, per lo stupore. Mi rivolsi a Vasquez, addolorata nel sentire la sua storia.
<mi dispiace per la tua famiglia> furono le uniche parole che riuscii a pronunciare, non ero brava in queste cose.
<a me dispiace per la tua>
Gli rivolsi un lieve sorriso, non riuscivo a esprimermi più di così, dovevo elaborare.
Regnò il silenzio a lungo, alimentato da tensione e sospiri, ma altre informazioni mi tornavano alla mente.
<mio padre è vivo>
Sentii gli occhi puntati addosso, anche se non guardai nessuno in faccia.
<l'ho scoperto dopo quasi un mese che me n'ero andata, ora è a casa con i miei fratelli>
Spiegai le dinamiche di cosa fosse successo, di come non risposi a numerose chiamate dei miei fratelli perché temevo di avere una conferma della sua morte e della prima volta che gli avevo riparlato dopo aver scoperto che stesse bene.
<è una grande notizia!> entusiasta Addy mi abbracciò stampandomi un bacio sulla nuca, dolce...
Raccontai anche di come fosse stato sempre Escorpion a sparare a mio fratello, ricollegando quel ricordo alla nostra permanenza nel South Dakota, alla centrale nucleare delle Black Hills.
<è tutto così complicato e contorto che sembra la trama di un film di Tarantino> fu il commento di Doc che cercando di seguire tutto il mio discorso si era messo a fare un disegnino su un foglio, come una linea del tempo degli avvenimenti della mia vita.
Fu esilarante come cosa.
<avevo paura a dirvelo, di tutto questo... so che sono tante cose da digerire in una volta sola>
Mi rassicurarono, tutti meno che Murphy che rimase in silenzio, assorto nei suoi pensieri.
<e questa tua stanchezza? Da cosa deriva?> fu Warren.
Lei non aveva sentito la conversazione con Doc e Addy di quel pomeriggio e io non avevo proprio le forze per raccontare anche quella brutta esperienza, ero esausta e la testa aveva ricominciato a farmi male.
<magari te lo spiega Dylan nel mentre che io trovo un bagno, mi serve un po' d'aria>
Mi alzai e diressi verso quel che mi sembrarono più facilmente i bagni, entrando e da di un'occhiata veloce in giro.
Mi sedetti sui lavandini, contro la parete. Erano tutti in fila, uno dopo l'altro, incastonati in una base in marmo, fredda ma sembrava pulita, di un colore verdino molto chiaro.
Una serie di specchi riempivano la parete sopra ai lavandini e riflettevano le porte dei bagni, sembrava molto quello della mia vecchia scuola, a pensarci.
Comodamente seduta presi una sigaretta e me l'accesi, lasciando che i miei pensieri evaporassero insieme alle nuvole di fumo passivo che lasciavo fuggire dalle mie labbra.
Era stata dura, raccontare tutto.
Sentivo ancora un peso enorme addosso, come se fosse addirittura peggiorato da prima che mi aprissi con loro.
Ero forse più vulnerabile ora? Avrebbero davvero accettato ciò che ero stata ed ero diventata?
Mi avrebbero guardata con occhi diversi?
Un rumore mi fece tornare alla realtà.
<possiamo parlare?>
Lasciai cadere la cenere della sigaretta ormai finita nel lavandino, la sua presenza lí mi rese nervosa e dovetti accendermene un'altra.
<non ho niente da dirti> risposi stringendo la sigaretta tra le labbra nel mentre che me la accendevo.
<perché devi comportarti da bambina?>
<e perché tu devi comportarti da stronzo?>
Si incontrarono i nostri sguardi, ero ancora arrabbiata con lui, troppo per reggere di averlo nella stessa mia stanza.
<l'ho fatto per aiutarti, non avresti detto tutta la verità>
Ignorai le sue parole. Non mi sarei fatta provocare.
<mi ascolti?> continuò.
<Grace!>
Lo ignorai, ancora.
Sospirò esasperato; se fosse stato necessario per fargli capire che aveva sbagliato non gli avrei più rivolto la parola.
I suoi passi si avvicinarono a me, rimasi con il viso rivolto verso lo specchio, non riuscivo a guardarlo.
Sentivo che mi fissava, a pochi centimetri da me ma non avevo più nemmeno le forze per reagire alle sue provocazioni.
Mi stavo lentamente pentendo di tutto ciò che avevo detto, non avevo neanche metabolizzato ciò che aveva detto Vasquez, era come se la mia mente stesse iniziando a vacillare.
Mi strinsi le braccia al petto tenendo le braccia con le mani, stringendole sempre più forte sulla giacca.
Avevo bisogno di una certezza, di sentirmi al sicuro.
In quel momento ero sola, intrappolata nella mia testa.
Diecimila pov's
Il suo costante ignorarmi era snervante, si comportava sempre da bambina quando le cose non andavano come voleva lei.
Cercavo di parlarle, farle capire che lo avevo fatto solo per lei, per aiutarla; niente, niente da fare, parlare a un muro sarebbe stato più semplice ed efficace.
<perché continui a fare così?> ero sul punto dell'esasperazione, se c'era una sola persona che riusciva a farmi uscire di testa era proprio lei.
Sapeva tutto ciò che potesse darmi fastidio e lo metteva in pratica, a volte mi chiedevo se lo facesse apposta o se fosse stata solo un'arma per difendersi dagli altri, che scattava in automatico in lei.
Spesso era diversa con me, rispetto a quando stava con gli altri; sembrava si fidasse di me, in questo momento invece stavo iniziando a dubitarne.
<mi vuoi rispondere!?>
Nulla la fece voltare.
Avendo alzato la voce notai come cercò di trattenere un sobbalzo, forse l'avevo spaventata?
Odiavo alzare la voce, soprattutto contro Grace.
Per quanto fosse in gamba e sveglia mi dava sempre la parvenza di essere una bambina indifesa contro un mondo che le rema contro.
Non la vedevo come una persona debole, era solo...infranta, spezzata, distrutta da dolore.
E all'inizio, quando l'ebbi conosciuta, non ero riuscivo a notarlo, lo nascondeva proprio bene persino il dolore che provava per la morte della sorella.
Adesso invece stava venendo tutto fuori, come un vaso di Pandora aperto, e la stava distruggendo.
<ti prego parlarmi!>
Mi ritrovai di fianco a lei, teneva il viso nascosto sulla spalla destra, rivolta agli specchi, non riuscii a vedere nemmeno il suo riflesso.
Si stringeva nella braccia, così forte che le nocche delle mani erano diventate completamente bianche.
<Grace..?>
Scosse la testa, come se mi stesse dicendo "no" ma senza usare le parole.
Le appoggiai una mano sui capelli e l'altra sul ginocchio, alzò appena la testa.
Per avere la sua completa attenzione doveva per forza girarsi verso di me ma non accennava a farlo.
Le misi le mani sulle gambe, la feci spostare tirandola verso di me, così la ebbi davanti.
Si reggeva sulle mani che teneva dietro di lei, appoggiate al marmo dei lavandini; teneva il viso basso.
<mi guardi?> domandai prendendole il viso con una mano.
Si scansò cercando di ritrarsi indietro, allontanarsi da me.
La presi di nuovo da sotto alle gambe, la trascinai verso di me lasciando che si ritrovasse a pochi centimetri dal mio corpo.
<dove credi di andare?> le sussurrai avvicinandomi al suo viso.
Alzò appena lo sguardo, aveva gli occhi lucidi e umidi.
Sentii una pugnalata in mezzo al petto.
Volevo abbracciarla, stringerla...proteggerla.
Mi guardava con uno sguardo quasi implorante, disperato, vuoto; la feci appoggiare a me, le sue braccia mi avvolsero tenendomi stretto a lei.
<è stato troppo?> domandai, cercando di sembrarle calmo.
Annuì, sfregando il viso contro il mio petto.
<non volevo forzarti>
Strinse la braccia più forte, avvicinandosi di più per quanto possibile.
<ho sbagliato>
Alzò il viso.
I suoi occhi mi paralizzarono, ancora lucidi come se stesse per piangere.
Odiavo vederla così.
<glielo avrei comunque dovuto dire, prima o poi>
Non sapevo se crederle o meno, temevo che in realtà ce l'avesse a morte con me.
<quindi non sei arrabbiata?>
Le sfuggì una risata, sorrise appena.
<oh no, aspettati qualcosa prima o poi. Non adesso però, non ho le forze nemmeno per camminare>
<dormirò con un occhio aperto>
<ti conviene>
Senza volere iniziai a ridere, non potevo trattenermi vedendola così seria ma anche così docile, indifesa. Quella ragazza era un vero e proprio controsenso.
<ti devo prendere in braccio per portarti dagli altri?>
Sembrò pensarci qualche secondo, poi rise.
<dammi una mano a stare in piedi, in qualche modo ci arrivo>.
Feci giusto un passo in dietro e senza avvisare scese dal ripiano, aggrappandosi poi ad esso con le mani per non cadere.
La avvolsi la vita con le mani, facendola appoggiare a me.
<cazzo stai attenta, potevi cadere>
Voltò il viso verso il mio, guardandomi dal basso, con il suo solito sorrisetto sulle labbra.
<non sarebbe una novità>
<stai zitta, imbranata>
Rise ancora mentre iniziammo a camminare verso l'uscita dei bagni, sorretta da me, con una mano si teneva alla mia spalla.
Regnò il silenzio tra noi, come altre mille volte prima di quella ma era diverso, per me lo era.
Avevo impressa in testa l'immagine del nostro bacio, come se lo stessi guardando da fuori, proprio in quel momento.
Non riuscivo a cancellarlo ma avrei dovuto farlo.
Una voce nella mia testa continuava a ripetere dalla notte precedente una semplice frase, mi tormentava.
Dimenticati quella notte.
Nota autrice
Non picchiatemi per la lunghezza <3
Dal prossimo capitolo ricominciamo a viaggiare cari miei, stay alive.
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