Fidarsi di Ackerman?
I raggi del sole filtrano attraverso il sottile strato di stoffa danzante dinanzi al vetro, infastidendomi e destandomi dal mio torpore. Prima che possa realizzare che sia mattina, la sveglia sul comodino comincia a vibrare e produrre suoni talmente acuti da farmi ringhiare. Furiosa la disattivo con forza per poi trascinarmi barcollante in cucina. Con le palpebre ancora indolenzite guardo sul mobile e preparo il caffè quando esigui istanti dopo la russa fa la sua comparsa, mormorando con voce roca: «Buon dì.»
Mi volto e le sorrido debolmente: «Buongiorno.»
«Stanca?»
Prima che possa risponderle, la moca comincia a fischiare. Le do le spalle e verso il caffè in due tazzine, porgendone poi una alla mia amica. Sorseggio la bevanda aromatica bollente e gemo per l'inconfondibile sapore, ammettendo con spossatezza: «Non so il perché in quanto ho dormito dieci ore.»
«Probabilmente sei sonnambula e conduci una seconda vita, chi lo sa?»
«Credo che se fosse così, lo saprei.»
«Allora...cosa ti ha detto Hanji ieri sera?» Domanda con estrema serietà per poi continuare. «E ti consiglio di non omettere nulla.»
Sospiro realmente distrutta a causa dell'insostenibile situazione e della miriade di segreti che s'infittiscono sempre più. Terminiamo di bere il caffè per poi poggiare le tazze sporche nella bacinella in legno e prendere posto su una delle sedie disposte intorno al piccolo tavolo. Serro le palpebre per qualche istante, riflettendo su cosa sia opportuno rivelarle, ma alla fine giungo alla conclusione che, omettendole alcune informazioni, potrei subire delle gravi conseguenze. Inoltre Natasha è sempre stata al mio fianco e so per certo che mi sosterrà anche questa volta. Inspiro profondamente, alzo il capo e la fisso negli occhi, raccontandole del colloquio segreto intrattenuto con la scienziata la sera prima. Comprendo la sua confusione ed ira, perciò le rivelo con apprensione: «Non capisco il perché continui a ripetere di fidarci di Ackerman, soprattutto dopo quello che è avvenuto la scorsa notte...»
Natasha s'alza infervorita, urlando furibonda: «Non dirmi che hai già cambiato idea e non ti vendicherai?»
Nego con veemenza, asserendo con voce grave: «Dobbiamo essere più scaltre per...»
Natasha sospira rumorosamente, lasciandosi cadere sulla sedia e domandando con malizia: «Cos'hai intenzione di fare?»
«Hanji vuole che stringa un rapporto di stima con Ackerman ed è quello che farò. Lui si fiderà di me ed io capirò il suo vero intento. Se siamo fortunati ci riferirà anche qualche segreto del Consiglio spifferato dalla Grey.»
La russa inarca il sopracciglio destro ed arriccia le labbra in un ghigno sadico per poi sussurrare lascivamente: «Se non fossi sicura che tu stia dinanzi a me, stenterei a credere alle tue parole.»
La ringrazio con un cenno del capo, sussurrando pensierosa: «Non sarà facile.»
«Non hai mai fallito ed inoltre sarò sempre al tuo fianco.»
«Grazie Nat ed è proprio per questo che devo confidarti un'altra cosa riguardo la mia discussione con Hanji.»
La russa mi scruta furibonda, sibilando infastidita: «Ti avevo avvertita: nessuna omissione.»
Mi scuso e proseguo speditamente: «Hanji mi ha consegnato una chiavetta USB con all'interno dei file che solo io potrò leggere quando lei me lo permetterà.»
«Non capisco il motivo per il quale solo tu possa conoscerne il contenuto...»
Scrollo le spalle ed asserisco inquieta: «Forse riguarda Ackerman o in caso contrario non avrebbe senso consegnarla direttamente a me, minacciandomi di non dirlo neanche a voi.»
La russa sbuffa indispettita, ammettendo con pacatezza: «Detesto ammetterlo, ma Hanji mi ha salvata in più occasioni quindi non ne farò parola con nessuno, nonostante voglia conoscere il contenuto della chiavetta USB. Comunque...credi che Aaron e Giorgio possano almeno sapere del tuo colloquio con Hanji?»
Acconsento decisamente col capo, ribadendo con autorità: «Nessuna parola sulla chiavetta.»
«Sia.» Decreta spossata, alzandosi e dirigendosi verso il centro dell'enorme sala. «Ci vediamo dopo...ora necessito di una doccia calda.»
«Io invece opterò per una corsa in riva al mare.»
La russa ride sguaiatamente, salendo le scale ed urlando esilarata: «E poi ti chiedi come mai sei sempre stanca!»
Scuoto il capo in diniego, sorridendo e lavando con rapidità le stoviglie, per poi dirigermi in camera da letto. Senza perder tempo indosso qualcosa di comodo in modo tale da rendere più praticabile la corsa e fascio i piedi in un paio di scarpe da ginnastica. Mi alzo celermente dal letto e scendo al piano inferiore, gridando: «Sto uscendo!»
Natasha urla qualcosa che non comprendo per poi chiudere pesantemente il portone della locanda. Inspiro profondamente e mi preparo psicologicamente per lo sforzo che a breve compirò. Mi guardo intorno, saluto qualche passante e corro senza una meta precisa. Proseguo con un'andatura ritmica e rapida per più di un'ora, rivolgendo il mio interesse alla mia destra dove c'è il mare più bello e cristallino che abbia mai visto nella mia breve vita. Il sole è ancora alto in cielo mentre una brezza piacevole spira da sud, smuovendo i miei capelli raccolti in un'alta coda ed increspando la distesa turchese. Esigui istanti dopo mi fermo stremata dinanzi al littorale mozzafiato, osservando con dolorosa malinconia la distesa limpida sotto di me e singhiozzando ancor prima che i ricordi affiorino alla mente.
Mia sorella scalcia ed urla tra le braccia di nostro padre, guardando atterrita sotto di loro: «Non lasciarmi! Non lasciarmi!»
«È il modo più veloce per scendere.»
«Potrei tuffarmi prima?» M'intrometto, attendendo il responso di nostro pare. «Forse così Sara avrà meno paura.»
Mia sorella lo guarda implorante e lui acconsente decisamente col capo nella mia direzione. Gli sorrido grata per poi camminare con calma verso la punta dell'alto faraglione. Non appena giungo sul margine, lancio una rapida occhiata alla distesa cristallina sotto di noi, sorridendo al ricordo della mia prima volta ed al volto terrificato di Sara. Inevitabilmente trema tra le braccia di papà, ma questo suo atteggiamento non muterà la scelta già compiuta dal nostro uomo di famiglia. Inspiro profondamente ed osservo con attenzione il punto dove entrerò in acqua. Non posso non ammettere d'aver timore, ma certamente sono meno terrorizzata di Sara che è qui per la prima volta. Dischiudo le palpebre, fletto le gambe e mi lancio, tagliando l'aria ed atterrando dentro le acque limpide del mare di Torre dell'Orso. Celermente emergo e sospiro elettrizzata, sorridendo felice del salto appena compiuto ed urlando a mia sorella: «Buttati!»
A causa della distanza che ci separa odo soltanto un indistinto mormorio quando tutto ad un tratto papà stringe Sara tra le braccia per poi scaraventarla oltre lo scoglio. Inevitabilmente mia sorella urla terrificata, chiudendo gli occhi ed avvicinando gli arti al busto. Prima che Sara tocchi l'acqua papà si butta, emergendo poi insieme alla figlia minore dall'incarnato pallido a causa del salto appena compiuto. Prima che mia sorella metabolizzi d'esser viva, mi avvicino all'uomo di famiglia e grido, battendogli il cinque: «Grande papà!»
Mai sorella si desta dal suo stato di trance, scrutandoci inferocita e sibilando alterata: «Non salirò mai più su quel faraglione. Ho rischiavo la vita!»
Guardo papà ed insieme irrompiamo in una risata di vero cuore quando Sara s'accosta a noi, tentando invano di affogarci.
Singhiozzo e tremo, congiungendo le mani al petto e chinando il capo. Accolgo il dolore dei ricordi e sussurro una preghiera per loro. Rivolgo il mio sguardo all'orizzonte, promettendo vendetta per mio padre e salvezza per mia sorella e mia madre. Inspiro profondamente, asciugo le lacrime col dorso della mano destra e m'incammino speditamente verso la locanda. Avanzando tra strade periferiche del campo, la mia attenzione viene catturata da alcuni uomini in divisa che irrompono brutalmente nelle abitazioni, distruggendo qualsiasi cosa e minacciando i proprietari. Inevitabilmente m'immobilizzo dinanzi a tale inumanità, non riuscendo capire come il Consiglio possa far compiere atti violenti senza alcuna ripercussione.
«Vi prego, smettete di distruggere tutto!» Implora piangendo un'anziana signora. «Vivo grazie alle stoffe che produco. Non rompete i macchinari, vi scongiuro!»
«Finiscila vecchia.» Ringhia un soldato, spingendo brutalmente la donna lontano da lui. «Levati dai piedi.»
La donna anziana, sia a causa dell'età che della poca stabilità, cade dolorosamente a terra mentre è spettatrice della distruzione non solo dei suoi averi ma della vita stessa. La povera disgraziata geme e piange, ma nessun passante le presta soccorso, affrettando il passo e barricandosi nelle rispettive abitazioni. L'anziana invoca il suo defunto marito e maledice i soldati, spingendomi a prender parte al suo dramma ed a scontrarmi con coloro che le stanno distruggendo la vita. Prima che possa agire sconsideratamente, qualcuno alle mie spalle mi ghermisce con forza, impedendomi di parlare e scappare. Mi divincolo quando il mio assalitore mi trascina in un vicolo cieco, ma, non appena incontro due gemme turchesi, mi acquieto solo per un istante. Furente mi divincolo dalla sua presa, ma, nonostante ciò, vengo comunque inchiodata al muro.
«Sta' ferma e non compiere azioni delle quali potresti pentirtene.»
«Non sei nella posizione di farmi la predica.»
«Non ho intenzione di ascoltarti quindi sta' zitta finché i militari non andranno via.»
Mi divincolo, ma prontamente mi sbatte contro la parete in mattoni, premendo con forza il suo corpo massiccio contro il mio e guardandomi con astio. Lo fisso con il fuoco negli occhi e sibilo alterata: «Non mi dai ordini.»
«Non sei nella situazione di ribellarti, poiché non sei in grado di badare a se stessa.»
«Tu invece?» Domando retoricamente con acidità. «Ci hai traditi.»
«Non dire cose di cui potresti pentirtene.» Ringhia sulle mie labbra tremanti. «Non m'interessa il perché della tua insinuazione, dato che non mi conosci e di conseguenza non vali nulla...per me.»
«Invece ho potuto intendere la tua natura malata e meschina, bestia.»
Gli sputo in faccia, pestandogli con forza il piede ed assestandogli una dolorosa ginocchiata tra le gambe. Inevitabilmente la sua presa s'allenta, permettendomi di fuggire lontano da lui e correre celermente verso la locanda. Non appena irrompo nella grade sala e serro spossatamente il portone alle mie spalle, mi accovaccio contro il grande asse in legno, prendendo fiato e ringraziando Dio per esser ancora viva dopo aver percosso ed offeso Ackerman. Soltanto ora capisco l'idiozia del mio atto, ma le sue parole ed il fatto che non abbia celato le accuse mi permettono di accettare comunque il gesto compiuto. Inspiro profondamente, mi alzo e guardo dinanzi a me, notando soltanto adesso gli sguardi inquisitori di Natasha, Aaron, Giorgio e Bruce. Un brivido sinistro serpeggia lungo la mia colonna vertebrale in seguito alla loro presenza ed al brutto presentimento che ne consegue.
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