𝗻𝗲𝘂𝗿𝗼𝘁𝗶𝗰
⟿ ✿ ship :: TsukkiYama
⇉❃➶ !AU :: Thriller !AU
➭ ✧❁ questa storia è stata scritta per un contest di coppia con Lavienne_ . l'incipit della storia era :: "Una giovane ricercatrice ed il suo migliore amico viaggiano per lavorare su un caso importante. Arrivano sul punto di lavoro e trovano ogni cosa coperta da ghiaccio. E sarà studiandolo che scopriranno l'origine.
L'origine di qualcosa..." che abbiamo ovviamente completamente rielaborato perché ecco era un po' tanto strano lol :)
➥✱ song :: "Neurotic", Three Days Grace
⤜⇾ parole :: 11.700
➸★✺ disclaimer :: la storia è divisa in due parti. trovate la prima sul mio profilo, qui, e la seconda sul profilo di Lavienne_, dovremmo aver vinto qualcosa ma non ho nemmeno io capito tanto bene cosa ;D
➤♡❆ alert :: questa storia è FORTE. forte fortissima, davvero, non nel senso dell'angst ma nel senso del GORE cioè capiamoci è esplicita ed è forte, non tanto qui sulla mia parte ma in quella di Lavienne_ , ve lo assicuro. è disturbante, forse una delle più disturbanti che abbia mai scritto, è pesante è piena di abuso piscologico e tematiche affini. so che tutt* ci aspettavamo una tsukkiyama carina da parte mia per farmi perdonare strawberry shortcake, ma invece NO INVECE ECCOVI LA DEVASTAZIONE PIU' TOTALE
➠♡༊ written :: 26/08/2020
⧉➫ genre :: introspettivo, gore
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Riconosco il rumore delle chiavi che girano nella serratura della porta immediatamente.
Fanno un suono ben distinto, chiaro, ferreo nella mia memoria, appena metallico e stridulo, che mi genera nel petto una serie di emozioni che non saprei ben distinguere neppure io.
È tornato.
Lo stavi davvero aspettando così tanto?
Menomale, così ho qualcosa da fare.
Cancella quell'applicazione.
Sono a letto, seduto a gambe incrociate in mezzo al materasso nel buio più completo.
Non mi ero reso conto che fosse così tardi.
Credo che chiacchierare con qualcuno che consideri realmente tuo amico sia più divertente di quanto ricordassi, e credo anche che il tempo sia davvero volato.
Stiro le gambe sotto di me, mentre prendo il cellulare con entrambe le mani.
Tsukki dice che non mi devo fidare delle persone che conosco online, che sono tutte nient'altro che approfittatori, molestatori e stronzi con intenzioni dubbie, ma questo è diverso.
Non è che l'abbia conosciuta qui.
Ci siamo solo ritrovati.
E parlare con qualcuno di diverso, ogni tanto, anche se mi fa sentire tremendamente in colpa pensarlo, mi fa davvero tirare una boccata d'aria.
Apro la chat, sorrido muovendo le dita nel buio mentre ascolto Tsukki togliersi le scarpe, mettere via le cose e sistemarsi prima di venire a salutarmi.
"Scusa è appena tornato :P".
"Ci sentiamo presto".
Vedo le spunte comparire e i tre pallini saltellare nell'estremo opposto ai miei messaggi, ma non ho il tempo di guardar comparire la sua risposta.
"Andrà tutto bene".
Chiudo l'app, tengo premuto il polpastrello sullo schermo, aspetto che compaia la croce e la cancello, come faccio tutti i giorni... da due mesi a questa parte.
Ma finisce oggi.
Finirà oggi.
Non posso nascondergli ancora questa cosa, perché è scorretto, perché la sto trasformando in qualcosa di molto più grande di quanto non sia, perché non c'è niente di male, perché non voglio che si preoccupi.
Tsukki è molto protettivo, nei miei confronti.
Lui mi ama più di chiunque altro, è normale che voglia difendermi dallo schifo che il mondo fa al di fuori di casa nostra, lo so. Lui non vuole che io soffra, non vuole che io ci rimanga male come ci sono rimasto male per tanti anni della mia vita, vuole solo il mio bene.
Ho solo avuto paura che si preoccupasse.
Ma ora che sono sicuro che lei sia un'amica vera e una persona che esiste realmente, sono certo che non se ne preoccuperà, e mi perdonerà l'omissione.
Arriva in camera qualche istante dopo.
Mette la mano sulla maniglia della porta, la spinge verso il basso.
Le cerniere hanno bisogno di un po' d'olio, perché fanno rumore, nell'aria silenziosa, che mi ricorda uno squarcio metallico.
Lascio cadere il cellulare sul letto, mi tiro su spingendomi dalla schiena e sorrido prim'ancora di vederlo in faccia.
Tsukki è sempre stato bello.
Non credo che sia solo ai miei occhi, questo.
Credo che sia qualcosa di universale.
Bello di una bellezza antipatica e infida, affilata e distante. Bello in colori chiari ed eterei che rivelano lontananza, distacco, perfezione.
Intoccabile.
L'essenza di qualcosa di intoccabile.
Qualcosa che permette di toccare solo a me.
− Ciao, Tadashi. –
Sorrido a trentadue denti.
− Ciao, Tsukki. Mi sei mancato. –
Ci siamo conosciuti quasi per caso.
Non so cosa di me lo avesse colpito, sono sempre stato piuttosto dimesso, piuttosto... normale. Lavoravo ancora, all'epoca, in uno di quei bar universitari pieni di gente dove vedi mille persone e non te ne ricordi mai nessuna.
Non che andassi all'università, avevo già smesso ed ero a Tokyo per tutt'altro motivo, ma quel lavoro me l'ero tenuto.
Era alto, distaccato e bello come lo è adesso.
Gli ero piaciuto subito.
Salgo sulle punte dei piedi, lascio che le mie braccia sottili s'infilino sul retro del suo collo, che il suo viso cerchi il mio.
Veniva tutti i giorni.
Ordinava sempre la stessa cosa.
Storceva il naso quando servivo altri clienti.
− Mi sembra di resuscitare quando torno a casa da te. – mi sento dire piano.
− Mi sembra di non vivere finché non torni. –
Piega il viso, lo faccio con lui, le nostre labbra s'incontrano e sorrido nel bacio.
Quando torno a terra, mi guarda e cerca nel mio sguardo qualcosa.
Non so bene che cosa, ma di solito vuole...
Vuole che sorrida.
Che sorrida e gli sorrida e in qualche modo lo illumini, anche se non so bene come un mio sorriso possa illuminare qualcuno.
Tiro su gli angoli della bocca.
Tsukki sbatte le palpebre.
− Va tutto bene? –
− Mh-mh, come mai lo chiedi? –
− Splendi di meno, oggi, raggio di Sole. –
Faccio spallucce.
− Sarà una tua sensazione. –
Mi fissa ancora, come se mi stesse studiando e sezionando, poi scuote la testa, sospira e lascia perdere.
− Torna a letto, vado a farmi una doccia e arrivo, su. –
− Come vuoi, Tsukki. –
Sparisce com'è arrivato indietreggiando verso la porta aperta, e io mi lascio andare sul materasso cadendo all'indietro come se non avessi più neppure un osso nel corpo.
Splendo di meno?
Certo che non te ne sfugge nemmeno una, Tsukki.
Tu di me, capisci proprio tutto.
Mi tiro su sul materasso, indietreggio con le gambe e mi sdraio di fianco, il viso contro il suo cuscino, sento distrattamente e in lontananza l'acqua della doccia.
Ho un po' paura.
Non so perché ho paura.
Ma ce l'ho.
"Andrà tutto bene."
È vero, lo so, lo... spero. Ma se non fosse così? Che cosa poi dovrebbe andare storto, io non lo so, ma c'è sempre qualcosa che può andare storto, no?
Tsukki è protettivo.
Quando il capo del mio lavoro da barista mi ha urlato addosso per uno dei miei ennesimi errori, mi ha convinto a licenziarmi. Diceva che le persone cattive devono stare lontane da me, che le uniche che possono avvicinarmisi, sono quelle che voglio per me il meglio.
Non avevo ragione io, quella volta.
A fare il barista non ero per niente bravo.
Ma mi era piaciuto che Tsukki mi avesse difeso nonostante tutto, a prescindere dalle mie responsabilità, perché sapeva cos'era meglio per me, lui, l'ha sempre saputo.
Mi ha aperto gli occhi su tante cose.
Tanti amici inutili e malvagi che non mi volevano bene davvero, rapporti superficiali e corrotti, persone tossiche, tempo sprecato.
Non mi ero mai accordo di quanto la mia vita fosse orribile prima di lui.
Credo che sia per questo, che tende a proteggermi così tanto, perché da solo non sono per niente bravo a difendermi, e deve prendersene la totale responsabilità anche per me.
Ma questa volta è diversa.
So che è diversa.
È... famiglia, dopotutto, la mia famiglia.
Ho fatto come mi ha detto, ho controllato e ho cercato e ho indagato alla ricerca di qualsiasi indizio mi dicesse che era solo una finzione, una truffa, ma non ho trovato niente.
Mi fido.
Di lei mi fido.
Dopotutto siamo legati dalla natura, no?
Tsukki non lo sa, non gliel'ho mai detta, questa cosa. Gli ho raccontato dell'orfanotrofio, gli ho raccontato delle mille famiglie affidatarie, delle persone di cui mi sono fidato e per le quali ho cercato di essere perfetto che non hanno fatto altro che allontanarmi una dietro l'altra. Gli ho raccontato delle notti a piangere e del mio sogno di trovare qualcuno che mi amasse a prescindere da come fossi, ma di lei no.
Non è perché non mi fidi.
Ma perché non voglio che si preoccupi.
Lui si preoccupa tanto, per me.
Non voglio dargli anche questo peso.
Trovo il cellulare incastrato fra le lenzuola, lo tolgo e lo metto sul comodino, a faccia in giù, col cuore che batte all'impazzata nel petto.
Non è il mio, è il suo anche questo, il mio l'ho perso mesi e mesi fa e non ho mai voluto ricomprarne un altro, tanto non mi sarebbe servito a niente.
Non credevo che l'avrei ritrovata così.
Credevo che sarebbe stato più epico, più solenne e da film.
Ma non è importante il come, l'unica cosa che conta è che sia successo.
Che io abbia trovato l'unica parvenza di famiglia che abbia mai avuto.
Non accendo la luce, rimango steso in attesa cercando di tranquillizzarmi.
Non si arrabbierà, Tadashi, non lo farà, non ha nessun motivo di farlo. Sarà felice per te, perché ti ama, e sarà fiero del fatto che tu per una volta sia riuscito a fare qualcosa da solo.
Sorriderà e penserà che sei stato bravo, davvero.
Non so di cosa tu abbia paura.
Il tuo istinto sembra davvero dirti tutt'altro di quel che sai, chissà perché.
Mi rigiro e schianto lo sguardo sul soffitto buio, solo la luce del bagno semiaperto accanto alla camera da letto getta un minuscolo spiraglio luminoso nella stanza.
Non c'è niente che debba spaventarti qui dentro.
Sai che è l'unico posto dove sei al sicuro.
Sai che il mondo di fuori con te è crudele, e che questa è l'unica bolla di paradiso che otterrai mai nella vita.
Non avere paura.
Se rimani qui dentro, non c'è bisogno che tu ne abbia mai.
L'acqua si chiude, il rumore bianco svanisce, rimane il silenzio.
Pochi attimi, l'attesa che prenda l'asciugamano, se lo avvolga attorno al corpo e ripeschi gli occhiali dal punto del lavandino su cui li appoggia e cadono sempre, si tiri indietro i capelli bagnati, faccia quei tre passi per uscire.
Prendo fiato.
Trattengo il respiro.
Lascio andare quando sento i passi arrivare in camera e la luce si accende per davvero.
− Davvero, Tadashi, c'è qualcosa che non va? Di solito sei più... −
− Vieni qui per favore? –
Gli muoiono le parole in gola, si gira a guardarmi.
Non ha rimesso gli occhiali, so che non vede bene, ma si vede la preoccupazione nel suo volto, s'intende, ce la leggo dentro.
− Arrivo. –
− Grazie. –
Non ci mette molto a vestirsi, infila direttamente il pigiama e nient'altro, lascia l'asciugamano per terra in un angolo, circumnaviga il letto e arriva al bordo del materasso quasi di fretta.
Scala il letto un ginocchio alla volta, si stende al mio fianco.
Io...
Io mi appiccico l'istante in cui sento il suo peso piegare le lenzuola.
Mi appiccico e nascondo il viso contro il suo petto.
Mi appiccico e stringo.
− Non mi piace che stai tanto fuori casa. – borbotto, la voce confusa e un po' mugugnata.
Sento una delle sue mani appoggiarsi sulla mia spalla, i suoi polpastrelli scorrere sulla pelle nuda della mia nuca, piano, delicatamente.
− Ti senti solo? –
− Sì, un po'. –
Profuma dello stesso sapone che uso io tutti i giorni.
Ha l'odore della casa.
Piacevole, sicuro, accogliente.
Dorato.
Forse... soffocante.
− Vuoi che mi prenda un giorno libero venerdì per rimanere con te il weekend? –
− Lo faresti? –
− Per te farei qualsiasi cosa, Tadashi, lo sai. –
Non c'è bisogno di avere paura.
Che cosa temi?
Il rifiuto?
Ti ama, ti amerà sempre, lui lo fa.
Non devi avere paura mai.
− Mi porteresti a pranzo fuori? –
− Vuoi uscire? –
Non esco mai. Rimango chiuso in casa tanto tempo, tanti giorni. Esco di rado a fare la spesa, scendo a prendere i pacchi dal corriere, vado al fondo della via a comprare i dolci per le feste.
Ho paura di uscire.
Tsukki mi ha detto che tremavo sempre, fuori di casa, se n'era accorto sin da subito.
Solo stare fuori con lui, mi piace davvero.
− Mi andrebbe, in un posto carino. Vorrei... vestirmi bene. –
− Vuoi che gli altri ti guardino? –
Si è irrigidito.
Ha la mano appena più solida contro la mia schiena, il tono era più affilato, come una lama, tagliente come lui sa essere.
Prendo un respiro profondo premurandomi di fargli sentire il mio petto che sale e scende contro il suo, per calmarlo, poi tiro su la testa dal suo sterno e gli bacio piano le labbra.
− No, certo che no. Vorrei vestirmi bene per te, Tsukki, per... farmi trovare carino da te. –
− Lo sai già che penso che tu sia carino. –
− Sentirmelo dire mi piace lo stesso, gelosone. –
Tsukki è geloso.
Lo è sempre stato, da quando ci siamo conosciuti.
Non gli piace che io guardi gli altri, che gli altri guardino me. Non gli piace dividere la mia attenzione, non gli piace che le persone mi tocchino, che mi sorridano o facciano complimenti.
È che mi protegge tanto.
Ed è normale che veda tutto come una minaccia, se sa quanto io sia ingenuo nei confronti del prossimo.
− Sei bellissimo, Tadashi. Lo sei sempre, lo sarai sempre. –
Sento le mie guance scurirsi.
− Grazie. –
− Ti amo. –
− Ti amo anch'io. –
Ripete il gesto di avvicinarsi per sfiorare le mie labbra con le sue, delicatamente, come un soffio di vento in quelle giornate primaverili e dolci che tingono di rosa l'asetticità dell'inverno.
Casa, Tsukki è casa.
È casa, è amore, è famiglia.
Famiglia...
Forse...
− Vorrei raccontarti di una cosa, ma mi devi promettere che non ti arrabbierai, ok? –
− Quando mai mi sono arrabbiato con te? –
Rido appena, immediatamente disteso da qualsiasi preoccupazione con il solo risuonare nell'aria di poche parole.
− Mai. –
− Ecco. –
Mi giro e lascio che la mia schiena sbatta contro il materasso, scapole contro il lenzuolo, fronte e viso dritti.
Tsukki si muove con me, una gamba fra le mie, un braccio che attraversa il mio petto, la mano che passa delicatamente fra il lato del collo e la mascella, sfiora le ciocche sottili di capelli, il bordo di un occhio.
− Ho conosciuto una persona. –
Silenzio tombale.
− Siamo diventati amici. –
Neppure il mio cuore sembra battere.
− Vorrei uscire e poterla incontrare dal vivo. –
Per un solo istante mi sembra che il mondo sia fatto di ghiaccio, che sia freddo, fermo, congelato. Mi sembra che ci sia una grande apnea generale, che tutto si cristallizzi.
Poi passa.
Poi, quel momento, passa.
− Come l'hai conosciuta? –
− Facebook. –
− Che cosa ti ho detto sul... −
− Era una mia amica dei tempi dell'orfanotrofio, Tsukki, la conosco, davvero. Esiste, non è una truffa, te lo giuro. –
Ho paura di girarmi e guardarlo.
Ho paura e non so perché.
Non dovrebbe spaventarmi, quest'uomo, è la persona che amo, la mia casa, il mio amore, la mia famiglia.
− Sei arrabbiato, vero? – mi azzardo a chiedere, con la voce ridotta ad un filo.
Tsukki non risponde.
So solo che ferma la mano.
Deglutisco la saliva.
− Non me lo aspettavo, devo un attimo pensarci su. –
− Ti prego, non ti arrabbiare. –
Ha il petto contro la mia spalla, sento il suo cuore battere sempre più forte, sempre più forte. È rabbia? Forse sorpresa?
Gioia?
Che altro?
− Non è niente di che, è solo che ci siamo ritrovati dopo tanto tempo e pensavo che sarebbe stato carino vedere come siamo cambiati negli anni. –
Sempre più rigido, sempre più affilato.
Cerco il coraggio di guardarlo ma non ce l'ho, non lo trovo.
Sono terrorizzato.
Perché sono terrorizzato?
Perché il mio cuore mi dice che devo essere terrorizzato?
Che cosa...
Che cos'è, che mi spaventa così tanto?
È Tsukki.
È solo Tsukki.
Il mio Tsukki.
Mi giro di lato.
− Puoi dirmi qualcosa per favore? –
Stringe la mascella.
− Me l'hai tenuto nascosto. Perché? –
− In che senso? –
La mano sulla mia schiena torna sul retro del mio collo, poi s'inerpica fra i capelli, stringe appena più del solito.
− Non ti fidi di me? –
− Tsukki, io... −
− Non mi ami? Non vado bene? Non ti basto? Vuoi scopartela e speravi che non l'avrei mai scoperto? O forse te la sei già scopata, e sei qui solo per prendermi per il culo. –
Infuriato.
Mi sembra infuriato, ma infuriato in modo strano, quasi maniacale, quasi morboso. Come se non se ne rendesse conto neppure lui, come se le parole gliele strappassero di bocca per essere il più nere e grondanti di rabbia possibile.
− No Tsukki, non lo farei mai. –
− E allora dimmi perché cazzo me l'hai tenuto nascosto. Controllo il telefono ogni sera e non c'era la minima traccia di questa troia da nessuna parte. –
Controlla il telefono?
Ha usato il verbo "controllare"?
No, forse intendeva qualcos'altro.
Forse intendeva "usare", intendeva che lo usa ogni sera e non se n'era mai accorto. Sì, Tsukki lo farebbe, per vedere se funziona, per me, per aiutarmi.
− Non volevo che lo scopri... −
− Perché non lo volevi, Tadashi, perché. Voglio che tu mi dica perché. –
Sembra di ghiaccio, ma anche di fuoco. Sembra gelido, sembra lama e stalattite di cattiveria e ansia, ma bollente di qualcosa che borbotta e ribolle dentro il suo sguardo.
Prendo un grande respiro.
− Non volevo che ti preoccupassi, Tsukki. Tu ti preoccupi sempre tanto per me e sapevo che ti saresti preoccupato e non volevo. Mi dispiace se ti ho fatto stare male, non volevo. –
Stringe più forte le dita.
Mi fa male.
Mi fa male, male, male.
− Dimmi la cazzo di verità, Tadashi. –
I suoi occhi si schiantano sui miei.
Ambra e bronzo, che sembrano ora la più ripida delle fratture verso qualcosa che mi spaventa più di quanto non voglia ammettere a me stesso.
Tira.
Stringe.
Dolore.
Lacrime.
Mi trema il labbro inferiore, stringo le ginocchia, porto le braccia al petto.
− Te lo giuro, te lo giuro, davvero. Non vole... non volevo che ti arrabbiassi, ti prego, te lo giuro, io... io te lo... per favore... −
Cadono una dopo l'altra dalla rima inferiore dei miei occhi.
Sono un po' la parte di me, l'unica, la sola, istintiva e selvaggia, forse ancora libera, che mi rimane. Sono quella vocina che mi dice "fuggi", quella che mi urla "non farlo arrabbiare", quella che ha paura.
Non scendono verso il mento ma attraversano il mio viso in orizzontale, cadendo sul materasso.
− È solo un'amica, Tsukki, te lo giuro. Ti prego, credimi, non ti arrabbiare, non ti arrabbiare, non ti... −
Fa male.
Non male fuori, non solo.
Mi tira i capelli ma è più un riflesso, sono sicuro, non una minaccia.
Mi fa male dentro.
Mi sembra di vederlo scavarmi dentro con un cucchiaio, pezzo di carne dopo pezzo di carne, divorarmi e lasciarmi vuoto, senza un posto, senza una casa, senza nulla.
Non voglio farti arrabbiare.
Sei tutto quello che ho.
Ti prego, Tsukki, ti prego, non lasciarmi anche tu.
Per te farei qualsiasi cosa.
Sei la mia vita, non c'è niente che non sia te, dentro il mio cuore.
Singhiozzo un paio di volte, le lacrime continuano a cadere, Tsukki rimane fermo a guardarmi cadere in pezzi. C'è qualcosa di strano, in lui, qualcosa che sembra soddisfazione, ma che so non esserlo.
Non sarebbe mai soddisfatto nel vedermi piangere pregando perdono.
Sono sicuro che sia solo una mia impressione.
− Se non vuoi non ci vado più, non le parlo più, te lo giuro. Solo... è che mi annoio tutto il giorno da solo e ho pensato che... che saresti stato felice se io... −
Sorride.
− Sono felice solo quando tu stai bene, Tadashi. Sai che è così. –
L'aria entra ed esce dai miei polmoni, sento la mia gola stringersi in una morsa, chiudersi e attapparsi quando singhiozzo, distendersi l'attimo dopo.
Lascia andare la presa sui capelli.
Ricomincia ad accarezzarmi il viso.
− Tu sei così ingenuo, Tadashi, così ingenuo. Sei dolce e fragile e il mondo se la prende con te per questo, lo sai, te l'ho detto. –
Annuisco.
Sporgo il labbro e annuisco.
− Ti fidi sempre degli altri ma poi alla fine ti trattano tutti male. Non devi fidarti, devi rimanere al sicuro. –
Mi allungo con il collo verso di lui.
− Lei non è così, te lo giuro. Lo so che sei preoccupato per me ma te lo giuro, non è cattiva, non è una minaccia, non è... −
Gli cade il tono della voce in basso.
Appoggia la fronte sulla mia.
− Tutti sono una minaccia, Tadashi. Tutti tranne me. –
Le parole mi s'incastrano in gola, si bloccano.
Le lacrime non smettono di scendere, ma i singhiozzi si fermano.
Non so perché mi calmi, ma lo fa. Lo fa perché è casa, lo fa perché è l'amore, perché mi conosce, sa di cosa ho bisogno, sa cosa voglio.
− Nessuno ti ama quanto ti amo io. –
Mi lecco le labbra secche.
− Nessuno ti tratterà mai bene come lo faccio io. Sei la mia vita, Tadashi, non ti proteggo perché sono pazzo, lo faccio perché ti amo. Ti sei dimenticato che ti amo? –
Tiro su con il naso.
Scuoto la testa.
− Dimmi che mi ami anche tu. –
− Ti amo, Tsukki. –
− Usa il mio nome. –
Capitolo muovendo il mento su e giù un paio di volte, asciugandomi la faccia con la manica della felpa.
− Ti amo, Kei. –
− Dimmi che hai bisogno di me. –
− Ho bisogno di te, Kei. –
− Bravo. –
Mi stringe forte contro il suo petto.
Sento il suo cuore battermi contro la fronte, ma non è regolare, è accelerato, sempre più veloce, sempre più forte.
Mi accarezza la schiena e il suo cuore batte forte, forte, forte.
Mi lascia andare, mi bacia le labbra mi fa stendere sopra il suo braccio come tutte le sere, osserva i tratti del mio viso, il profilo del mio naso, le mie...
Le mie lentiggini.
− Io e te siamo fatti per stare insieme, non è il caso di rischiare che succeda qualcosa solo per una stupida amicizia, non credi? –
Annuisco, le sue mani si muovono su di me.
So che cosa sta facendo.
È la nostra cosa.
Il nostro segnale, la nostra chiamata, la nostra plateale dimostrazione d'amore.
Ci sono cinque lentiggini sul mio collo, appena più scure e definite delle altre che somigliano più a piccole goccioline trasparenti piazzate sulla tela chiara della mia pelle.
Una sul lato sinistro del collo.
Quattro in una linea arcuata e gentilmente tondeggiante sul lato destro.
Tsukki mi bacia lo zigomo, la tempia, fra i capelli.
Mette la mano sulle lentiggini.
La punta delle dita combacia perfettamente con i piccoli tratti color caffè sul mio collo.
− Perfetti, noi siamo perfetti. –
Rimango in silenzio.
− Di' che siamo perfetti. –
− Siamo perfetti, Kei. –
Sorride, lo vedo con la coda dell'occhio.
Si sporge per baciarmi, il suo sapore è dolce, familiare, mi fa sentire a mio agio.
La mia testa urla, sbraita, ma io non la ascolto, la lascio defluire nel retro della mia testa, la lascio andare come se neppure esistesse.
− Cercherai mai più di contattarla? –
Apro le labbra per dire "no".
Ma dico un'altra cosa.
− Non lo so. –
Il tempo si ferma.
Il tempo si ferma un'altra volta.
"Non lo so" non è abbastanza, non è giusto, non è corretto, non è assertivo. "Non lo so" è una porta semichiusa, è una serratura facile da scassinare, è una chiave sotto lo zerbino, una finestra sul piano della strada con i vetri sottili.
"Non lo so" è il primo accenno di libertà.
"Non lo so" è un errore.
− Io lo so, invece. – mi risponde, prima di baciarmi ancora.
Sposto appena appena il viso per guardarlo.
Prima c'era fuoco e c'era ghiaccio.
Ora vedo solo il fuoco.
Chissà quando arriverà solo il ghiaccio.
− Ti amo così tanto, Tadashi, che nemmeno te lo immagini. È per questo che non posso lasciare che lei ti porti via da me, lo capisci? –
Scappa.
− Lo capisco, ma non mi porterebbe via da te. –
− Lo farebbe, tutto il mondo vuole portarti via da me. –
Ammutolisco, mando giù la saliva.
− Tu sei il mio raggio di Sole. –
Inspiro.
− Il mio e basta. –
Espiro.
− Sei mio, mio, mio. Non ti lascerò andare mai. –
Mi lecco le labbra secche.
Fuoco, mania, ossessione. Gli esplodono gli occhi, bruciano, fiamme e calore.
− È perché ti amo, lo capisci? Voglio che tu lo capisca. Dimmi che lo capisci. –
− Lo capisco. –
− Solo perché ti amo. Ti amo, ti amo. Dimmi che mi ami, dimmi ancora che mi ami. –
− Ti amo, Kei. –
Respiro a pieni polmoni.
Tsukki si avvicina, mi bacia ancora.
E quando riprovo a respirare, quando distendo i polmoni come ho imparato l'istante stesso in cui il mondo ha messo le mani su di me, non riesco più.
Non riesco più a respirare.
La mano attorno al mio collo, m'impedisce di respirare.
╰┈➤ ❝ continua ❞
vi ricordo che troverete la seconda parte sul profilo di Lavienne_!!! nella raccolta os "~ Raccolta Anime One Shot ~", con lo stesso titolo della mia!
poooooooi
in realtà io AMO questo genere cioè lo so che dovrebbe essere angst ma non mi fa per niente piangere e anzi mi intriga un sacco, credo che sia la mia passione per il crime o il fatto che non amando la tsukkiyama non la sento molto ehehehehe
tsukkiyama shipper mi odiate?
vi prego non fatelo
(terushima non l'avrebbe mai fatto tho)
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