Levi...
Sono trascorsi due giorni da quando Aaron mi consolò, dedicandomi una sua canzone, ovvero da quando assistetti al quasi accoppiamento tra Ackerman e la Grey. Sono stata ferita ancora una volta dal corvino, incapace di credere alla realtà, e mi sono infuriata a causa del suo comportamento e della sua insensibilità, ma alla fine dei conti sono sempre stata io ad illudermi. Non riesco a capire come abbia fatto ad innamorarmi ed a continuare a soffrire per lui. Scuoto con forza il capo e mi guardo allo specchio, osservando il dolore segnarmi sin quasi a trasfigurarmi e ripensando inevitabilmente a mia madre. Ricordo che quando l'Apocalisse non era ancora sopraggiunta, venivo epitetata come la fanciulla incapace d'amare, in quanto azionavo unicamente con l'intelletto. Non tentavo di comprendere il prossimo né volevo essere compresa, riuscendo a sopravvivere senza procurarmi lesioni, morali e profonde, soprattutto dopo quell'anno terribile della mia vita. Grazie alla mia corazza mi proteggevo e proseguivo senza ferirmi, ma ora sono tornata ad essere la ragazza debole d'un tempo. Una lacrima salata solca il mio volto, facendomi arricciare le labbra e dare le spalle allo specchio per la collera. Non voglio essere così, non voglio tornare ad essere quella di un tempo. Non voglio. Senza perder tempo indosso un pantaloncino corto, un top nero e l'unico paio di scarpe da ginnastica che possiedo. Con rapidità afferro l'mp3, infilo le cuffie nelle orecchie e scendo le scale in tutta fretta, ritrovandomi dinanzi ad una Natasha addormentata con in mano una tazza fumante di tè al limone: «Vai a correre?»
La russa mi scruta con le sue gemme nebulose, accostandosi con passo felpato e mostrandomi il suo turbamento. Le sue palpebre, rosse e gonfie, ed il suo viso eccessivamente pallido mi fanno ben intuire il suo malessere, non conoscendone però la causa. Osservo il moto frenetico delle sue labbra aride e le sue mani tremare convulsamente. Il suo corpo freddo tenta disperatamente di avvicinarsi al mio in cerca in conforto, allarmandomi ancor più: «Nat cos'hai?»
La russa mi scruta con le pupille dilatate, ma dalle sue labbra non fuoriesce alcun suono. Prima che possa porle ancora una volta la domanda o accostarmi maggiormente a lei, crolla di ginocchia a terra, facendo frantumare la tazza e bagnare il pavimento ed il pigiama con il liquido, fumante ed ambrato. Natasha preme con tremore la mano destra sulle labbra, tentando invano di reprimere un singhiozzo e placare il suo dolore. Vederla così vulnerabile e scossa non può che destabilizzarmi e torturarmi a tal punto da chinarmi e stringerla tra le mie braccia. Stranamente non mette distanza né ribatte, accucciandosi ancor più contro il mio petto e singhiozzando a gran voce. Ingoio rumorosamente il groppo che ho in gola mentre le lacrime tentano d'uscire, accarezzando il capo della mia amica e mormorando con voce appena udibile: «Nat cos'è accaduto?»
La russa riversa il suo dolore ancora per qualche istante sul mio petto per poi inspirare profondamente, alzare il capo e fissarmi con gli occhi rossi ed addolorati: «Mi dispiace.»
Lentamente e con estrema difficoltà si allontana da me, alzandosi e barcollando indietro. Ipnotizzata seguo i suoi movimenti, tentando invano di comprendere il significato delle sue parole e del suo dolore: «Nat parlami! Ti prego...»
«Mi dispiace così tanto.»
«Di cosa?»
«Di te, di quello che ti hanno fatto.»
«Di chi parli?»
«Ackerman e la Grey.»
Inevitabilmente un sospiro di sollievo fuoriesce dalle mie labbra, avanzando verso di lei e fermandomi quasi subito a causa del suo gesto. Natasha m'implora di non avvicinarmi per poi proseguire con voce incrinata: «Non sapevo del tuo amore verso Ackerman perciò, quando Hanji mi ha raccontato ogni cosa, mi sono sentita male perché...perché...»
Prima che lei possa dir qualcosa, la interrompo alterata: «Nat dimmi la verità, poiché mai saresti stata così distrutta per un mio dolore morale, in quanto già ne eri a conoscenza. Parla!»
«È morto! Colui che amavo morì...mio padre...morì a causa mia. Si fidava di me ed io lo condussi a morte certa. Io...io...»
Mi pietrifico nell'udire della sua vita, del suo tragico passato e dei suoi scheletri nell'armadio. Mai avrei creduto che un mio dolore potesse farle rimembrare tali atroce sofferenze. Arriccio il naso, scuoto debolmente il capo per non piangere e sussurro con emozione: «Raccontami ogni cosa, ti prego.»
«Non posso. Non ora.» Mormora appena, proseguendo con affanno: «Devo rinsavire e comprendere cosa stia accadendo o impazzirò.»
«Devi parlarmi, dirmi ogni cosa.» Pronuncio con voce alterata dall'angoscia, ma, non appena mi accosto, lei indietreggia. «Rivelami il tuo passato. Sicuramente dopo starai meglio.»
«Non posso.»
«Perché?»
«Non l'ho mai fatto.» Ammette con un fil di voce. «Le persone ti tradiscono, ti usano e ti distruggono.»
«Sii sincera...solo con me.»
«Perché vuoi sapere del mio passato? Perché sei così ostinata?»
Le mie labbra rimangono serrate e la voce s'incastra nel mio petto, impedendomi di rispondere prontamente. Posso comprendere il suo odio represso e la sua furia distruttrice, ma ritrovarmi sormontata da entrambe è terribile. Non posso incolparla per i suoi sentimenti, perciò voglio conoscerne la causa. Desidero aiutarla tanto da rinsavire e domandare con fermezza: «Parlarmene ti aiuterà.»
Natasha mi scruta arcigna ed incrocia le braccia al petto come per difendersi da un invisibile nemico: «Perché vuoi conoscere il mio passato?»
«Sei mia amica e vederti così mi angoscia come poche cose nella vita. Inoltre sono convinta che siamo più simili di quanto tu non creda.»
Natasha mi analizza con scetticismo, inarcando appena le labbra: «Ormai ci conosciamo da anni, ma, nonostante ciò, nessuna delle due sa del passato dell'altra se non di avvenimenti irrisori.»
«Quindi cosa proponi?»
«Questa sera, dopo cena, sveleremo i nostri scheletri nell'armadio sedute sul letto di una delle due. In questo modo scopriremo il motivo per il quale oggi siamo quelle che siamo, così da guardarci le spalle a vicenda qualsiasi cosa accada.»
«Dovrei fidarmi di...te?»
«Me l'hai chiesto prima, perciò anche tu dovrai rivelarmi ogni cosa.»
Acconsento decisamente col capo, concludendo con tranquillità: «Allora a questa sera.»
Natasha mi sorride rincuorata, accasciandosi per raccogliere i cocci e mormorando allietata: «Ora va' a correre che è tardi.»
Le sorrido grata, gridando: «A dopo.»
Non appena esco dalla locanda, una fresca brezza mi smuove i capelli, dandomi la grinta per iniziare l'attività fisica. Chino il capo e spingo un piccolo tasto a sinistra dell'mp3 così da ascoltare musica pop e liberare le angosce che attanagliano il mio animo inquieto. Corro sul lungomare, osservando nostalgica la distesa cristallina ed affogando inevitabilmente in ricordi, lontani e felici. Accelero la mia andatura sino a sincronizzarla con il battito rapido del mio cuore mentre il sole, alto in cielo, quasi mi acceca. Proseguo con questa folle andatura per una mezz'oretta sin quando il respiro non mi viene meno e le gambe tremano, costringendomi a fermare la corsa. Mi piego di poco sulle ginocchia, inspirando profondamente e percependo il sudore bagnare le mie membra roventi. Alzo il capo e, non appena noto la conca, una lacrima traditrice solca il mio viso arrossato dal sole e dalla corsa. Con un gesto nevrotico l'asciugo, incamminandomi con passo deciso verso il loco che mi ha scossa sino a tal punto, per poi scendere la duna di sabbia bianca e ritrovarmi a confine con il pineto. Mi perdo nella contemplazione della baia, loco di ricordi, gai e lontani, quando tutto ad un tratto avverto uno spostamento d'aria. Non riesco a comprendere cosa stia accadendo né ad agire che mi ritrovo distesa a terra mentre due gemme nebulose mi scrutano furenti. Un brivido sinistro serpeggia lungo la mia colonna vertebrale, facendomi inarcare verso il suo corpo, tonico e massiccio. Percepisco il mio cuore in fibrillazione ed inevitabilmente m'irrito, poiché il suo ritmo accelerato non è sintomo della corsa ma della sua vicinanza: «Lasciami andare.»
«Sei fuggita dal nostro incontro.»
«Sono andata via perché eri intento a riprodurti anziché presentarti nel posto stabilito.»
«Non potevi abbandonare la villa.»
«E lasciarti terminare la tua scopata mattutina?»
Con celerità e precisione gli assesto una ginocchiata tra le gambe, riuscendo a rotolare di lato e ad alzarmi, ma, non appena tento di fuggire, Ackerman mi ghermisce per il polso. Mi volto incollerita verso di lui quando tutto ad un tratto irrompo in una risata sprezzante, notandolo dolorante e con il capo chino verso la sabbia. Muovo il braccio con destrezza, tentando invano di sferrargli un pugno, ma prontamente mi blocca pure l'altro polso.
«Ti odio.»
Riesco a pronunciare i due lemmi con così tanta convinzione e collera da scorgere dolore nei suoi occhi cristallini, ma è questione d'un attimo che rinsavisce, mostrandomi ancora una volta la sua corazza. Vorrei che provasse almeno quel poco di sofferenza che ho provato io, che capisca cos'abbia passato per colpa sua, ma Ackerman non lo sentirà mai, in quanto non si lega né s'interessa di nessuno, me compresa.
«Lasciami o giuro che ti castro.»
«Mi servi.»
Vorrei rimanere indifferente, ma le sue parole mi feriscono. Il male che dilania il mio cuore s'infervora e s'abbatte con forza nel mio petto, costringendomi a serrare le labbra per non gemere. Sapevo di non esser nulla per lui, ma sentirmelo dire con così tanta indifferenza ed ovvietà mi distrugge. All'improvviso le mie gote s'imporporano e la collera prende il sopravvento, facendomi ringhiare: «Non più.»
«Non hai scelta.»
«Il sangue della tua puttana non è di tuo gradimento?»
Non riesco ad intercettare in tempo il suo ginocchio che si nasconde con violenza nel mio stomaco, mozzandomi il fiato. Prima che possa agire d'istinto o ribattere con ferocia, mi ghermisce brutalmente per i capelli, tirandoli con forza e costringendomi a guardarlo nelle gemme incandescenti: «Non hai scelta. Mi servi.»
«Si ha sempre una scelta.»
«Qualche volta si è costretti a fare ciò che non si vuole.»
«Se hai coraggio, puoi compiere qualsiasi cosa.»
«Non credo sia il tuo forte.»
«Neanche il tuo.»
«Non giudicarmi. Non ne hai il diritto.» Ringhia sulle mie labbra. «Inoltre se non mi donerai il tuo sangue, tua sorella...»
Mi discosto con violenza dalla realtà, permettendo alle lacrime di pizzicarmi gli occhi ed il cuore pulsare con ferocia. Percepisco la gola ardere dolorosamente e le viscere contorcersi mentre un brivido sinistro mi fa tremare e mormorare appena: «No.»
«L'hanno trovata questa mattina ed al momento è viva e risiede a Bari. Le inietteranno il siero per la riumanizzazione la prossima settimana, perciò dovrai sottostare al mio volere o lei...»
Mi riscuoto dal mio stato di trance, osservandolo allibita e turbata. Non riesco a credere alle sue parole, poiché mai avrei creduto che la sua natura sarebbe potuta essere così demoniaca. Lo analizzo con scetticismo, sperando in cuor mio di sbagliarmi, ma Ackerman è cambiato ed il terrore d'averlo perso per sempre mi distrugge. Non è mai stato un uomo dal temperamento calmo né dal carattere affabile, ma era umano e mai sarebbe giunto a tali malvagità.
«Non ci credo.»
«Dopodomani verrai nel mio appartamento così ti consegnerò il fascicolo con le sue foto, perciò ti conviene non opporre resistenza o la tua amata sorellina ne pagherà le conseguenze.»
«Tu...tu...»
«Qual è la tua decisione?»
Lo fisso in cerca di un suo ripensamento, ma l'Ackerman che conoscevo è stato completamente annientato, lasciando di conseguenza soltanto un uomo privo d'umanità. Sospiro angosciata, sentenziando a fatica: «Accetto.»
Il corvino inarca le labbra in un ghigno malvagio, incrociando le braccia al petto e concludendo con sinistro divertimento: «So che troverai il modo per annientarmi ed io ti aspetterò.»
Tento di ribattere, alquanto turbata, ma l'oscurità mi avvolge non appena Ackerman mi colpisce il collo con violenza. L'ultima cosa che vedo è il suo ghigno e l'intensità dei suoi occhi turchesi.
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