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Versione Revisionata.

Elizabeth, con le guance arrossate, continuava ad abbassarsi la felpa di Cameron, la quale le arrivava a metà cosca mentre lanciava insulti verso il ragazzo che non la finiva di ridere. Cameron stava stendendo una coperta sul pavimento della sua camera, poiché aveva optato per far dormire Elizabeth sul suo letto, anche se lei non apprezzava quasi per niente il suo gesto.

«Non t'azzardare ad infilarti nel letto, eh», gracchiò Elizabeth dopo che si fu infilata sotto alle coperte, lasciando penzolare un piede fuori dal letto, cosa che faceva sin da bambina.

Cameron si sdraiò sulle coperte e appoggiò la testa su un vecchio cuscino così sottile che gli dava la sensazione di avere il capo posato sul pavimento gelido poi portò le braccia sul suo stomaco tonico, «Che fiore è quello che hai tatuato sulla caviglia?», chiese, sviando il discorso dall'affermazione fatta dalla ragazza.

Elizabeth chiuse gli occhi, sospirando e con forza ricacciò indietro le lacrime, quando il viso sorridente di suo padre le si insinuò nella mente. Suo padre era morto quando Elizabeth aveva solamente sette anni e, ogni giorno che passava, gli mancava sempre di più. Il fiore che aveva tatuato sulla caviglia gli ricordava suo padre, tutto l'amore che lui ci metteva nel coltivarli e le giornate passate con lui.

«E' un'ortensia. E' per mio padre... che manca da nove anni. Mi manca da morire...», biascicò con voce tremante mentre si strofinava gli occhi umidi con la manica della felpa e nascondeva il viso con le braccia.

«Mi dispiace non avrei dovuto chiedere...», mormorò dispiaciuto e in risposta Cameron, mettendosi su un fianco e allungando una gamba per sfiorare il piede di Elizabeth, la quale retrasse immediatamente l'arto e lo infilò sotto alle coperte tiepide, quasi come se avesse toccato del fuoco.

«Tranquillo, è tutto okay...», farfugliò Elizabeth poi sbadigliò rumorosamente, stiracchiandosi nel letto. Cameron alzò appena l'angolo sinistro delle labbra, socchiudendo gli occhi stanchi e sbadigliando a sua volta.

«Sai, mio padre amava davvero tanto le ortensie. Fu il primo fiore che regalò a mia madre. E ad ogni compleanno ne regalava uno anche a me e a mia sorella. Era un uomo sempre sorridente e spensierato, amante della vita e della natura. Persino nel suo ultimo periodo di vita cercava inevitabilmente di sorridere e di farlo fare anche a noi, ma io non ci riuscivo. A stento riuscivo a trattenere le lacrime quando lo vedevo in quello stato e quando pensavo che quel dannato tumore me lo stava portando via», una lacrima solcò la guancia pallida della ragazza, «L'ultima cosa che gli dissi fu che non stavo bene, cosa non vera, almeno non al cento percento e che volevo solamente andarmene in camera mia a riposare. Il giorno dopo morì ed io non gli avevo nemmeno detto che gli volevo bene e un decente addio.»

Era la prima volta che parlava di suo padre con qualcuno, nemmeno con le sue amiche era mai riuscita ad aprirsi totalmente quindi perché con Cameron c'era riuscita così facilmente? Perché sentiva quasi di potersi fidare di lui?

«Mi odio per questo», mormorò ancora lei, stringendo i denti e strizzando gli occhi per evitare di piangere. Non voleva farsi vedere debole e indifesa davanti a Cameron, avrebbe potuto benissimo usarlo contro di lei.

«Non devi... Non è colpa tua.»

Elizabeth si sforzò di sorridere poi alzò brevemente le spalle, «Buonanotte Cam», sbadigliò poi chiuse gli occhi, provando a mettersi a dormire.

A quelle parole, Cameron si mise seduto poi allungò il viso verso quello di Elizabeth e le depositò un delicato bacio sulla fronte poi le sussurrò: «Buonanotte Lizzy», con voce calda e rilassante.

Elizabeth perse un battito a quel contatto che le mandò in escandescenza la pelle poi si girò dall'altra parte, dando le spalle al ragazzo, «S-se lo fai un'altra volta ti castro.»

La voce della ragazza era tremante e il suo cuore batteva fortissimo nel petto. Aveva paura che Cameron potesse sentire i battiti impazziti e poi ridere di lei per quella sua reazione esagerata.

Elizabeth strinse tra le mani la stoffa della felpa mentre cercava inutilmente di calmare i battiti del suo cuore. Sentiva caldo in tutta la faccia, persino le orecchie le bruciavano per quel semplicissimo gesto.

Non devo innamorami nuovamente di Cameron. Non devo. Devo odiarlo, sì. Con quei pensieri in testa, cercò di addormentarsi mentre Cameron russava già, sdraiato a pochi centimetri da lei.

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