Salva?
«Ambra!» Urla Nick, superando il ronzio fastidioso dell'eliche. «Arrampicati! Forza!»
La voce grave ed incrinata dell'uomo dalla pelle color cioccolato mi destano dal mio incubo. Alzo il capo ed incontro le gemme tenebrose dell'amico di papà, ovvero dell'uomo che mi ha salvata. Tiro su col naso, scuoto debolmente il capo e stringo con più forza la corda, artigliandola con ardore e premendo con energia i piedi contro di essa. Tendo i muscoli e risalgo con eccessiva difficoltà lungo la scala sospesa in cielo. Non appena le mie mani toccano il pavimento sporco del veicolo, due forti braccia eccessivamente scure mi tirano su, lasciandomi poi rannicchiata e singhiozzante in un angolo dell'elicottero. Percepisco il dolore e l'ira torturare le mie membra tremanti nello stesso istante in cui il mio spirito s'assopisce dilaniato nel suo sarcofago. Spasmi febbricanti e singhiozzi ruggenti s'impossessano del mio debole corpo mentre lo stringo con le mie stesse braccia ormai sporche ed incrostate del suo sangue. Mamma, papà, Sara...mi dispiace così tanto. Mi dispiace così tanto! Non sono riuscita a proteggervi, non ho avuto abbastanza coraggio per rimanere con voi ed abbracciare la vostra stessa sorte. Vi ho voltato le spalle, tramortita e terrorizzata, e son corsa verso la salvezza. Vi ho abbandonato ed adesso lui...lui...è morto. Perché?! Perché mi sono separata da loro? Perché sono così maledettamente egoista ed insulsa?
«Ambra.»
La stessa voce grave e dolce di prima giunge lontana alle mie orecchie, ma non riesco a prestargli la dovuta attenzione. Loro sono...e lui è...
«Ambra.»
Due mani calde e scure mi afferrano saldamente per le spalle e mi scuotono con tenacia. Meccanicamente il mio volto si alza ed i miei occhi vacui incontrano quelli color pece dell'uomo in divisa dinanzi a me.
«Loro sono...loro sono...»
Non riesco a pronunciare la terribile realtà, volendola oscurare solo momentaneamente. Solo momentaneamente...
«Sei in salvo ora.» Rivela a bassa voce. «Sei al sicuro.»
Non appena odo le sue parole, uno spasmo più potente degli altri mi fa drizzare sulla schiena e fissarlo con animo ardente. Come potrei esser sollevata e gaia? Come?!
«Sono fuggita e li ho lasciati lì...a morire.» Ammetto, fissandolo in volto con l'ira traboccante dalle mie labbra. «Sono una fottutissima codarda ed egoista! Sono fuggita, abbandonandoli al loro tragico destino ed io? Sono salva! Ma salva per...chi? Dovevo rimanere a casa...con loro...com'è giusto che sia.»
«Non dire assurdità.» Nick mi scuote brutalmente per le spalle, analizzandomi con severità. «Tua madre e tuo padre ripongo in te speranza ed amore, proprio come in Sara, però sfortunatamente lei ha avuto la sventura d'incontrare uno di loro prima del nostro arrivo. Adesso devi farti forza e combattere per la tua famiglia. Loro volevano che voi due vi salvaste perciò non mandare all'aria tutto quello che i tuoi genitori hanno riposto in voi...in te.»
Percepisco le lacrime smettere di fluire lungo le mie gote e le labbra schiudersi non più tremanti. L'osservo ipnotizzata mentre il senso di colpa vien pian piano risucchiato da un sentimento più potente: l'ostinazione verso la vita. Forse dovrei lottare per la mia esistenza e magari trovare una soluzione in modo tale da poter almeno salvare mia madre e mia sorella. Almeno loro...
«Ambra.» Mi richiama dolcemente l'uomo dalla pelle color cioccolato. «Vivi per loro, per la tua famiglia.»
«Ci proverò.»
«Giurai a tuo padre che vi avrei protetto ed è quello che farò.»
«Grazie.»
Nick mi scruta con gentilezza e dolore, battendo poi una mano sul pavimento accanto a lui. Inspiro profondamente, chiudo un attimo le palpebre e prendo posto vicino all'amico di papà. Rilasso i muscoli e lascio che il mio corpo oscilli insieme al veicolo in una danza puramente meccanica ed astratta. Dopo poco alzo il capo e punto il mio sguardo dinanzi a me. Soltanto adesso mi rendo conto che all'interno di questo elicottero vi sono altri due ragazzi, quattro uomini indivisa e due piloti oltre me e Nick. Analizzo vacuamente i due giovani, constatando il loro imminente dolore e terrore e comprendendo bene che pure loro sono stati appena tratti in salvo dalle fauci dei mutati. Nei loro sguardi posso notare rammarico, ira, orrore ma anche compiacimento per esser vivi. Una cosa però c'accomuna: tutti e tre siamo soli. Nessuno di noi possiede più nulla. Nessuno di noi è nessuno. Lentamente ruoto il capo verso sinistra, osservando dal finestrino il paesaggio ormai irriconoscibile sotto di noi. Bari, la mia amata città, non è identificabile: case distrutte, alberi incendiati, fumo ovunque mentre loro occupano la città e le urla agghiaccianti dei cittadini rimbombano tragicamente tra le vie del grande borgo. Cosa ne sarà di noi, dell'Umanità?
«Mamma sono a casa!»
Sorrido a mia sorella, riprendo fiato ed attendo la risposta della donna che ci mise al mondo, ma stranamente non giunge nulla alle mie orecchie. Lancio uno sguardo obliquo a Sara, che è scompostamente stesa sul divano, e le ordino tacitamente di salire in camera nostra e di non fiatare. Per fortuna mia sorella esegue la mia disposizione mentre afferro l'ombrello che giace vicino al portone e con titubanza m'incammino verso la cucina dove qualcuno sta vedendo il notiziario. Percepisco il cuore ruggirmi in petto, il sangue pompare rumorosamente nelle mie orecchie e le gambe tremare. Non appena varco l'uscio, noto mamma tranquillamente seduta in attesa che la pasta sia pronta mentre guarda attentamente il televisore. Istantaneamente i miei muscoli si rilassano e dalle mie labbra fuoriesce un sospiro di sollievo. Abbandono l'oggetto accanto al divano e mi avvicino cautamente a lei. Mi fermo una volta giunta al suo fianco e le schiocco un sonoro bacio sulla guancia, facendola destare e spaventare.
«Non ti avevo sentita arrivare.»
«Preoccupante dato che ho urlato.»
Le sorrido divertita ma stranamente lei non ricambia, anzi volge il capo verso il televisore e riprende a guardare il telegiornale con eccessiva apprensione. Analizzo confusa il tutto ma poco dopo mi fa cenno di prendere posto alla sua destra. Mi siedo silenziosamente accanto a lei e presto attenzione alla notizia macabra e raccapricciante ormai sulle bocche di tutte le genti del mondo.
«È arrivata l'Apocalisse! Barricatevi in casa, armatevi di spranghe di qualsiasi genere o armi da fuoco, uscite se non per comperare il minimo indispensabile. A causa del disastro della scorsa settimana, avvenuto nella centrale nucleare russa, la fuoriuscita del gas radioattivo ha originato un virus così potente da trasformare gli esseri umani in veri e propri zombie.» La giornalista comincia a correre come una forsennata, continuando impervia il suo ultimo avviso: «Fuggite finché siete in tempo e non fatevi mordere per alcun motivo o il virus si trasmetterà e s'impossesserà pure di voi!»
Tutto ad un tratto il servizio viene interrotto e probabilmente quella povera donna adesso è in pasto a loro. Fisso incredula e terrorizzata il televisore ormai spento, interrogandomi sul come possa esser accaduto un errore simile ma soprattutto a cosa stava lavorando l'uomo. Tento di trovare qualche malsana spiegazione ai miei innumerevoli quesiti quando improvvisamente le mani di mamma si poggiano saldamente sulle mie spalle e mi scuotono con impeto.
«Ambra riprenditi.»
«Cosa faremo?»
«Non lo so.» Ammette, sospirando sollevata. «Quando tornerà tuo padre parleremo e vedrai che tutto si sistemerà.»
Sorride fintamente gaia, ma so perfettamente che lei è impaurita tanto quanto me. Ammettere di non esser terrorizzata è pura blasfemia, ma, nonostante ciò, spero con tutto il cuore di trovare un posto sicuro dove vivere con la mia famiglia, poiché è giunta l'Apocalisse.
«Ambra, dobbiamo scendere dall'elicottero.» Nick sussurra al mio orecchio, scuotendomi gentilmente per le spalle. «Siamo arrivati.»
«D'accordo.»
La mia voce fuoriesce debole e priva d'alcuna emozione mentre il mio corpo si muove macchinalmente. Traballante e fisicamente stremata, scendo dal mezzo, rendendomi conto soltanto adesso di trovarmi nel bel mezzo d'un campo militare dove giovani e militari corrono forsennatamente da una parte all'altra. Inevitabilmente riesco a distinguere i superstiti, letteralmente impazziti a causa dell'orribile situazione, mentre gli uomini con le divise tentano di sedare la follia generale. Ci son persone che urlano, gemono, si dimenano, si feriscono e si lasciano divorare dal dolore. I bimbi strillano e singhiozzano contro i petti di alcune donne ormai prive d'animo mentre un gruppo di giovani ruzzola nel fango e nel sangue mentre si colpiscono senza un reale nemico ma con l'unico scopo d'alleviare le loro sofferenze. Percepisco la distruzione del mondo e dei suoi figli. Annuso l'eclissi della civiltà e la genesi dell'Apocalisse. Improvvisamente Nick mi spinge bruscamente in avanti, osservandomi di sottecchi ed incitandomi a proseguire il cammino.
«Dove siamo esattamente?»
«Roma. Questo è il centro esatto dell'accampamento militare.» Rivela, lanciandomi uno sguardo inquisitorio. «Qui portiamo tutti i superstiti d'Italia e talvolta anche del mondo.»
Inevitabilmente ruoto il capo verso l'ammasso di uomini, donne e bambini dispersi nel campo senza una meta, una casa, una famiglia. Prima che possa rendermene conto, calcolo quante persone siano qui, concependo soltanto adesso quanta sia esigua la quantità di superstiti. Sospiro rumorosamente, scuoto il capo in diniego e caccio via le lacrime per poi armarmi di coraggio e proseguire traballante lungo il mio cammino. Devo vivere. Lo devo a loro, alla mia famiglia, poiché nulla è completamente perduto.
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