Capitolo 30
Persi tra le stelle
«Quindi, si può sapere dove il mio cavaliere mi sta portando?» Distolgo lo sguardo dalla vasta campagna che, con i suoi mille colori, scorre dal finestrino.
«Perché vuoi che ti sveli le sorprese in anticipo?»
«Perché ti ostini a rispondere alle mie domande con altre domande?»
«Perché lo hai appena fatto?»
Seguono attimi di silenzio. Il mio sguardo si incastona dentro il suo come un diamante farebbe dentro il suo anello. Stringe la mia minuta mano dentro la sua, portandola sul cambio.
«Non possiamo permetterci una Mustang, ma almeno ti porterà a lavoro. A proposito, come è andato il tuo primo giorno di specializzazione?»
«Non voglio una Mustang». Ignoro la sua domanda.
«Non ti piacciono le Mustang?»
«Non ho detto che non mi piacciono».
«Allora se ti piacciono, vorresti averne una».
Mi porto le mani tra i capelli sciolti, che svolazzano a causa del vento. «Smettila di fare osservazioni».
«Quella era una supposizione, non un'osservazione».
«Perché vuoi sempre l'ultima parola?» Alzo la voce di qualche tono.
Accenna un occhiolino, zittendomi.
«Mi sembra che anche tu la voglia».
Proseguiamo con dei consuetudinari, provocanti botta e risposta fin quando la nostra nuova utilitaria rallenta, fino ad arrestarsi.
Apro la portiera, mettendo i piedi sull'erba fresca e viva di maggio. Il panorama è mozzafiato, circondato dal verde incontaminato delle interminabili colline. L'aria è mite, riscaldata dagli ultimi raggi tiepidi della giornata. Li sento accarezzarmi la pelle fin quando il sole esala l'ultimo respiro, lasciando posto alla suggestività del crepuscolo.
Contemplo gli sprazzi viola che dipingono l'immensità dell'azzurro. Le nuvole candide specchiano i colori fino a sembrare zucchero filato. Allo stesso tempo, il cosmo si prepara a fare il proprio ingresso in scena.
«Hai detto che ti piace perderti negli abissi del cielo, no?» Il suo tocco sul mio fianco mi fa sentire le farfalle svolazzare nello stomaco e in ogni altro organo del corpo.
Annuisco, spostando lo sguardo sui suoi lineamenti sereni. È la prima volta che nei suoi occhi cerulei non scorgo quella minuscola virgola oscura che da sempre li aveva contraddistinti.
«La lezione di oggi prevede...»
«Parla meno il professorese», lo interrompo. Sorrido, mentre resto fissa a contemplare l'azzurro del cielo scurirsi gradualmente. La mia anima è in pace con sé stessa e con l'universo.
«Amelia, vuoi vedere nascere le stelle?»
Le sue braccia mi circondano da dietro. Il mio cuore sembra voglia ufficialmente volare via dal suo posto. Evidentemente, battere all'impazzata dev'essere un'attività molto stressante.
Anche adesso, il mio corpo reagisce annuendo. La passione che caratterizza ogni sua singola azione mi strega tanto da ritirarmi la parola, per timore d'interrompere gli affascinanti momenti che lui mi dona.
Con la sua solita diligenza, regola le impostazioni del telescopio già puntato al cielo.
«Hai portato tu questa attrezzatura?»
«Una sorpresa va architettata nei minimi dettagli». Mi fa cenno di avvicinarmi. Stringe le mie dita fra le sue, guidandomi nei movimenti di rotazione degli ingranaggi per la messa a fuoco dell'oculare.
«Dimmi quando non vedi più sfocato».
Le immagini all'interno dell'oculare mutano costantemente in movimenti circolari. Rosso, rosa, arancio, giallo, verde. Poi, la visuale cambia.
«Stop», mi limito a dire.
Le sue labbra mi sfiorano il collo, proseguendo poi fino all'orecchio. La delicatezza che padroneggia mi fa vibrare l'anima.
«Buona visione, dolce Amelia».
Ciò che appare nel circolo dell'oculare sono immense nebule. Alcune dalle tonalità arancioni si intrecciano ad altre di colori complementari. Alcune spiccano di un blu elettrico mai visto prima. Poi, sfumano in azzurro. In mezzo a esse, dei punti di luce brillano immensamente.
Mi basta ruotare impercettibilmente la micrometrica per venire catapultata in un'altra immagine.
Stavolta, i colori che predominano sono innumerevoli tonalità scarlatte. Rosso che diventa rosa. Rosa che diventa viola. Migliaia di brillanti costellano la visuale.
I colori sono così vibranti da non poter essere neanche lontanamente immaginati dalla mente umana. Sono vivi, dotati di luce propria. Sembrano così vicini da poterli sfiorare con le dita. Ogni singola fibra del mio corpo è in estasi. Prendo coscienza solo ora di cosa io stia facendo.
Sono immersa non nel cielo, bensì nell'universo.
«Sono perfette», mi limito a dire dopo aver lasciato quella dimensione. Sento essere stralunata come se avessi appena compiuto un viaggio nel tempo.
«È l'infinità dell'infinito a fare questo effetto».
Descrive alla perfezione il mio stato d'animo, facendomi comprendere di quanto lui sia abituato a viaggiare nell'universo con la mente e con l'anima.
Il cielo ha assunto adesso una colorazione blu notte. Mi rendo conto di essere permasta nello spazio per molto tempo, dato che adesso i rami degli alberi che ci circondavano sono abbelliti con delle catene di piccole e tenui luci. Vicino a un tronco, una tovaglia è bandita sull'erba con alcuni piatti.
«Hai fatto tutto questo mentre io ero lì?»
«Come ti ho già detto...»
«Una sorpresa dev'essere architettata nel dettaglio», lo interrompo, copiando la frase che pronunciò qualche ora prima.
«Hai afferrato il concetto».
Sorrido. È questa l'unica azione che riesco a compiere. Chiudo gli occhi, concentrandomi sull'ebbrezza dell'alito di vento sulla mia pelle.
«Amelia», è la sua voce a richiamarmi all'attenzione dalle mie spalle, «vuoi trascorrere l'eternità con me?»
Nolan
Tremo come una foglia. Dopo migliaia di prove mentali e davanti lo specchio, le ho appena chiesto di sposarmi.
Non accetterà mai.
Ci conosciamo da solo un anno.
Attendo una risposta, che sembra non voler arrivare. Attimi interminabili intercorrono, fin quando le sue labbra sono unite alle mie con passione. Il mio cuore batte all'impazzata contro lo sterno. Sento di stare morendo dalla gioia.
Questo è il momento più bello della mia vita.
Ci separiamo. Desidero che l'espressione che la illumina in questo istante resti immutata per sempre. Il suo sorriso merita d'essere custodito.
«Lo prendo come un sì?»
Poggia le mani sul mio torace, osservando il suo movimento accentuato.
«Perché hai la tachicardia?»
«È colpa tua», le sussurro.
Il potente rombo di un auto ci sorprende alle spalle. I suoi fari sono puntati su di noi, impedendomi di vedere con chiarezza.
Tuttavia, il fruscio dei fili d'erba è la testimonianza che una terza ombra si è aggiunta al nostro piccolo mondo. L'ultima ombra che avrei voluto incontrare nella mia vita.
«Immaginavo di trovarti qui. Non con mia figlia, però».
Se solo potessi descrivere cosa sto provando, mi sentirei una persona migliore. La verità è che il groviglio di sensazioni che mi attanaglia il petto è talmente ampio da non riuscire a respirare.
«Cosa ci fai qui? Vi conoscete?» Amelia è visibilmente confusa. I suoi occhi saltano da una figura all'altra alla ricerca di risposte.
È la voce di suo padre a intervenire, spezzando il silenzio nel quale eravamo inabissati.
«Più di quanto immagini. Non lo sapevi, figlia mia?».
«Ti avevo chiesto di dirmi la verità». La sua frase contribuisce ad ampliare il mio dolore. Le sue lacrime sono il mio incubo peggiore.
«Non posso essere io la causa dell'odio verso tuo padre. Lo capisci, Amelia?» Provo ad accorciare la distanza intercorre tra noi. Il mio cuore si spezza quando al mio passo avanti, lei retrocede.
«No, non posso capirlo. Io mi fidavo di te».
Elias ha lanciato una granata, per poi godersi la guerra dal suo rifugio. Alimenta il fuoco con il rancore malato di cui il suo cuore è ricco.
«Fai l'uomo, Nolan. Dì una volta per tutte la verità a mia figlia».
L'odio che provo verso di lui sovrasta ogni cosa. «Fai silenzio, mostro».
Mi volto verso di lei.
«È stato lui a uccidere mio padre, Amelia. È lui il socio di cui ti ho parlato. Il loro era un rapporto fraterno che perdurava da anni. Si proteggevano e supportavano a vicenda sin dall'adolescenza. Fino al giorno in cui lui decise di tradire sua moglie con mia madre. Il loro rapporto si ruppe, e così la società. Mio padre la portò avanti da solo, fin quando venne ucciso. Fu quello il giorno in cui la mia vita fu completamente distrutta».
Lo sguardo spaesato di Amelia si fissa su quello disumano di suo padre.
«È la verità? Hai tradito la mamma e ucciso a sangue freddo Andrew Campbell?»
«L'ho fatto. Andai in fabbrica, dove feci irruzione nel suo ufficio. Non potevo credere che lui ce l'avesse fatta a gestirla senza di me. Così, un impeto di rabbia mi accecò. Lo uccisi con un colpo di pistola, oggi ricorre l'anniversario». Narra nel dettaglio gli avvenimenti con una nonchalance tale da lasciarmi sbigottito. Nei suoi occhi non traspare nessun segno di rimpianto.
«Sei pentito?»
La risposta che già nella mia testa conoscevo, rimbomba adesso anche nella purezza dell'ambiente che ci circonda.
«Sei un mostro». È sua figlia a sputargli addosso queste e altre parole d'odio mentre mi trascina lontano dalla scena.
È lo scricchiolio metallico di un cane a far gelare il sangue e ogni emozione che faccia parte di me. Di noi.
«Dove credete di andare?»
Annaspo, mentre sono alla ricerca di un minimo di coraggio per voltarmi. Sono già consapevole dell'immagine che, nel giro di pochi secondi, avrò davanti agli occhi.
«Sei un pazzo. Uno squilibrato senza capo né coda».
La canna di una pistola è puntata contro di me a meno di due metri. A impugnarla, la mano di Elias Moir. La stessa mano che oggi come quindici anni fa uccise mio padre.
«Dì che non la ami, e io ti lascerò vivere. Tu fai una promessa, io rispondo con un'altra».
«Non lo farò mai».
In una frazione di secondo, uno sparo assordante mi fa perdere non un battito, ma dieci anni di vita.
D'istinto, i miei occhi vanno alla ricerca di Amelia, la cui voce tremolante mi raggiunge a pochi passi.
«Dillo, Nolan».
Non ce la faccio.
«Devi farcela. Dillo!» Mi legge nel pensiero. È in piedi al mio fianco, a distanza di centimetri.
Come posso spiegarti che non posso promettere di non amarti?
«Io non ti amo, Amelia. E mai lo farò».
Quelle poche parole che pronuncio non sono mie. Lo affermo, senza però sentirlo. Chiudo gli occhi per tutto il tempo. Il suo sguardo me lo avrebbe impedito.
Amelia si allontana da me. Il mio cuore si spezza in migliaia, milioni di parti.
«Alla fin fine sei una brava persona, Nolan». Il ghigno soddisfatto di quell'essere spregevole mi fa sentire delle emozioni mai provate prima. Abbassa l'arma fino al suo fianco.
Sospiro, constatando di aver trattenuto il respiro a lungo.
Lo odio con tutto me stesso.
«Già, sei proprio una persona pura. Ma avresti dovuto capire che uno squilibrato come me delle promesse non si fida».
Amelia
Il rumore mi assorda, tramortendomi psicologicamente. Rilasso i muscoli, in attesa di percepire il dolore. Sento la presenza di Nolan dietro alla mia. Passano secondi che sembrano un'infinità, ma non percepisco alcun dolore. Con timore apro gli occhi.
Le mie dita sono umide. Le unisco tra di loro, percependo il calore del liquido che le bagna.
No.
Il mio nome viene pronunciato con un fil di voce alle mie spalle. Mi volto giusto in tempo per abbracciarlo. Accompagno il suo peso fino a terra.
«Fai silenzio! Non iniziare con i tuoi discorsi filosofici». Rapidamente mi asciugo le lacrime, che sgorgano all'infinito. Il mio sguardo vaga invano alla ricerca di qualcosa per tamponare la ferita.
Poso la mia mano su di essa. Il sangue caldo fluisce dal torace senza mai finire. Stringo le mie dita insieme alle sue, tamponando la lesione. Lui geme dal dolore. Quattro mani non riescono a bloccare il flusso.
«Amelia, devi essere forte e superarla».
«Non parlare così, ti prego», mi concentro a fare pressione per bloccare l'emorragia, «dobbiamo ancora vedere l'aurora boreale in Europa».
La sua voce sofferente mi spezza l'anima, facendomi singhiozzare.
«Ci andrai. Puoi fare tutto, Amelia».
«Andremo», lo correggo. Non riesco a racimolare il coraggio affinché i miei occhi incontrino i suoi. Mi sento un'egoista. Repentina, la disperazione si impossessa di me. Mi sento stretta in una morsa, senza alcuna via di uscita.
«Non posso mentirti ancora».
«Abbiamo tanto da amarci, ancora», mi ostino a ribattere.
«Questo è il mio ultimo tasto, dolce Amelia».
«È un tasto nero come tanti altri. Ne abbiamo superati tanti insieme, ricordi?»
Trovo il coraggio per guardarlo negli occhi.
«Non è un tasto nero, Amelia. È un tasto bianco, perché ci sei tu con me. Non sono solo».
Libera una mano, portandola al lato del mio collo. Poggio la testa su di essa. Le mie lacrime si uniscono alla corposità del sangue.
«Mi dispiace, Nolan».
I suoi occhi continuano a brillare del blu che li ha sempre caratterizzati. Si sforza di sembrare rilassato per me. La sua espressione calma paca la paura che inonda i miei occhi.
«Amelia, non sento più niente».
Chiudo le palpebre con forza, fino a sentire dolore.
«Sento solo di amarti».
Le mie parole sono arginate nella mente. Lì restano sospese fin quando la profondità del suo sguardo cessa di esistere. Chiude le palpebre.
Con l'altra mano afferra il ciondolo d'argento che pende sul mio sterno.
«Sarò sempre con te», la sua voce sofferente si abbassa fino a rendersi quasi impercettibile, «perché una delle stelle che porti al collo l'ho scoperta io».
"When you said your last goodbye
I died a little bit inside"
("All I Want" - Kodaline)
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