Il passato di Ambra
Le sorrido con le lacrime agli occhi e singhiozzo al pensiero degli orrori che ha subito, scusandomi con lei per la mancanza di compostezza. Natasha mi osserva tristemente allietata, accarezzandomi con riconoscenza il dorso della mano ed attendendo con pazienza che rinsavisca. Non riesco a capire il motivo di tale brutalità e mancanza di umanità nei confronti non solo di un proprio simile ma soprattutto in quello di una ragazza, sola ed indifesa.
«Ambra.»
Le lacrime continuano a bruciare il mio viso arrossato ed i singhiozzi prorompono violenti dalle mie labbra. Tutto ad un tratto scuoto il capo in diniego, tirando su col naso ed asciugandomi le gote bagnate. Inspiro profondamente e tento di riprendere la compostezza perduta, nonostante il dolore sia ancora vivido e pulsante nel mio animo mortificato. Se solo potessi, vendicherei tutte le violenze da lei subite, ma non ne sono capace, perciò le resterò accanto e la proteggerò sin quando avrò vita. Non merita il male, non lei, non la mia Natasha.
«Mi dispiace...è terribile...» Mormoro in preda agli ultimi singhiozzi, guardandola dritto negli occhi e proseguendo con voce flebile: «So che non vuoi la compassione di nessuno, ma non riesco a mentirti...mi dispiace.»
«So che il tuo dolore è vero e ti sono grata per assorbire il mio, anche se in piccola parte.» Ammette commossa, drizzandosi sulla schiena e domandando divertita: «Quindi dove ci eravamo fermate?»
«Ora tocca a me rivelarti il mio passato.»
Natasha acconsente interessata, accostandosi al tavolo e puntando su di esso i gomiti ed il mento sui palmi delle mani. Mi scruta con occhi sfavillanti in attesa della mia confessione. Nonostante non abbia vissuto una vita così tremenda come la sua, pure io ho avuto il mio periodo buio e sono alquanto nervosa al pensiero di raccontarlo. In pochi ne sono a conoscenza e parlarne mi risulta sempre difficile. Compio un profondo respiro e punto il mio sguardo in quello della russa per poi rompere il silenzio.
«Nacqui in Italia, a Bari, dall'unione del sottoufficiale della Marina Italiana ed una donna amante delle lettere. Sono la prima di due figlie, in quanto ho una sorella minore, Sara, di tre anni più piccola. Il periodo più bello della mia vita si concluse con il mio decimo compleanno, poiché da quel giorno in poi ci fu un tremendo declino. Credevo d'esser parte di una famiglia unita e leale, ma il mese seguente del mio decimo compleanno scoprì il tradimento di mio zio con la migliore amica della moglie. Mio cugino all'epoca aveva solo cinque anni e la tragedia lo segnò a vita. L'invivibile situazione degenerò l'anno successivo quando io e la mia famiglia fummo cacciati dai nonni paterni per non aver accettato il traditore e la puttana con la quale condivideva il letto.»
Sono costretta a serrare la mascella e le mani in forti pugni tanto da conficcare le unghie nei palmi e creare dei solchi violacei. L'ira che avevo represso ed il dolore riaffiorano con così tanta violenza da farmi lacrimare gli occhi e tremare sulla sedia. Percepisco un gemito ruggirmi in petto e la gola seccarsi mentre i ricordi riemergono brutalmente alla mente. Natasha mi accarezza l'avanbraccio con delicatezza, spingendomi a proseguire senza mai distogliere il suo sguardo dal mio.
«Tutte le mie certezze, i miei ideali e la mia realtà si sgretolarono terribilmente dinanzi ai miei occhi. Stetti male per anni e forse ancora ora ne soffro, anche perché il modo in cui mio zio lasciò sua moglie e suo figlio fu tremendo. Se non fosse per i genitori di mia zia, lei e suo figlio avrebbero vissuto per strada mentre la puttana dormiva beata in un letto non suo. Trascorsi quattro anni così, disprezzata dai miei nonni ed affossata dal dolore, fin quando la bancarotta non bussò alla porta della mia casa. In verità già dall'età di dodici anni conoscevo le uscite e le entrate, perciò anche i debiti, tentando invano di trovare soluzioni e supportare i miei genitori, che puntualmente discutevano. Mia sorella piangeva ed io la stringevo a me mentre pregavo Dio di proteggerci ed aiutarci. Dopo quattro anni la nonna paterna rischiò la morte ed inevitabilmente i miei accorsero ad aiutarla, accantonando per un attimo le divergenze ed il tradimento. Tornammo a frequentarli e fui costretta a fingere d'essere una nipote felice quando in realtà volevo vederli soffrire tanto quanto penai io. Li detestavo per il male che fecero non solo alla mia famiglia ma soprattutto a mia zia e a mio cugino. Li disprezzavo per il denaro che possedevano ed il lusso in cui vivevano mentre noi a malapena arrivavano a fine mese. I "nonni" paterni umiliavano mia madre mentre mio padre cominciò a chiudersi in sé, rimuginando da solo sui numerosi problemi. Nessuno si rese conto che subivo bullismo nei primi anni di liceo, se non tardi, e di conseguenza nacque in me la voglia di sparire dal mondo. Nonostante ciò, non riuscivo a compiere quell'atto così immondo e scellerato, poiché amavo malsanamente la vita. È d'allora che indosso una maschera e non riesco a farne a meno.» Asciugo nervosamente una lacrima, arriccio il naso e proseguo con voce ferma. «La lettura e la scrittura mi salvarono, regalandomi l'unica via di sfogo oltre all'autolesionismo non molto grave sul mio corpo. Dai libri capì l'importanza del fuggire, del combattere e del reagire, ovvero il modo per sopravvivere: recitare sin quando avrò respiro.»
«Come arrivasti a Roma?»
«Nick Froster, un amico di mio padre, mi salvò...da lui. Fu l'ultimo della famiglia ad esser mutato, trovandosi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Si scagliò su di me...e...e dall'elicottero un militare gli ficcò una pallottola in fronte. Morì davanti a me...morì per salvarmi dagli altri membri della famiglia già mutati e...da se stesso.»
Non riesco più a proseguire, a ricordare o a dire altro. Irrompo in un pianto disperato, singhiozzando e tremando sulla sedia. Mi libero del dolore insito in me da anni, dall'orrore vissuto e subito, ma l'ira non riesco a lasciarla andare. Natasha rimane ferma, in silenzio, guardandomi con comprensione e tristezza. Sembra stia vedendo il mio passato ed ingoiando il mio racconto come una grossa pillola quando dalle sue gemme nebulose sgorga una lacrima, che stranamente non asciuga. Prima che possa rompere il silenzio e domandarle del suo turbamento, il suono metallico del forno ci fa sobbalzare. Senza prendere parola, mi alzo e servo la cena. Mi fermo accanto a Natasha e l'osservo ancora sotto shock, perciò la scuoto per una spalla: «Nat.»
La russa non sembra rendersi conto della mia presenza, completamente rapita in un mondo, sinistro e lontano. Angosciata e turbata dal suo bizzarro modo di comportarsi, le urlo nell'orecchio, vedendola finalmente rinsavire. La russa si scosta di poco e mi trucida con sguardo assassino: «Cosa c'è?»
«Mi sono preoccupata.» Ammetto, scrollando le spalle e prendendo posto dinanzi a lei. «Non rispondevi...eri assente.»
Acconsente distrattamente col capo, affondando la forchetta nel pollo e portandola alle labbra. Gusta la cena senza troppe cerimonie mentre tento di comprendere il suo improvviso cambiamento d'umore.
«So a cosa stai pensando.» Asserisce con voce grave, facendomi rinsavire ed addentare la mia cena.
«Ovvero?»
«Siamo state entrambe tradite da persone che amavamo.» Esordisce, guardandomi dritto negli occhi. «E mi dispiace per quello che hai passato.»
«Tu hai subito di peggio.»
«Sarà, ma il tuo rimane comunque un trauma, avendolo vissuto quando eri piccola.»
«Il tuo passato mi ha terrificato.» Rivelo ancora scossa.
«Alla fine siamo veramente più simili di quanto non credessimo.»
Acconsento col capo, mangiando una patata al forno e rivelandole con sincerità: «Ti ringrazio per avermi ascoltata ed avermi supportata nel dolore.»
«Grazie a te per esserci sempre.»
«Sei la prima alla quale racconto del mio passato, esclusa la mia famiglia.»
«Neanch'io...il solo ricordarlo mi tormenta. Tu sei la prima e l'unica che lo conosca.»
«Ne sono lusingata e veramente lieta di averti spinto a parlarne.»
«Lo stesso vale per me.»
«Ti voglio bene e sarei disposta a sacrificare la mia vita per te.»
«Ora non esageriamo, poiché mi sta salendo la glicemia per la tua sdolcinatezza.» Risponde con voce schifata, facendomi ridere, per poi concludere: «Anch'io ti ammiro e ti rispetto.»
La guardo sconvolta e veramente felice di sentire la sua confessione. Natasha non è brava con le parole, anzi non lo è per nulla, perciò la ringrazio per quanto rivelatomi questa sera. Entrambe condividiamo la stessa paura, lo stesso dolore...quello generato dal tradimento. Sono contenta di aver trovato in lei non soltanto un'amica ma una confidente, una persona che possa comprendermi senza giudicarmi. Detesto la compassione, in quanto ne ho ricevuta tanta, e non posso che essere lieta di aver lei con la quale poter condividere e superare questa terribile paura. Tutto ad un tratto smetto di mangiare e fisso intensamente la russa, ammettendo con sincerità: «Se non fosse per il nostro passato, non credo avrei mai trovato una vera amica. Mi fidavo e mi fido poco delle persone, in quanto sono sempre stata tradita in un modo o nell'altro.»
«In tutta sincerità credo di non esser mai riuscita a definire una donna mia amica.» Mi confida con nonchalance. «Non sono mai andata d'accordo con il mio stesso sesso.»
«Allora sono proprio fortunata!»
Natasha mi lancia una patatina e conclude con schiettezza: «Hanji è mia amica mentre tu per me sei una sorella.»
Mi alzo di scatto, facendo cadere la sedia a terra e producendo di conseguenza un tonfo fastidioso. Circoscrivo parzialmente il tavolo, la osservo per esigui istanti e poi la stringo con forza tra le mie braccia. Natasha s'immobilizza, scossa e confusa dal mio comportamento, ma poco dopo si rilassa e ricambia la stretta con la stessa intensità. Quello che rende un'amica speciale è proprio il fatto di poter contare su di lei, qualsiasi cosa accada, e riuscire ad alleggerirti dal timore e dal dolore che ti logorano perché quello che fa è aiutarti prim'ancora che tu possa rendertene conto.
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