25 (REVISIONE)

Nolan

"How wonderful life is
while you're in the world"
("Your Song" - Elton John)


L'ambiente elegante e con solo una decina di tavoli per due in sala era illuminato da tenui candele che emanavano una luce calda e soffusa che, accompagnate da un sottofondo di sax, rendevano il locale un ambiente di pace. Alcuni tavoli erano già occupati da coppie mentre un cameriere in completo venne ad accoglierci all'entrata per poi indicare un posto libero. Notai Amelia scrutare gli altri con attenzione, forse per timore di non essere all'altezza del luogo, visti e considerati gli outfit di alta moda dei presenti. Ma la verità era che non mi importava nulla: lei era bellissima, con due ciocche raccolte dietro la testa, una camicia a fiori e un pantalone nero che accentuava le sue forme perfettamente equilibrate. Quella sera - come tutti i giorni trascorsi da quando l'avevo conosciuta - non potevo che considerarmi l'uomo più felice sulla faccia della terra, innamorato di una donna che mi aveva mandato su un altro pianeta.

«Quindi i tuoi fiori preferiti sono le rose...» ruppi il silenzio mentre con i polpastrelli tastavo lentamente le rose poggiate sul tavolo. Un cameriere ci servì due calici di vino rosso, che iniziammo a sorseggiare. L'attenzione di Amelia era rivolta a intermittenza sui miei occhi e poi sul torace che si contraeva ritmicamente. Era silenziosa, ma osservando la sua fisionomia rilassata avrei giurato che dentro di sé stesse vivendo pace.

Lei copiò la mia azione, toccando i fiori sfiorandomi le dita. «Direi di sì, signor innominato».

«Le piacciono le sorprese, signorina?» Chiesi, le dita incontrarono le sue, i miei occhi fissi sui suoi, piccoli e vispi che mi introspezionavano l'anima.

«No. In realtà le odio», si morse un labbro, «ma tu sei la mia sorpresa, quindi la amo».

La mia leggera risata fu seguita dal suono della voce del proprietario del locale che, con gentilezza, invitò gli interessati ad accomodarsi al centro della piccola sala per ballare un'intramontabile canzone d'amore.

«Le va di ballare, signorina?» Chiesi porgendole una mano dall'altra parte del tavolo, godendomi la sua espressione emozionata dal momento. Gli occhi le brillavano di felicità quando accettò la mia mano, e insieme raggiungemmo il centro della sala dove si trovavano altre coppie, nel momento in cui iniziarono a risuonare in tutto l'ambiente le note di Elton John in "Your Song". L'uno di fronte all'altro, il suo petto contro il mio, le sue labbra a sfiorare il mio collo. In posizione per l'inizio della canzone, le luci vennero spente, lasciando come unica fonte d'illuminazione le candele accese al centro di ogni tavolo. Le sue dita sottili si muovevano lentamente, tastando il colletto della camicia bianca che indossavo, per poi arrestarsi in corrispondenza delle spalle. Era dannatamente bella. Dannatamente bellissima. Il suo tocco delicato mi rendeva immobile, tanto da non riuscire a distogliere lo sguardo da lei, appassionatamente intenta a farmi percepire il suo amore sconfinato.

"I don't have much money, but, boy, if I did
I'd buy a big house where we both could live
I know it's not much, but it's the best I can do
My gift is my song, and this one's for you
And you can tell everybody this is your song
It may be quite simple, but now that it's done
I hope you don't mind, I hope you don't mind
That I put down in words
How wonderful life is while you're in the world".

Ci lasciammo cullare dalla musica, la sua testa poggiata sul mio petto, io ad accarezzarle i capelli. I nostri passi lenti e sincronizzati, così come i nostri cuori, così come i nostri respiri. La strinsi ancora a me come a non volerla più lasciare mentre le note della canzone riflettevano le nostre vite, fin quando terminarono, lasciando posto agli applausi dei presenti. Ripresi posto, dove mi soffermai a osservare sovrappensiero i camerieri che si affrettavano a servire le portate ai vari clienti, fin quando percepii un tocco sul mio avambraccio posato sulla superficie legnosa del tavolo.

«Porti questo orologio sempre con te», bisbigliò Amelia seduta di fronte a me. Il suo sguardo interrogativo mi destò dai precedenti pensieri e ne creò altri.

«Già» asserii mentre continuavo a percepire le sue dita scorrere con lentezza sul tessuto della camicia fino ad arrivare al polso.

«Ricordi quando...» Distolse lo sguardo dal mio puntandolo sulle sue dita ancora ferme a scrutare il cinturino di cuoio dell'orologio.
«Cosa?»
«Quella volta in pianura... ti avevo dato dell'astrofisico».

Un sorriso comparve prorompente sul mio volto mentre ogni singola emozione di quell'esperienza magica fra me e la mia studentessa riaffiorava in ogni fibra del mio corpo.
«Come dimenticare quella serata...»

Un cameriere interrompe per un istante la nostra conversazione, servendoci un piatto doppio di specialità di mare.

«Ecco... avevo ragione! Sei proprio un astrofisico», riprende briosa la parola lei mentre dà un assaggio alla nostra invitante cena, «credo che neppure girando tutta Boston riuscirei a trovare una persona che abbia nel polso un orologio che segna le fasi lunari».

«Ci tengo parecchio» asserisco, constatando mi stia sciogliendo con disinvoltura a parlare di un argomento off-limits.

«L'ho notato dalla frequenza con cui lo indossi. Non credo di averti mai visto senza».

«Era di mio padre», affermo secco, «è da lui che ho ereditato la passione per l'astronomia sin da bambino».

Il suo sguardo si incupisce: «Allora perché non hai seguito questa carriera?»

«Per quanto ci ostiniamo a programmare ogni millesimo delle nostre vite, troppo spesso degli ostacoli appaiono sul nostro cammino, stravolgendo i piani», incrocio le mani davanti a me, riflettendo a trovare le parole adeguate per esprimere al meglio il mio ideale, «e la vittoria non dipende solo dalla nostre capacità di superarli. Purtroppo, parecchi ostacoli sono talmente alti da non riuscire a trovare una soluzione all'infuori di fermarsi dietro di essi».

«Sai cosa, Nolan... se fossi stata l'Amelia di qualche mese fa, avrei giudicato il tuo ragionamento come pessimistico. Ti avrei motivato a riprendere le forze per saltare gli ostacoli dietro i quali, immagino, sei fermo da tempo», sospira per un istante, «ma l'esperienza di oggi mi permette di darti ragione».

La conversazione si conclude, lasciando spazio ad alcuni attimi di riflessione personale. Addentiamo in silenzio gli ultimi gamberetti rimasti nel piatto. La osservo segretamente nei suoi momenti aggraziati, i suoi piccoli occhi scuri riflettono la poca luce soffusa, brillando.

«Guarda, Nolan» richiama la mia attenzione mentre volge lo sguardo fuori dall'ampia vetrata che dà sulla strada, «non ti sembra che quell'uomo ci stia osservando?»

Copio la sua azione per alcuni secondi, notando una figura statuaria avvolta in un lungo soprabito nero dall'altro lato della strada, rivolta a osservare le vetrate del ristorante. «Magari è solo un agente segreto che sta investigando in un triangolo amoroso» minimizzo, seguito dalla sua leggera risata.

Una volta fuori, passeggiamo uno stretto a fianco dell'altro verso casa, nel paesaggio notturno che sono abituato a vivere ogni giorno. Paesaggio che, tuttavia, ha sempre qualcosa di diverso. Nulla resta costante per sempre. Tutto muta. Ogni istante è diverso da quello precedente e da quello seguente.

La rigida frescura dell'aria si infiltra nelle ossa, dandomi la strana impressione di non riuscire a respirare a pieni polmoni.

Non di nuovo. Non adesso.

Stringo il suo braccio con il mio, sostenendomi mentre una fitta inizia a straziarmi il torace intero in profondità. Rallento i passi, che sono ormai diventati pesanti.

«Che c'è, Nolan?» Chiede confusa Amelia mentre mi accorgo di esserci ormai fermati quasi davanti la soglia mattonata di casa.

«Niente». Forzo un sorriso, constatando di poter sopportare quel tormento fino alla vicina porta.

Una volta dentro, il calore proveniente dal fuoco che arde nel camino mi dà sollievo mentre mi fiondo sul divano vicino. Al contempo, Amelia si allontana per sfilarsi il cappotto rosso scuro che indossava. Alla parete vicina, le lancette segnano ventitré giri di orologio nella giornata di oggi. Poggio gli avambracci sulle mie stesse ginocchia mentre incrocio le dita ancora biancastre per cercare di riscaldarle e attenuare i forti dolori articolari.

Sento un tocco delicato poggiarsi sulla mia spalla destra, facendomi sussultare per un solo istante: «Ti attrae il fuoco, non è così?»

«Già. Anche a te?»

Annuisce mentre la sua esile figura si fa spazio accanto a me, rannicchiandosi fino a portare le ginocchia al petto. Porto il braccio dietro le sue spalle, stringendola ancora di più a me mentre insieme osserviamo il fuoco.
Fuoco che arde nel focolaio così come il nostro amore arde nei nostri cuori.




Spazio autrice🌹
Holaaa! Rieccomi qui con questo smielatissimo capitolo di San Valentino😂 Non sono molto abituata a scrivere queste dolcezze, infatti non vi nego che mi è venuto parecchio difficile.

Oltre ciò, sto cercando di godermi gli ultimi giorni di vacanza, è per questo che ho ritardato con la pubblicazione.
Che dire cari miei, spero vi siate goduti questo capitolo, perché (non prendetelo come uno spoiler) mi sa che d'ora in poi le cose inizieranno a fare "not stonks" 📉.
A prestissimo❤️

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