Another Christmas Miracle?

Chi crede più oramai ai miracoli di Natale?
Non avviene mai come accade nei film nei quali quando meno te lo aspetti una luce dorata ti illumina dall'alto, e sotto di essa compare il cavallino che avevi sempre sperato o la tua squadra di cani da slitta.
No, nessuna lucina dorata, quei regali sono stati portati da qualcuno che in cambio non ha ricevuto niente, niente accade per caso.
Nessuna lucina dorata, niente lacrime magiche che fanno nascere fiori meravigliosi, niente scampanellii.

I miracoli di Natale non esistono, perchè anche se cerchi sempre di ignoraelo, anche mentre tu sei a festeggiare al tavolo coi tuoi familiari, qualcun altro sta male.

Io, per esempio, sto male.
Col grosso borsone nero di Yves Saint Laurent posato davanti ai piedi, stracolmo e chiuso per miracolo.
Sono seduto su una panchina di ferro battuto, la panchina che si trova proprio davanti al mio giardino, la panchina che ho visto ogni singolo giorno per anni e anni ogni volta che uscivo di casa, ma su cui non mi ero mai fermato.
Ora vi sono seduto, con le mani tra i capelli scuri, ricci, lunghi, un anello su ogni dito della mano destra e anche sinistra, su ogni dito tranne che sull'anulare sinistro si intende; il viso chinato a guardare i miei piedi, i miei morbidi stivali di camoscio.

Alle mie spalle quella che avevo chiamato  "casa" per tutto questo tempo ha porte e finestre spalancate, la polizia vi gira intorno con al guinzaglio cani robusti e  in mano rotoli di nastro color giallo, di quello che si usa nei film per delimitare le aree a rischio.
Lo passano più volte davanti al portone d'ingresso e io sospiro, tra l'abbaiare dei cani, che non portano mai buone notizie.

Ieri ero sdraiato sul divano del mio salotto intento a guardare un film alla televisione, e ora, nemmeno dodici ore dopo, sono seduto al gelo, le uniche cose che ancora ho sono quelle che porto indosso.

"Confiscata", mi hanno confiscato la casa, mi hanno detto che avrei avuto poche ore per raccogliere tutti i miei effetti personali, e lì ho iniziato a raccogliere tutto quello cui più tenevo, pellicce, borse, scarpe, occhiali da sole, ma anche fotografie e alimenti.
Poi però mi hanno fermato, e a poco a poco hanno preso tutto quello che avrei voluto portare con me, lasciandomi solo con un paio di cappotti, qualche fotografia e qualche completo, che ora sono ripiegati in quel borsone scuro.
Il mio cellulare è sotto sorveglianza, i miei abiti sono confiscati, i miei soldi sono sotto sorveglianza, la mia casa lo è, la mia vita stessa lo è.
Ma io no, io sono seduto ad aspettare chissà che cosa, con la neve che cade a piccoli candidi fiocchi sulla mia testa, sulle mie spalle e sul mio viso, mischiandosi alle lacrime calde.

Tradito da quello che sentivo essere un amico in una casa che sentivo essere mia, per faccende in cui pensavo di sapermi muovere con destrezza.
Era pur sempre denaro, e io sono pur sempre Harry Styles, continuo ad essere uno dei più giovani imprenditori di Londra.
Ed invece no, lo ero, e quello non era un amico, quella casa non era mia, non era parte di me, e non sono riuscito a fare miee quelle faccende.

Sono passati quasi tre anni da quando accettai di ospitare Matt a casa mia, era un amico di lunga data che non vedevo da anni, appena tornato dopo un lungo viaggio di lavoro. Ero un ventenne già piuttosto bravo negli affari, avevo appena comprato una casa molto grande che non vedevo l'ora di riempire con la compagnia di qualcuno. Accettai allora che Matt abitasse con me.

Da allora non cambiò niente, ci svegliavamo allo stesso orario, ci dirigevamo entrambi al proprio lavoro e, senza farci alcun tipo di domande, ci rivedevamo la sera per uscire a festeggiare insieme.
Non c'era niente di strano, finchè ieri mi ha puntato una pistola alla tempia, chiedendomi altri soldi; allora non ho potuto far altro che denunciarlo alle autorità, in segreto, che questa mattina sono venute a prenderlo e mi hanno confiscato casa.

Perchè io ci son dentro, dentro fino al collo, perchè Matt non è mio amico e non lo è mai stato.

Non so perchè io non abbia mai fatto caso ai suoi orari di lavoro così prolungati, alle sue amicizie strambe che non mi aveva mai presentato, al fatto che non abbia mai fatto una dichiarazione dei redditi con me, che non abbia mai avuto dei documenti stabili e validi o quant'altro.

Solo, Matt non avrebbe dovuto essere qui, e io lo ho ospitato per anni.
Tutto ciò che è mio è stato anche suo, tutto ciò che è mio ora è confiscato, tutto cio che è mio ora è illegale.

-Tutto bene?-

Un ragazzo si ferma davanti a me, probabilmente impietosito dalla scena. Senza alzare lo sguardo vedo che porta delle scarpe Adidas rosse.

-Sì, grazie.-

Rispondo guardandolo in viso, lui sorride, e nei suoi occhi vedo me stesso.

-No, non va tutto bene, Harry.-

Calca l'ultima parola, e io agrotto lo sguardo. Come può sapere il mio nome?

-Chi sei scusa?-

Lui non fa altro che sorridere e si siede accanto a me.
Ha gli occhi azzurri, ma non come il cielo, o blu come il mare, no, sono azzurri come solo i suoi occhi ho visto essere in tutta la mia vita.
Sono molto meglio.
Quando sorride gli spuntano numerose minuscole rughe sul viso e attorno agli occhi che rendono il tutto più adorabile e lo fanno assomigliare ad un piccolo gatto.
La barba incolta sul viso e i capelli scompigliati a dargli un'aria molto giovanile, si stringe nel suo cappotto troppo grande per lui e sembra quasi scomparirvici.

-Nevica eh?-

Nota guardando verso l'alto, con le mani nelle tasche.

-Chi sei?-

Ripeto, incuriosito da questa strana presenza che sembra solo star cercando di stringere amicizia con me.

-Esattamente come un anno fa vero? Ricordi?-

Alzo le spalle, esattamente un anno fa, il giorno della vigilia di Natale, nevicava fitto e i fiocchi avevano già ricoperto le strade, imbiancando ogni giardino.

-Un anno fa faceva molto più freddo.-

Commento, tirando un calcio al mio borsone, per spostarlo poco più avanti, in modo tale da poter allungare le mie lunghe gambe da giraffa per stare più comodo.

-Piano, finirai per rovinarlo.-

Dice lui, sistemandolo sotto le sue gambe, io annuisco.

-Non hai ancora capito chi sono vero?-

Mi chiede dopo una piccola pausa di silenzio, io ammetto di non avere idea di chi sia quel ragazzo di poco più grande di me, nonostante abbia un viso familiare. Lo guardo spaesato.

-Louis Tomlinson.-

Risponde semplicemente, ricordo di aver visto il suo volto su qualche giornale per teenagers, deve essere un cantante piuttosto conosciuto.

-Il cantante?-

Lui scuote la testa, ma poi annuisce.

-No... beh, sì, anche, ma non era questo ciò che intendevo.-

Sussurra, giocherellando con le sue mani.

-Louis Tomlinson... Louis Tomlinson...-

Ripeto, guardandolo mentre gioca coi bottoni del suo giubbotto. Uno dei sei, il terzo dall'alto, precisamente, ha un segno proprio nel centro, una sfrisatura forse.

-Carina quella giacca, ne avevo una simile anche io.-

Osservo, lui mi guarda alzando le sopracciglia, come se mi stessi perdendo qualcosa.

-Anche la mia aveva quel bottone rovinato, probabilmente è un errore di fabbricazione, dove la hai comprata? Mi interesserebbe prenderne un'altra.-

Louis sorride, dopo un momento di silenzio sgrano gli occhi.

-Ma quella giacca è la mia! Ora ricordo chi sei.-

Lui sospira.

-Pensavo che non ci saresti mai arrivato e che avrei dovuto andare via.-

-Louis, cosa... cosa ci fai ancora con la mia giacca?-

Alza le spalle.

-Ci tenevo particolarmente ad indossarla oggi prima di andare a camminare qui nei dintorni, ma piuttosto, cos'è successo?-

-No, cos'è successo a te?-

Domando, stupito.

-Come sei diventato un cantante di così gran successo?-

Accade sempre tutto così in fretta, come se il mondo non si fermasse mai  a pensare nemmeno per un minuto.
L'ultima -e unica- volta che avevo visto Louis cantava nella piccola piazza in centro al paese, armato solo di una chitarra e della sua bellissima voce.

-Miracolo di Natale?-

Domanda alzando le spalle, io scuoto la testa.

-No, nessun miracolo, sei passato insieme ad un tuo amico, possibile che tu non sapessi che quell'uomo è un produttore discografico?-

Continua, io sorrido imbarazzato.

-Ecco, in realtà lo avevo appena conosciuto ad una festa d'alta società, stavamo solo chiaccherando, a malapena conoscevo il suo nome. In realtà dopo quella volta non ci siamo nemmeno più parlati.-

Confesso.

-Mi hai fatto il regalo di Natale più grande di sempre.-

-Dici che è grazie a me se ti ha notato? No, non è vero, è che hai una voce grandiosa.-

Lui scuote la testa, facendo schioccare la lingua.

-Stavo gelando sotto la neve, tremavo come una foglia e portavo un impermeabile di chissà quanti anni prima, ero lì per cercare di portare a casa qualche soldo il giorno della vigilia, chissà, magari qualcuno sarebbe stato più buono. Tu ti fermasti ad ascoltarmi, sorrisi e mi cedetti la tua giacca.-

Dice, indicando il cappotto che ancora sta indossando.

-Non ti facesti alcun problema per il freddo, e te ne fui immensamente grato, e te ne sono anche adesso sai? Se tu non ti fosti fermato il tuo amico non avrebbe notato proprio me, in mezzo alla piazza gremita di gente.-

Spiega, io sorrido, imbarazzando.

-Ehm, prego?-

Sussurro come se fosse più una domanda che altro, lui sorride, cambiando argomento.

-E ora? Che ti è successo? Casa tua?-

Domanda, curioso.

-Nulla, nulla.-

Seguono un paio di minuti di silenzio, in cui io sospiro guardando a terra e lui afferra il cellulare, scrivendo qualcosa, poi si alza.
Sapevo se ne sarebbe andato, per fortuna.

-Bene, puoi anche andare, è stato bello rivederti.-

-Volevo solo ringraziarti per quello che hai fatto, quel piccolo gesto non pensato ha portato a qualcosa di grandioso.-

Spiega, con lo sguardo rivolto a cosa sta accadendo dietro le mie spalle. Sento i cani abbaiare più forte che prima, vorrei andarmene, ma non saprei dove, devo attendere il mio cellulare, le mie cose, devo attendere di riavere indietro la mia vita.

Perchè alla fine i tuoi oggetti sono un po' una parte di te, senza bisogno di essere degli horcrux.

-Non c'è di che, Buon Natale.-

Lo saluto, aprendo il borsone sotto i miei piedi per prendere una bottiglietta d'acqua.

-No, non hai capito.-

Punta i suoi occhi nei miei, poi mi tende la mano.

-Questa volta è diverso, sono io a voler aiutare te.-

Alzo le sopracciglia, stupito dal suo gesto.

-No davvero, grazie... io... io sto solo aspettando.-

Rispondo sfoggiando uno dei sorrisi più finti che possegga.

-Invece tu vieni a passare il Natale con me, bisogna passarlo con qualcuno di importante, con la tua famiglia.-

Non sento mia mamma da secoli, mia sorella non ha più contatti con la mia famiglia, l'unica persona che ancora sentivo era mia nonna, deceduta pochi mesi fa.

Quel ragazzo predica fandomie.

-Tu non sei la mia famiglia.-

Spiego ridendo, lui scuote la testa, improvvisamente serio, talmente serio da mettermi a disagio.

-Beh, ma potrei diventarlo.-

Dice, alzando un sopracciglio. Il suo sguardo dolce urla casa, a contrasto col suo essere un perfetto estraneo.

-Va bene.-

Afferro la sua mano, prendo il borsone con l'altra e mi alzo, seguendolo nella via innevata.

-Non guardare indietro.-

Mormora, riferendosi a tutto ciò che era mio.

-Ora ricomincerai tutto da capo.-

Sussurra, io annuisco, come stregato dalla sua voce, senza lasciare la sua mano nella strada innevata.

Prima io avevo tutto e lui non aveva niente, ora lui ha tutto e io non ho niente.
Però ho lui, quindi qualcosa lo ho. Non ho tutto, ho qualcosa di più del tutto.

-Lou, è un miracolo di Natale?-

Annuisce.

-Potrebbe essere, ma io preferirei pensare che tu abbia seminato sorrisi e abbia finalmente raccolto qualcosa di molto più grande.-

Alla fine forse non si tratta più di Miracoli Natalizi, si tratta solo di fare del bene e aspettare che ti ritorni, anche una piccola cosa si può trasformare in una più grande.

E un piccolo Louis si è trasformato in un grande amore.

Volevo solo augurare buon Natale a quei pochi che stanno leggendo, e a quelle persone che mi seguono e hanno letto alcune delle mie opere. Volevo farvi sapere che siete tutti importantissimi per me, desidero solo il più grande bene per voi, perchè siete le uniche persone che sono state capaci di darmi quella spinta che mi serviva, quando lrmai non credevo più in me e nelle mie capacità.
Quindi, ricambiando il favore, sorridete sempre e fate sempre quello in cui più credete, perchè se anche il mondo intero vi butterà giù ci sarà sempre una piccola gocciolina nel mare a sostenervi, qualsiasi cosa vogliate fare: me.

Continuate a seminare sorrisi e vedrete che prima o poi raccoglierete qualcosa.

-La vostra Vik💘

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