5 - Stupidaggini
Erano passate due settimane, tutti i giorni molto uguali tra loro, così simili da non valere la pena di essere raccontati.
La routine di Akane era sempre la stessa: sveglia presto, vai a lavorare, manda a quel paese Jack dopo l'ennesimo commento sgarbato, torna a lavorare, trattieniti dal picchiare Stephanie con una scopa dopo averti pestato i piedi per la centesima volta e confuso i tuoi ordini di proposito, finisci di lavorare, vai al garage, saluta tutti e chiedi se ci sono novità su Ghost, nessuna novità su Ghost, se ce la fai a reggerti in piedi e non si è fatta notte vai a trovare Trudge in ospedale -che, per fortuna, si stava riprendendo molto bene-, se c'è Mikage chiedi anche a lei di Ghost, Mikage non ha scoperto un'emerita ceppa su Ghost, torna a casa, mangia cercando di non finire con la faccia nel piatto, muori sul letto ed il mattino dopo tutto da capo, tutto uguale, tutto monotono.
Quella mattina era fortunatamente di nuovo domenica: il suo giorno libero! Infatti dormì quasi fino a mezzogiorno. Si svegliò un po' frastornata, ma non le importava, quando non doveva lavorare poteva anche mettere da parte il cervello. Via l'intelletto, via il pensiero razionale, riposo, riposo! Se la sarebbe chillata di brutto -frase insegnatale da Leo. Non aveva capito mezza parola ma suonava adatta alla situazione- e niente e nessuno l'avrebbe potuta distrarre.
Durante il suo tragitto verso la cucina, uno strano rumore si fece sempre più forte e, quando la raggiunse, ci trovò Carly con millemila scatoloni vuoti sparsi in giro ed il loro contenuto riverso sul tavolo. C'erano solo cianfrusaglie e strumenti molto vecchi; adocchiò una radio a forma di Hello Kitty, album fotografici con adesivi di Diddl talmente datati da essere diventati gialli, quaderni, CD di boyband con ragazzi vestiti in modo estremamente ridicolo, un MP3 tenuto insieme dallo scotch, dei manga e tanto altro.
- Cosa stai facendo?- Le domandò, confusa.
- Dato che sei spesso in giro, ho pensato di regalarti un mio vecchio cellulare, così in caso di emergenza almeno puoi telefonare e chiedere aiuto.-
- Beh... effettivamente non ci avevo mai pensato, potrebbe essermi molto utile. Ma sei sicura di volermi dare il tuo? E se dovessi romperlo?-
- Non preoccuparti, ormai non lo uso da un bel po' ed è talmente vecchio da valere meno di uno di quei costosissimi caffè che vendete dove lavori. Puoi anche farlo saltare in aria per quanto mi riguarda. – La giornalista prese una scatola bianca dalla marea di oggetti sparsi sul tavolo e gliela diede. – Spero ti piaccia! Non è per nulla di ultima generazione, anzi, ma io lo adoravo da ragazzina!-
Akane aprì la scatola non sapendo cosa aspettarsi, forse un mattone con i tasti ed un'antenna da far invidia a quella sul tetto del condominio, ma invece si trovò tra le mani qualcosa di totalmente diverso: il telefono al suo interno era piccolissimo, rosa shocking e pieno di stickers glitterati, in condizioni quasi perfette salvo per alcuni graffi e zone scolorite. Lo schermo era quadrato e sotto c'erano tre tasti, la magia avveniva però se lo si faceva scorrere verso destra, perché appariva una comoda tastiera qwerty per poter scrivere in orizzontale e, con essa, la fotocamera esterna.
Alla ragazza brillarono gli occhi: quel piccolo oggetto ai suoi occhi era semplicemente bellissimo, molto più delle sue controparti moderne che aveva avuto l'occasione di vedere in mano ad altri.
- Non so se il rosa sia il tuo colore, se vuoi puoi dipingere la scocca. Non verrebbe un granché... ma forse ti importa poco.- Disse Carly, iniziando a sistemare gli oggetti nei rispettivi scatoloni.
- Che dici? Mi piace un sacco! Non sono amante del rosa, ma questo telefono non potrei vederlo in altre tonalità, sembra uscito da una casa delle bambole, è super carino!-
- Sono contenta che ti piaccia. Ti sarà utile, vedrai.-
Dopo aver aiutato Carly a rimettere a posto tutte le sue cianfrusaglie, le due passarono la successiva ora ad impostare e rendere utilizzabile il cellulare, inoltre ad Akane servì un breve tutorial perché, a quanto pare, di tecnologia non ci capiva proprio niente. Era bello conoscere sé stessa un po' meglio, ma avrebbe preferito qualcosa di più interessante.
Parlando di cose interessanti, quel telefono ne aveva davvero un sacco: fotocamera interna ed esterna, un browser internet e Dominobook -entrambi inutilizzabili essendo vecchissime versioni-, lettore MP3 e tantissimi giochi per passare il tempo nei momenti di noia, tutte funzioni molto avanzate per un modello vecchio di quasi dieci anni. Le piaceva davvero tanto, soprattutto quel giochino con il serpente che non deve mordersi la coda.
***
Dato che non ne aveva nessuno, dopo pranzo Akane decise di andare a raccattare tutti i numeri di telefono delle persone che aveva conosciuto, iniziando con l'andare all'ospedale nella speranza di beccare sia Trudge che Mikage nello stesso momento.
Prese la metro come al solito -la quale, essendo domenica, era ancor più piena e soffocante del normale- e, ormai imparato il tragitto a memoria, in poco tempo era già alla stanza in cui era ricoverato il poliziotto.
Bussò sullo stipite della porta come al solito ed entrò, trovandosi di fronte ad una scena inaspettata: Trudge era seduto sul letto in autonomia ed il busto gli era stato rimosso, lasciandolo solo con un collare ortopedico ed il gesso alla gamba. Mikage era in piedi, intenta a sistemare un mazzo di fiori sul comodino.
- Guarda chi si vede! – Esclamò l'uomo. – Non manchi mai, eh? Oggi sei addirittura in anticipo.-
- Ciao, Akane.- Disse il Capo Investigatore, sorridendole.
- Buongiorno ad entrambi. – Akane fece un inchino imbarazzato. – Le hanno tolto il busto...! Come sta?-
- Heh, mi hanno colpito ma non affondato, come puoi vedere. Non mi aspettavo di essere così robusto, ma alla fine sembra che me la caverò con solo qualche osso scricchiolante, un bel po' di riabilitazione e tempo qualche mese potrò tornare in sella alla mia moto.-
- Vuoi già tornare su una di quelle trappole mortali? Forse avresti dovuto battere anche la testa, si sarebbe messa a posto.- Mikage sembrava un po' irritata.
- Non era stato Lei stesso a dirmi di non fare duelli turbo perché pericolosi? Ed ora vuole farne ancora?-
- Tesoro, è il mio lavoro, l'unica cosa che mi dà un minimo di soddisfazione. Se non posso ricominciare, tanto valeva rimanere paralizzato a vita.- Trudge le sorrise.
Sarebbe stato difficile convincerlo, ma non poteva biasimarlo. Durante le sue visite giornaliere avevano parlato molto e lui le aveva raccontato che il lavoro di agente era tutta la sua vita, soprattutto il lato degli inseguimenti e i duelli in sella alle moto, smettere all'improvviso sarebbe stato solamente deleterio per la sua psiche. Trudge amava fare il poliziotto, essere la personificazione della giustizia. In passato aveva fatto tanti errori, ma ora che era finalmente sulla retta via, non l'avrebbe abbandonata tanto facilmente.
- In realtà sono venuta prima per un motivo. – Disse Akane, estraendo il suo nuovo telefono dalla tasca. – Carly mi ha dato un cellulare, perciò mi sono subito mobilitata per dare il mio numero ai conoscenti e registrarli a mia volta in rubrica. Vi dispiacerebbe scambiarli?-
***
Con i contatti di Mikage e Trudge in rubrica, i numeri salirono a tre ed Akane poté dirigersi verso il garage dove abitavano Yusei, Bruno, Crow e Jack, ma prima fece una capatina al Cafe la Geen. Il capo fu sorpreso di vederla, ma quando lei gli spiegò la situazione si scambiarono i contatti.
Di Stephanie chi se ne frega.
Come al solito, il garage era un disastro; sul pavimento erano sparsi pezzi di moto, attrezzi, viti, bulloni e bisognava fare attenzione a non passare sulle macchie d'olio e trovarsi gambe all'aria -dopo che le era capitato ben tre volte, Akane esaminava ogni piastrella come un falco- e, con la testa ficcata quasi all'interno del motore della moto di Jack, c'era Yusei, il quale era a quanto pare solo. Quando sentì la porta chiudersi ed i passi che si avvicinavano, uscì dal suo "nascondiglio".
Akane scoppiò a ridere non appena lo vide, il suo viso era talmente annerito da olio e fuliggine da avergli fatto sparire ogni tratto facciale, i suoi occhi blu ancora più brillanti nel contrasto.
- Ciao anche a te, Akane.- Le disse con un mezzo sorriso, prima di alzarsi e pulirsi il volto con uno straccio. Ora lo riconosceva.
- Scusami, è che sembrava ti fosse scoppiato qualcosa in faccia come succede nei cartoni animati.- Lei cercò di non scoppiare a ridere di nuovo.
- Beh, in realtà ci sei arrivata abbastanza vicino, oggi Vortice della Fenice ha deciso di non rinascere dalle sue ceneri, al contrario di ciò che sostiene sempre Jack—- Il moro sbuffò.
- E tu credi ancora a tutte le sue cavolate. – Akane si guardò intorno. – Sei da solo?-
- No, è solo che a Bruno è andata peggio e l'olio bollente gli ha bruciato una mano, è in bagno a medicarsi.-
Come evocata , infatti, la figura mitologica col nome di "Bruno" apparve dal piano di sopra. Sul volto aveva un'espressione non proprio felice ma, quando il suo sguardo incrociò quello di Akane, sembrò illuminarsi. Scese le scale a passo svelto e li raggiunse, solo dopo la ragazza notò la sua mano destra fasciata, doveva essere quella bruciata.
- Akane! Che ci fai qui? Credevo che di domenica preferissi dormire.-
- Bruno, non posso dormire un giorno intero, o domani sarei ancora più stanca— sono qui perché volevo farvi vedere una cosa. Piuttosto, stai bene? Yusei mi ha detto che ti sei bruciato una mano.-
- Oh, questa? Non preoccuparti, alla fine non è un gran problema, visto che sono mancino.-
- Aspetta... sei mancino?!-
- Sì, te l'ho appena de—-
- Anch'io!-
- Davvero? Che coincidenza!-
- Se foste gemelli, probabilmente avreste meno cose in comune. – Disse Yusei, guardandoli con un sorriso. – Allora? Cosa vuoi farci vedere, Akane?-
- Ah, certo! – La ragazza si frugò nelle tasche della giacca, tirando fuori il suo nuovo giocattolo preferito e mostrandolo ai due come se fosse un trofeo. – Carly mi ha regalato un suo vecchio cellulare, perciò sto andando in giro a dare il numero ad amici e conoscenti. Sono già stata all'ospedale e al Cafe la Geen, speravo di trovare Crow qui con voi, ma sembra che dovrò ripassare un'altra volta... anche per darlo ad Aki, Leo e Luna.-
- ... Wow, non siamo nemmeno a metà giornata e tu hai già fatto tutti questi giri? A piedi?-
- Per andare in ospedale ho preso la metrotreno in realtà, il resto me lo sono fatto a piedi. Mi sono resa conto che mi piace molto camminare, quindi non è stata una gran fatica per me.-
- Sono contento che tu abbia trovato qualcosa che ti piaccia fare, ti aiuterà sicuramente a distrarti dal pensiero dei ricordi mancanti. – Disse Bruno. – Perché non rimani a cena? Sicuramente ci sarà anche Crow, ti eviteresti l'andare avanti e indietro— ... se a voi va bene.- Si rivolse a Yusei.
- Per me non ci sono problemi, – Rispose il moro. – credo che anche Crow non avrà da obiettare. Jack sicuramente se ne lamenterà, ma noi siamo tre contro uno.-
- Credo che accetterò... giusto per fargli un torto.- Ridacchiò lei.
Akane procedette a fare l'ennesimo scambio di numeri, prima con Yusei e successivamente con Bruno. Con quest'ultimo iniziò poi a chiacchierare e, mentre lui esaminava il computer della moto di Jack, lei gli illustrava tutte le funzionalità del suo telefono con enorme entusiasmo, come se fosse un oggetto proveniente da un lontanissimo futuro ipertecnologico. Ed il meccanico l'ascoltava mostrandosi anche molto interessato; la ragazza non capì se lo stesse facendo per pietà, scherno, o se gli interessasse davvero il suo lunghissimo sproloquio, ma in ogni caso non smise di blaterare.
Inviò un SMS a Carly -quanto era più semplice scriverle direttamente senza tornare a casa a dirglielo di persona?- dicendole che non sarebbe tornata per cena e poi mostrò a Bruno la fotocamera interna del cellulare. L'immagine era a bassissima risoluzione e faticava a tenere dietro ai rapidi movimenti, ma i due si scattarono ugualmente una foto.
Akane teneva il telefono, mostrava un sorrisino furbo e con la mano sinistra faceva il segno della vittoria; Bruno fece la stessa cosa, con la differenza che si era dovuto chinare per raggiungerla ed il sorriso sul suo volto era molto più ampio e mostrava i denti bianchi. Era un bellissimo autoscatto, talmente bello che lei decise di impostarlo come sfondo.
***
Ed infatti Jack si era subito lamentato non appena appresa la notizia che Akane sarebbe rimasta a cena. A dire il vero lei non capiva appieno il motivo di così tanta antipatia. Certo, era preoccupato in modo estremamente stupido per Carly, ma sembrava quasi un bambino capriccioso, grande e grosso com'era si stava solo rendendo ridicolo. Anche meno.
Crow, invece, era stato ben felice sia di averla là con loro che di scambiarsi i contatti, raccomandandosi anche di essere avvertito quando il biondo spilungone esagerava nel trattarla male.
Fortunatamente la cena filò senza nessun motivo perché il cibo potesse andare di traverso. Akane mangiò con gusto e conversò amabilmente con i tre ragazzi e raccontando loro più nel dettaglio le sue giornate.
- Seriamente, quella Stephanie ha cercato di farti lo sgambetto, ma tu l'hai intercettata ed è stata lei a far cadere un cappuccino in testa al cliente?- Scoppiò a ridere Crow, mezza lattina di birra ben salda in una mano.
- Giuro, avresti dovuto vederla in faccia, era diventata rossa quanto la moto di Yusei!- Rise a sua volta Akane, bevendo poi un sorso di aranciata.
- Ben le sta, così impara!-
- Perché si comporta così? Le hai risposto in modo sgarbato?- Domandò Bruno.
- Certo che no— o almeno, non l'ho fatto finché lei non ha cominciato ad infastidirmi. Credo lo faccia per qualche tipo di invidia, comunque; il capo non manca mai di elogiarmi perché "essendo carina ho attirato nuovi clienti". È forse colpa mia se è lui a dirmi queste cose? Ma certo, infastidiamo Akane, tanto è lei quella che potrebbero licenziare! Un giorno di questi gliela faccio pagare, lo prometto.-
- C—Cerca di evitare la violenza, per favore, passeresti solo nel torto.-
- Ci proverò... prega solo che non mi provochi.-
Akane già meditava di strapparle i capelli uno ad uno fino a farle la pelata— no, lasciarle un bel buco vuoto al centro della testa come ai frati, quello sì che sarebbe stato ridicolo. Ma era da considerarsi violenza? Forse Bruno aveva ragione... avrebbe pensato a qualcos'altro, tipo tagliuzzarle tutti i vestiti. Se le avesse fatto perdere la pazienza, in ogni caso, non le sarebbe andata bene.
***
Il resto della serata passò in fretta, tra racconti assurdi, aneddoti e risate. Akane si era divertita tantissimo, la testa tenuta libera dai suoi soliti pensieri deliranti.
Quando ormai si era fatto tardi ed era ora di tornare a casa, Bruno si offrì di accompagnarla. Nonostante si sentisse in colpa a farlo andare avanti e indietro, accettò perché ormai era buio pesto ed un po' di compagnia sarebbe stata gradita. Le piaceva stare sola con lui, dopotutto, avevano una grande sintonia.
Non appena furono usciti dal garage, però, lui si fermò.
- Akane, prima di portarti a casa, posso farti vedere un posto?-
- Dove vuoi andare...?-
- È un luogo... diciamo... importante. Non è lontano da qui, faremo in fretta.-
Akane era titubante, ma decise di accettare. Le aveva parlato a voce bassa, quasi sospirando. Era un tono strano da parte sua, quando parlava con lei solitamente aveva una certa luce negli occhi che qui non aveva visto. Forse erano solo il buio e la stanchezza ad averle fatto uno scherzo.
Lo seguì per un tragitto che effettivamente fu abbastanza breve, ma un po' intricato. Avevano fatto lo slalom tra i vicoli, attraversato strade a tre corsie e camminato accanto a guard rail che davano su una scogliera, finché ad un certo punto la strada non si divise e divenne una discesa. L'aveva portata ad una "spiaggia", che spiaggia non era, era solo una piccola distesa di sabbia circondata da rocce. Il mare blu scuro rifletteva la luna piena in modo violento ed inquietante; l'orizzonte era impossibile da scorgere, acqua e cielo si mescolavano tra loro.
Bruno camminò fino alla riva e lei lo seguì. Il rumore delle onde che si infrangevano sul bagnasciuga era quasi assordante.
- Qui è dove sono stato trovato. – Disse all'improvviso dopo un lungo silenzio, senza voltarsi. – Si pensa che abbia avuto un incidente, ma sul corpo non avevo nessuna ferita, né sono riusciti a trovare un veicolo o alcun indizio che potesse confermare questa tesi. Ero immerso nell'acqua fino ai fianchi.-
Akane si guardò intorno. Effettivamente erano circondati da strade sulle quali si andava ad alta velocità, era plausibile pensare che avesse battuto la testa in occasione di un incidente.
- Un ennesimo mistero...- Mormorò, inquietata dalle acque.
- Vengo spesso qui, illudendomi ogni volta di poter ricordare qualcosa, ma niente. Il vero me è sepolto qui, ricoperto da migliaia di litri d'acqua, ed io non lo posso raggiungere.-
Bruno sospirò, indietreggiando di un passo ed ingobbendosi.
Il mare le faceva sempre più paura.
Si avvicinò a lui ed alzò una mano, ma essa le cadde lungo il fianco con tutto il braccio, non sapeva che fare. I suoi occhi metallici si posarono su di lei e poi si voltò, fronteggiandola.
Sembrava stesse per piangere da un momento all'altro.
- Bruno... – Mormorò, avanzando di un passo. – Mi dispiace...- Detto ciò, finalmente presa una decisione, lo abbracciò nello stesso modo in cui lui aveva abbracciato lei durante il suo pianto nervoso di qualche settimana prima. Voleva restituirgli il favore.
Non era adatta ad abbracciare uno grande e grosso come lui, le sue braccia faticavano ad avvolgerlo completamente ed aveva solo finito per affondare nel suo petto, sentiva chiaramente i battiti del suo cuore.
Aveva paura che lui si buttasse in mare, che le acque volessero inghiottirlo dopo il fallimento dell'ultima volta.
Bruno ci mise davvero tanto -o almeno, così era parso a lei- ad abbracciarla a sua volta. Una mano gliel'aveva appoggiata sulla testa, le dita che si intrecciavano nei suoi capelli, mentre il braccio libero le avvolgeva le spalle e la teneva ancorata a sé.
- ... Scusami, non era mia intenzione tirare fuori un discorso deprimente, non so cosa mi sia preso.-
- Non importa. Se vuoi sfogarti sono qui per te... lo sai che capisco bene la tua situazione.-
- Lo stesso vale per te. Ma... grazie per esserti preoccupata, davvero. – Lentamente sciolse la loro unione, riducendola solo ad appoggiarle le mani sulle spalle. Akane sentì freddo. – Però c'è una cosa di cui voglio parlarti. È passato un po', ma volevo che fossimo da soli.-
- Di che cosa si tratta?-
- Riguarda quello che hai combinato in ospedale... si può sapere che ti è preso?-
- Carly mi ha fatto lo stesso discorso. Mi dispiace, okay? Non ero in me, vorrei evitare un'ennesima ramanzina—-
- Akane, hai dato un pugno in testa ad un medico.-
- Lo so! Basta!-
- M—-
Il suo umore si capovolse all'improvviso. Da che aveva ancora bisogno di quell'abbraccio, ora non voleva nemmeno più vedere la faccia di Bruno. Il cervello si spense.
Con uno scatto all'indietro si liberò delle mani sulle sue spalle e prese a correre. Udì un "aspetta!" da parte di lui, ma lei fece tutto il contrario.
Risalì la discesa ed attraversò la strada, senza nemmeno guardare e tirandosi dietro più di un clacson e probabilmente qualche bestemmia, ma quel gesto tanto sconsiderato era servito a rallentare il suo inseguitore.
Il resto del percorso neanche lo capì, era come se gli occhi fossero disconnessi dalla mente, non prese alcun punto di riferimento, da sola non sarebbe mai riuscita a tornare indietro.
Riprese coscienza arrivando ad un porto e la sua corsa rallentò fino a diventare una camminata barcollante, la quale si arrestò con lei che cadde in ginocchio sull'asfalto, le mani anch'esse sul manto grigio e la testa china. Ansimò non per la fatica, ma per essersi conto di aver fatto l'ennesima, pericolosa, cazzata. Cosa diamine aveva in testa?! Perché doveva sempre avere delle reazioni tanto esagerate?
- Non volevo fuggissi. – Dopo un po', la voce di Bruno provenne alle sue spalle. Non ebbe la forza di voltarsi. – Non era mia intenzione sgridarti, Akane. – I suoi passi si fecero più vicini. – Non mi importa se hai dato un pugno ad un medico e seminato il panico in ospedale— non quanto la tua salute, almeno.
Sei svenuta all'improvviso, non respiravi, io e Carly credevamo fossi morta, è stato spaventoso...! Volevo solo dirti che sono sinceramente preoccupato per te, che nel peggiore dei casi tu possa esserti dimenticata di avere qualche malattia grave.-
Alzò la testa, trovandoselo inginocchiato davanti. Nei suoi occhi metallici un'espressione affranta, le labbra erano dischiuse, ciocche di capelli bluastre incollate al viso a causa del sudore, il petto si alzava ed abbassava velocemente.
- Io... io... scusa, lo so, sono una stupida, ma per qualche motivo se ho paura o mi infastidisco o chissà quali altre emozioni inizio a scappare, mi si spegne il cervello, non connetto più, riesco solo a pensare "scappa!", "corri!", "vattene!" e nient'altro. Mi dispiace di essere così stupida, di aver evitato le tue domande, di aver picchiato uno sconosciuto, di—-
Bruno le appoggiò una mano sulla testa. Fu delicato, ma per lei sembrò un macigno, talmente pesante da zittirla.
- Tu non sei stupida, okay? È solo ansia. Devi calmarti.-
- Scusa... davvero...-
- Non c'è bisogno che ti scusi.-
- Invece sì.-
- No.-
- Sì.-
- Ti dico di no. Ma davvero, hai mai avuto altri attacchi del genere, dopo quello? – Lei scosse il capo. – È... strano, dovresti farti visitare da un medico. Senza picchiarlo—-
- Non voglio.-
- Perché mai?-
- Mi... mi mette estremamente a disagio.-
Bruno si ritrovò a sospirare.
- Promettimi che se succede di nuovo però lo farai.-
- ... Ci proverò.-
Bugia.
***
1 |fabsrzvq skeqfvsimo; 3:00 a.y., 11/06/fd
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