Thewinterhoney


NomeThewinterhoney

Segnaposto: pennello

Monete: 892

Idee/valore:
Cartoleria Ovest acquistata per 200 monete (Storie d'amore), ha una rendita pari a 173 monete
Via della Formazione acquistata per 100 monete (Narrativa generale) ha una rendita pari a 95 monete

Storico:
-200 monete per acquisto Cartoleria Ovest
+40 monete per Probabilità
-144 monete per Via dei Triangoli di Melaverde_fra
+173 monete per Cartoleria Ovest
+173 monete per Cartoleria Ovest
-130 monete per Viale delle Creature Oscure non consegnato
-150 monete per Tipografia
+200 monete per Passaggio dal Via
-100 monete per acquisto Via della Formazione
-150 monete per Libreria
-10 punti per Imprevisto
-130 monete per Viale delle Creature Oscure non consegnato
-190 monete per Via dell'Evoluzione non consegnato


La storia: Il Bianco e il Nero

1° parte

"Stringo le labbra, basta così poco per trattenere il respiro e sentire il tuo cuore batterti forte nelle tempie.

Tu-tum, tu-tum, tu-tum.

È un rumore regolare, quasi ipnotico, quello del proprio cuore che pulsa, che continua a combattere, divenendo quasi disperato per tentare di portare avanti in ogni modo la nostra vita. Quando senti di non potercela fare più sei obbligato dall'istinto a tornare a respirare, non puoi scegliere di smettere da solo.

Non hai la possibilità di scelta su questo.

Su due cose non possiamo mantenere il controllo totale: vivere e morire.

Venire al mondo non è una scelta e a dettare l'ordine al cervello di trarre il primo respiro è solo istinto, forse la prima azione inconsciamente consapevole che facciamo è il primo vagito. L'urlo che il neonato libera per annunciarsi al mondo, in un mondo che lo accoglie con l'affetto dei genitori e la gelida indifferenza del cemento e della natura. Tutto questo senza neppure un barlume di scelta. Allo stesso modo, non si può scegliere di continuare a respirare se ormai il tuo tempo è arrivato, che tu abbia novanta o vent'anni... "

La penna scorre con grazia sul foglio a righe, conducendo una danza tra le parole scritte e i pensieri che continuano a galleggiare nella mente della sua proprietaria, la mente pensate che permette all'inchiostro di sporcare in modo così preciso la carta bianca. Una mente umana che come tutte è collegata a un volto, un corpo e, probabilmente, a una storia.

Spesso è più facile descrivere l'aspetto estetico di una persona rispetto a quello interiore, quello nascosto che nessuno conosce fino infondo, neppure il suo stesso proprietario. È più facile osservare qualcuno dall'esterno, magari immaginare una storia che dia una motivazione a un determinato gesto o atteggiamento o che racconta le origini di quelle rughe su quel viso sconosciuto e anziano.

È più facile fermarsi all'apparenza, in realtà. Di solito tutti guardano solo la superficie, avendo paura di rovinarsi le unghie nel qual caso decidessero di grattare via il velo patinato colto dalla vista ma che annebbia lo sguardo del cuore.

Per esempio, c'è un ragazzo seduto su quella panchina nera, laggiù. È un ragazzo abitudinario, ogni giorno alle 16.17 precise si siede lì, nella mano destra tra il medio e l'indice tiene in bilico una sigaretta artigianale, di quelle che hanno la cartina mezza trasparente un po' schiacciata e mostrano il tabacco intrappolato, mentre l'altra mano stringe una spallina dello zaino di pelle che porta a penzoloni sulla schiena. Non è un tipico zaino scolastico, è più grosso e leggermente piatto, di quelli che contengono i computer portatili, ma non contiene un computer. O, per lo meno, quello che tira fuori da lì ogni volta non è mai un computer, ma un libricino dalla copertina rigida e i fogli a righe, per metà bianchi per metà scritti. In particolare, il foglio su cui scrive ogni volta è sempre il sinistro, mai una volta la punta della sua Bic nera si è posata su quello destro. Come se quella pagina fosse inviolabile, scrive concentrato su quelle righe per ore.

A volte, invece, scrive solo per pochi minuti.

Poi alza lo sguardo sul paesaggio di fronte a sé, guardandosi intorno un po' smarrito, con gli occhi color cobalto persi a rincorrere qualcosa nella propria mente, un ricordo, un'idea... Una persona.

Si passa la mano destra sporca di inchiostro su un occhio, la fa scivolare sulla fronte e in seguito tra i capelli castani dai riflessi di miele nelle giornate di sole o più scuri che mai in inverno. Mormora qualcosa e poi si appoggia in modo rigido allo schienale della panchina, chiude gli occhi e respira.

Nessuno si ferma mai a parlare con lui, nessuno viene mai lì con lui, ma talvolta qualche ragazza rapita dal suo fascino gli lancia ben più di un'occhiata, ammirando la linea dura della mascella, così virile a discapito di quella morbida delle labbra, piena, quasi perfetta come in un dipinto di Botticelli. Sembra un poeta o uno scrittore, di quelli maledetti che affascinano tanto le ragazzine, sempre vestito di nero. Sempre con un'espressione malinconica sul viso.

La storia che raccontano i suoi occhi è quella di una perdita, di una lacerazione profonda.

Magari un amore tragico. Magari un amore spezzato troppo presto dalla morte.

Ma la verità la saprà sempre e solo lui.

Oggi però, c'è qualcosa di diverso dal solito. È l'ultimo giorno di settembre, sta per arrivare l'autunno e le giornate si fanno sempre più corte e sempre più fredde, dove sta scritto che vivere vicino al secondo lago più grande d'Italia aiuti a mitigare i cambiamenti climatici? È questo che si sta chiedendo la ragazza dall'altra parte del Ticino, mentre stringe le mani intorno alla sciarpa leggera di cotone bianca con i fiorellini blu che quella mattina ha scelto di usare. Cerca di bloccare l'umidità, mentre una sottile pioggerellina le colpisce i capelli scoperti e scivola sul suo viso. Nella sua mente immagina già di sembrare un panda fuggito da qualche riserva naturale o un orsetto lavatore, data la sua altezza e il trucco nero intorno agli occhi di miele.

Non è di quella parte di fiume, lei, e di solito si troverebbe in un luogo asciutto, nel ristorante in cui lavora part-time da qualche mese ormai, ma oggi ha un'appuntamento ed è anche piuttosto in ritardo, come suo solito. Continua a lanciare sguardi ansiosi all'orologio che tiene al polso, si era ripromessa di arrivare addirittura in anticipo quel giorno, pensa un po'!

E, goffa com'è, inciampa addirittura nei suoi stessi piedi, finendo a terra, proprio davanti a uno strano ragazzo che si blocca con una penna in mano e un quadernino sulle ginocchia. Invece di mettersi a ridere o chiederle se sta bene rimane immobile a fissarla negli occhi. Nessuno dei due lo sa, ma in quel momento due realtà completamente differenti tra loro si stanno scontrando e da quell'incontro qualcosa cambierà.

Due sconosciuti possono innamorarsi solo con uno sguardo? 


2° parte

Lui non è il tipo di ragazzo che riesce a dimenticare uno sguardo o un viso, per questo è sicuro di non averla mai vista e riconosce che quella strana sensazione che sta provando deve essere assolutamente sbagliata. Eppure la sua mente scivola in un ricordo lontano, annebbiato dal tempo, in cui un paio di occhi di miele lo fissano quasi con la stessa espressione.

Deve sbattere un paio di volte le palpebre per ritornare alla realtà, la ragazza ha notato che quegli occhi di cobalto si sono velati un attimo mentre la guardavano, come se il loro propietario fosse lontano con la mente, mentre col corpo tende la mano per aiutarla, un minuto in ritardo perché lei sta già facendo pressione con le proprie per rialzarsi. Non sa cosa dire appena nota che ritorna presente le sue guance si colorano di un rosa tenue ma diffuso, mentre abbassa lo sguardo e maledice la propria goffaggine a mezza voce. Non sa bene come tirarsi di impiccio, ma il ragazzo sembra non accorgersene, concentrando l'attenzione su un punto fisso sulla sua gamba, lei fa lo stesso e vede la calza nera smagliata e delle lievi gocce di sangue che sgorgano piano da piccoli taglietti sulla propria pelle chiarissima.

Solo lei può ferirsi da sola, inciampando sui suoi stessi piedi. Dannate ballerine.

"Ti fa male?"

Chissà perché ma quella voce leggermente roca è esattamente quella che avrebbe abbinato a quel viso, anche senza sentirla scivolare fuori da quelle labbra morbide, ma poco consone a far uscire alcun suono futile, solo lo stretto necessario. Non trova le parole per rispondere, non subito, si sente improvvisamente confusa dopo quel suono inaspettato, ormai si era convinta che si sarebbe alzata e se ne sarebbe andata solo con la sensazione di quello sguardo addosso. Invece lui l'ha sorpresa e la sta per sorprendere ancora.

Si alza, svettando per altezza su quella figura esile e piccola, per poi inginocchiarsi e passare una mano sulla sua gamba, usando l'orlo della propria camicia per tamponare via il sangue, come se fosse un gesto qualsiasi, come se la conoscesse da sempre e volesse in qualche modo prendersi cura di lei. Le guance della ragazza tornano ad arrossire, ma rimane con le labbra appena socchiuse, come se fosse tentata di dire qualcosa, schernirsi, tirarsi indietro... Ma non lo fa.

Qualcosa la trattiene, uno sconosciuto è in ginocchio davanti a lei, la sta toccando e malgrado tutto non riesce a tirarsi indietro, ad allontanarsi. C'è qualcosa di magnetico che l'attrae verso quello sconosciuto tutto vestito di nero, dai jeans stretti fino al cappotto e persino la camicia che sporge dalle maniche è nera. Sembra quasi un angelo dannato, forse addirittura quello della morte.

La ferita che prima le bruciava leggermente ora sembra risanata da quel tocco caldo, dalla morbidezza del tessuto che la tampona e che sembra risucchiare ogni sua protesta insieme al suo sangue. Le sembra una situazione assurda, almeno razionalmente, ma qualcosa le sussurra che va tutto bene, qualcosa che legge nei gesti di lui e che poi va in frantumi appena i loro sguardi s'incrociano di nuovo.

"Non... Non ti preoccupare, sto bene, sono solo inciampata." balbetta "Mi capita spesso"

Il ragazzo sbatte le palpebre e la sua espressione concentrata si disfa come neve al sole, mentre torna ad alzarsi toccandosi la base della nuca in un gesto incontrollato, il primo che abbia mai fatto dopo tanto tempo. Si tira leggermente i capelli e fissa un punto oltre la propria spalla per qualche istante.

"Mi spiace se sono stato invadente."

"No no, sei stato molto gentile! Ora però devo andare..."

Gli occhi di miele di lei cercano di nuovo di catturare quelli di lui, mentre quella sensazione lontana le prende ancora una volta le viscere e la fa sentire sempre più confusa. Lei in realtà vorrebbe fermarsi e chiedergli se anche lui ha provato una sorta di déjà-vu quando l'ha vista, se magari si sono mai incontrati prima. Chiedergli perché si sia chinato in quel modo di fronte a lei per dei semplici graffi... E poi sussurrare che sembra davvero un angelo.

Ma deve mordersi la lingua, perché tutto questo suona assurdo anche solo all'interno della propria testa e se si lasciasse andare sicuramente gli sembrerebbe una pazza, come si sta dicendo in questo istante. Inoltre, lei è davvero in ritardo e lo dimostra persino il suo cellulare che inizia a suonare diffondendo la sua canzone preferita dei Linkin Park.

"Devo proprio andare!" e dicendo questo fa un passo indietro e poi un altro. Ora ha solo la sensazione e la voglia di allontanarsi il più possibile, come se volesse sfuggire ai propri pensieri e alla vergogna. Ha fatto l'ennesima brutta figura e la sua mente fantasiosa ha già iniziato a lavorare a tutti i possibili scenari fantasy che le vengono in mente. E sono parecchi.

Ma dopo avergli voltato le spalle e aver fatto neanche un metro, non riesce a frenare la propria bocca e i propri piedi, girando su se stessa:"Comunque per la camicia se domani sei di nuovo qui, me la porti e te la lavo. Anche se è nera, il sangue macchia."

Un sorriso incerto le alleggia sul viso, mentre dentro vorrebbe morire.

E lo lascia così, senza aggiungere altro, neanche un nome, in mezzo alla passeggiata lungo fiume con una leggera pioggerellina che ormai li sta rendendo più fradici che asciutti.

Ma questo lui non lo nota neppure, lui che è sempre stato uno attento ai dettagli non riesce a scrollarsi dalla mente quell'ultimo mezzo sorriso di lei, imbarazzato.

E la sensazione di volerla accarezzare ancora.

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