Capitolo 1
Le leggende non sono altro che storie vere che mutano nei secoli. Una volta lo sentii dire da mio nonno e aveva ragione.
Chiusi gli occhi, appoggiando la testa contro il muro. Le descrizioni del mostro erano accurate.
Tutto ciò che era stato detto sul Re Nero era vero. Conoscevano bene quanto fosse pericoloso e lo scoprii io stessa quando venni fatta prigioniera.
Freddo. Calcolatore. Manipolatore. Spietato.
Un re con un'anima talmente nera che inghiottiva tutta la luce del mondo. Ogni cosa che faceva era mossa dalla sua sete di potere. Il Re Nero esisteva davvero. E non era solo una leggenda che riecheggiava nei secoli. Era un uomo in carne ed ossa. Non importava quale cadavere dovesse calpestare per raggiungere i suoi fini.
In quel posto buio e terribilmente silenzioso, non potevo far altro che ripensare al suo viso inespressivo. Quegli occhi freddi che mi fissavano con indifferenza.
Sospirai. Mi sentivo sola. Abbandonata. Stanca.
Non ti accorgi dell'inesorabile flusso del tempo finché non ti ritrovi reclusa in una cella delimitata solo da tre mura e una porta di sbarre. Non capisci quanto triste sia vivere con i tuoi pensieri finché non sei costretta a farlo. Non ti accorgi quanto la vita sia legata alla speranza finché non inizi a perderla. Ho urlato e gridato quando fui trascinata all'interno di quel luogo squallido. Ho lottato strenuamente per cercare di liberarmi ma fu tutto inutile.
Dopo la furia del primo momento, subentrò la paura. Avevo paura di quella solitudine, avevo paura di quel buio penetrante. Avevo paura di quelle persone che mi avevano buttata lì dentro. Passai molto tempo in uno stato di angoscia e terrore, finché poi questa non lasciò posto alla rabbia. Gemetti e gridai inferocita. Cominciai a tirare con tutta la forza che avevo le catene che erano attaccate alla parete, forse sperando di romperle. Ma dopo che hai sbattuto per ore, forse per giorni interi, sulle sbarre di ferro e scopri che non serve a nulla, non puoi fare altro che ritentare.
E riprovare e riprovare e riprovare e... riprovare finché non ti accorgi che hai perso solo la voce e le forze. Le lacrime cadono giù come un caldo fiume che segue il suo corso imperterrito. Quando osservi lo scorrere dell'eternità senza poterlo scandagliare in minuti, giorni, settimane, legata come una marionetta alla parete di roccia, vedi la tua vitalità venire meno. Ti manca la luce che bagnava la tua pelle, la libertà che pare un'illusione lontana.
Chiudi gli occhi e tutto ciò che puoi vedere è un sogno ormai vecchio, quasi sbiadito che svanisce immediatamente quando il tanfo di quella prigione ti colpisce il naso. Il tempo che vorresti passare dormendo diventa impossibile quando cerchi ti stenderti, bloccata dalle catene per provare ad appoggiarti sulla pietra dura e tagliente che scava ferite lungo la tua pelle. Il vestito ormai lacero faceva avvertire tutto il freddo di quel luogo senza luce. I brividi diventavano sempre più violenti, mentre le forze iniziavano a venire sempre meno a causa della fame.
Tutto ciò che stava rimanendo era il buio. Un freddo, solitario, desolante buio. Un buio che stava inghiottendo lentamente ogni cosa come una voragine senza tempo, senza fondo, senza scampo. Sospirai scoraggiata prendendo la testa fra le mani e iniziando a piangere. Tutto era sempre uguale. Non c'era volto di alcun essere vivente.
Sospirando amareggiata, ripensai all'ultimo periodo che passai con la mia famiglia, nella mia scuola, nella città di Sedna. Ricordavo ancora la sera della festa dei Fuochi. Se chiudevo gli occhi potevo vedere le amadriadi danzare insieme agli elafi, le silfidi volteggiare in aria con le loro splendide ali argentate, i troll raccontare le storie dimenticate dai più.
Il pensiero di quei momenti mi fece sorridere amaramente.
Rimpiangevo anche il breve battibecco che ebbi con mia sorella maggiore.
Mi rifugiai nella biblioteca di Vorr, nell'ala est della mia Accademia, immergendomi nelle storie che custodiva. Amavo sfogliare le pagine e osservare le storie che prendevano vita davanti ai miei occhi. Mi trovavo nel cuore di una battaglia, ai confini dello spazio, ai margini del tempo. E lì mi perdevo per ore in quei mondi paralleli, ma quel giorno fu diverso.
"Asteria, dove sei? Asteria? ASTERIA!"
Io roteai gli occhi mentre chiudevo il libro e lo appoggiavo sul tavolo, andando incontro a Kal.
"Ma che ti urli! Non sono mica sorda!"
Lei fece una smorfia mentre incrociava le braccia al petto. I suoi occhi verde smeraldo mi incenerivano, osservandomi dall'alto in basso. Il naso all'insù le donava un'aria aristocratica anche mentre storceva le labbra carnose contrariata. Mosse la mano affusolata in aria, come se le mie parole la stessero annoiando.
"A quanto pare sì! Non ti aspetterò tutta la notte, sia chiaro! Io voglio andare a quella festa! Muoviti!"
"Se avessi frequentato le lezioni di magia non avremo questi problemi!"
Lei per tutta risposta mi sbatté i suoi lunghi capelli in faccia, facendomi sbuffare innervosita.
"Non ho tempo da perdere! Forza! Muoviti!"
Io la guardai dirigersi verso la porta, battendo poi le mani quando vide che non la stavo seguendo. Chiusi gli occhi e respirai lentamente per mantenere la calma prima di raggiungerla. Feci apparire una bolla di luce e attraversammo i corridoi silenziosi dell'accademia.
Raggiungemmo la nostra camera e subito Kal iniziò a sistemarsi i capelli lilla con sfumature di orchidea.
Si sistemò il vestito azzurro con sfumature indaco, indossando il mantello rosso porpora sulle spalle.
Io salii i pochi gradini per sistemarmi sul mio letto, dove dormiva beatamente la mia gatta bianca.
"Vuoi sbrigarti? Non ho tutta la sera!"
"Non capisci niente di moda!"
"E tu non capisci niente di magia! Immagino che siamo pari!"
Scoppiai a ridere osservando la sua faccia arrabbiata, prendendo in braccio Cassiopea e raggiungendola davanti allo specchio. Prese il rossetto rosso e si diede un'ultima ritoccata, facendo poi schioccare le labbra.
"Sono pronta!"
Alzò le braccia drammaticamente e piegò la gamba destra, sorridendo smagliante. Io le diedi una spinta e mi diedi un'occhiata. Slegai i miei riccioli blu elettrico e sorrisi osservando i capelli gonfi. Sembravano la criniera di una chimera!
Sistemai le maniche a trombetta viola del vestito e imitai la posizione precedente di mia sorella, sorridendo derisoria.
"Sono pronta!"
Il mio sorriso svanì appena mia sorella mi trascinò vicino la finestra della camera. Guardammo in basso e deglutii quando notai quanto fosse alto.
"Bene, quale sarebbe il tuo piano Kal?"
"Ehm... veramente... confidavo in te, sorellina!"
La sua risata nervosa mi fece fare una smorfia mentre Cassiopea si sistemava sul davanzale.
"Prendi il rabdos, speriamo che ti riesca l'incantesimo!"
Prese lo scettro di metallo circondato da un drago con le ali spiegate. Lo mosse in aria finché la sfera di acquamarina non si illuminò. Mia sorella si schiarì la gola, voltandosi verso di me, facendomi sospirare.
"Che faccio ora?"
"Devi recitare l'incantesimo per far apparire dei cubi di energia così possiamo scendere. Se no posso unire dei rami a mo'..."
"No no! Levati! Faccio io!"
Io mi trattenni nel lanciarle qualcosa. Feci un inchino teatrale e le feci spazio.
"Allora... sì... com'era? Ah sì... ehm..."
Io alzai gli occhi al cielo davanti ai maldestri tentativi di mia sorella di far apparire dei cubi di energia per poter scendere.
"Kal?"
"Mh?"
"Prima della lezione di domani... se possibile!"
"Mi stai mettendo ansia! Stai zitta! Bene, allora era... a sì! Pur nun!"
"No, ferma!"
"Questo coso si è rotto... ah!"
Una fiamma esplose tra noi. Io presi Cassiopea e ci buttammo a terra per evitare il fuoco. I miei muscoli tremavano per lo shock e, quando provai a rialzarmi, le mie gambe cedettero. Il cuore batteva veloce nel petto mentre cercavo di calmare il mio respiro.
Notai mia sorella osservare il suo rabdos che sembrava in pezzi.
"Ma sei scema! Ci potevi ammazzare!"
"Pensavo che fosse questo l'incantesimo!"
"Evidentemente no, Kal!" Mi alzai, avvicinandomi alla finestra, ripetendo l'incantesimo che avevo imparato al corso di Magia Verde di Sartori. "Ana..."
"No! Io lì sopra non ci salgo!"
"E come hai intenzione di fare visto che hai rotto il rabdos?"
"Beh..."
"L'incantesimo dei cubi io ancora non sono capace! Per il momento conosco solo..."
"E come faccio con le scarpe col tacco?"
"Te le togli!"
"Ma mi graffierei i piedi!"
"Senti, vuoi arrivarci volando a terra?"
Lei mi guardò indignata mentre io muovevo la mano in aria cercando di ricordare l'incantesimo.
"Se studiassi magia invece che moda non staremo in questa situazione!"
"Io studio magia!"
"Eppure non sai fare un incantesimo tanto facile!"
"Beh... neanche tu!"
"Non sono io quella che sta indietro con lo studio!"
"Solo di poco!"
"Tre anni!" Lei fece una smorfia seccata e raccolse lo scettro di metallo, cercando di raccogliere i pezzi di acquamarina sul pavimento. "Ora, zitta che devo concentrarmi!"
Ripensai all'ultima lezione di Sartori e chiusi gli occhi. Mossi la mano in cerchio e subito un'energia verde l'avvolse.
"Anabarda kardon nun!"
Immediatamente una luce verde avvolse i rami degli alberi del giardino e questi iniziarono a intrecciarsi tra loro, creando dei gradini che ci permettevano di scendere.
"Vado io prima!" Mia sorella cominciò a scendere con le scarpe in mano. "Aia! Ci sono delle schegge qui!"
"Cambiati le scarpe!"
"No! Voglio queste!"
Raccolsi il mantello bordeaux dal suo letto sospirando. Cercai Cassiopea ma la trovai ad aspettarmi già sul primo ramo. Le accarezzai la testa mentre lei mi faceva le fusa contenta.
"Sarà una lunga notte!"
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