24. Rose rosse e bianche

"Know that this is my fault
Gave a little too much
Knew that this was gonna happen"
("Tears of Gold" - Faouzia)


«Reyes flowers, qui Amelia. Mi dica».
Neanche il tempo di cliccare sul pulsante d'accensione, che il telefono iniziò a squillare incessantemente. Fra rose, tulipani, ortensie, margherite, bastarono giusto un paio di prenotazioni per farmi letteralmente andare fuori di testa. La mia attitudine al lavoro fu messa a dura prova, soprattutto quando il vero primo giorno di lavoro come fioraia era segnato nel calendario come quattordici febbraio.

«Ti va un caffè?» Richiamò la mia attenzione Liz che, nonostante avesse lavorato il doppio di me, sembrava fresca come se fosse appena tornata da un giro in yacht ai Caraibi.

Poggiai la testa sul bancone contornato da foglie e arnesi. «Per svegliarmi un po', dici?» Feci per alzarmi quando la sua caratteristica, paradisiaca risata sudamericana risultò essere più allegra del solito.

«Che c'è?» Le rivolsi un'espressione stranita mentre cercavo di domare un ciuffo bruno che sfugge ai ferretti.

«La tua faccia...»

Volsi gli occhi al cielo mentre con i polpastrelli perlustravo metà del mio volto, constatando fosse coperto di polvere brillantinata.
«Non stai poi così male» affermò Liz accennando un occhiolino con i suoi brillanti occhi color smeraldo, «donano luce al tuo viso un po' spento, cariño. C'è qualcosa che non va?»

«Forse farei prima a elencare le poche cose che vanno bene». Il pensiero prese all'istante in prestito la mia voce senza neppure chiedere. Mi morsi la lingua mentre fissavo la sua fisionomia allegra diventare all'istante seria. «Non importa, vado a rispondere» mi congedai prima che la buona Liz potesse dedicarmi uno dei suoi discorsi motivazionali. Odiavo me stessa per respingere chiunque volesse aiutarmi, ma al contempo non potevo permetterle di entrare nella mia incasinata vita.

«Reyes Flowers, qui Amelia. Qual è la sua prenotazione?» Sollevai la cornetta, portandola al mio orecchio. Nessuna risposta arrivò dall'altro utente. «Mi sente? Pronto?»
«La sento». Fu così che esordì una profonda, inquietante voce maschile.

«Allora, qual è il suo ordine?» Affrettai la conversazione mentre cercavo sulla scrivania il block notes usato per le prenotazioni. Il silenzio che correva tramite la linea telefonica sarebbe stato assordante, se non per il respiro pesante dell'uomo all'altro lato della cornetta.
«Le propongo una cosa. Componga un mazzo di fiori come se a riceverlo dovesse essere lei in persona».

In una giornata talmente negativa, comporre un bouquet secondo i miei gusti sarebbe stata una fra le ultime cose che avrei desiderato fare; per un estraneo, tra l'altro. «Deve almeno darmi qualche informazione sul budget, sul numero di fiori, sul recapito dove consegnarlo...»

«Faccia lei. Immagini di vederlo in mano al suo fidanzato mentre la aspetta sotto casa per portarla a cena il giorno di San Valentino. Lo recapiti stasera, alle otto, al Sunset Over The River» proseguì in modo pressoché rapido e sfiancato, «Ci metta la sua passione, i suoi gusti personali».

«D'accordo... ma credo che la sua ragazza debba essere molto gelosa, dal momento in cui fa comporre il suo mazzo secondo i gusti di una perfetta estranea». Anche quella volta, le parole fuggirono di bocca prima che la ragione facesse il suo lavoro, mentre appuntavo su un post-it l'ordine.

«Ci metta il suo cuore, Amelia». La voce pesante, a tratti soffocata, sembrò tranquillizzarsi.

«A chi ho l'onore di fare questa consegna, allora?»
«Il signor innominato» esordì, sorprendendomi.

Fu la sua inquietante e convincente serietà a farmi scoppiare in una risata nervosa, più che per la tensione che per altro. «È un letterato per caso, "Signor innominato"?»

«Lascio a lei la risposta». Fu così che la chiamata venne interrotta dall'altro utente, alcuni beep consecutivi come testimonianza. Poi, l'ennesimo squillo assordante mi risvegliò dai pensieri in cui ero crollata dopo la misteriosa chiamata. Sospirai ancora una volta, sollevando la cornetta.

. . .

Lasciai la composizione del "mio" bouquet per ultima. Dopo un'intera giornata di lavoro, il bancone era tappezzato da foglie e residui di polvere brillantinata e le mie narici si erano ormai abituate al forte odore di fiori, tanto da non farci più caso. Feci spazio sulla superficie di lavoro, spostando altrove la dozzina di mazzi da consegnare in giro per la città. La vetrina lasciava passare gran parte della luce esterna che illuminava il piano, facendomi concentrare per un istante sul pulviscolo che volteggiava controluce. Non sentivo Nolan da ben oltre trenta ore, e il pensiero mi lacerava il cuore e l'anima. Scossi il capo, armandomi nuovamente di tronchesine e iniziando a selezionare alcuni fiori per la composizione.

«Gerani, tulipani, calle, rose...» Elencai sottovoce le tipologie di fiori presenti all'interno dei vasi di fronte a me. Avrei dovuto metterci il cuore, come da desiderio dell'interlocutore, così afferrai i gambi freschi e umidi di alcune rose rosse e bianche, la mia combinazione da sempre preferita. Rimossi le spine per poi afferrare alcuni rametti di nebbiolina bianca e inserirla con delicatezza tra le delicate rose. Al diavolo l'originalità, le rose, con i loro petali, erano da sempre sinonimo di fragilità; al contempo, con le loro spine, sinonimo di resistenza. Creai un mazzo ad hoc che descrivesse il mio essere interiore del giorno: sentirmi come una rosa, fragile e resistente allo stesso tempo. Una rosa delicata, morbida al tatto e alla vista che resisteva alla fredda brina mattutina, alla neve e alle intemperie.

Afferrai la mia borsa, frugando all'interno di essa alla ricerca di qualche matita per rendere il mio aspetto almeno accettabile dopo un'intera giornata di lavoro. L'unico articolo di make-up che trovai fu un rossetto rosso, così ne approfittai applicandolo sulle labbra. Versavo davvero in pessime condizioni quel giorno, che era stato un tormento fisico e mentale. Capelli disordinati, abiti sporchi di fiori e l'unico paio di scarpe che avevo dimenticato di smacchiare. L'assenza di Nolan mi aveva resa una persona totalmente diversa dal solito, e quell'istante fu la consapevolezza che lui fosse destinato a influenzare - in qualsiasi modo - le mie giornate.

Liz era nel suo ufficio, seduta sulla soglia della porta con ancora il grembiule addosso e immersa in una videochiamata con i suoi genitori argentini.
«Vado a fare le consegne, Liz», richiamai la sua attenzione.

«Bien, cariño» mi rispose in spagnolo senza neppure accorgersene, «buona serata con il tuo ragazzo, tesoro».

Mi limitai ad annuire mentre afferravo le chiavi dell'auto, dirigendomi verso l'uscita, pronta a ultimare la mia giornata lavorativa. Fra le dodici consegne, lasciai quella dell'innominato per ultima, parcheggiando l'auto a qualche centinaio di metri dal punto d'incontro e incamminandosi con il bouquet tra le mani. Il sole aveva già superato l'orizzonte, lasciando spazio a un affascinate, mozzafiato cielo rosa. Talmente mozzafiato da rendere impossibile non fermarsi a contemplarlo. Sembrava che la natura avesse voluto fare un regalo ai romantici. Con il profumato bouquet tra le braccia, mi sostenni alla ringhiera che separava il marciapiede dal panorama sul fiume ancora ghiacciato, godendo dell'unico momento di pace della giornata e respirando profondamente l'aria leggera della serata, lasciandomi trasportare dal miscuglio di odori e sensazioni.

Sollevai il polso, constatando fossero quasi le otto. Non distava molto il Sunset Over The River, una piazzetta che vantava di essere la "finestra su Boston". Fu questione di passi che vidi in lontananza una figura di spalle seduta sulla panchina a guardare il panorama, immaginai dovesse essere lui. I miei passi erano più rumorosi del solito o, forse, fu solo mia impressione. Ad accompagnarli, il battito accelerato del mio cuore non appena l'uomo, che portava un cappotto fino alla coscia, si alzò in piedi mostrando la sua altezza. Pochi passi ci dividevano, il freddo faceva sì che i nostri respiri fossero accompagnati da nuvole di fumo. Ancora pochi passi, fin quando mi fermai a pochi centimetri dalla sua presenza.
«È lei l'innominato, per caso?» Pronunciai con un filo di voce, quasi per non disturbare né lui né l'ambiente paradisiaco circostante.

Con diligenza si voltò nella mia direzione, e fu la consapevolezza che i fiori che avevo in braccio erano sempre stati miei.
«Sono io» esordì lui. Il mio lui. In piedi davanti a me, con le mani in tasca. «Dalli a me» fece per allungare le braccia nella mia direzione alla ricerca dei fiori.

Non decifrai all'istante come mi sentivo. Che fosse un misto di caos, speranza, gioia. Ciò che sapevo era che amavo quell'uomo più della mia stessa vita, e vederlo in piedi davanti ai miei occhi dopo ore di assenza fu come mettere fuori la testa dopo essere stati sott'acqua. Lui era ossigeno, vita. Gli porsi i fiori, sfiorando le sue braccia coperte dal cappotto.
«Ho sbagliato ad andare via ieri. Ho sbagliato a fraintenderti. La vita ci mette a dura prova, a volte reagiamo d'impulso», richiamò la mia attenzione posando la mano sotto il mio mento, «ma non voglio lasciarti, signorina. Mai».

Lo contemplai per qualche attimo, constatando che udire la sua voce calma e profonda fosse la cura a tutti i miei mali. Mi porse il bouquet, come a ricreare la scena da lui menzionata in chiamata.
«Ti fidi di me?»

Annuii mentre afferravo il mazzo, poi il suo braccio fino a sentire il calore della persona che era a me destinata. Passeggiammo in silenzio per alcune vie del quartiere, illuminate dalle vetrine dei negozi in chiusura. La mano che si poggiò sulla mia schiena fu capace di scatenare una caterva di brividi lungo la colonna, nonostante i vari strati di vestiti che mi coprivano. Poi, fermò i suoi passi davanti un locale, e di riflesso copiai la sua azione.
«Ti va?»

«Sì, professore...» risposi dopo qualche secondo, consapevole che quell'appellativo desse le farfalle allo stomaco a entrambi.





Spazio autrice🍉
E rieccomi, dopo solo un paio di giorni a pubblicare questo (ri)incontro tra i nostri cari innamorati! Ovviamente ve l'aspettavate che dietro l'innominato ci fosse proprio il bel professore, vero?

Dopo alcuni tentennamenti, ho deciso di dividere questo capitolo di San Valentino in due parti🥰 Che dire, ci vediamo tra pochi giorni con la parte due!
Preparatevi🤤🍩❤️

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