Capitolo 15
<ragazzina, quindi? Non parli?> domanda di nuovo il ragazzo davanti a me, tiene le braccia conserte mentre lo guardo seduta per terra.
Scuoto la testa negando per l'ennesima volta.
Mi guardo le mani legate in grembo cercando di slegare le corde mentre continua a parlarmi.
<sai...non ti terrei legata se non avessi cercato di uccidermi. Non sono rude come posso sembrare> afferma ammiccando appoggiandosi allo stipite della porta.
<e se tu fossi così gentile da dirmi il tuo nome, forse potremmo intraprendere una conversazione civile e potresti convincermi a ridarti le tue armi>
Mantengo il mio silenzio che ormai da giorni accompagna me e questo sconosciuto che non ne vuole sapere di lasciarmi andare.
Dopo minuti in cui è rimasto a fissarmi con interesse, si avvicina lentamente e mi porge la mano per farmi alzare.
La afferro con riluttanza mentre vengo praticamente sollevata di peso dalla sua presa ferrea.
<devo medicarti la ferita o si infetterà>
Mi prende le mani, più per tenermi sotto controllo che per altro, e mi guida fino a quella che sembra essere la cucina.
<siediti> ordina indicando la sedia prima di voltarsi di nuovo e indicarmi con fare minaccioso.
<e non provare a uccidermi, il tentativo di ieri mi è bastato>
Mi limito a sedermi e ad aspettare, non provo nemmeno a liberarmi, mi ha stretto troppo le corde ai polsi e rischio solo di farmi male.
Osservo la sua figura girata di spalle mentre traffica per la stanza lasciando sul tavolo strani boccetti e cerotti.
Si rimbocca le maniche della camicia prima di voltarsi e di guardarmi qualche secondo con un sorriso sghembo in volto.
<avanti, siediti sul tavolo> lo indica con tranquillità.
Faccio ciò che mi dice e mi appoggio al bordo di esso, si avvicina fino a trovarsi a un palmo dal mio viso.
Mi mette le mani sui fianchi sollevandomi e costringendomi a sedermi sul tavolo.
<se ti chiedo una cosa, tu falla. In futuro ne varrà anche la mia sopravvivenza non solo la tua, ragazzina> mi rimprovera con durezza.
Annuisco mantenendo lo sguardo alto, dritti nei suoi occhi grigi mentre spero riesca a sentire tutto l'odio che provo nei suoi confronti.
<bene> afferma soddisfatto.
<alza la maglia> ordina di nuovo.
Esattamente come ieri alzo la maglia fino a scoprire le bende, tengo le mani ancora legate sopra alla testa mentre lentamente mi stendo sul tavolo.
Inizia a togliere le prime bende, inarco la schiena per fare passare le sue mani sotto ad essa e in modo che possa poi mettere quelle nuove.
<oggi collabori, non aspettavo altro che questo momento!> esclama sorridendo.
<il calcio di ieri non è stato piacevole> aggiunge continuando a sorridere, senza risentimento.
<la prossima volta calcerò più forte> sussurro sentendomi fiera delle mie stesse parole mentre con freddezza lo squadro con fare disinteressato.
Mi abbassa la maglia e mi aiuta a tornare seduta.
<allora parli! Temevo fossi muta> scherza allontanandosi di qualche centimetro vedendo quanto mi senta a disagio.
<comunque, come ti ho già detto ieri, il proiettile l'ho tolto. Hai avuto fortuna, non sei la mia prima ferita da pistola. In qualche giorno dovresti tornare come prima, sempre che non tenti ancora di aggredirmi, in quel caso non vedrai l'alba di un nuovo giorno> conclude serio, la sua minaccia non mi ha per niente spaventata però mi limito ad annuire visto che qui dentro quello che ha il coltello dalla parte del manico è lui, letteralmente.
Appena ho finito di sistemarmi la maglia lo tornò a guardare, è ancora appoggiato alla parete mentre mi osserva nei miei movimenti.
<quindi? Come ti chiami sconosciuta>
Riprende a parlare passandosi una mano fra i capelli biondo cenere e scompigliati per poi mettersi le mani in tasca.
<facciamo così. Io ti dirò qualcosa di me e tu risponderai alla stessa domanda, ci stai?>
<prima slegami> dico portando le mani avanti.
Il ragazzo volge gli occhi al cielo prima di prendere un coltello dalla cintura e spezzare le corde.
<andiamo in salotto, sconosciuta> con un braccio indica la stanza accanto, scendo dal tavolo e lo seguo.
Il salotto è piuttosto grande, una piccola televisione è posta contro il muro a destra dall'entrata, davanti ad essa sono stati posizionati un divano e una poltrona, non mancano un tavolo con 6 sedie, una vetrina con dei vecchi vinili e qualche scaffale pieno di libri.
<ti piacciono i vinili?> domanda vedendomi impalata davanti alla vetrina mentre leggo velocemente tutti gli artisti e gruppi musicali.
<si, mi capitava di ascoltarli prima di tutto questo> ne prendo uno a caso prima di aprirlo e guardare quel disco nero, così perfetto e particolare, che da anni non osservavo o toccavo.
Dopo pochi istanti l'ho rimesso a posto per poi andarmi a sedere sulla poltrona da sola mentre lui è andato sul divano.
Ho incrociato le gambe sulla poltrona e le braccia al petto aspettando che parlasse.
<iniziamo dalle cose semplici. Io mi chiamo Dylan> afferma portando un braccio dietro alla testa e una gamba sull'altra.
<tu invece?> mi incoraggia con un leggero gesto della mano per poi sporgersi in avanti per far notare la sua curiosità.
<Grace> rispondo guardandomi intorno.
<bene Grace, io ho 22 anni e vengo da Seattle>
Seattle è lontana...deve essersi fatto un bel viaggio per arrivare fin qui.
<18, non importa da dove vengo> guardo la finestra dietro alla televisione, il sole sta calando e il cielo è tinto di rosso.
<va bene. Quando ti ho trovata eri con qualcuno?>
Mi volto verso di lui e lo fulmino con lo sguardo.
<non sono queste le regole, tu mi dici qualcosa di te e io replico con le mie, non si fanno domande dirette>
Pare confuso dalla mia reazione però si limita ad annuire e a mettersi un cuscino dietro alla testa con disinvoltura.
<il mio gruppo e io ci siamo divisi circa 8 mesi fa e non ci siamo più ritrovati> la sua voce si incrina leggermente segno che è una cosa dolorosa da raccontare per lui.
<sono fuggita dal mio, morivano in troppi>
Non sembra convinto di quel che ho detto ma si può benissimo accontentare, rimane comunque uno sconosciuto.
<ho perso la mia famiglia all'inizio di tutto> sussurra abbassando lo sguardo.
Vuole davvero sapere così ardentemente qualcosa su di me tanto da rievocare quel genere di ricordi? Non so se sia pazzo o solo curioso.
<durante, ora non so più se sia rimasto qualcuno> dico con indifferenza guardando di nuovo verso la finestra.
<che armi sai usare?> domando di getto per evitare che faccia altre domande scomode sia a me che a lui.
Mi guarda accigliato prima di sporgersi in avanti mettendo i gomiti sulle ginocchia e le mani sotto al mento.
<un po' di tutto, mio padre era nell'esercito e mi ha insegnato a sparare quando ero ancora piccolo e-> non lo lascio finire fermandolo con un veloce gesto della mano.
<si okay, non ti ho chiesto la storia della tua vita, che tipo d'armi?> ribadisco.
<pistole, coltelli e vari tipi di fucile, tu ragazzina?>
Storco il naso a sentire il modo in cui mi ha chiamato e sbuffo per come me l'ha detto.
<non chiamarmi così, non sono una ragazzina!> rispondo stizzita.
Sorride divertito prima di appoggiare il mento sul palmo aperto e guardarmi con interesse.
<oh lo vedo!> esclama squadrandomi da testa a piedi.
Mi volto mettendo le gambe sul bracciolo della poltrona e gli do le spalle, incrocio le braccia al petto e guardo da un altra parte.
<pervertito> sussurro scocciata.
<oh avanti, ti sei offesa?> domanda ridendo.
Lo ignoro continuando a guardare il muro o la punta delle mie scarpe, fin troppo orgogliosa per dargliela vinta.
<avanti ragazzina, che armi usi?> prova a tornare al discorso di prima ma sono ben determinata a non parlargli, resta comunque uno sconosciuto.
Si alza dal divano e lentamente raggiunge la porta ma prima di varcarla si volta verso di me soffermandosi contro alla porta.
<se vuoi farti una doccia il bagno è in fondo al corridoio a destra ma stai attenta alla ferita, ragazzina> ed esce dalla stanza lasciandomi sola.
<quindi che facciamo?> chiedo una volta che mi sono seduta al tavolo di fronte a lui.
Indosso dei vestiti trovati per caso nella camera dove Dylan mi ha tenuta legata per tutti questi giorni, mi vanno parecchio grandi e sono quasi sicura che in realtà la maglia sia di Dylan ma non gli ho comunque chiesto niente, sono solo dei vestiti infondo.
<cosa intendi?> mi guarda confuso tornando a giocare a carte, un solitario probabilmente.
<restiamo qui? Ci spostiamo? Mi ridai le mie armi o dovrò colpirti mentre dormi?>
Sorride senza distogliere lo sguardo da una carta, scuote appena la testa prima di sospirare e prendere quella carta in mano, guardarla e rimetterla al suo posto.
<lieto che tu abbia preso in considerazione la proposta di rimanere con me e farò finta di non aver sentito la tua soave minaccia di colpirmi nel sonno. Le tue armi le riavrai quando saprò di potermi fidare di te e fino ad allora resteremo qui. Ci sono provviste, acqua corrente e abbastanza elettricità da farci avere luce per tutta la notte>
Il piano non è male, tranne non avere le mie armi, questa è una grossa stronzata.
<sarei io a non dovermi fidare di te. Mi ha rapita e tenuta legata per quasi una settimana, non è una buona impressione, sai Dylan?> rispondo tagliente.
<mi hai colpito in faccia. Due volte. Scusa se poi ti ho legata! poi ti ricordo che ti ho salvato la vita e che mi sto prendendo cura di te, ragazzina> mi punta contro l'indice in tono accusatorio non facendo trasparire l'ironia nella sua voce.
<chi ti ha detto di farlo? Non di certo io visto che mi hai colpita alla testa!> mi alzo in piedi sbattendo le mani sul tavolo per la rabbia.
Non avevo scelto io di andar con lui e di certo non mi aveva dato molta scelta!
Okay, si, mi avevano sparato ma non era di certo un motivo per sequestrarmi!
Nel cercare di liberarmi lo avevo colpito a una gamba e lui, penso per ripicca, mi aveva colpita con il calcio della pistola.
Poi mi sono svegliata 3 giorni fa legata ad un letto e praticamente senza vestiti per via delle medicazioni.
Chiunque avrebbe tentato di fuggire e di uccidere Dylan che in quel momento era ancora un completo estraneo.
Non che ora sia meglio, però le poche ore passate a parlare del più e del meno mi avevano messa in una leggera tranquillità.
<ti avevano sparato, non saresti qui se non fosse per me> risponde con calma continuando il suo stupido gioco di carte.
<ti aspetti dei ringraziamenti? Va bene! Grazie di avermi colpita in testa, rapita, praticamente svestita e legata ad un cazzo di letto. E scusa se ho provato ad ucciderti pensando che fossi un pazzo maniaco, infondo mi capita tutti i giorni di essere salvata da uno sconosciuto che si crede Dio sceso in terra!> gli urlo in faccia, finalmente si degna di guardarmi.
<l'ho fatto per te! Se non ti avessi salvata ora saresti uno zombie! E poi te la sei cercata, sei andata tu di proposito contro quelle persone, sinceramente ero indeciso se lasciarti morire li> risponde con rabbia alzandosi dalla sedia.
Aspetta una mia risposta che però non arriva.
Lui non può sapere chi fossero quelle persone, perché le volessi uccidere.
Mi sento incredibilmente in colpa in questo momento, ha rischiato la vita per salvarmi e nemmeno mi conosceva.
Abbasso lo sguardo sconfitta, mi volto e vado verso la porta in silenzio.
Sento che potrei scoppiare in lacrime da un momento all'altro perché quel ragazzo, Dylan, mi ha fatto venire in mente troppi ricordi.
Arrivo sulla soglia della porta e senza rendermene conto mi giro di nuovo senza però guardarlo.
<forse avresti dovuto lasciarmi morire. Forse anche Diecimila avrebbe dovuto farlo>
Non ho pensato a quelle parole, sono uscite da sole e senza alcun controllo.
Gli do le spalle e vado a passo spedito verso la camera in cui mi sono svegliata pochi giorni fa.
Entro, sbatto la porta e mi lascio cadere sul letto.
Prendo fra le braccia il cuscino e lo stringo con forza al petto, raccoglie le mie lacrime e i miei singhiozzi non facendo sentire nulla all'esterno.
Perché piango? Perché mi sto comportando ancora come la vecchia me? Giselle è morta ma continua a presentarsi con la sua stupida sensibilità, con i sensi di colpa e con i ricordi.
Porto le gambe al petto e appoggio la testa sul cuscino, resto immobile a stringerlo con forza finché del pianto non rimane altro che i miei respiri sconnessi.
<Grace>
Dylan è entrato nella camera, ho fatto finta di dormire sperando che se ne andasse ma tutt'altro, si è avvicinato e seduto sul letto di fianco a me.
Ha passato minuti interi in silenzio ad osservarmi, non so cosa voglia ma la sua presenza non mi da per niente fastidio.
<so che sei sveglia...>
Mi volto verso di lui lentamente tenendo lo sguardo sulle mie mani raccolte davanti alla bocca.
<non ti volevo far arrabbiare>
Rimango in silenzio sperando che dica qualcos'altro altrimenti rimarremo nel più completo silenzio finché non se ne andrà.
<non so niente di te, non so se posso fidarmi ma...voglio farlo>
Allunga la mano verso il comodino e ci appoggia una pistola, la mia pistola.
<non ti voglio fare del male, se lo avessi anche solo pensato lo avrei già fatto> dice ridendo nella penombra.
Sulle guance gli compaiono due adorabili fossette che vanno ad incorniciare il suo sorriso perfetto.
Gli occhi grigi riflettono la flebile luce proveniente dal corridoio mentre con una mano cerca di sistemarsi i capelli che gli ricadono davanti agli occhi.
Mi alzo a sedere tirando con me le coperte, lo guardo incerta prima di distogliere i miei occhi dai suoi.
<perdonami, non avrei dovuto risponderti in quel modo. Dimentica ciò che ho detto> quasi lo supplico di fare ciò.
Solo aver nominato Diecimila per puro sbaglio mi ha fatta soffrire terribilmente.
Sono stata una codarda a fuggire da loro ma forse Dylan era la mia opportunità per ricominciare, trovare una persona come lui nel casino in cui mi ero cacciata è stata come una benedizione.
<non devi scusarti. Adesso riposati, devi ancora guarire>
Si alza lentamente ed esce dalla camera.
Resto a guardare la stanza intorno a me nella più completa oscurità finché lentamente porto la testa sul cuscino lasciando vagare i pensieri alla rinfusa.
Helloooo
So di essere sparita per un po' di tempo e mi scuso sia per questo sia per il capitolo estremamente corto rispetto alla media di parole/pagine che escono per capitolo.
Questo capitolo è appunto per descrivere cosa è successo (molto molto brevemente) durante la fuga di Grace dal gruppo di Warren.
Dylan mi promette bene come personaggio, mi è piaciuto dare forma a lui e al suo carattere (che verrà fuori nei prossimi capitoli).
Penso si possa notare il modo in cui Grace sia cambiata in così poco tempo ma ad ogni modo il bello deve ancora venire.
Spero che vi sia piaciuto e spero davvero di pubblicare al più presto.
A presto💕
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