Capitolo 5
<<Chi sei tu?>> la voce gli uscì tanto flebile da fargli temere che lei non lo avesse neppure sentito; ma la donna gli regalò un sorriso prima di mormorare:
<<Puoi chiamarmi Hanji. E sono colei che si prende cura dei tesori di Duncan>>
I tesori di Duncan.
Levi avvertì l'ennesima stilettata bucargli il cuore.
Si portò una mano al collo e lí, appena al di sotto del pomo d'adamo, avvertì il ruvido tocco di una cinghia di cuoio.
Un collare.
Chiuse gli occhi, trattenendo a stento la rabbia.
Sono uno di loro.
<<Ehi...>>
Hanji fece per sfiorargli la fronte ma, prima che le sue dita potessero anche solo sfiorare quella pelle d'alabastro, Levi la allontanò rabbiosamente, colpendola con forza.
<<NON TOCCARMI!>> berció fuori di sé.
Il solito pensiero di essere toccato di nuovo lo ripugnava. Continuava a sentire quelle mani lascive, quelle mani viscide che lo accarezzavano, lo graffiavano, lo...
Lo violavano.
Quel pensiero lo schiacció con la forza di un macigno.
Mi hanno stuprato.
Mi hanno stuprato.
Ora vedeva tutto con chiarezza: rivedeva i volti, compreso quello dell'uomo che lo aveva posseduto con tanta violenza. Sentiva le risate, le voci.
Sentiva il seme caldo solcargli le gambe magre.
Sentiva il vuoto che gli avevano lasciato là dove una volta c'era la sua anima.
Scacció ogni emozione dal proprio viso, celandosi dietro la sua corazza di indifferenza.
<<Angel...>>
<<Non chiamarmi così!>> sbottó fulminando la donna con un'occhiataccia.
<<Mi disgusta...- rincaró, prima di addolcire un poco la voce -...ti prego...non usare quel nome>>
Lei annuì, comprensiva.
<<Hanji?>> pigoló una vocina, che anticipó la comparsa di una ragazzina minuta, che avrà avuto si e no quindici anni;
<<Isabel! Vieni avvicinati!>>
La ragazzina si accostò alla donna ubbidiente, dando l'opportunità a Levi di squadrarla con i suoi freddi occhi grigi: era piccola, dal fisico asciutto avvolto in morbidi vesti di seta che lasciavano ben poco spazio all'immaginazione, una pelle candida, braccia e gambe sottili su cui si intravedeva lo scintillio di numerosi bracciali, un viso tondo, che somigliava a quello di una bambina e dei ribelli capelli rossi, stretti in due semplici codini.
Era graziosa.
Ma la cosa più straordinaria erano i suoi occhi: due giganteschi dischi del verde più luminoso che Levi avesse mai visto.
A stento fu in grado di staccare gli occhi da quelle due pozze verdi.
<<Hanji...- stava dicendo Isabel -Lui ha chiesto di Angel>>
Le tremava voce, come se qualcosa la preoccupasse nel profondo.
Le due donne si scambiarono un'occhiata colma di significato prima di voltarsi nella direzione del ragazzo.
Levi le fissó in silenzio, con il volto distorto in un'espressione accigliata:
<<Isabel aiuta Angel a prepararsi...e poi accompagnalo da...da lui>>
Hanji si affrettò a radunare le sue cosa, mentre Isabel aiutava il ragazzo a sollevarsi dal letto.
Una volta che ebbe preso tutto la donna si congedó, rivolgendo a Levi un sorriso triste che non le si addiceva;
<<Sono a tua dispozione per qualsiasi cosa...vieni a cercarmi quando ne senti la necessità. Davvero. Senza problemi>>
Lui le rivolse un ghigno, che ben celava il suo apprezzamento per quelle parole gentili;
<<Grazie Quattrocchi>>
Lei lasciò la stanza, borbottando qualcosa fra i denti.
<<Angel?>>
Levi tornò a rivolgere lo sguardo verso Isabel e la vide stringersi al petto un fagotto che al suo arrivo non aveva notato: mandò uno sbuffo seccato.
<<Aiutami a indossare quella roba- sibiló -ma niente Angel. Mi chiamo Levi. E così devi chiamarmi>>
Lei arrossí fino alla punta delle orecchie, cosa che fece sfuggire un sorriso divertito a Levi.
Gli fece indossare quella ridicola tunica: un paio di brache dal taglio arabo, che si allargavano sulle cosce per poi stringersi sulle caviglie di un rosso vivo e una casacca smanicata semitrasparente che lasciava intravedere i guizzanti muscoli dell'addome.
<<Lui adora vederci vestiti così>> confessò la giovane, quando Levi finì di vestirsi.
Non aveva fiatato per tutta la durata della vestizione e a stento aveva sollevato lo sguardo dai propri piedi.
Sembrava spaventata.
<<Che cosa ti preoccupa mocciosa?>>
Isabel incassó la testa nel collo, sfuggendo alla domanda di Levi; lui allora ghignò, spettinandole affettuosamente i capelli con le dita magre.
<<Mocciosa>>
Le sussurrò gentile.
***
La stanza di Duncan era avvolta da una penombra artificiale, che rischiarava i morbidi tappeti che ricoprivano il pavimento, le sete che scendevano pigramente dal soffitto e i cuscini multicolore disposti per tutta la stanza.
Un profumo soffocante impegnava l'aria, mozzandogli il fiato e bruciandogli gli occhi chiari.
Lui era lì.
Disteso sui cuscini a sollazzarsi con il narghilé.
Indossava vesti simili a quelle di Levi, che ben si legavano alla sua pelle olivastra, ai capelli scuri e ai suoi occhi di tenebra.
Era un bell'uomo, ma emanava un'aura oscura, colma di malignità.
Levi storse il naso, fissando lo sguardo torvo su quella figura distesa:
<<Angel...>> disse questi, vedendolo.
Levi restò immobile, reprimendo la rabbia.
Duncan si alzò, mentre un largo sorriso gli si apriva sulle labbra rossastre, mettendo in luce la sua dentatura perfetta.
<<Mio amato...>> Allungò la mano per toccarlo ma Levi scacció quel gesto con una furia feroce.
<<Focoso...>> rise Duncan, massaggiandosi la mano offesa; ma poi le sue dita furono di nuovo su Levi in un guizzo e si strinsero sul mento.
<<Mi piace>>
Levi digrignó i denti in un ringhio sommesso, poi sputó, colpendo l'uomo al centro del viso.
Per un attimo Duncan parve ridere di quella estrema, quanto inutile, difesa.
Per un attimo.
Poi esplose.
Il pugno improvviso colpì Levi allo zigomo mandandolo disteso a terra.
Si ritrovò sul pavimento, con in bocca il sapore del sangue; Duncan lo rivoltó e si sedette a cavalcioni su di lui.
Dal nulla tirò fuori un coltello e lo avvicinò pericolosamente all'occhio di Levi.
<<Stammi a sentire...- mormorò con gli occhi illuminati da un distorto piacere -...mi piacciono i tipi di fuoco, ma i miei tesori devono essere rispettosi!>>
Accarezzó il petto del ragazzo con la lama, seguendone la delicata linea dei muscoli; <<Io so essere generoso angelo mio...>>
La lama si conficcó di colpo nella spalla di Levi, facendolo urlare:
<<...ma posso diventare anche molto cattivo!>>
Duncan rigirava la lama nella spalla, toccando e raschiando l'osso con la punta del coltello. Levi si dimenava piano, paralizzato dal dolore.
L'aguzzino rise di gusto, crogiolandosi in quelle grida sofferenti, prima di iniziare a muovere la lama fino a comporre la lettera D sulla spalla del ragazzo.
Levi prese a rantolare.
<<Tu sei mio- disse Duncan, infilando le dita nella ferita fresca -Sei solo mio>>
Se fosse stato lucido, se fosse stato nel pieno delle forze Levi si sarebbe sbarazzato di lui senza problemi; ma così ridotto non poteva fare altro che subire.
<<Sei mio Angel...dillo>>
Aveva avuto un'erezione. Levi la sentì strusciare contro il suo bacino.
La violenza lo eccitava.
Il sangue lo eccitava.
Il ragazzo chiuse gli occhi.
Avvertì uno strappo; e quelle dita feroci artigliarli con forza le natiche.
<<Dillo>>
Levi restò in silenzio.
<<DILLO!>>
Il ragazzo si morse il labbro, con forza, fino a farne sgorgare una singola perla di sangue.
<<DILLO!>>
La lama rifletté l'argento di quegli occhi fieri.
Non lo avrebbe piegato. Non in quel modo almeno.
Duncan sorrise: amava le sfide.
<<Come preferisci>> fu il sibiló che gli sgorgó dalle labbra contratte; poi la lama tornò a incidere quella pelle perfetta.
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