1 - Dove è (sempre) colpa di Percy
1 - Dove è (sempre) colpa di Percy
L'esplosione fu l'inizio di tutto. Perché inizia sempre con un'esplosione.
Mi trovavo sulla via principale del Campo Mezzosangue. Era passata da poco l'ora di cena e nell'aria si respirava l'umidità di una pioggerella estiva in arrivo. In lontananza, sentivo le voci dei figli di Ermes radunati intorno ad un falò improvvisato - e non approvato da Mr. D. o da Chirone. Era il compleanno del più piccolo dei fratelli Stoll, Connor, e la sua casa si era adoperata per qualche festeggiamento a base di marshmallow e racconti di empuse. Tutta vita. Ma era sempre meglio di una guerra contro Gea, la perfida dea primordiale della Terra. Perciò quando Travis aveva esteso l'invito a me e a Percy, sì, avevamo accettato. Avevamo davvero bisogno di rilassarci un po'. Ma Percy doveva essersi dimenticato della festa, perché non si era fatto ancora vedere nei paraggi della casa di Ermes. Avevo già superato la casa di Apollo e stavo andando a dare una strigliata alla sua testa d'alghe quando lo vidi fare capolino dal suo villino personale ai più noto come casa di Poseidone. ―Hey,― gridò, vedendomi. ―Qualcuno cerca di uccidermi!
Mi limitai ad uno sguardo accigliato, andandogli incontro. Il fatto era che tutti cercavano sempre di uccidere Percy... credevo avesse cominciato a diventare un po' paranoico per la cosa, anche quando non c'erano pericoli o mostri in vista. ―Qualcuno ha appena dato fuoco al mio davanzale! ― insistette lui. Stavo per rispondere qualcosa, ma uno scalpiccio di zoccoli mi fece voltare verso le case sul versante opposto a quello dove mi trovavo. Tra la casa di Artemide e quella di Atena, Chirone trottava con Mr. D. che arrancava al seguito. ―Paride!― sbraitò Mr. D.
Mi strinsi nelle spalle. ―Chi è Paride?
―Credo ce l'abbia con me,―disse Percy. ―Paride, Percy, Piergiorgio... per lui sono tutti uguali.
Lo affiancai, scrutandolo per un momento. Percy aveva perso un po' di peso, durante lo scontro con Gea, ma le ultime settimane di riposo sembravano averlo rimesso a nuovo. Certo, non aveva le spalle larghe di Frank o i muscoli scolpiti di Jason, ma con la maglietta arancione del Campo e la solita felpa con il cappuccio faceva sempre la sua bella figura. Se ne stava con le mani nelle tasche dei jeans, le scarpe da ginnastica slacciate, come se se le fosse infilate al volo. Ero ufficialmente innamorata di lui. Ne avevamo passate troppe insieme perché non fosse ufficiale, e salvare il mondo aveva avuto un non so che di romantico al punto che avevamo deciso di pensare ad un futuro unico, invece che a due separati... Comunque, l'aria allarmata di Chirone mandò in fumo i miei farneticamenti rosei in meno di mezzo secondo. Il centauro galoppò a perdifiato per l'ultimo tratto che lo separava da noi e poi frenò gli zoccoli una volta arrivato, mentre metri più indietro Mr. D. gridava ancora a gran voce: ―Paride! Paride!
Chirone lanciò un'occhiata distratta alle proprie spalle. Sembrava davvero preoccupato, e non credo fosse per via dei tempi di corsa di Mr. D. ―Percy, Annabeth, ―ci chiamò. ―E' successa una cosa terribile. Gli dei...― BOOM! Un boato fece tremare la terra, mandandoci tutti a gambe per aria.
Io e Percy per un istante cercammo di tenerci in piedi a vicenda, ma Mr.D. fu sbalzato verso di noi come una palla da bowling. Fece strike. Solo Chirone riuscì a restare in equilibrio - ma gli piaceva vincere facile, dal momento che lui di gambe ne aveva quattro, essendo un centauro. Alle nostre spalle, in mezzo alla foresta dove giocavamo a caccia alla bandiera, divampò di colpo un incendio. Si inerpicò subito su un paio di alberi, accendendoli come torce olimpiche fuori misura. "Alla faccia del falò degli Stoll," pensai di getto.
Percy mi aiutò a tornare in piedi, spalancando la bocca dalla sorpresa. ― Ditemi che non è colpa del mio davanzale.
Io avevo gli occhi incollati sull'incendio, ma sentii Mr. D. mugolare improperi in greco antico che non mi sembra il caso di ripetere. La terra tremò di nuovo, come una scossa di assestamento. D'un tratto, da tutte le case sfrecciarono fuori semidei sconvolti. Dilagò il panico, finché Chirone non diede un unico, preciso ordine. ― A spegnere le fiamme, eroi! Forza!
― Ci penso io ―disse Percy. Si era già incamminato verso l'incendio, e io lo stavo già seguendo, quando Chirone afferrò entrambi per le braccia. ―No, voi venite con me.
Cercai di protestare. ―Ma Percy...
―Adesso, Annabeth ― disse Chirone. Il suo tono mi raggelò le ossa. Mi scambiai un'occhiata con Percy, e insieme, senza dirci una sola parola, decidemmo di obbedire. Mr.D. si arrampicò in qualche modo sulla groppa del centauro. ―Non rifaccio la strada a piedi,― annunciò,―no, no, no, nemmeno per sogno.
Chirone non protestò. Fece solo cenno a me e a Percy di stargli dietro. Marciammo di buona lena in direzione della casa grande, mentre sfilze di semidei armati di secchi d'acqua ci passavano accanto, senza degnarci di troppa attenzione. Mr. D. si girava di continuo dalla groppa di Chirone, per controllare l'incendio, e forse anche qualcosa di peggiore che ancora non ci avevano detto.
Quando mettemmo piede nell'ingresso della casa grande, mi sembrò il momento di scoprirne di più. ―Si può sapere che succede?―chiesi.
Mr.D. caracollò giù dalla groppa di Chirone, masticando ancora parolacce arcane. Un fulmine accese per una frazione di secondo la notte, oltre l'uscio della casa grande ancora aperto. La pioggia cominciò a battere con fragore. ―L'ira di Zeus è peggiore di quanto credessi,― disse Chirone, in tono lapidario.
―L'ira di Zeus?― ripeté Percy. ― Che gli prende, stavolta? Vuole un nuovo televisore al plasma?
―Chiuditi quella boccaccia, Pericle,― lo ammonì Mr.D., ―fossi in te me ne starei buono ad ascoltare e basta.
Negli occhi di Percy baluginò un pelo di rabbia. ―Mi chiamo Percy. Per tutti gli dei, Mr. D., sono al Campo da quanto? Sei, sette anni? Ho salvato il mondo un centinaio di volte. L'ultima quand'era? Ah, sì, un paio di settimane fa. Ho tipo sconfitto la divinità primordiale più pericolosa in circolazione. Potrebbe anche ricordarselo, il mio nome, dato che è sobrio da qualche millennio.
La faccia di Mr. D. diventò di una strana sfumatura violacea, la stessa di una melanzana. Mi misi d'istinto un passo avanti a Percy. ―Quello che Percy sta cercando di dire, con le parole sbagliate, è che sarebbe bello se la smetteste con tutto questo mistero e ci diceste qual è il vero problema.
Percy continuò a tenere contatto visivo con Mr. D. ―No, quello che sto cercando di dire...
―Annabeth ha ragione,― intervenne Chirone. Gli schioccai un'occhiata riconoscente, a cui lui però non prestò molta attenzione. Si avvicinò all'uscio della casa grande, per scrutare il temporale. ―Zeus è adirato.
―Questo l'avevamo intuito,― mugugnai.
Percy mi diede man forte. ―Sì, le folgori che incendiano la foresta sono state un indizio piuttosto inequivocabile. Per non parlare del mio davanzale. Che gli prende al paparino, stavolta?
Chirone prese un vistoso sospiro. ―C'è stato un furto, sull'Olimpo.
Percy mandò una risata sarcastica. ―Beh, se le tenesse più strette, quelle dannate folgori.
―Non si tratta di una folgore,―disse Chirone. ―Non si tratta di qualcosa appartenente a Zeus.
Mi accigliai. ―Allora a lui che gliene importa?
―L'Olimpo è sotto la sua responsabilità, ―disse Chirone, ―e poi la vittima del furto è... diciamo benvoluta da tutti.
―E' la cocca di papà,―fece eco Mr.D., ―solo perché se ne sta sempre zitta e buona per i fatti suoi! E non si è neanche mai capito se sia davvero sua figlia.
―Chi è? ―chiese Percy.
Chirone cercò il mio sguardo, e a rispondere fui io. Avevo abbastanza informazioni per essermi fatta un'idea corretta di chi fosse la divinità in gioco. ―Ecate,―dissi.
Percy corrugò la fronte. ―La strega che insegna trucchetti con la Foschia ad Hazel?
―Ecate non è una strega, zuccone,―ringhiò Mr.D. ―E' la dea della arti magiche, degli incroci e della necromanzia. Tiene in piedi il velo che separa il mondo degli dei da quello dei mortali. Può vivere sull'Olimpo, nelle profondità del mare, nell'Oltretomba o sulla Terra, se lo preferisce. Il suo buon carattere le ha dato sempre molti privilegi e poche restrizioni. E anche un gran soprannome, se proprio vogliamo dirla tutta.
―La Signora Oscura,― dissi io. Mr.D. e Chirone annuirono all'unisono. ―Che cosa le è stato rubato?
―Una torcia,― disse Chirone.
Io capii immediatamente la gravità della cosa, ma Percy chiese: ―Ed è tanto importante, questa torcia?
―E' un simbolo, Percy,― gli feci notare. ―E' come se qualcuno rubasse il tridente a tuo padre.
―Per mio padre Zeus non scatenerebbe il diluvio universale, ―ribatté lui. Non potevo dargli torto, ma non era quello il punto. ―Le torce di Ecate hanno anche una funzione,― continuai a spiegare. ―Sono un lasciapassare.
L'espressione di Chirone si fece truce, peggiore di quella di Mr.D., ma nessuno dei due intervenne. Percy diede una scrollata di spalle. ―Un lasciapassare per dove?
―L'Oltretomba,― dissi. ―Chi possiede una delle torce di Ecate può andare e venire dall'Oltretomba a piacimento, totalmente indisturbato, e può riportare indietro i morti.
Percy d'un tratto sembrò capire la gravità della situazione. ―Tutti i morti?―chiese.
―In teoria sì,― disse Chirone.
―In pratica?―domandò ancora Percy.
―In pratica anche,― risposi io. Poi schioccai un'occhiataccia a Mr.D. ―Che c'entriamo noi con questa storia?
Mr. D. incrociò le braccia corte e tozze al petto. ―Zeus crede che voi abbiate rubato la torcia di Ecate.
―Cosa?― Percy alzò le mani per aria. ―Sta scherzando? Dopo tutto quello che abbiamo fatto per gli dei, sparisce una lampadina e i primi che incolpano siamo noi?
―Sei tu, Percy Jackson.― La voce di Mr.D. suonò tagliente come un colpo d'ascia. E non sbagliò nemmeno il nome. ―Zeus deve essersi legato al dito quella storia della folgore.
―Io non ero il ladro di fulmini! ―sbraitò Percy.―Ne stiamo ancora parlando dopo tutto questo tempo?
―Zeus non conosce ragione,― intervenne Chirone, scuro in volto. ―E' convinto che tu abbia rubato la torcia di Ecate, Percy. Crede che tu la voglia usare per far tornare tra i vivi Leo Valdez.
Il nome di Leo colpì me e Percy in faccia come uno schiaffo. Rimanemmo muti e interdetti per qualche istante. Poi riuscii ad elaborare qualche pensiero razionale. ―Ma è assurdo,― dissi per prima cosa. ―Allora perché noi? Perché non incolpare Jason e Piper? Loro erano i migliori amici di Leo.
―Loro non si sono rassegnati,― disse Percy. Abbassò lo sguardo a terra per un momento, prima di piantarlo nel mio. ―Non credono davvero che sia morto.
Chirone annuì. ―Percy ha ragione. Per questo il primo capro espiatorio di Zeus siete stati voi. Adesso, per formalità, devo chiedervelo.― Prese un respiro, e ci guardò con quei suoi occhi millenari da brivido. ―Avete rubato la torcia di Ecate?
Io stavo per passare dall'essere sconvolta e sorpresa all'essere indignata. Percy invece scoppiò proprio a ridere. ―Certo, dopo aver sconfitto Gea non vedevo l'ora di rimettere zizzania sull'Olimpo. Giuro, non ci dormivo la notte. Mi chiedevo: come posso far arrabbiare così tanto Zeus da fargli folgorare la foresta del Campo?
―Percy,― lo ammonì Chirone. ―Non sto scherzando.
―Neanche io, ―ruggì Percy. ―Sono stufo di questa storia. Qualsiasi cosa succede è colpa mia.
―A Zeus non sei mai andato troppo a genio,― gli feci notare. Non il mio miglior commento di sempre, devo ammetterlo. Percy per un momento sembrò volersela prendere anche con me. Gli schioccai un sorriso innocente e presi in mano le redini del discorso. ―Inutile perdere tempo ad insultare Zeus,― dissi,―ora come ora non ci aiuta. Peggiorerebbe solo le cose.
―Ma mi fa sentire meglio,― replicò Percy. Stavolta a fulminarlo con gli occhi fui io. ―Sai cosa ti farebbe sentire davvero meglio, Testa d'alghe?
Percy disse subito un secco e solo: ―No.― E non intendeva dire "no, non lo so"; intendeva, "lo stai per dire, e no, non sono d'accordo". Sentii lo sguardo di Chirone addosso. Anche lui aveva avuto la mia stessa idea. Ed era per quello che eravamo lì adesso. Era quello il suo messaggio urgente per noi. Dovevamo trovare il vero ladro.
―Percy, Annabeth...― iniziò.
―No!― sbraitò di nuovo Percy. ―Non esiste! Io e Annabeth siamo in vacanza! Ce la siamo meritata. Pronto? Abbiamo sconfitto Gea!
Gli posai una mano su un braccio, per farlo calmare. Da una parte non potevo dargli torto, dall'altra sapevo che Zeus avrebbe continuato ad incendiare alberi finché il vero ladro non sarebbe saltato fuori. ―Considerala una gita fuori porta,― dissi a Percy. ―Solo io e te. Nella vastità del mondo reale pullulato da mostri e demoni.
Percy mi squadrò. ― Tu ci vuoi andare?
Sospirai. ―Hai un piano migliore per placare i bollenti spiriti di Zeus? E non dire oscenità.
Percy si limitò a tenere le labbra serrate e a guardarmi negli occhi. Nei suoi, al momento, sembrava imperversare la tempesta che stava di fuori. ― Solo io e te, ― disse alla fine.
Chirone allora si schiarì la voce, per assumere un tono solenne. ―Eroi, una nuova impresa è venuta a bussare alla vostra porta.
―Mi pare più che l'abbia buttata giù,― protestò Percy. Gli feci cenno di starsene buono.
―Dovete trovare il ladro della torcia di Ecate,― continuò Chirone.
―E dovete farlo da soli,― diede man forte Mr.D., ―stavolta niente profezie, niente pic-nic e niente fronzoli.
"Come se ci fossimo mai gingillati," pensai con rabbia. Mr.D. parve leggermi nel pensiero, e indurì lo sguardo. ―Non escludete nessuno dalla lista dei sospettati,― disse, a denti stretti. ―Dei, semidei, ninfe, satiri, polli.
Percy si accigliò. ―Polli?
―Forse intendeva arpie,― bisbigliai. ―Deve aver visto Ella nei paraggi...
―Cominciate sorvegliando l'ingresso degli Inferi,― suggerì Chirone.
Io rabbrividii, ma Percy si finse spavaldo. ―Sì, dopo l'ultima permanenza all'hotel Tartaro non vedevo l'ora di rimettere piede da quelle parti.
―Non dovete entrare nell'Oltretomba,― chiarì Chirone,―ma se dovete farvi un'idea su chi sia il ladro della torcia forse sarà utile capire chi fa avanti e indietro dal regno di Ade. Se avete altre idee, comunque, procedete.
No, non ne avevamo. Nemmeno una. ―Ci serve qualcuno da piazzare a Los Angeles,― dissi infine. ―Noi possiamo controllare l'ingresso a Central Park, ma ci servono occhi anche agli Studios sulla costa ovest.
―Clarisse mi deve un favore,― disse Percy, ―e sarà felice di aiutare. Metti "mostri" e "impresa" in un'unica frase e l'hai conquistata.
―Bene,― fece Chirone. ―Non aspettate che spiova. Partite al più presto.
―E tornate con tutti gli arti attaccati al corpo, grazie, ― disse Mr.D., ―i figli di Apollo non si divertono a farli ricrescere.
Io e Percy annuimmo all'unisono. Poi lanciammo un ultimo sguardo a Chirone e Mr.D., prima di uscire sotto il temporale.
― Preparo al volo lo zaino e ci incontriamo davanti alla mensa, ― dissi, ― io porto nettare e ambrosia, tu pensa al cibo. E con cibo non intendo merendine, Percy. Ci serve qualcosa di nutriente. Non so quando faremo ritorno, perciò dobbiamo pensare nel lungo termine... Che cosa ti ridi?
Percy se la stava davvero spassando, con la pioggia che gli scivolava addosso senza bagnarlo e una risata muta sulle labbra. ―Cerco di guardare il lato positivo. E il lato positivo è che adoro l'idea di un'impresa con te,― disse. Mi tirò per un braccio, e prima di prendere la direzione opposta alla mia mi schioccò un bacio sulle labbra. ―Non scordare il cappello degli Yankees, Sapientona.
✩✩✩
N.d.A.: L'impresa è cominciata, semidei e semidee! Che ve ne pare di questo primo capitolo? Allacciate le cinture, perché ci sarà da tenersi forte.
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