Capitolo 35

I cocci del piatto distrutto giacevano inerti al fianco di Levi; il ragazzo se ne stava seduto ai piedi del letto, le gambe raccolte contro il ventre e le mani ferite lasciate mollemente lungo i fianchi.

Le dita piene di graffi avevano ripreso a sanguinare. Forse scagliare quel piatto contro il gigante color cioccolato non era stata un'idea così brillante.

Non gli restava che aspettare la sua punizione.
Duncan non avrebbe impiegato molto tempo a venire a conoscenza di quell'ennesima ribellione.
Al pensiero sogghignó appena.

La catena tesa sfregava contro i lividi ancora freschi che si stagliavano superbi sul collo pallido.

Faticava ancora a parlare.
Con un grugnito si accarezzó gli ematomi scuri, in cerca di un po' di sollievo.
Si sentiva esausto.

Si sorprese della velocità con cui scattò in piedi, quando la porta si spalancò di colpo.

Per un istante che parve un secolo, Duncan se ne restó immobile sulla soglia ad osservare il ragazzo che lo sfidava con i suoi occhi argentati.
E un piccolo sorriso gli arricció le labbra: <<Angel, Angel, Angel...- scosse la testa, come se trattasse con un bambino capriccioso -Cosa devo fare con te?>>

La porta si richiuse con un rumore stridulo, metallico, imprigionando il povero Levi insieme al suo carnefice.

<<Sai bene che non ho occhi che per te... perciò smettila di tentare di attirare la mia attenzione con...- i suoi occhi rapaci si soffermarono sui resti del piatto distrutto -...insulsi giochetti>>

Duncan lo disse accostandosi a Levi mentre un ghigno cattivo gli si allargava sul viso; d'istinto Levi sentì il suo corpo cercare di arretrare, ma la catena a cui era costretto lo bloccó, intrappolandolo ad appena un braccio di distanza da Duncan.

L'uomo sorrise ancora.

<<Gradisci un sorso di vino?- domandò accomodante -Chocolat mi ha riferito che gli ematomi sul collo ti rendono difficile deglutire... è per questo che sei così nervoso?>>

Un ringhio di gola scivolò fuori dalle labbra di Levi.

<<Immagino sia così>> La mano lasciva di Duncan si posò sulla guancia del moro, in quella che doveva essere una carezza.

Levi se ne staccò subito, voltando di scatto la testa.

<<Angel... tu stai tremando!>> esclamò Duncan, ignorando quel gesto pieno di disprezzo.

<<Hai paura forse?>>

Levi lo guardò  accostare il viso al proprio, prima che l'uomo gli leccasse sensualmente la guancia pregna di sudore.

Lo schifo gli paralizzó il corpo:

<<Hai paura di me?- proseguì l'uomo testardo, quando non lo raggiunse nessuna risposta -Allora?>>

<<Toglimi. Le. Mani. Di. Dosso>>
Scandí Levi al limite del proprio controllo, ma la sua reazione non scatenò che un sorrisetto divertito; sembrava che Duncan si stesse divertendo a stuzzicarlo.

<<Come pensavo>>

Il gancio improvviso che raggiunse Levi al centro del fegato, gli rubò un urlo strozzato, prima di mandarlo a cozzare contro il pavimento.

<<È così eh?!>>

Levi raccolse le gambe, ansimando con fatica, lottando contro la nausea e il dolore.

<<Niente paura, eh?!>>

Un secondo calcio lo raggiunse sulla linea del mento, un terzo contro la spalla. Poi il piede andò a premergli il basso ventre, schiacciandolo contro il suolo.

Alcuni pezzi di ceramica gli si conficcarono nelle braccia scoperte.

<<Ho smesso di avere paura>> riuscì a malapena a sussurrare.

Duncan ansimò forte, arrestando la propria furia omicida; si pettinò pigramente i capelli con le dita, mentre nell'aria rimbombava il suono del respito spezzato del ragazzo, quindi si chinò su Levi, disteso al suolo, inerte e con il corpo scosso da tremendi tremiti.

<<Angelo mio...devi smetterla di farmi arrabbiare...- mormorò Duncan, tornando a usare quel tono eccessivamente smielato -...lo sai che posso diventare cattivo quando mi arrabbio e tu non vuoi che io diventi cattivo, non è vero?>>

Levi avvertì distintamente la mano di quel maiale sfiorargli la coscia, prima di risalire verso il pube.

Contrasse i muscoli prima ancora di accorgersene.

<<Dammi quello che voglio, Angel...>>

Duncan si chinò su di lui, in cerca della sua bocca, ma il ragazzo ruotó con fermezza il capo, sfuggendo a quel contatto indesiderato.

<<Fanculo>> sputó fuori.

Fu allora che Duncan perse davvero la testa: il viso si fece rosso, quasi violaceo, mentre i suoi occhi si dilatavano fino a minacciare di scoppiare. Le vene del collo e della fronte si ingrossarono e presero a pulsare in modo minaccioso.

Levi tentò di sollevarsi, ma prima che ci riuscisse, le mani dell'uomo lo  sbatterono giù, contro il pavimento freddo.
Sentí il collo stringersi, sotto la stretta della catena che Duncan aveva preso a strattonare.

Le sue dita corsero alla gola, nel tentativo di allentare quella morsa e Duncan approfittó di quella distrazione per strappare crudelmente i pantaloni che celavano le gambe di porcellana.

No! Fu il grido silenzioso che risuonó tra i pensieri di Levi.

No!

Duncan lo bloccó sedendogli a cavalcioni, privandolo,  così, di quel poco ossigeno che era riuscito a riconquistare;

<<Lurido... lascia-...>>

Gli aprì le cosce a forza, conficcando i suoi artigli nella carne morbida, esponendolo a quella nuova umiliazione.

<<Che splendida vista>> commentò Duncan, scorgendo il roseo orifizio di Levi.

<<Non osare tocc-...>>

Duncan inserì le sue dita senza delicatezza alcuna e prese a sforbiciare contro le interiora del moro. Levi strinse i denti, aggrappandosi con le unghie alle lastre del pavimento.

<<Un animale da monta...ecco cosa sei Angel... niente di più di una cagna in perenne calore! Guarda tu stesso!>>

Duncan afferrò il membro a riposo di Levi e, con una risata, prese a pompare.

<<Una cagna...dì quanto ti piace, cagna!>>
Duncan si slacciò la cintura e, una volta libero dall'impaccio dei pantaloni, penetrò Levi con tutta la forza che poté.

Basta!
Basta!

Levi inarcó la schiena.

Fa male!
Fa troppo male!

Duncan lo coprì con il suo corpo, spingendosi dentro di lui con sempre maggior foga.

Basta!
Non voglio più essere il tuo giocattolo!

Le dita contratte si mossero a scatti, al ritmo dettato dalle spinte.
Quasi per caso sfiorarono il coccio rotto.

Gli occhi d'argento si posarono su quel pezzo di ceramica.
Era affilato.
Nel solo sfiorarlo Levi era andato a ferirsi un polpastrello.

Eren...
Nel pensare al moccioso un sorriso si schiuse sulle labbra livide del ragazzo.
Torna a prendermi Eren.

E le dita si serrarono sul coccio.

***

<<Vi prego...Vi prego>>
Chocolat non ripeteva altro da quelle che parevano ore.

La pelle, lucida a causa del sudore, si confondeva con il nero della canna di fucile premuta contro la testa.
Calde lacrime gli solcavano senza sosta i tratti sgraziati.

<<Fa' silenzio!- la voce di Furlan era rotta da una fastidiosa nota stridula -Dove si trova Angel?!>>

Angel.
Quel nome dal suono melodioso gli rivoltava lo stomaco.

<<Vi prego...sono sempre stato gentile...>>

Furlan contrasse i polpastrelli, aumentando la stretta sul fucile, sotto lo sguardo severo di Isabel;

<<Ti conviene rispondere- Erwin si chinò verso l'uomo, scostando con uno sbuffo le vesti ingombranti -Il ragazzo mi pare terribilmente deciso>>

Quasi a conferma, Furlan diede un colpetto alla nuca del Chain con l'arma, rivolgendosi a lui con un aspro: <<Allora?!>>

Chocolat deglutì così forte da far tremare le pareti.

<<Io- io non...non posso... il padrone...>>

Fu il tremore scatenato dallo scatto della sicura a convincerlo; <<Nelle sue stanze...- Chocolat sollevò una delle sue grosse mani, per indicare la spessa porta che divideva Furlan da Levi -Il p-padrone lo ha...lo ha rinchiuso...>>

Tremava come un bambino spaventato, con il muco che andava a mescolarsi alle lacrime, eppure Furlan  non fu in grado di provare neanche il più misero senso di pietà nei suoi confronti.

Con un verso stizzito sollevò il fucile, allontanandolo dal cranio scoperto del Chain, e si rivolse a Erwin: <<Tienilo sotto tiro>>

<<Che intenzioni hai?>>

<<Vado da Levi. Tu pensa a trovare la tua donna>>

Si scambiarono appena uno sguardo; dieci minuti. Questo era il tempo massimo che Erwin e il ragazzo si erano concessi per trovare i loro cari prima che dessero il via a una piccola rivolta.

<<Non fare tardi>>

<<Non succederà>>

<<Furlan?- il ragazzo gli aveva già dato le spalle -Sii prudente>>

Furlan annuì, premendosi il fucile contro il petto:
Sono qui... non poteva fare a meno di pensare, quasi quel pensiero potesse raggiungere Levi.

Sono qui.

<<Furlan>>

Quasi non si era accorto che Isabel lo aveva seguito;

<<Non dovresti venire... potrebbe essere pericoloso>>

Lei gli rispose sollevando un unico sopracciglio; più pericoloso di quello che ho vissuto fino ad ora? Chiedevano i suoi occhi con una punta di sarcasmo che non le si addiceva.

Si accostaroni alla porta, premendo l'orecchio contro il legno nel tentativo di captare un suono, una voce.

Sono qui.
Il grido interiore del biondo si faceva più forte ad ogni secondo.

Sono qui Levi.

Dalla stanza non provenivano che piccoli singhiozzi.
Li stessi di un animale ferito.

Il ragazzo aprì piano la porta, il fucile in pugno pronto a fare fuoco e Isabel stretta contro la schiena, pregando a mezza voce che nessuno stridulo o scricchiolio rovinasse l'effetto sorpresa.

Il singhiozzi si fecero più forti; mosse qualche passo all'interno, studiando la stanza: era quasi del tutto smobiliata e i pochi di questi presenti erano distrutti o rovinati, solo il grande letto, che spiccava in mezzo a quella desolazione, pareva essere sopravvissuto alla furia devastatrice.

Isabel premette il corpo contro quello di Furlan indicando, con un leggero tremore, la catena stretta alla spalliera che spariva aldilà del materasso.

Furlan sentì il sangue ribollirgli di collera: <<Stammi vicina>> sibiló, caricando il fucile.

La prima cosa che scorse furono i piedi di Duncan.
Poi le gambe, seguite dal bacino, premuto a forza contro quello di un giovane pallido.

Quest'ultimo giaceva sotto il peso dell'uomo, con gli arti sottili, pieni di segni e ferite, distesi mollemente in una maniera scomposta, il collare distintivo nascosto sotto la testa addormentata del padrone e gli occhi celati dai capelli scuri che gli ricadevano disordinatamente sul viso.

Ma Furlan non aveva bisogno di incrociare il suo sguardo.
Aveva tremato fin dal primo istante.

<<Levi...>> sussurrò in un soffio.

Levi.
Non riusciva a distogliere lo sguardo.
Lui era lì.
Davanti a lui.
Lo aveva trovato.

Pareva denutrito.
Le ossa premavano contro la pelle come aghi affilati, mentre sul  viso emaciato spiccavano numerosi ematomi e tagli.

Una scarica rabbiosa scosse l'intero corpo di Furlan.

Imbracció il fucile: <<Allontanati da lui, bastardo!>> urló con foga, mirando alla testa di Duncan.

Il debole singhiozzare si ammutolì di colpo;
<<Mi hai sentito?!- ritentó il biondino,  non scorgendo alcuna reazione -Allontanati!>>

Duncan restò immobile.

<<Allontanati prima che...>>

<<Furlan?>> lo interruppe un sussurro sorpreso.

Il biondo sentì un fremito invadergli il cuore quando incroció per la prima volta, dopo più di un anno, quegli occhi glaciali.

<<Furlan- la voce di Isabel ruppe l'incantesimo -Credo che sia già morto>>

<<Cosa...?>>

La rossa lo superò senza aggiungere altro e si chinò su Duncan; <<Guarda>> disse, spronando Furlan ad avvicinarsi.

Era vero.
Dalla bocca socchiusa fuoriusciva un rigolo di sangue e bava, gli occhi, vitrei e senza vita, stavano fissi su un punto indefinito della stanza.
La gola era tagliata, bucata in decine di punti. Un frammento di ceramica insanguinato  languiva tra le dita semiaperte di Levi.

<<Aiutami a spostarlo>>

Ci miseró un po'.
Il maiale pesava parecchio.
Poi, finalmente, riuscirono a rivoltarlo da un lato, liberando Levi.

Il moro, tuttavia, restava disteso a terra, con gli occhi di ghiaccio fissi sul suo aguzzino.
Doveva essere sotto shock.
Chissà per quanto tempo era rimasto bloccato sotto il cadavere di quel porco.

Furlan si chinò su di lui e, dopo averlo aiutato a sollevarsi, gli gettò le braccia al collo: <<Levi>> singhiozzó, abbracciandolo stretto.

Il biondo annegó il viso nei suoi capelli corvini, inspirandone il tenue profumo.
Pareva trascorso un secolo dall'ultima volta che quel debole aroma di pulito gli aveva stuzzicato le narici.

Gli accarezzò la schiena e baciò le guance, incapace di trattenere le lacrime.
Ma tra le sue braccia Levi restava apatico, distaccato da quanto stava accadendo. Furlan, allora, lo strinse più forte, nel tentativo di fargli capire che non era solo.
Che non lo sarebbe più stato.

<<È finita Levi...è finita- gli sussurrò all'orecchio -è finita>>

Levi alzò la testa e per la seconda volta i loro occhi tornarono ad incontrarsi: vi era una tale desolazione in quei dischi metallici da congelare il sangue.

<<Ti porto via da qui- sibiló deciso Furlan, senza sciogliere l'abbraccio  -Ti porto via>>

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