Capitolo 59
Mi svegliai con un atroce mal di testa e delle macchie di sangue sul mio cuscino provenienti dalla mia bocca, mi alzai di fretta e pulii tutto, non volevo venissero a saperlo sebbene non si sarebbero neanche presentati in camera a darmi il buongiorno o magari un "buon compleanno".
Odio le feste di compleanno, soprattutto se la protagonista sono io e mi va piú che bene che nessuno mi rivolga la parola dopo quello che hanno fatto. Li odio.
<Buon compleanno signorina Stark> disse la voce robotica di Friday di prima mattina.
<Fai gli auguri a tutti qui?> Chiesi io.
<Ma certo signorina, vuole che le elenchi tutte le date di compleanno degli Avengers?> Chiese lei.
<No grazie>
***
Dopo una doccia lunga e rinfrescante e dopo essermi leggermente truccata e sistemata i capelli, dovevo scegliere cosa mettere per andare a prendere Neil in aeroporto, oggi sarebbe tornato dato che hanno rilasciato la sentenza due giorni fa e per fortuna era positiva, per mancanza di prove hanno rilasciato il suo amico.
Optai per questo vestitino più dei collant neri e gli anfibi.
Stavo prendendo lo zaino e lo Skate ed erano all'incirca le 10 quando aprendo la porta Friday mi spaventò.
<Signorina Stark, é attesa al laboratorio del Signor Stark> disse lei.
<Non intendo andarci> dissi io.
<É importante> aggiunse.
Sbuffando salii sullo skate e lo usai per raggiungere il suo laboratorio, proprio sulla mia strada vi erano Nat, Wanda e Steve, feci finta di non vederli, é difficili ignorare qualcuno se alla fine ci vivi insieme.
<Papà?> Chiamai non appena mi presentai davanti alla porta, lì vi era Pepper che non vedevo da fin troppo tempo.
<Buon compleanno tesoro> disse lei venendomi ad abbracciare, io ricambiai volentieri, adoravo quella donna.
<Grazie Pepper> risposi.
Ci congedammo e io iniziai a frugare nella roba di mio padre dato che non c'era. Mi imbattei in due fiale di sangue, ma non ebbi il tempo di controllare di chi fossero dato che Stark era entrato con il suo solito fare rumoroso.
<Pensavo non venissi> disse lui.
<Pensavi bene>
<Sei ancora arrabbiata?> Chiese lui.
<No... Sono altrettanto furiosa> aggiunsi posando le fiale e incrociando le braccia.
<Era per il tuo bene> disse.
<Bla, bla, bla, hai altro da aggiungere?> Chiesi io.
<Beh sì, oggi é il tuo compleanno> disse.
<Ma davvero?>
<Ti avevo preparato il regalo un po' di tempo fa, ma dartelo ora sarebbe inappropriato o crudele> disse lui levando un lenzuolo bianco rivelando un manichino con addosso una tuta.
Rimasi immobile a fissarla trattenendo il sorriso per orgoglio.
In poche parole era composto da dei pantaloni attillati in pelle neri collegati al di sopra con una cintura e consisteva anch'esso in una maglietta attillata nera con ricami neri e blu e al centro, sul petto, un grande simbolo che rappresentava il ghiaccio, rappresentava lei. Al di sopra vi era una specie di mantello lungo fino ai polpacci, si presentava di un blu acceso con ricami argentati per decorazione. Infine una specie di manicotti che andavano dalle ascelle al polso con il buco per il pollice. Non sapevo che dire, era riuscito a catturarmi con quell'abito.
<L'ho fatto io, ma al logo ci ha pensato Peter> disse Stark, io non lo stavo ascoltando, ero troppo impegnata a studiare i dettagli con le mani e con gli occhi.
<Forse é inutile dartelo, lei non c'è piú.. > disse ma io lo bloccai.
<É bellissimo> sussurrai.
<Lo vuoi provare?> Chiese lui.
<Ma certo> aggiunsi prendendo il tutto e correndo dietro al muro che divideva il suo laboratorio dalla sua collezione di armature.
Quando uscii, nel vedermi Stark si commosse, volle asciugare le lacrime subito per non farsi vedere.
<Questa é da ricordare, Tony Stark che si commuove?> Dissi battendo le mani, un altro punto da cancellare dalla lista delle cose da fare.
<Lo posso usare, boh... che ne so, quando sarà necessario?> Chiesi io euforica.
<Certo, é tua> disse lui sorridendo.
Lo abbracciai pur essendo ancora arrabbiata.
<Sei ancora arrabbiata?> Chiese lui.
<Si> sussurrai sorridendo.
<A proposito, che cosa sono queste due fiale di sangue> dissi riprendendole da dove le avevo lasciate.
<In una c'è il tuo sangue e... In quell'altra quella di Frost> disse lui.
<E che ci facevi?>
<Peter le trovò le bunker, qualche minuto prima di farti uscire, pensavamo di poterli usare per risanare Killer Frost> disse lui.
<E perché non me l'hai detto prima?> Chiesi cambiando espressione.
<Ci stavo lavorando da molto, non volevo darti false speranze>
<Non funziona vero?> Chiesi io.
<Non c'è abbastanza materia oscura lì dentro e con Bruce pensiamo che anche in quantità grandi, possa ridarti i tuoi poteri ma non lei>
<Capisco, ci ha provato almeno> dissi facendo spallucce, lo salutai e andai in camera mia a rimettermi i vestiti di prima.
Nell'entrare, nella mia stanza c'era una minuscola scatolina blu, un regalo?
<Aris? Chi é entrato?> Chiesi.
<Peter Parker> rispose.
O prendevo quella scatola e la gettavo nel cesso, o la aprivo e mi commiseravo sul fatto che l'avevo perso.
La aprii rivelando una collana molto sottile e leggera, argentata con un ciondolo al centro che rappresentava lo stesso simbolo della tuta che mi aveva fatto mio padre.
Continuai a fissarla con malinconia.
<So che ci siamo mollati e che non dovrei farti regali, ma l'avevo presa un po' di tempo fa non appena la vidi, e poi... Tu me ne hai fatto uno... Che... In realtà non ho neanche aperto> disse lui alla porta a raffica, come se avesse paura che gli staccassi le braccia.
<É bellissimo, grazie> dissi allacciandomela dietro al collo e nascondendola sotto la tuta che avevo ancora addosso.
<Non pensavo ti desse quella tuta> disse.
<E invece> sussurrai entrando in bagno e cambiandomi, al mio rientro in stanza lui era ancora lì.
<Se sei qui per quello che avete fatto ieri, non ho niente da dirti> dissi, lui fece spallucce.
Afferrai la borsa e successivamente lo skate.
<Ah, e aprilo quel regalo, penso possa piacerti> dissi lasciandolo sull'uscio della porta.
***
In chissà quanto tempo arrivai all'aereoporto sfinita, avevo usato quello skate per kilometri.
Erano all'incirca le 2 del pomeriggio e da quel che vedevo dalla bacheca degli atterraggi, l'aereo di Neil era appena atterrato, quindi in poco meno di mezz'ora l'avrei visto, allorchè mi accovacciai su un sedile e giocai ad un videogioco sul cellulare ma il tempo sembrava non passare mai.
Notai una folla di gente uscire e venire in direzione dei loro cari, allorché mi caricai lo zaino in spalla e con lo skate iniziai a cercarlo.
<Sorella> sentii urlare da dietro di me, i miei occhi si illuminarono e con una corsa gli saltai addosso, lui sollevandomi fece una serie di giravolte prima di poggiarmi a terra euforico.
<Mi sei mancato così> dissi battendogli il cinque.
<Ma ti rendi conto, ora hai 17 anni, sei vecchia> disse lui saltellando per tutto il percorso verso l'uscita dall'aereoporto.
<E sono pure povero, non ti ho preso un regalo... Ma qui sono ricco, ho i miei risparmi sotto al materasso> disse.
<Tranquillo, offro io> dissi riferendomi alle promesse che ci eravamo fatte su come passare questa giornata.
<Te lo puoi scordare, offro io>
Continuammo a bisticciare su chi dovesse pagare finché non dissi.
<Io offro a te e tu offri a me> dissi alzando le mani in aria.
<Affare fatto> disse dandomi una passa dietro la nuca, lui, essendo il triplo piú alto me, dovetti fare un grosso salto per ricambiare.
<Si ma non posso andare in giro con questa> disse indicando la valigia viola.
<Allora fai una delle tue cose da Purpleboo> dissi ridendo del nome.
<Non ridere, non ho scelto io il mio nome> disse illunando una mano per poi avvolgere l'oggetto di fascia blu e rimpicciolirlo, il necessario da poterlo mettere nel mio zaino.
***
Erano circa le 9 di sera, durante la giornata ci divertiamo molto: andammo al McDonald's dove soffiai su un accendino, comprammo, o meglio, comprai un bracciale a testa, uno blu, del mio colore preferito e uno viola, che era il suo colore preferito, poi andammo a fare delle foto in quelle cabine e prendemmo a testa una foto di noi che io misi dietro alla cover del cellulare e infine andammo a pattinare, inutile dirvi quanto noi due fossimo negati, abbiamo entrambi il sedere bagnato, per non parlare degli sguardi dei passanti che ci vedevamo cadere come dei coglioni.
Stavamo camminando per una strada deserta e buia, non avevo paura, nessuno di noi aveva paura, era rilassante camminare uno di fianco all'altro e parlare di cose per lo piú divertenti.
<Ti volevo chiedere un consiglio> disse lui ad un certo punto.
<In che ambito?>
<Amore> disse lui.
<Ehehehe Neil si é innamorato, Neil si é innamorato, Neil si é innamorato> inizia a canticchiare e a saltellare per tutto il percorso sull'asfalto freddo.
<Daii sono serio> iniziò lui a rincorrermi.
<Chi é la sfortunata?> Chiese prendendo fiato.
<Si chiama Michelle e...> Iniziò luì, i miei occhi uscirono quasi dalle loro orbite.
<Michelle? Parli di MJ?> Chiesi scioccata.
<Potrei non piacerle?> Chiese lui insicuro.
<Chi rifiuterebbe tale splendore> dissi indicandolo da testa a piedi.
<Si ma lei non mi ha mai notato> disse lui.
<Mmm non ne sarei così certa> dissi io ricordandomi di una nostra conversazione quando ero ancora in Russia.
<Di che parli?>
<Mi chiese di te una volta, quando eri in Virginia, e quando chiesi spiegazioni iniziò a balbettare e si affrettò a chiudere la chiamata> dissi quasi urlando.
Vidi gli occhi di Neil accendersi dalla felicità, saltellava come un bambino.
<E tu in amore come sei messa?> Chiese lui smettendo di saltellare.
<Di merda direi> dissi facendo una risata.
<Mi ha regalato questa collana> dissi tirandola fuori dalla maglietta e mostrandogliela, lui prese in mano il ciondolo come per ammirarlo.
<E come mai ce l'hai addosso?> Chiese lui facendo un sorrisetto malizioso.
<Perché é bella> risposi secca, ma lui continuava a fissarmi con gli occhi socchiusi, come per dire che non ci credeva neanche un po' alle balle che stavo tirando.
<Ok forse non solo per quel motivo> dissi dandogli una spintarella.
<Beccata> disse lui.
Camminammo per un altro po' quando iniziai a sentire freddo, tanto freddo.
<Fa freddo> dissi abbracciandomi da sola e battendo i denti.
<Chione si é portata dietro tutto il calore?> Chiese lui, la chiamava ancora così, chissà perché, forse perché é abituato così? In fin dei conti non era male quel nome, poteva darmi fastidio che non la chiamassero con il suo vero nome ma se lo faceva lui non mi creava nessun problema.
<Già> dissi battendo sempre di piú i denti.
<Ho una brutta sensazione Neil> dissi non riferendomi al freddo ma piuttosto al vento che si stava innalzando di cui però Neil non sentiva niente.
<Guarda, farei pure il gentiluomo ma poi sento freddo io> disse lui ridendo
<Ah ah> dissi dandogli una pacca, ma qual sensazione aumentava sempre di piú fino a darmi la certezza che eravamo in pericolo.
<Neil... Dobbiamo scappare> dissi afferrando di getto il suo braccio e correndo verso le luci dei lampioni in lontananza.
<Ma che stai facendo> urlò lui facendosi trascinare.
<Fidati> risposi prima che potessimo fermarci a causa di una macchina posta proprio di lato a noi, i suoi fari ci accecavano inducendoci a coprirci gli occhi con le mani.
<Volete un passaggio? Non é sicuro per dei ragazzini passeggiare in strade come queste> disse l'uomo al volante, il suo volo era oscurato così come il volto del secondo individuo seduto sul sedile del passeggero.
<No grazie signore, stavamo giusto andando> dissi levandomi la mano da davanti agli occhi così come Neil.
I due ci guardarono stupefatti.
<Sono loro> disse l'uomo sul sedile passeggiero passando qualcosa al uomo al volante, sentii il rumore del caricarsi di un arma, indietreggiai di scatto, ma l'uomo con uno slancio del braccio, il necessario da farmi notare un tatuaggio di uno scorpione molto famigliare, sparò quattro colpi, ma non aveva intenzione di colpire me.
Notai con la cosa dell'occhio la macchina partire a tutta velocità e Neil cadere a terra inerme.
<NEIL> urlai a squarciagola buttandomi sul suo corpo ancora cosciente.
<Ti prego resisti> inizia a urlare piangere allo stesso tempo premendo sulla sua ferita.
<Sento le sirene, stanno arrivando> urlai per svegliarlo.
Voleva dirmi qualcosa, ne ero più che sicura, me lo sentivo dentro, ma non ci riuscì, sentii l'esalare del suo ultimo sonore respiro prima di lasciar cadere la sua testa di lato.
Urlai, e non vi dico quanto, continuavo a fare pressione sulle ferite come se potesse risvegliarlo, ma oramai era andato, mi aveva appena abbandonato per sempre e giuro su dio che il male al cuore e alla coscienza era atroce.
Mi passai la mano sulla fronte piangendo come una pazza e per di piú sporcando tutto il mio volto e io mio vestito di sangue.
Avevo le ginocchia sporche di sangue a causa della pozza che pian piano si espandeva, ero morto ma io non poteva ancora crederci, non potevo credere che mio fratello, se ne fosse andato... Io non volevo crederci.
All'arrivare della polizia e dell'ambulanza, due agenti vennero a prendermi, volevano trascinarmi via dal suo cadavere ma io continuavo a lottare per stargli accanto ancora per un po'.
"Peter pov's"
Ero in sala con Steve e Tony che beveva di gusto, nella stanza vi era pure Bucky, Thor che stava per partire, Wanda e Nat.
Parlavano tutti del piú e del meno mentre io messaggiavo al telefono con Zia May.
<Midgardiani, io torno ad Asgard> disse lui afferrando il suo martello e con il suo abito da vichingo si smaterializzò proprio davanti ai nostri occhi.
Di colpo Wanda si accasciò a terra, gemeva dal dolore mentre si teneva la testa in speranza di placare quel dolore che potevo solo immaginare.
<Wanda> esclamò Visione seguito da Clint che le andarono incontro.
Ma Wanda non smetteva di urlare dal dolore. Visione, con la mano, le avvolse la testa che si illuminò di un giallo acceso, come se stesse leggendo quello che la faceva soffrire.
<Wanda é connessa psichicamente a Hela> disse lui.
<Hela?> Chiesero Clint e Steve insieme ignari del vero motivo.
<Sta soffrendo molto, si sta abbandonando a quello che cercavate di evitare, é a poco così da mollare e Wanda sta sentendo tutto> spiegò Visione.
Senza neanche aspettare, Stark attivò Friday.
<Friday, muoviti a dirmi dove si trovano Hela e Neil> disse lui, mi ero completamente dimenticato che passava la giornata con il suo migliore amico.
<Sono ai confini di Brooklyn, ma il segnare é compromesso> disse lei.
<Da cosa?> Chiese Stark nervoso.
<Varie onde radio, segno della presenza dei soccorsi> disse lei.
<Collegaci subito alla radio della polizia> disse Steve ingegnandosi.
<Subito> disse lei elaborando gli ordini.
Intanto Wanda si era calmata, stava bene ora.
<C'è una vittima, maschio, sui 19 anni, nero e senza precedenti ai confini di Brooklyn sulla 67esima, quattro colpi da sparo, non identificata l'arma, con lui una ragazza, statura bassa, sui 16 anni, occhi chiari, ricci e senza precedenti>
Sentimmo la voce di un agente spiegare quello che stava succedendo, Neil era in fin di vita.
Corremmo tutti verso la posizione indicata dall'agente, Stark aveva deciso di volare con la sua armatura, almeno faceva piú veloce, mentre io mi dondolavo fin che potevo, infatti in assenza di palazzi ai confini di Brooklyn, credo di aver corso per kilometri.
All'arrivare, mi rimisi i miei vestiti e cerchai di oltrepassare la striscia gialla, c'era un grosso poliziotto che continuava a spingermi sulla direzione opposta, tutto ciò finché non si distrasse ed io corsi il piú veloce possibile verso quello che doveva essere un cadavere coperto da un telo bianco con delle grandi macchie rosse.
Alzai il telo e intravidi i suoi occhi ancora aperti, mi si mozzò il respiro, e nel passare la mia mano sul suo viso per chiedergli gli occhi mi voltai verso Stark che parlava freneticamente con un agente, piú in là, mentre ero alla ricerca di Hela la intravidi seduta dietro a uno dei furgoni della polizia, con avvolto sulle spalle una coperta.
Mi avvicinai velocemente per poi notare tutti i suoi abiti, mani e volto sporchi del sangue del suo migliore amico che lei definiva fratello.
Non piangeva, penso avesse finito le lacrime, aveva solo uno sguardo vuoto rivolto verso le sue mani rosse unite, avevo paura di averla persa per sempre, di questo parlava Wanda, di un duro colpo che l'avrebbe portata alla follia, e ciò bastava alla grande.
Mi avvicinai lentamente, incapace di generare una qualsiasi parola.
Lei alzò la testa non appena la mia ombra le coprì il volto dalle luci blu e rosse.
Mi inginocchiai ai suoi piedi per poi metterle la mano sulle sue stringendole forte.
Lei mi abbracciò, molto forte, sentivo le sue lacrime bagnarmi la spalla e i suoi singhiozzi farsi sempre piú rumorosi tra le mie orecchie.
<Va tutto bene> le sussurrai all'orecchio, niente andava bene, proprio niente, ma volevo si sentisse al sicuro tra le mie braccia.
<Ti prego riportami a casa> mi sussurò mentre le asciugavo le lacrime con i miei pollici per poi prendere le sue mani e stringerle forte a me.
Angolo autrice
Duro colpo, proprio duro, mi dispiace, se volete odiarmi fatelo pure, anzi me lo merito ahahaha.
Vi assicuro che ho pianto anche io ma vi prometto che cercherò di rimediare ahaha.
Un bacino❤️
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top