Intruso in casa
Ambra Pov's
Sono trascorsi due giorni da quando arrivai a Bari con Natasha e non mi sono ancora abituata a questa nuova sistemazione. In verità anche la nostra vita è cambiata, in quanto la notte usciamo di casa, poiché è meno rischioso e la maggior parte della gente è ubriaca o troppo assonnata per interessarsi a noi. Avanziamo nell'ombra, strisciamo vicino ai muri esterni delle abitazioni ed indossiamo un capello ed una sciarpa per celare le nostre identità quando entriamo nei supermercati notturni, facendo scorte per la giornata a venire. La mattina dormiamo, imponendoci sempre dei turni per vigilare la nostra residenza, ed assicurarci che i vicini non notino la nostra presenza. Solitamente il pomeriggio lo trascorriamo confinate in garage o nel seminterrato, combattendo tra noi ed usando talvolta armi da taglio di ogni genere. Non possiamo non allenarci, poiché sappiamo che prima o poi ci verranno a prendere e che ci sarà una guerra.
«Ambra.» Grida la russa, entrando in camera nostra. «Dobbiamo uscire per comprare qualcosa.»
Natasha dorme nel letto accanto al mio, ovvero quello di mia sorella. Non si sa mai a che ora possano piombare i nemici in casa, perciò meglio non dividerci.
«Voglio dormire Nat.» Sospiro stanca.
«Non lamentarti e vieni con me.»
Prima che possa ribattere, mi artiglia per un braccio e mi costringe ad alzarmi. Bofonchio un insulto e la guardo dritto negli occhi in cerca di pietà. Non la trovo ed ottengo invece un ghigno malvagio. Natasha si china e prende la sua borsa, scura e capiente, per poi incamminarsi verso la porta e richiamarmi ancora una volta. Gemo frustrata, mi stiracchio e le rispondo con garbo: «Prendo il cappotto dall'armadio e ti raggiungo al piano di sotto.»
«Muoviti.»
Ripeto il suo lemma con voce stridula, ottenendo da parte sua un ulteriore urlo isterico. Scuoto il capo divertita e mi affretto ad indossare l'indumento mancante e scendere al piano inferiore. Non appena Natasha si rende conto della mia presenza, afferra le chiavi ed insieme usciamo di casa. Il vento pungente di novembre mi fa rabbrividire e stringere nel cappotto. Infilo le mani in tasca e cammino accanto alla russa mentre giovani, brilli e quasi dormienti, si trascinano lungo le strade buie della città. Alcuni di loro tentano persino bizzarri approcci, perciò acceleriamo l'andatura fino ad entrare nel solito supermercato. Ci stringiamo nei cappotti ed infossiamo il viso nelle sciarpe così da esser difficilmente riconoscibili. Non appena varchiamo le porte in vetro, sospiriamo liete per l'aria calda presente nel grande locale, quando odo la voce della russa: «Solito?»
Acconsento con un gesto deciso del capo: «Ci vediamo alla cassa.»
Senza perder tempo ci dividiamo ed addentriamo tra i numerosi scaffali, prendendo qualsiasi cosa sia di nostro gradimento. Dopo una decina di minuti c'incontriamo alla cassa e come sempre l'uomo dietro il bancone ci scruta diffidente ed annoiato. Accenna uno sbadiglio ed inizia a passare gli alimenti sul rullo, domandandoci: «Siete di qui?»
«No.»
«Siete malviventi?»
«No.»
«Siete dell'esercito?»
«No.»
«Fate parte di un reparto speciale?»
«No.»
«Vendete droga o armi?»
«Basta!» Tuona Natasha, bloccando le mie risposte monosillabiche e le domande del cassiere. «E si sbrighi a passare tutto sul rullo!»
«Quindi siete ricercate?»
All'istante non riesco a ribattere nemmeno con un semplice «no», ma la russa lo scruta collerica tanto da fargli ingoiare la sua stessa saliva per il terrore. L'uomo smette di domandare e s'appresta a calcolare la nostra spesa, facendoci pagare ed uscire rapidamente da lì. Il cambio di temperatura mi costringe a stringermi nelle spalle ancora una volta ed udire le imprecazioni della corvina. Senza perder tempo c'incamminiamo verso casa e, prima che la russa possa dir qualcosa, la rimprovero: «Non devi spaventare per forza tutti quelli che incontriamo.»
«Era troppo invadente e le sue domande m'irritavano.»
«Cosa dovrei fare con te, Nat?»
«Non metterei terrore alla gente se questa si farebbe gli affaracci propri, ma a quanto pare l'Apocalisse non ha sconvolto così tanto le loro monotone vite, permettendoli di continuare ad infastidire gli altri.» Sbotta irritata, trucidandomi con lo sguardo e concludendo: «E non mi giudicare perché anche tu ti comporti così.»
Discutiamo per qualche minuto, ovvero fin quando non giungiamo dinanzi al tratto di marciapiede dinanzi a casa mia. Non mi rendo conto del pericolo, poiché continuo a ribatte e tenere il capo chino per il freddo, fin quando Natasha pone la mano all'altezza del mio addome, premendola ed ordinandomi tacitamente di fermarmi. Alzo il capo e la guardo confusa, ma i suoi occhi fissano terrificati l'abitazione, perciò mi accosto e le sussurro preoccupata: «Nat, che sta succedendo?»
«Qualcosa non quadra.»
Prima che possa domandarle il motivo del suo turbamento, m'indica la finestra grande del salone, ovvero quella che si affaccia sulla strada. Assottiglio lo sguardo e scorgo appena il movimento sinuoso delle tende, sintomo che qualcuno sia entrato in casa. Controlliamo sempre che l'abitazione sia chiusa, perciò è impossibile che l'abbiamo lasciata aperta.
«Che facciamo?»
Natasha appoggia le buste in un angolo del vialetto e mormora con voce grave: «Entriamo armate. Tieni il coltello.»
Prima che possa capire di che cosa stia parlando, scosta di poco il cappotto e, dalla parte posteriore dei suoi pantaloni, estrae due lame da tredici centimetri. Osservo turbata il suo atto e mi domando se vada sempre in giro con quelle armi nei calzoni. Natasha si rende conto della mia confusione e risponde con calma, scollando le spalle: «Non si è mai troppo sicuri.»
Non so se esserne sollevata, ma non ho il tempo per rifletterci su visto la russa avanza guardinga verso il portone. Non la lascio sola né la posso mettere in pericolo inutilmente, perciò le copro le spalle, entrando in casa. Il cigolio dei cardini ed il buio ci fanno tremare, ma ingoio il timore e m'armo di coraggio, sia per me che per la mia amica. Non possiamo rischiare di esser catturate o persino uccise senza aver lottato o aver detto addio ai nostri amici, chiedendo loro prima perdono per la nostra fuga. Ci fermiamo sull'uscio con le lame in pugno mentre scrutiamo febbrili l'oscurità in cerca del nemico. Poco dopo Natasha si volta e mi fa cenno di seguirla verso il salone, chiudendo silenziosamente il portone dietro le mie spalle. La luce fioca dei lampioni illumina sinistramente la sala mentre un silenzio innaturale mi fa tremare. Avanzo con passo lento e stringo con più forza la lama, udendo il pulsare rapido del sangue nelle orecchie ed il cuore battere intimorito. Il fiato quasi mi manca nello stesso istante in cui quasi non reggo la paura che mi possiede. Percepisco un brivido freddo scorrere lungo la colonna vertebrale e le lacrime offuscarmi la vista. Un dolore lancinante, dovuto alla pressione ed al timore, attanaglia le mie viscere, ma, non appena Natasha mi avverte che non ci sia nessuno nella sala, mi rilasso. Nonostante ciò, il mio sesto senso m'avverte che non siamo sole, perciò le domando: «Ne sei certa?»
Prima che Natasha possa confortarmi, avverto un brusco spostamento d'aria. Mi volto verso la russa, ma già una lama argentea punta la sua gola ed un ghigno malvagio le sfiora la gote nivea. Lo sconosciuto la costringe a non muoversi, afferrando l'arma della mia amica e pizzandola contro il suo fianco. Non riesco a capire chi sia, in quando indossa un cappotto scuro ed un cappello, perciò guardo Natasha che mi prega di colpirlo con lo sguardo. Non le importa ferirsi o rischiare di morire, poiché, se lui ci catturasse sarebbe la fine. Certamente non è qui con delle buone intenzioni e la probabilità che sia un subordinato del Consiglio è molto alta. Nonostante ciò, non posso star ferma ed attendere che il destino faccia il suo corso, ma prontamente vengo bloccata dalla sua voce: «Fai un altro passo e giuro che questa lama si bagnerà del suo sangue.»
«Lasciala.» Ringhio fuori di me.
«Abbandona l'arma ai tuoi piedi.» Mi ordina l'uomo mortalmente serio e costringendomi ad agire secondo il suo volere. «Metti le mani in ben vista ed avvicinati lentamente.»
Natasha mi scruta furibonda, poiché non le sto prestando attenzione ed invece sto assecondando il nemico, ma non posso agire sconsideratamente. Avanzo con passo lento, avvertendo qualcosa pungermi la natica destra. Mi fermo un istante, ma la lama argentea contro il collo della russa mi spinge a riprendere il moto. Mi concentro e cerco di ricordare cosa mai potessi avere nella tasca posteriore dei pantaloni. Quando sono quasi giunta dinanzi al nemico, compio un gesto brusco, afferrando il coltellino svizzero che mi punge la natica. Prima che possa intercettare il mio movimento, glielo punto alla gola mentre Natasha riesce a liberarsi nell'attimo in cui il nemico si turba per la mia azione, ringhiando con oscuro divertimento: «Siete tenace.»
«Non osate sfidarmi.»
«Neanche voi dovreste.»
A causa delle sue parole, non mi rendo conto che l'uomo ha ripreso coraggio, capovolgendo la situazione e ritrovandomi con ben due coltelli alla gola. Nonostante ciò, punto la mia lama contro di lui e lo sfido, avvertendo l'aria mancarmi e la paura impossessarsi del mio animo ancora una volta. Prima che ceda o compia un'azione sconsiderata, Natasha illumina il salone, distraendo l'uomo, che istintivamente chiude gli occhi, per permettermi di scagliarmi contro di lui e cadere insieme a terra per la troppa forza utilizzata. Senza dargli il tempo di reagire, mi siedo sul suo addome e punto due lame, una mia ed una sua, alla gola. Respiro affannosamente e lo fisso collerica, ordinando con voce altera: «Mostra il tuo volto.»
L'uomo irrompe in un riso isterico, turbandomi e permettendogli di spostarmi da lui e stringermi per il collo. Fisso i suoi occhi e m'immobilizzo, riconoscendo una certa familiarità con quelli di Ackerman. Con le sue mani, forti ed aggrinzite, mi costringe ad alzarmi, ma, prima che possa minacciarmi, Natasha si pone alle sue spalle, puntandogli la lama contro la tempia. La russa lo scruta con occhi iniettati di sangue, sibilando con voce grave: «Lasciala andare o giuro che cenerò col tuo cervello.»
Il vecchio non mi lascia all'istante, ma poco dopo cede, liberandomi con brutalità e facendomi cadere a terra. Istintivamente porto le mani alla gola, annaspando e tentando invano di placare il cuore in agitazione. Un senso di vertigine m'impedisce d'alzarmi subito mentre il vomito accenna a riversarsi nella mia bocca. Lo ingoio disgustata e cerco di riprendermi quando Natasha giunge in mio soccorso, permettendo all'uomo di spegnere le luci e fuggire. Una collera viscerale mi fa urlare, nonostante il malessere: «NON PUOI SCAPPARE, CODARDO!»
«Fuggire?» Urla il nemico con follia. «Mai!»
Inspiro profondamente e, con l'aiuto di Natasha mi alzo, domando allo sconosciuto: «Chi sei?»
«Mi deludi, dovresti saperlo.»
Lo guardo confusa, ma Natasha avanza, minacciandolo: «Rivelaci la tua identità o noi...»
L'uomo irrompe in un riso sinistro, inspirando e rispondendo con oscuro divertimento: «Mio nipote mi aveva avvertito che non eravate facili da trattare e non posso che esserne sollevato.»
«Chi cazzo sei?!»
Prima che Natasha gli si avventi contro, dopo aver urlato, la fermo per una spalla mentre lo sconosciuto ci si avvicina con tranquillità. Istintivamente sia io che la russa impugniamo le rispettive lame, studiando il nemico e puntandogliele contro. Le mani mi tremano, ma non posso cedere ora, poiché metterei a rischio entrambe le nostre vite. Avverto la stanchezza assalirmi e l'adrenalina dissiparsi, rendendo ardua la mia difesa ed il possibile attacco. Il cuore batte furioso mentre sudore freddo bagna le mie membra quando odo il suo nome: «Kenny Ackerman, piacere di conoscervi.»
«Tu...tu sai esattamente chi siamo, giusto?» Chiedo intontita.
Il vecchio acconsente con un gesto del capo, infilando le mani nelle tasche del cappotto e proseguendo con calma: «Sono qui per volere di mio nipote. Vuole che vi tenga d'occhio sino allo scoppio della guerra, che per certo a breve infervorerà.»
Prima che possa dir qualcosa, Natasha gli chiede: «Di che parli?»
«So solo che devo proteggervi ed allenarvi finché Levi non verrà qui.»
Non riesco a star zitta, obiettando infastidita: «Credo che voglia più uccidermi che tenermi in vita.»
«Sarà, ma dovrete darmi ascolto.»
«Come facciamo a sapere che non stai mentendo?»
L'uomo mi sorride beffardamente, rispondendo a tono: «Ti è bastato guardarmi negli occhi per riconoscermi.»
Lancio uno sguardo alla russa ed insieme abbassiamo le armi senza lasciarle. Il vecchio ci scruta per qualche istante per poi prendere posto sul divano ed asserire con serietà: «La guerra è vicina e voi sarete costrette a combatterla.»
«Perché proprio noi?» Chiede Natasha, incrociando le braccia al petto.
«Siete tra i pochi umani a non aver perso la morale e l'umanità dopo l'Apocalisse.» Esordisce con sicurezza. «La vostra disfatta segnerebbe la fine di tutto.»
«Parla chiaro, vecchio.»
«Gli umani che ci governano sono potenti e malvagi ed i riumanizzati, quando si sveglieranno, non ricorderanno nulla, divenendo così prede del Consiglio. Diverranno delle vere e proprie macchine da guerra ed i pochi sopravvissuti, come voi, verranno uccisi. Per questo dico che il conflitto che a breve avverrà segnerà le sorti di questo mondo. Siete pronte?»
Natasha lo scruta diffidente mentre domando all'uomo: «Ci stai chiedendo indirettamente di partecipare?»
«Avete già deciso e domani cominceremo ad allenarci.» Dichiara Kenny con ovvietà. «Adesso passiamo a discutere di cose essenziali...»
Ackerman lascia volutamente la frase a metà, alzandosi e spolverando i suoi pantaloni. Indossa il capello, precedentemente tolto, e chiede: «Quale sarà il mio alloggio?»
«ALLOGGIO?!»
«Vivendo qui, la casa sarà agibile per legge, in quanto non sono ricercato quindi qual è la mia camera?»
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