𝗺𝗶𝗹𝗸 𝗮𝗻𝗱 𝗰𝗼𝗼𝗸𝗶𝗲𝘀 :: 𝟯
(credo che parlerò di questa storia al mio terapista venerdì prossimo amic*)
(spero che vi piaccia quanto piace a me, vi avverto che è molto blasfemo [chi l'avrebbe mai detto])
╰┈➤ ❝ continua ❞
La schiena mi fa male, contro il marmo.
È freddo e fa attrito contro la pelle, stringe e strappa, si attacca quando cerco di spostarmi, di muovermi.
Il sangue pulsa nelle mie vene come un torrente, sento il rumore del battito del mio stesso cuore rimbombarmi nelle orecchie.
Ho il fiatone, l'eco nei soffitti alti torna giù come una lancia e si ripete attorno a noi.
Tutto il mio corpo è stanco, svilito e annebbiato dalla fatica, e non so più nemmeno dove cercare tutte le mie sensazioni. Mi sono abituato, a fare questo con Kuro, ma ciò non significa che non ci sia ancora qualche dolore a cui mi devo adattare.
Tengo le cosce aperte, il lato delle ginocchia batte contro la superficie fredda, solida.
Mi sembra di irradiare calore, mi sembra di vedere il vapore salire dal mio corpo nell'atmosfera attorno a me.
Mi isso sui gomiti, lancio uno sguardo verso l'alto e mi mordo forte l'interno della bocca.
Mi fa male tutto, Kuro, mi fa male tutto.
Mi prendi con tale violenza, tutte le sere, che credo non ci sia modo che il mio corpo torni normale, ormai.
Mi hai rovinato, e ora cosa sono?
Pecorella smarrita del Signore, agnello di Dio, strappato al suo gregge per un po' di piacere.
Persino le gocce del mio sudore fanno un rumore nitido, quando cadono via da me.
Si mescolano al mio respiro, a quello di Kuro, al movimento bagnato della sua mano.
Non c'è nessuno, ma per quanto? Chi arriverà, se arriverà, e quando?
Sposto lo sguardo verso l'alto.
Mi sono reso conto che mi capita che i miei occhi rotolino indietro, quando facciamo sesso, che i miei muscoli facciali si rilassano e contraggano senza un senso.
Kuro dice che sono bello, in quei momenti.
Che sono bello sempre, ma in quel contesto ancora di più.
Stringo forte le dita per trattenermi quando si avvicina di più verso di me, quando il movimento diventa più serrato, più veloce.
Sbatto le palpebre, mi rivolgo ai suoi occhi dorati.
Anche lui, è più bello in questi momenti.
Quando suda e quando sbotta il mio nome, quando le sue ali sembrano coprire tutto quello che siamo, quando sanguina e quando stringe la mascella.
Ha la pelle abbronzata, Kuro, di un tono che tende al dorato, e i capelli fitti e scuri che sembrano essere ordinatamente disordinati. Ha le ciglia fitte, folte, lo sguardo come lui, intenso.
Non stento a credere che Dio ti amasse, Sitri.
Ma come ha potuto darti una bellezza così sfacciata, maschile e volgare per poi pensare che non ne avresti fatto nulla?
Io sono femminile, Kuro, io oscillo fra la purezza dell'essere languido e sottile e l'oscenità di poter peccare in maniera scenica, ma tu, tu...
Kuro è l'eros.
E non solo perché ne provi nei suoi confronti.
Mai sentito nessuno parlar tanto di sesso quanto in questo tempo che è rimasto qui. Mai sentito i miei compagni nominare neppure la parola, prima che lo vedessero.
Kuro ti fa venir voglia di obbedire, di piegarti e di prendere, col solo aspetto del suo corpo.
E poi ancora più con la voce, con le parole, col modo di fare.
Kuro è un Principe dell'Inferno.
Kuro comanda, Kuro ha potere, Kuro è qualcuno che non puoi fare a meno di trovare meraviglioso e importante.
Kuro è la scoperta ed è il disvelamento, è il conoscersi senza veli, è la nudità, è l'onestà verso se stessi, è l'abbattimento delle barriere e la più profonda forma di consapevolezza.
Kuro è...
La perdita delle inibizioni.
E la cosa migliore, non è tanto subire Kuro, ma vederlo fare.
È rendersi conto che non è lui a provocare il peccato, ma lui stesso il peccato.
Ed è anche farsi adorare da lui, che è così forte.
Si lecca le labbra umide.
Mi guarda negli occhi, mentre muove la mano su se stesso appoggiato praticamente sulla mia pancia.
− O, Principe dell'Oscurità, detentore della conoscenza. –
La sua voce mi scivola addosso.
Allungo una mano.
Vorrei appoggiarla sul suo viso, ma non ci arrivo.
− O, Principe dell'Oscurità, governatore della notte. –
Spalanco più le cosce, di più, più ancora sul marmo freddo.
− Principe dell'Oscurità, maestro di segreti. –
Dove vedi l'Oscurità, Kuro? Nei miei capelli biondi, nei miei occhi ambrati?
O nel mio cuore, forse, dentro di me?
− Lucifero, portatore di luci a mezzanotte. –
La Stella del Mattino, Lucifero. La stella più brillante, quella che più ti brucia sei ti avvicini. Ma chi oserebbe avvicinarsi a me, Kuro, se ci sei tu a proteggermi?
− O, Principe dell'Oscurità, colui che ama. –
Apro appena le labbra per prendere aria.
− O, Principe dell'Oscurità, colui che odia. –
Mi sporgo di più, mi tiro su come posso.
− O, Principe dell'Oscurità, la fiamma che arde. –
Getto indietro la testa per togliere i capelli dal viso, lascio che i suoi occhi seguano i miei. Dice che gli piace, come si presenta il mio viso visto dall'alto, che i miei occhi sembrano più grandi, il mio viso più innocente.
Sbatto le ciglia.
Come puoi fare questo a qualcuno del genere, Kuro?
Come puoi avermi fatto venire urlando il tuo nome?
Come puoi avermi reso qualcuno che aspetta che tu finisca come se ne andasse della sua stessa vita?
− O, Principe dell'Oscurità, portatore di caos. –
Sporge una mano verso di me e apro le labbra. Quando una delle sue dita s'infila nel mezzo, le avvolgo attorno e succhio piano.
Gli si aprono un po' gli occhi, poi ricadono in quel taglio predatorio che hanno sempre.
− O, Principe dell'Oscurità, esempio di coraggio. –
Sento la sua mano muoversi più velocemente, la vedo.
Su di me, Kuro, su di me.
Non è forse questo il luogo, per battezzarmi al male?
− O, Principe dell'Oscurità, distruttore di catene. –
Accarezzo la mia stessa pelle nuda, e lo vedo perdere il controllo, all'idea di poter sporcare qualcosa di così bianco, così chiaro.
Ed eppure sono rovinato, Kuro, e tu mi stai solo salvando.
− Satana, avversario della schiavitù. –
− Vienimi addosso, Kuro, per favore. –
Interrompo la sua preghiera solo per vederlo perdersi, lasciarsi andare. Bello, Kuro, quando viene. Perché perde l'inibizione, perde il controllo, e ti sembra di vedere per un solo istante tutta la forza dell'Inferno, tutta la cattiveria, prendere vita in lui.
Chiama il mio nome, si appoggia al mio fianco, osserva ciò che di se stesso è rimasto su di me.
Respira profondamente, polmoni che si riempiono e distendono come i miei, gli occhi che si sfocano e rifocalizzano con calma.
− Cazzo, Kenma. –
− Cazzo dovrei dirlo io, Kuro. –
Alza di poco la testa, giusto per potermi guardare.
− Soddisfatto, gattino? –
Lascio scivolare i gomiti sul marmo, guardo verso l'alto, mi concedo di rilassare tutto il corpo.
− Terribilmente. –
Silenzio, eco dei respiri, calore che si secca sulla mia pancia.
− Cos'era quella? –
− Quella cosa? –
− Quella cosa che mi hai detto mentre stavi per... ecco, per... −
Ride piano, come se mi prendesse in giro.
− Davvero? Mi chiedi di scoparti in chiesa e poi ti vergogni di dire "avere un orgasmo", Kenma? –
Arrossisco fino alla punta delle orecchie.
Sì, siamo...
Siamo in chiesa.
C'è una chiesa, fuori dall'edificio scolastico, gotica come il collegio, bella e rotta allo stesso modo. E sì, il marmo è quello dell'altare.
E di nuovo sì, quel che guardavo quando tiravo su gli occhi, è la vetrata dell'Annunciazione.
− Una preghiera satanica, Kenma. Tu preghi me, volevo farlo anch'io. Ti ha dato fastidio? –
Scuoto la testa.
− No, no, mi è... piaciuto. –
− Perfetto. –
Lascio che muova le dita contro la mia pelle con delicatezza.
− Fra poco inizia la funzione delle undici, Kenma, e devo ancora inventarmi una scusa plausibile col professore di matematica per averti tenuto fuori tutta l'ora. –
− Rimaniamo qui ancora un minuto. –
Non è una richiesta, è... un ordine.
C'è qualcosa di bello ed emozionante, qualcosa di forte, nell'arrivare così al limite della decenza e della probabilità di essere beccati. È sapere che se succedesse qualcosa Kuro mi proteggerebbe a costo di far bruciare l'edificio, è sentirmi migliore degli altri per avere qualcosa che nessun altro ha.
Obbedisce in silenzio, percorre la linea che connette l'ombelico e la cicatrice sul petto con l'indice.
Mi fa il solletico, ma è quel tipo che ti fa formicolare la spina dorsale, non quello che fa ridere.
− Non capisco come sia possibile che non ci sia nessuno in questo posto a quest'ora. – riflette, e sorrido guardandolo.
− L'officiante fa catechismo al secondo anno, a quest'ora. –
− E le suore? –
Alzo le spalle come posso.
− Chissà, forse ci hanno sentiti e sono scappate. –
Ride Kuro, rido io, il suono si propaga in tutto il silenzio vuoto attorno a noi.
Le suore non stanno in chiesa, a quest'ora, hanno gli incontri spirituali con la comunità che vive poco distante.
Ma anche ci fossero state, non credo sarebbero riuscite a fermarmi.
Dondolo le gambe ancora aperte attorno alla sua vita, inizio a sentire lo sforzo coagularsi e sfinirle sempre di più.
− Rivestimi tu, Kuro, per favore. –
− Come preferisci. –
Tira su le sue mutande, allaccia la zip, sistema la cintura, prima di abbassarsi e recuperare i miei vestiti sparsi attorno all'altare.
Non è stato saggio, spogliarmi completamente.
Non aveva alcun senso.
Ma ce l'aveva al tempo stesso, spogliarmi per fronteggiare il Crocifisso con la croce sulla mia schiena.
Inizia un pezzo alla volta dai pantaloni, mi manipola e maneggia per rimettermi in una condizione presentabile.
Non mi sono pulito la pancia e non il petto, ma non credo di volerlo fare.
Va bene così.
Dopotutto dal battesimo non ti lavi, no?
− Credi di farcela a camminare? –
− Spero. –
Chiude i bottoni dei miei pantaloni in una fila ordinata sul fianco, fa per infilarmi il maglione.
− La prossima volta lo facciamo nel confessionale, Kuro. –
− Vuoi confessarmi tutti i tuoi peccati? –
Alzo le braccia e lascia scivolare il tessuto su di me, aspetto che la mia testa spunti dal colletto e che tiri fuori le ciocche chiare una ad una dove s'erano incastrate.
− Non saprei da dove iniziare, in effetti. –
Si sporge per baciarmi le labbra e appoggiarmi l'ennesimo cardigan color biscotto sulle spalle, in attesa che lo metta come si deve.
Mi batto il labbro inferiore con l'indice, prima di farlo.
− Credo proprio che finirò all'Inferno, dopo tutto questo. –
Kuro finisce di sistemarmi, mi guarda ad opera compiuta e sorride.
− Seduto su un bel trono, Kenma, altroché. Non uno degli altri Principi ha la cattiveria che hai tu. –
− Dici che Lucifero me lo lascerebbe fare? –
Mi prende dai fianchi e mi tira giù, in piedi.
Mi ballano le gambe, ma riescono a reggermi.
− Non mi avrebbe permesso di venire da te, se non fosse stato pronto ad accoglierti. –
Uso l'energia che mi rimane per issarmi sulle punte dei piedi, gettare le braccia oltre le spalle di Kuro e costringerlo a piegarsi verso di me.
− Lucifero ci ha fatti incontrare? –
− Ha benedetto la nostra unione, Kenma. –
Apre le labbra quando le apro io, s'inclina per raggiungermi meglio. Sento e adoro il suo sapore, lo lascio rotolare dentro di me con un verso di pura soddisfazione.
− Sei tutto quello che ho, Kuro. –
− E tu sei tutto quello che ho sempre voluto. –
Non lo so, se mi siederò su un trono all'Inferno, Kuro. Non lo so, se sopravvivrò al dolore che date alle anime come la mia, se dovrò essere punito, se rivivrò il calvario per colpa del male che ho fatto.
Ma non m'importa.
Perché ci sarai tu.
E anche se sarai la mano dietro la frusta, sarai comunque tu.
Questo basta.
Questo mi basta.
Questo mi rende quello che sono.
Mi adorava, Kuro, e io adoravo lui.
Ma qualcosa è cambiato, e non vorrei che tornasse indietro.
− Ti amo, Sitri. –
− E io amo te, Kenma. –
Dove finiscono, quelli come me?
Mi sono sempre chiesto questa cosa, dove finissero quelli come me.
Magari resistono, magari vengono accolti nel Regno dei Cieli dalla gioia del Padre, per il loro essere stati ultimi una vita intera.
Ma se invece poi si ribellano, come ho fatto io?
Chi deciderà del mio destino, Kuro?
Forse sarai tu, forse qualcun altro, forse io stesso. Forse sarà Dio, lui che odio e lui che non mi ha più, forse nessuno.
− Libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta. – mormorano appena le mie labbra vicino alle sue.
− Tu rifiuti la vita per la libertà? –
− Non lo so, Kuro. Certo la rifiuto per te. –
Stringe i miei fianchi e mi tira contro di sé.
− Era forse vita quella di prima? Stai davvero rifiutando qualcosa? –
Respiro il profumo della sua pelle, strofino la fronte contro il suo sterno.
− No, hai ragione. Non era vita prima di te. –
Sorride, so che lo sta facendo anche se non lo vedo. È arrogante, Kuro, gli piace sentirsi dire quanto sia importante per me.
− Quando sarò morto t'innamorerai di qualche altra anima, Kuro? –
Ride.
− Sei geloso? –
− Vorrei che fossi mio per sempre. –
Mi stringe più forte, ancora più forte.
− Tu credi che mi sia innamorato adesso della tua anima, Kenma? –
Mi stacco, spalanco gli occhi.
− Eh? –
− Ti sembrano tanti, sedici anni, ma io sono vivo da quando c'è il mondo. –
Non capisco, non comprendo.
Ma c'è ora in lui, nello scintillio minaccioso del suo sguardo, qualcosa di così infuriato e minaccioso che sembra voglia rivendicarmi come un premio.
− Tu sei un'anima vecchia di almeno duemila anni, Kenma. –
Strizza le mie braccia fra le dita, inizia a farmi persino male.
− Vita dopo vita, a vederti scegliere Dio, a vederti pregare con quella croce al collo. Inginocchiato per la divinità sbagliata, a soffrire sempre perché t'insegnavano ad essere buono. –
Io non... non me lo ricordo.
Come potrei?
Ma lui se lo ricorda, e questa cosa lo fa infuriare.
− Rincorro la tua anima dalla prima volta che l'ho vista, lo intendevo quando l'ho detto. –
Lascia andare la presa, il dolore mi pulsa contro le ossa.
Ha le ali che tremano, come se volessero dispiegarsi. Gli fanno troppo male per farlo, ma si nota l'istinto.
− Com'ero la prima volta che mi hai visto? –
− Un miracolo. –
Sento il calore scaldarmi le guance.
− Famiglia di schiavi, gente da nulla, feccia al fondo della società. E poi sei nato tu, con la pelle chiarissima e i capelli biondi che sembravi un angelo. –
Sembra ricordarsi di me, sembra ricordarmi, sembra rivedermi.
− Dio ha fatto davvero il migliore dei suoi lavori con te. –
Percorre la linea del mio naso col polpastrello, poi traccia i bordi delle labbra.
− Ero con le legioni di Michele, in quel tempo, a vagare sulla Terra per vegliare sul figlio di Dio. –
Piega la testa, lo sguardo incontra il mio con un misto di velata nostalgia e sofferenza, ma anche fierezza.
− Sembravi un miracolo, Kenma, te lo giuro. Con le ginocchia sulla polvere, frustato come gli schiavi della tua stirpe, con le mani giunte e le lacrime agli occhi. Hai guardato verso di me, come se mi vedessi per davvero, e ho visto... −
Respira e il suo fiato accarezza il mio viso.
− Ho visto la rabbia. Ho visto la forza, la malvagità, la vendetta. Ho visto... −
Mi bacia piano, il rumore umido che si spande nel vuoto.
− Ho visto il peccato. E sono caduto. –
− Sei caduto per me? –
− Non mento quando dico che sei il mio Lucifero, Kenma. –
Spingo più in alto le mie caviglie, catturo le sue labbra con le mie, lascio che mi accarezzi con le piume delle sue ali.
− Sei la mia Stella del Mattino. –
Sorrido contro la sua bocca.
− Cos'è cambiato, questa volta? – sussurro poi, curioso, incuriosito da un racconto che non ricordo ma che sembra così dolce fra le sue labbra.
− Non lo so. Ma ora la tua anima è dell'Inferno e non tocca più a Dio decidere cosa farne, e se pensi che la lascerò andare dopo averla aspettata così tanto, ti sbagli. –
Scuoto il capo.
No, Kuro, non lasciarla andare.
Credo che non ci sia altro posto per me.
− Quanta rabbia mi hai dato, Kenma. – aggiunge poi, come se pensasse a qualcosa di distante e già successo, già passato, ma ugualmente bruciante nella sua memoria.
− Sei arrabbiato con me? –
− Con quello che ti sei lasciato fare. –
Stringe le dita sotto il mio capo, lo tira su verso se stesso.
− Frustato, crocifisso, bruciato vivo, ammazzato, ucciso, torturato per millenni. –
Dice le parole come se potesse sentirle addosso.
− E io rimanevo lì, in ginocchio, a pregare che ti accorgessi di me solo per poterti salvare. Quant'ho odiato Dio per quel che ti ha fatto, lo sa solo lui. –
Arruffo le sopracciglia.
− Mi ha creato per soffrire? –
− Ti ha creato per punirmi, Kenma. Questo è quello che credo. –
Io sono... una punizione? Lo sono?
− Ti ha creato per guardarmi rimanere a guardarti vivere e soffrire e sapere di non poter fare niente. –
− Ma alla fine... −
− Alla fine ha sbagliato. Perché ti ha fatto solo in questa vita e in questa soltanto, e non c'era nessuno con cui potesse schiacciarti quando vacillavi. –
Voleva che... che arrivassi a questo punto? O si è forse dimenticato di me? Oppure voleva testare la mia fede, mettermi alla prova, o...
− Quando hai tolto la croce e hai detto a Dio che l'odiavi, Kenma, hai dato un senso a duemila anni di me. –
− Morirò e ci vedremo nella prossima realtà? –
− No, tu verrai all'Inferno con me. –
Mi batte forte il cuore contro le costole.
− Posso farlo? –
− A costo di dar via il mio trono perché sia tuo, Kenma. A costo di tornare da Dio, a costo di farmi tagliare completamente le ali. –
A costo di tirar su un piedistallo qualcuno che Dio ha fatto solo per far soffrire?
Ironico, se ci penso, ironico.
Malvagio, Dio, sei malvagio.
Mi hai messo insieme per potermi uccidere ancora e ancora, e chi mi amava e soffriva per me era quello che tu definivi un peccatore.
Inizia tutto a...
Sfumare.
I confini, si sfumano.
Cos'è giusto? Cos'è sbagliato? Dio, tu mi odi, ma hai motivo di farlo? Lucifero, se io e te siamo gli stessi distruttori di catene, com'è possibile che sia tu dalla parte del torto?
Cos'è nero?
Cos'è bianco?
Cosa...
− Dobbiamo andare per davvero, ora. –
− Arrivo. –
Cos'è vero e cos'è falso, Dio? Se non c'è l'ordine, se l'ordine è l'ennesima dittatura dei cieli di chi detiene il potere e crede di poter giocare con gli altri, allora perché chiami ordine il tuo e caos il mio?
− Ti lascio in classe prima di passare in sala professori, credi che possa andar bene? –
− Certo, Kuro. –
Cos'è corretto e cosa è malefico, cosa è dritto e cosa è storto, cos'è destra e cos'è sinistra?
Kuro ha rovinato quel che era per amor mio.
Il tuo amore, in confronto al suo, cos'è?
Neppure la benedizione del Paradiso, mi hai dato, no, solo la reiterazione del mio martirio per dare a lui sofferenza.
Il tuo amore è una menzogna.
Il mio amore è la realtà.
Il suo.
− Sei preoccupato per qualcosa? –
− No, Kuro, non è niente. –
− Come dici tu. –
Cammina con la mano che lentamente scivola via dalla mia, il fianco che irradia calore verso di me. Ho i passi morbidi, un po' traballanti, le ginocchia che tremano.
Se fosse sbagliato, Dio, perché mi piacerebbe il sesso? Perché sarebbe bello?
Se fosse sbagliato, perché peccare mi piacerebbe a questo modo?
Forse non è sbagliato.
Forse quello sbagliato, mio Signore, sei tu.
− Quante volte mi ha ucciso, Dio, prima di ora? –
− Sessantasei. –
− Tu eri sempre lì? –
Stringe il mio polso, poi lo lascia andare quando giriamo nel corridoio principale e le sue ali scompaiono nell'aria.
− A pregare che non t'avrebbe fatto soffrire più e che ti avrebbe rimesso al mondo allo stesso modo. –
Sorrido.
Non ho memorie dei dolori passati, ma le ha lui.
− Hai mai pensato di poter uccidere Dio, Kuro? –
− Di farmi uccidere da lui. –
− Volevi morire? –
C'è gente che arriva dall'altro corridoio, la sento. Sento i passi, sento le risa. Ma rischia, Kuro, quando si ferma e mi abbraccia forte.
− Ho creduto ad un certo punto che non ci fosse male in te e che fossi innamorato di un'idea scorretta. –
− Oh, se non ti sbagliavi. –
Giusto in tempo prima che ruotino l'angolo e ci vedano, mi lascia andare.
Sono due studentesse del terzo, che guardano il mio angelo come lo faccio io. Forte, la tentazione in me di chiedergli di ucciderle, ma tenuta a bada in un modo o nell'altro.
− Non è forse il male che rende Dio com'è, però? – mormoro più avanti, più vicini alla classe, sottovoce.
− Scusami? –
− Se Dio è Dio è perché è malvagio. –
− Parli del Signore o di te stesso, Kenma? –
Rido appena.
− Credo di essermi reso conto solo ora del fatto che Dio non è buono come pensavo che fosse. –
− Non te n'eri già accorto? –
No, Kuro, no.
Credevo che fossi io, il problema.
Spunta fuori che il problema è lui.
− Vorrei così tanto che morisse, Kuro. –
− Un giorno lo ucciderò per te, Kenma. –
Non mi bacia, di fronte alla classe, ma apre la porta al posto mio.
C'è silenzio, quando i miei compagni mi vedono arrivare, e rimane tale per tutto il tempo che Kuro passa a spostare il mio banco vicino alla cattedra.
Come si uccide, Dio?
Come si fa?
C'è un pugnale che devo spingergli nel petto, c'è un'arma che può tagliare la sua testa?
Non lo so.
Ma so che lo scoprirai per me, Kuro, perché ami me più di quanto non farai mai con nessun altro, e questo è innegabile.
Aspetta che mi sieda, che tiri fuori i libri, mi osserva dall'alto come per accertarsi che tutto vada bene.
L'hanno capito, gli altri, che c'è qualcosa che non va.
Sono stronzi e sono feccia, ma non sono così ciechi.
Ed eppure connettere i puntini e formare la costellazione della realtà di quello che sta accadendo non sembra facile, non credo lo sia.
Perché io sono sempre stato figlio di Dio, e che io fossi l'essenza stessa del dolore e dello sbaglio non lo sapevo neppure io, prima di viverlo.
Li guarda male, prima di uscire, e passa come un filo d'aria in un gesto distratto sulle mie spalle.
Non chiude la porta.
Ma che la chiuda o meno, di provare a toccarmi hanno smesso mesi fa.
Ora parlano.
Parlano, parlano, insinuano e dicono, anche se non giungono mai ad una conclusione sensata, anche se non approdano a niente che sia veritiero.
Parlano e basta.
E le loro parole mi piacciono, perché sembrano preghiere per una furia che solo io posso provare.
− Sono arrivati di nuovo insieme? –
− Ma dov'erano? –
− Ho sentito il professore dire ad un progetto. –
− Perché ha portato solo lui, allora? Neppure è il più bravo, non ha senso. –
Rido appena, in un rumore che non sente nessuno.
− Dici che c'è tipo qualcosa sotto? –
− Magari i suoi pagano la scuola. –
− Magari è uno che si fa intenerire dagli scarti come lui. –
− Potrebbe essere. –
I miei? Pagare la scuola?
Kuro, intenerirsi?
− Non so che cos'abbiano, ma alle prime ferie del professore ammazziamo quel figlio di puttana. Non ne posso più, c'è qualcosa di lui che mi irrita. –
− Lo ammazziamo? Non possiamo solo fargli gli scherzi come qualche mese fa? –
− Lo ammazziamo. –
− Si merita di morire. –
Ecco perché lo pensano di me, Dio.
Perché lo pensi tu.
Ecco perché non mi hai mai protetto, ecco perché hai amato loro più di me, ecco perché hai preteso obbedienza quando non potevo dartene.
Perché sono fatto per essere questo.
Non solo punizione di Kuro, non solo quello.
Punizione del mondo intero.
Capro espiatorio delle sensazioni negative.
Qualcuno dovrà pur portarla la croce, no? E senza rinascere e ascendere, no, solo per scalare il Golgota ancora e ancora, e far vedere agli altri quanta fortuna abbiano.
− Dici che non s'incazzerà, il professore, quando scoprirà che non c'è più? –
− Passerà a qualcun altro, figurati. –
− Tu dici? Sembrano andare piuttosto d'accordo. –
− Mah, ho i miei dubbi. –
Hai i tuoi dubbi?
E sulla base di cosa?
Sulla base di quale verità, tu credi di sapere quanto d'accordo andiamo io e Kuro?
Sento rumore, come se qualcuno si stesse staccando al gruppo e unendo per partecipare alla conversazione, mi sistemo i capelli, tamburello con le dita sul legno del banco.
− Avete sentito stanotte? –
− Cosa? –
− Eh? –
Stanotte?
In che senso stanotte?
− Nel corridoio del primo piano si è sentito un casino infernale. –
− Che genere di casino? –
− Ecco... −
Il corridoio del primo piano è il corridoio dove c'è la mia stanza.
Credo... credo di aver capito.
− Sono un po' di settimane che si sente casino da lì, ma di solito si sente anche la gente che prega e altri rumori e non credevo fosse niente di che. Ma stanotte... −
− Oddio, mi sa che l'ho sentita anch'io. –
− Cos'era? –
Come un fruscio, come una folata di vento di voci che si mescolano e uniscono e confondono.
− Secondo me erano due persone che... ecco, che... −
− Eravamo io e Kuro. –
Silenzio.
Silenzio di fronte al mio viso girato indietro.
Niente più vento.
Niente più fruscio.
Silenzio.
Com'è giusto che sia, quando parla qualcuno più importante di te.
− Siamo io e Kuro da quasi un mese, ormai. Non comprendo come non ve ne siate accorti. Non vedete come mi guarda? –
Panico, confusione, realizzazione che coglie i loro visi.
− Cosa pensate che facciamo tutto quel tempo da soli? Cosa pensate che abbiamo fatto prima, quando ero fuori con lui? –
− Non è possibile. –
− Come no? –
Il ragazzo che ha parlato ha la faccia rossa, rossa come il fuoco, e sembra a metà fra una crisi di rabbia e l'imbarazzo più totale.
− Nessun professore farebbe quella... quella cosa con un alunno. –
− Oh, Kuro la fa, e la fa bene. –
Mi giro di più, la sedia striscia appena contro il pavimento quando i gommini fanno attrito con le piastrelle.
− Ho risolto i vostri dubbi? –
Che cosa c'è dentro i loro occhi?
È forse...
Oh, io lo so cos'è quella.
È invidia.
− Stai dicendo un mare di stronzate. –
− Davvero? –
Tiro il colletto del mio maglione verso l'esterno.
C'è un segno di denti, come di un morso.
− Chi credi che me l'abbia fatto, questo, eh? –
− Di sicuro non il professore. –
Rido, perché mi fa ridere l'ingenuità acida con cui pensano di dirmi cosa fare e cosa raccontare.
− Mi dispiace che non faccia lo stesso anche con voi, davvero, ma se ha scelto me è perché fate schifo, e su questo non posso proprio farci niente. –
Mi sembra di sentire il loro sangue.
Fluire nei corpi, battere nei cuori, risuonare nella rabbia.
− Noi ti... −
− Mi ammazzate? Cristo, che paura. Come se aveste anche solo la possibilità di avvicinarvi ad uno come me. –
− Uno come te come? Uno stronzo? Un figlio di puttana? –
Mi lecco le labbra.
− Un Dio. –
Dovrebbero ridere di me.
Non è una cosa ridicola, da dire? Millantare di essere divinità, dire pur essendo umano fatto di carne e sangue di avere il segreto dell'ascensione.
Ma mi sono accorto di una cosa, in questo tempo che ho diviso con Kuro.
Io ho molto più potere di quanto immaginassi.
Perché cosa c'è di più potente di qualcuno che ha preso colpi una vita intera e tutto d'un tratto alza la testa? Cosa più della rivalsa, cosa più della vendetta?
Pensavo che l'idea che gli ultimi sarebbero stati i primi, fosse una magra consolazione per disperati che tirano avanti.
Ma se ti rendi conto che quel primo puoi essere tu con le tue sole forze, se ti rendi conto che Dio non è riuscito ad impedire ad Adamo ed Eva di mangiare il frutto proibito, se ti rendi conto che puoi fare da solo, allora assume un significato diverso.
L'ultimo sarà il primo.
Io, sarò il primo.
Io, sono il primo.
Perché l'ho scelto io, perché l'ho deciso io, perché l'ho fatto io.
− Io non morì e non rimasi vivo, pensa oggimai per te, s'hai fior d'ingegno, qual io divenni, d'uno e d'altro privo. – recito nel silenzio che si spande.
Non credevo che ci fosse verità nell'interpretazione allucinata di un poeta che dice di viaggiare nelle dimore dei morti.
Ma c'è, e la vedo.
− Non vi sentite così, di fronte a me? –
Non morti, non vivi, privi di entrambe le prospettive.
Vuoti e inutili, scioccati, spaventati e ammirevoli tutto insieme, investiti da qualcosa di così grande che anche solo il pensiero gli pare pesare nella mente.
− Come pensavate che ci fosse anche solo uno straccio di competizione fra noi? –
Denti stretti, ma verità che scivola.
Come?
Piego la testa di lato, i capelli si muovono come me e sfiorano la mia guancia.
− Io ho un Principe dell'Inferno che adora tutto di me, voi siete solo dei miserabili. Morirete e scomparirete come tutti gli altri. –
C'è forse paura?
Spavento?
Tremore o terrore in qualcuno che ha pensato per anni di essere migliore di me?
− Non capisco ancora perché non vi siate inginocchiati a supplicare la mia pietà. –
C'era il Sole, fino ad un attimo fa, che filtrava e riluceva dalle finestre. Ma ora sembra annebbiato, coperto, e tutto diventa appena più scuro, più macabro.
Sento i passi prima di vederlo, e sorrido con l'espressione che avrebbe un Dio misericordioso, quando mi sposto sulla sedia e distolgo il mio sguardo da loro.
Kuro ha un libro in mano, quando entra, e l'espressione nervosa quando guarda me e loro cercando di comprendere cosa stia succedendo.
− Tutto bene? –
− Mh-mh, solo non vedo l'ora che inizi la sua lezione, professore. Credo che lei sia diventato il mio preferito, sa? – è quel che risponde la mia voce, accompagnandosi all'espressione più docile che il mio viso riesca a fare.
Kuro sospira.
− Stai cercando di lusingarmi? –
− Sta funzionando? –
Ride, mentre supera il mio banco si appoggia sul bordo della scrivania.
− Credo di sì, Kenma. –
− Ne sono molto felice. –
Passa le dita distrattamente fra le pagine scorrendole una ad una, mentre si perde a guardarmi sorridere come l'alunno che fingo di essere.
Guardate, guardateci.
Cos'è questa, se non l'adorazione più completa?
Mi guarda come se il mondo fosse mio.
E mi sembra che lo sia, quando lo fa.
− Il vostro catechista mi ha detto che vi faccio saltare troppe preghiere. – rivolge alla classe, stringendo le braccia al petto e sistemando il libro al suo fianco.
La classe rimane muta.
Non c'è il brusio di chi fa a gara per rispondere, non c'è neppure l'istinto di fiatare.
In loro, perché sono sudditi prostrati a terra.
Non per me.
− Ne avremo saltate solo un paio. – rispondo.
− A quanto pare sono troppe. –
Si passa una mano fra i capelli per togliere qualche ciocca dal viso.
− Ho pensato allora che ci sarebbe servito un modo per recuperare e ho cercato un testo che potessimo leggere assieme anche se non c'entra niente con le scienze. –
Guarda la montagnetta di fogli rilegati vicino al suo corpo.
− Ho scelto l'Apocalisse di Giovanni. L'avete mai letta? –
Annuisco.
− Io sì. –
− Se non l'avessi fatto non saresti il mio preferito. –
È come se ci fossimo solo noi attorniati da manichini. Il dialogo inizia e finisce fra le nostre labbra, si esaurisce soltanto fra le nostre due persone.
Non c'è altro che conti, dopotutto.
Nient'altro.
− Vi chiederei se qualcuno ha voglia di leggere al posto mio, ma sappiamo che chiederei a Kenma di farlo a prescindere dalla risposta, quindi evitiamo anche il tentativo. –
Rido appena, tiro indietro la sedia col mio corpo.
− Lei ha un debole per me professore, si vede davvero tanto. –
− Dovrei nasconderlo meglio? –
Faccio spallucce mentre mi alzo e mi avvicino alla cattedra.
Mi siedo che le mie gambe penzolano verso il basso, dondolano nell'aria perché sono troppo corte.
Scorro lo sguardo di fronte a me, da quel punto privilegiato da cui si vede tutto, si nota tutto. Ogni singolo dettaglio, ogni concentrazione, ogni distrazione, ogni elemento.
Quel che vedo è il terrore.
E il loro terrore sembra fuoco in me, perché mi fa bruciare di gioia e di cattiveria assieme.
Mi spingo di lato, finché la mia spalla non tocca quella di Kuro. Mi piego contro il suo corpo e si vede, come si rilassino i miei muscoli quando siamo vicini.
− Mi dia il libro, professore. –
− Subito, Kenma. –
Indugia per un attimo di troppo con le dita sulle mie, mi osserva aprire il libro sfogliando le pagine alla ricerca di qualcosa che mi piaccia.
− La sconfitta di Satana va bene, professore? –
− Se ti piacciono le cose surreali, certo. –
Le lettere sono un po' sbavate dalla vecchiaia, la carta sembra spessa e rovinata, usata più e più volte.
− Dove l'hai preso? –
− Nell'Ottocento vivevi in un monastero, dovevo pur intrattenermi in qualche modo. –
Ridacchio lasciandomi andare ancora di più contro la sua spalla.
− Mi hai davvero cercato da tutte le parti, tu. –
− Ovunque. –
Non s'imbarazza e non sembra neppure pensarci, quando apre una delle braccia e l'avvolge attorno alle mie spalle.
Alzo lo sguardo per un solo istante.
Dolore, quanto dolore, quanta paura, quanta invidia.
Potrei contarli su di voi, i peccati.
Occhi spalancati e voci ammutolite, mani che tremano, sguardi che piangono.
Avete capito, finalmente?
Avete capito?
Questo è quello che Dio vi ha costretto a farmi.
A bruciarmi i capelli, piantarmi le forbici nelle gambe, sbattermi la testa sui banchi, strapparmi i vestiti, stringermi la pelle, colpirmi e picchiarmi per anni.
Come ridevate, quando ero in ginocchio a pregarvi di smettere.
Quanto ve l'ho chiesto, quanto.
"Che cos'è che vi ho fatto?"
"Esisti."
E dovrebbe far ridere, forse lo faceva, prima.
Ma è la cosa più vera.
Io esisto, ed è quell'esistenza la stessa colpa per cui devo essere punito.
O forse no.
− Che cos'hai provato, quando mi sono tolto il rosario? –
Sto tenendo la voce bassa, ma la classe è talmente silenziosa che non stento a credere stiano ascoltando tutti.
− Fame, Kenma. –
Sorrido.
Intimi, siamo decisamente intimi, quando mi rivolge gli occhi addolciti dall'affetto.
− Volevo... fare un sacco di cose. Non so se hai presente la sensazione, quando vuoi così tanto che alla fine non prendi niente. –
− Ma se alla fine... −
− Sì, alla fine qualcosa ho fatto, ma sono rimasto a guardarti per minuti interi prima di prendere coraggio. –
Appoggio il lato della testa contro la sua spalla.
− Troppo scioccato, Kuro? –
− Non ci potevo credere. –
Mi stringe la vita, appoggia le labbra contro la mia tempia.
− Il mio peccato, la mia Stella del Mattino. –
− Sitri. –
Non so cos'è il dopo e non so cos'è il prima, non so cos'è ora, non so cos'era e non so cosa sarà.
Non so che cosa faremo, come, perché.
Non so se saremo "noi", o sarai solo "tu", o persino solo "io".
Non so se siederò su un trono o pregherò fra le fauci di Lucifero di essere lasciato andare, non so se Dio vi costringerà a ridargli la mia anima così attentamente forgiata, se scomparirò nel nulla.
Io non so niente, Kuro.
Ma se non c'è niente che m'interessi all'infuori di te, mi serve saperlo?
Si associa spesso la santificazione, la giustizia e la beatitudine con una vita lunga, solida, regolare. Persone che perpetrano la loro esistenza in nome di un Signore che non gli vuole bene, questa è una vita benedetta.
E invece quella dei peccatori, è sempre veloce e bruciante, edonista, sregolata.
Morirò, Kuro?
Tu dici di no, ma non capisco cosa intendi nei dettagli.
Morirò e verrai a ripescarmi di fronte a Caronte?
Oppure non morirò?
Schiarisco la voce, piego i due lembi del libro fra le mani.
− "E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell'Abisso e una grande catena. Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell'Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po' di tempo." –
Ti amo, Sitri.
Ti amo per come sei e per come non sei, per quello che hai e quello di cui manchi.
Ti amo perché mi hai rincorso nei secoli.
Ti amo perché Dio mi ha creato per non essere nulla, e tu mi hai sempre voluto rendere qualcuno.
− "Poi vidi alcuni troni e le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione." –
Io sono l'essenza stessa della resurrezione.
Ripetuto, ripetuto, ripetuto.
Potevi benedirmi, Cristo, se è vero che ho passato sessantasei vite nella tua gloria e pregandoti ogni giorno. Potevi prendermi con te.
Tu non mi hai mai voluto.
Nessuno mi ha mai voluto.
Solo Kuro.
− "Beati e santi quelli che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo, e regneranno con lui per mille anni." –
Ti metterei in croce un'altra volta.
Mi sederei sulla polvere in cima al Calvario, a guardarti per giorni morire di stenti con i chiodi piantati nel corpo.
Credi che questo sia un martirio, Cristo?
Credi che lo sia?
Il mio, lo è.
Tu fingi di esorcizzare il male del mondo con qualche ora di pena.
Ipocrita.
Falso.
Malvagio.
− "Quando i mille anni saranno compiuti, Satana verrà liberato dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni che stanno ai quattro angoli della terra, Gog e Magòg, e radunarle per la guerra: il loro numero è come la sabbia del mare. Salirono fino alla superficie della terra e assediarono l'accampamento dei santi e la città amata. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò." –
Se me ne dessi l'occasione, ti farei vedere cosa significa soffrire.
T'insegnerei il dolore, perché è l'unica cosa che conosco, l'unica che ho imparato.
Kuro si stringe verso di me, il suo corpo inizia a diventare appena più caldo, più presente. Mi sembra persino che il respiro del resto della classe sia scomparso, in favore del suo.
− "E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli." –
Noi non moriremo, è una menzogna.
Non c'è stagno, non c'è zolfo, non c'è tormento.
Quello non è il Giudizio Universale, non è l'Apocalisse.
Quella è la vita, Dio.
La vita che tu ci hai dato.
− "Il mare restituì i morti che esso custodiva, la Morte e gli Inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. Poi la Morte e gli Inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco." –
Lo stagno di fuoco.
Che invenzione, Dio, che allegoria, che finezza.
Lo stagno di fuoco riluce negli occhi di Kuro quando mi guarda, e scotta, ma lo fa nel modo migliore possibile.
Perché non è forse meglio il calore del fuoco del gelo che il tuo silenzio crea nell'anima di un povero essere umano?
− "E chi non risultò scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco." –
Sai qual è la presa per il culo, Dio?
Che tu non dai la libertà a nessuno.
Perché la libertà non è mai corretta, nelle tue Scritture, è sempre qualcosa che dobbiamo rifuggire. Qualsiasi cosa sia piacevole, qualsiasi cosa possa competere con te, tu la etichetti come sbagliata e mi dici di non amarla.
Non è vero che sono libero di amarti.
Sono obbligato ad amarti e libero di sbagliare.
Ma non mi sembra che il tuo sia un regno misericordioso, così, non mi sembra che ci sia amore e accettazione e condivisione.
Mi sembra un insieme di regole per fermarmi.
Alla fine l'unico libero sei tu, Dio.
Noi siamo in fila come pecore a seguire un tracciato fatto di rinunce, e tu invece giochi a scacchi con le nostre vite per questo o quell'altro pensiero che ti è passato per la testa.
Mi hai fatto soffrire duemila anni solo per fare un torto ad un figlio che voleva un po' d'indipendenza.
Tu sei...
Tu sei un tiranno, Dio.
E la preghiera di Kuro diceva che Lucifero è il distruttore di catene.
Da che parte stare non è nemmeno da chiedere.
Da che parte dovrei stare?
Col dittatore?
O col liberatore che si recide le ali per avere la libertà?
Sei la più grande menzogna sulla faccia della Terra, tu, sei il più grande ingannatore. Se tutti scoprissero quanto di falso c'è in te, non ti crederebbe più nessuno, e saresti avvizzito e dimenticato.
Qual è il tuo problema?
Non sarà che forse tu vali solo quando gli altri ti credono, Dio?
Non sarà che fai il dittatore di persone di cui hai bisogno?
Non sarà che ti serviamo più noi di quanto tu stesso non ci serva?
Alzo gli occhi dal libro, lascio scorrere ancora le pagine verso l'ultimo capitolo.
− Kuro? –
− Dimmi. –
Mi sporgo verso di lui, quando alzo lo sguardo.
Mi sporgo e lascio che sfiori le labbra con le mie, che senta quanto giusto sia il nostro amore, quanto libero, quanto forte.
− Fai bruciare questo posto per me, Kuro. –
− Ne sei sicuro? –
I miei occhi guardano le lettere e quando le riconoscono piegano meglio la costa del libro per poterlo tenere aperto.
− Brucerò con loro? –
− Se non sei bruciato a dire il nome di un demone non credo che brucerai di questo fuoco. –
− Allora fai quel che ti chiedo. –
Mi squadra un attimo ancora, mi bacia un'altra volta.
L'attimo dopo sento qualcosa accarezzarmi la spalla e so che sono le piume delle sue ali.
Gli scintillano gli occhi d'oro, quando la prima scintilla sembra scoppiettare per terra.
Diventano luminosi quando si trasforma in una fiamma.
− "E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello: i suoi servi lo adoreranno. Vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte." –
Sembra che tutti si siano svegliati quando le fiamme s'infittiscono.
Sento...
Non m'interessa del casino che sento.
− "Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli." –
Sedie che si spostano, banchi che strisciano.
L'ala di Kuro che è appoggiata sulle mie spalle si muove e sento la porta sbattere chiusa, le fiamme catturarla e chiuderci dentro.
− "Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve. Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro." –
Kuro ferma qualcuno che si sta avvicinando verso di me col solo sguardo minaccioso, le persone iniziano a piangere, a radunarsi insieme e vicine al centro della classe.
− "Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine. Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all'albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città." –
Cadete e bruciate.
Morite.
Chiederete pietà all'Inferno stesi ai piedi di qualcuno che ama solo me.
− "Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna." –
Kuro guarda le lettere con me da sopra la mia spalla, mi accarezza piano i capelli.
Ripete "ti amo", ogni tanto, credo perché sia così felice di potermelo dire che non riesce a resistere.
Sono concentrato nella lettura, i miei occhi seguono le parole una ad una, ma vengo distratto da un urlo particolarmente forte.
Quando alzo lo sguardo un ragazzo ha i vestiti completamente immersi nelle fiamme.
Schiocco la lingua.
− Puoi morire in silenzio? Sto cercando di leggere. –
Apre la bocca per rispondere.
Per pregarmi?
Per maledirmi?
Non dice nulla che Kuro alza una mano verso di lui e tutto quello che ne rimaneva cade come un cumulo di cenere a terra.
− Grazie, Kuro. –
− Ti amo, Kenma. –
Torno alle mie parole scritte.
− "A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro." –
Sento tonfi fuori dalla porta, come se qualcuno stesse cercando di entrare.
Non possono.
− "La grazia del Signore Gesù sia con tutti." –
Chiudo il libro, lo lascio scivolare al mio fianco, guardo aprendo bene gli occhi che cosa io stesso ho fatto.
La disperazione.
Le mani che cercano di afferrarsi per salvarsi, le finestre troppo lontane, il banco fitto di fumo che sale.
− Non siete contenti del mio regalo? Non è l'aspirazione di ogni cristiano riunirsi con Dio? – chiedo, ballando con le gambe nell'aria.
Kuro mi bacia la guancia, di nuovo la tempia, lo zigomo.
Poi avvita nell'aria la mano e la chiude allo stesso modo, e le fiamme si alzano ancora.
Non sento caldo, in ogni caso.
Non sento niente.
− Pensavate che non avreste subito alcuna punizione? –
Mi sporgo sulla cattedra e allungo una gamba per poter arrivare al bordo di uno dei primi banchi.
Spingo indietro, il legno scivola e intrappola più strette alcune delle persone che stanno cercando di sopravvivere.
− Se solo foste stati liberi e non schiavi di Dio. –
− Ti amo, Kenma. –
Lo ripete, lo ripete ancora, ancora, ancora.
Stai cercando di elevarmi?
− Anche io ti amo, Sitri. –
− Ti amo così tanto, così tanto. –
Stringe le mie mani con le sue, le porta su e le bacia.
− Non abbandonarmi mai, Kenma. Rimani per sempre con me. –
− Nei secoli dei secoli. –
Sorride.
Sorride come se mi stesse chiedendo di sposarlo, come se ci stessimo unendo in matrimonio di fronte ad un altare.
− Ti amo, Lucifero. –
− Lo so. –
Non so quando si svegli.
Non so quando si stenda dentro di me.
Ma è come un fumo denso, come una realizzazione viscosa che mi riempie dal basso.
Io sono il male.
Io sono la malvagità.
Sono il piacere, sono la gola e la lussuria, l'ira, l'accidia e l'invidia, la superbia.
Sempre più urla e sempre più persone che cadono senza vita.
Ce n'è una, che rimane, alla fine.
Una che crolla in ginocchio e mi guarda, giungendo le mani e fissando il cielo.
− Dio ti punirà per quello che hai fatto, Kenma. – sputa.
Piego la testa e sorrido.
Mi sembra di sentire... mi sembra di sentire ali che si appoggiano sulla mia schiena, ma non quelle di qualcun altro, le...
Le mie?
Io...
− Non c'è nessun Dio che può punirmi. –
Piume bianche.
Non sono spezzate, non sono nere.
Io...
− Dio è morto. –
Ho vinto.
Io ho vinto.
E ora non rimane niente all'infuori di me.
− L'ho ucciso io. −
─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───
prima delle mie considerazioni finali da pazza vi lascio la super mega fanart che ha fatto ges esserechemangia di questa storia get her the love she deserves
ok ok ok
parliamone
IO NON HO LA MINIMA IDEA DA DOVE SIA USCITA QUESTA COSA, MA MI PIACE UN SACCO E CREDO CHE DOPO AVER LETTO QUESTO TUTTI POSSIATE CAPIRE PERCHE' HO BISOGNO DI UN TERAPISTA NELLA MIA VITA
no ok a parte gli scherzi
questo capitolo è un po' """"allegorico"""" credo quindi è voluto il fatto che non si capisca perfettamente quel che succede ma se avete qualsiasi tipo di dubbio o domanda fate pure rispondo più che volentieri, poi giusto per onor di cronaca anche se penso che ve ne siate accort* ma meglio specificare
- la preghiera satanica dovrebbe chiamarsi "principe dell'oscurità" e dovrebbe essere della corrente luciferiana del satanismo. l'ho letta da qualche parte in un qualche trattato o forse l'ho vista in un documentario, poi l'ho ricercata su internet, quindi per quanto secondo me sia calzante con l'estetica non so dirvi al cento per cento quanto valore abbia per il culto perchè non sono proprio un'esperta
- i due versi che kenma recita sono dal canto I del Purgatorio, quando Dante parla con Catone l'Uticense, e dal canto XXXVI dell'Inferno, quando Dante vede Lucifero
- tutti i brani dopo sono presi dal capitolo 20 e 22 dell'Apocalisse di Giovanni
allora la cosa che mi fa più ridere di questa storia (credo l'unica perchè non è che sia proprio uno spasso ecco) è che mi fa sembrare quasi intelligente cioè è piena di mega riferimenti che mi fanno sembrare colta quando in realtà non so manco dove sia crotone cioè ma esiste ma che cosa sta succedendo io non capisco
poi
mel + AU = STORIE INFINITE parliamone io non riesco a sintetizzare niente voglio spararmi sono venticinquemila parole di me che blatero sul valore allegorico della vita e della religione
ultima cosa
QUESTA COSA NON C'ENTRA NIENTE COL SATANISMO COME CULTO ESOTERICO FORSE UN BRICIOLINO COL SATANISMO LUCIFERIANO ma il satanismo esoterico è un culto pagano precedente alla stessa religione cristiana dove la figura di satana è descritta con molto più folklore della mia interpretazione che non soltanto viene da un'atea ma è anche piuttosto romantica (in senso puramente letterario). quindi :: il satanismo a parte quello acido non è un culto di male, fondamentalmente credo di aver capito è un culto di libertà ma mi astengo dal fare commenti in quanto per l'appunto atea, e io ho solo descritto uno scenario gotico-vittoriano-romantico che riprende la religione cristiana e ne fa una descrizione egocentrica a contrasto del fatto che sia invece una religione di condivisione.
spero che si sia capito qualcosa
non lo so
non importa
e niente fine delle mie stronzate questo è, spero tantissimo che vi sia piaciuta, se vi è piaciuta prenotate un terapista, la prossima settimana non so quando esce il capitolo di angel with a shotgun e niente have a nice day guardate la finale di sanremo
bye babies
mel :D
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top