Il passato di Natasha
IN QUESTO CAPITOLO SONO CONTENUTE SCENE DI VIOLENZA...SIETE PREGATI DI NON LEGGERE SE NON REGGETE IL TUTTO O SE AVETE UN'ETÀ AL DI SOTTO DEI 14 ANNI...
Rimango priva di sensi per un tempo indefinito, destandomi con un dolorosissimo mal di testa ed un senso di nausea alquanto disturbante. Non appena dischiudo le palpebre intorpidite, gemo per il fastidio causato dalla luce del sole, costringendomi a vagare ancora nel buio, ad alzarmi ed a dirigermi in pineta. Soltanto quando mi ritrovo sotto un alto arbusto ed in un loco ombroso riesco a scrutare ciò che mi circonda senza sofferenza alcuna. Inavvertitamente mi tocco la spalla destra, sfiorando la clavicola ed ansimando per il dolore. Serro la mascella e tasto il punto dolente, ritrovando le dita sporche di sangue. Osservo confusa la mia mano, ricordando soltanto ora dell'acceso dibattito avvenuto con Ackerman e del motivo della mia perdita di controllo. Rimembro le informazioni da lui ricevute, la minaccia e poi il buio. Mia sorella è nelle mani del Consiglio ed anche in quelle del corvino, perciò vendicarmi per i torti subiti risulterà ancora più difficile. Non posso permettergli di farle del male o ucciderla, ma ciò non toglie il fatto che lo farò soffrire atrocemente. Gonfio il petto, inspirando con ingordigia l'aria di salsedine, e stringo le mani in forti pugni, incamminandomi a passo, svelto e nevrotico, verso la locanda. Non appena giungo a destinazione, chiudo con estrema violenza il portone alle mie spalle, generando una rumorosa onda sonora, per poi notare il volto stanco di Natasha sbucare dalla cucina: «Hai un aspetto terribile, cos'è accaduto?»
Nonostante le stia dando le spalle e stia salendo le scale, alla russa non sfugge il mio turbamento né il mio dolore, perciò fermo la mia avanzata e sospiro spossata. Ora come ora sono così furiosa da non rispondere di me, ma a quanto pare così facendo Natasha s'angoscia ancor più: «Ambra.»
«Non risponderò delle mie azioni...dammi un momento.»
«Ti preparerò della cioccolata calda con panna e scaglie di cioccolato fondente mentre tu andrai a docciarti così da sbollire il nervosismo e riordinare i pensieri.»
Natasha mi sorride e, intuendo l'enorme sforzo che sta compiendo, acconsento col capo. Con passo deciso entro nella mia camera, artigliando il cambio e chiudendomi in bagno. Rapidamente mi svesto, inciampando e maledicendo Ackerman per la mia sciagura, per poi rilassarmi sotto il getto d'acqua calda. Chiudo le palpebre, rilasso i muscoli intorpiditi e respiro profondamente mentre l'acqua mi libera dal nervosismo e dalla sofferenza fisica. Svuoto la mente e mi godo il breve momento di serenità per poi tamponare la pelle bagnata con un asciugamano, pulito e profumato, e dare le spalle allo specchio, in quanto non ho la forza per vedere il fantasma che sono diventata. Senza perder tempo indosso gli indumenti precedentemente scelti ed asciugo i capelli, ripensando nel mentre a mia sorella ed imponendomi di proteggerla sin quando avrò vita. Subito dopo esco dal bagno e scendo al piano inferiore, entrando in cucina e notando soltanto ora che sono le 17:45. Scuoto il capo incredula del fatto che abbia perso ancora la cognizione del tempo per poi scrutare la russa piegata ed intenta a fissare il forno: «Nat.»
La russa sobbalza, lanciando uno sguardo assassino e mormorando lemmi poco gentili verso la mia persona. Un sorriso genuino imporpora le mie labbra tanto da far quasi emozionare la mia amica. Prima però che possa realmente commuoversi mi dà le spalle e termina di preparare la cioccolata calda, spruzzandoci sopra la panna ed aggiungendo le scaglie di cioccolato fondente. Subito dopo mi fa cenno di accomodarmi accanto a lei e consumare insieme la squisita bevanda bollente. Nonostante faccia ancora caldo, non riesco a negarmi tale bontà, anche se questa sia eccessivamente fumante. Necessito della cioccolata calda ogniqualvolta sono nervosa o di malumore.
«Oggi ti sei superata.» Mi congratulo con Natasha, laccandomi le labbra.
«Per fortuna che ci sei tu!» Esclama con voce stridula. «Almeno c'è qualcuno che mi fa i complimenti fuori dal letto.»
«Sei incorreggibile.»
Scuoto il capo esilarata, ridendo divertita, quando la russa prende parola: «Non sto mentendo.»
«Credo proprio mi sia passata la voglia di cioccolata.»
«Ne dubito.»
Non posso ribattere, poiché negherei l'ovvio, però conoscere queste sottigliezze sulla sua vita m'imbarazza parecchio. Consumiamo la squisita bevanda, discutendo sugli ultimi avvenimenti del campo e lavando le rispettive stoviglie. Dopo aver terminato di asciugare le tazze, prendiamo nuovamente posto a tavola, l'una di fronte l'altra, dando avvio ad una lotta di sguardi ed annegando in un silenzio alquanto disturbante. Prima che possa distruggerlo, Natasha esordisce con falsa sicurezza: «Il pollo si cuocerà in forno tra circa quaranta minuti. Credo sia arrivato il momento della verità, non sei d'accordo?»
«Sì, anche se farà male.»
«Sempre.» Ammette in un sussurro per poi drizzarsi sulla schiena e domandare: «Chi comincia?»
«Tu.»
Natasha mi lancia uno sguardo tralice, ma alla fine si arrende ed inspira profondamente. In questo modo guadagna tempo e trova il coraggio che le serve per rivelarmi il suo passato e farmi conoscere la parte di sé che cela a tutti, me compresa.
«Nacqui a Stalingrado, in Russia, da Alian Romanoff e la sua innamoratissima moglie. Sono la più piccola di cinque figli e l'unica bambina dopo quattro maschi. Amavo la mia vita non solo perché vivevo in una villa e godevo di molto denaro ma per gli affetti che mi circondavano. Sin da bambina mi resi conto della mia diversità rispetto alle mie coetanee, in quanto ero tremendamente furba e pragmatica tant'è che spesso m'intrufolavo nel loco dove prestava servizio mio padre, ovvero nella base segreta dell'Unione Sovietica: la ex-Specnaz. Puntualmente venivo scoperta, ma tentavo comunque di tornare, in quanto ammiravo il coraggio e la caparbietà degli agenti. Qualche volta sono persino riuscita ad intrufolarmi in uno dei loro addestramenti!» Natasha sospira trasognante quando una lacrima le solca il viso, facendola imbarazzare e tossire con nervosismo. «Non appena compì dodici anni, mio padre mi condusse alla base e mi addestrò in segreto quando un giorno fummo colti in fragrante da Alexei Shostakov, capo pilota della ex-Specnaz e mio futuro compagno.»
Involontariamente sbatto le mani sul tavolo e grido sotto shock: «Eri sposata?»
«Certo che no!» Sbotta alterata, incrociando le braccia al petto e costringendomi a ricompormi. «Fu il primo ad avere il mio corpo e l'unico al quale abbia donato il mio cuore.»
«Ora dov'è?»
«Morto, o almeno credo.»
«Mi dispiace.»
«A me no.» Rivela con voce roca. «Anzi...sono abbastanza soddisfatta della fine che fece.»
«Perché?»
«Quando esplose la fabbrica con il virus, la Russia fu la prima a subire il colpo, soprattutto coloro che erano vicini alla famiglia reale...»
«Va' avanti.»
«Catturarono la mia famiglia, ma Alexei mi salvò in tempo. Gli fui riconoscente e lo pregai di liberare i miei cari. Acconsentì, ma ad un condizione. Alexei mi bramava e voleva avermi almeno una volta. Non opposi resistenza, anche perché ero innamorata di lui, vista la nostra conoscenza e la reciproca fiducia. Quella notte gli donai non solo il mio corpo ma anche il mio spirito, ma il peggio avvenne solo qualche ora dopo. Alexei mi fece assistere alla fucilazione della mia famiglia, minacciandomi di farmi fare la stessa fine. Gli sputai in faccia, gli urlai contro e tentai di schiaffeggiarlo, ma fui immobilizzata e rinchiusa nelle segrete. Gli agenti ed i militari di passaggio mi stuprarono e seviziarono per notti intere, facendomi perdere i sensi per le troppe percosse e l'orrore dei loro atti animaleschi. Li pregavo di lasciarmi stare, di avere pietà di me e loro s'infuriavano, frustandomi e violandomi con più ferocia. Le notti o i giorni peggiori erano quelli in cui entravano contemporaneamente in più di uno, violandomi e picchiandomi ebbri dal piacere. Chiudevo gli occhi, tentavo invano di cadere nell'oblio e rivedere i miei genitori, ma puntualmente non ci riuscivo e mi svegliavo nella cella, fredda ed appiccicosa dei loro umori. Ogni volta che il loro membro mi penetrava, avvertivo lo stomaco squarciarsi ed un dolore acuto diramarsi in tutto il mio corpo. Alexei mi faceva visita, ma non mi toccava, in quanto ormai ero sporca, violata e senza valore alcuno. Osservava compiaciuto quello che i suoi amici mi facevano e rideva della mia stupidità, del mio cuore e della mia terribile situazione. Capì troppo tardi che anche Alexei faceva parte del marcio, della società corrotta ed io ero soltanto un'ennesima ragazza sfortunata capitategli tra le mani. Rimasi nuda in cella per circa una settimana e persi molto peso, in quando le bestie che mi facevano visita non mi permettevano di nutrirmi o riposarmi. Durante gli ultimi stupri non riuscivo nemmeno più a gridare o muovermi, poiché ero priva di forze ed il solo atto respiratorio mi risultava doloroso.»
Irrompo in un pianto disperato, convulso e collerico, poiché mai avrei creduto in così tanta malvagità. Natasha racconta il suo passato con sguardo assente e le braccia incrociate con forza al petto, parlando con voce grave e respirando con estrema difficoltà. Non potrei mai comprendere i suoi sentimenti né le sue scelte dopo che è riuscita a sopravvivere all'Inferno, ma certamente non la lascerò mai più sola. Mai più...
«Succedeva che talvolta vomitavo o urinavo durante lo stupro, venendo poi violentata con più brutalità e percossa sia con la cinta che con spranghe di ferro. Ricordo che l'ultimo giorno mi svegliai con un uomo che aveva il suo membro già nel mio corpo e si muoveva febbricitante. Pregai San Giorgio di venirmi a prendere, implorai i miei genitori di abbracciarmi ma rimasi viva...ancora. Ormai non mi restava più nulla, poiché ero sporca, violata e vuota. Provavo così tanto dolore da non capire più da dove provenisse tant'è che giacqui nel mio stesso vomito per ore in attesa della mia morte. Ero irriconoscibile: il mio corpo si era smagrito mostruosamente, il mio volto risultava più spigoloso ed i miei occhi avevano perso la fiamma che da sempre li aveva ravvivati. Non so il motivo né il quando un inserviente entrò in cella e mi afferrò nuda da sotto le ascelle. Ricordo che tentai di divincolarmi e di urlare, ma non ne avevo le forze. Rimasi sorpresa del fatto che non abusò di me e che mi condusse fuori dalla base, abbandonandomi in un cortile innevato della casa più vicina. Le mie membra sporche stonavano con la neve, candida e pura, ma mai avevo provato tanto piacere nell'avvertire il gelo nel mio corpo. Nonostante stessi congelando, vedere il cielo dopo settimane di prigionia mi fece sorridere e respirare a pieni polmoni. Prima di lasciarmi al mio destino, l'inserviente bussò alla porta, ma caddi nell'oblio senza riuscire a vedere subito i miei salvatori.»
«Quindi che accadde?»
«Una coppia d'anziani, molto devoti ai miei genitori, mi salvò e mi spiegò che l'inserviente era loro nipote. I giorni a seguire si occuparono di me, rischiando la vita, in quanto più volte gli agenti segreti vennero a farli visita. Non appena recuperai le forze, partì per l'Italia, avendo saputo del grande campo di Roma dove c'erano ottimi militari e molti sopravvissuti. Purtroppo quando giunsi lì, ritrovai una situazione simile a quella russa. Nonostante ciò, rimasi e poco dopo t'incontrai.»
«Alexei Shostakov morì?»
Natasha acconsente col capo, ammettendo confusa: «Non ne sono sicura.»
«Spiegati meglio.»
«Scoprì della sua morte quando arrivai in Italia, ma nessuno mi spiegò né il modo né la circostanza del suo omicidio.»
«Temi di rivederlo?»
«Sinceramente...credo di no.» Asserisce con fermezza, concludendo con voce grave: «Non solo sola, sono più forte di prima e non mi coglierà impreparata. Se è vivo, lo torturerò e lo ucciderò senza pietà alcuna.»
«Conta su di me.» Dichiaro con sincerità, poggiando la mia mano sulla sua e guardandola dritto negli occhi. «Sempre.»
«Grazie, Ambra.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top