𝗸𝗶𝗻𝗴 𝗳𝗼𝗿 𝗮 𝗱𝗮𝘆 :: 𝟮
╰┈➤ ❝ continua ❞
Quando usciamo, trema di freddo.
− Cazzo, mi sono dimenticato la giacca. - è la prima cosa che dice quando l'aria sferza direttamente sulle sue spalle.
In effetti per quanto questa stramaledetta canottiera gli stia da Dio addosso, devo ammettere che non lo copre più di tanto.
− Posso fare come nei film? - gli chiedo, osservandolo mentre mi fermo sul marciapiede.
Alza un sopracciglio.
− Ovvero? -
Slego dalla mia vita la giacca di jeans che ho da anni, scura e rovinata quel che basta per darle un aspetto indie un po' trasandato, e gliela porgo.
− La mia è dentro... posso... posso andare a riprenderla, non devi... − inizia a farfugliare, ma arrossisce al punto che ormai so che no, non può andare dentro a riprenderla e sì, devo.
− Su, l'ho persino lavata ieri. - lo invito.
Storce il naso, e sembra stizzito ma le sue mani sono delicate quando finalmente la prende. Se la infila sopra le spalle con calma, e devo ammettere che la visione del suo corpo che annega nei miei vestiti è tremendamente allettante.
− Sei troppo grosso, mi sta larga. - borbotta.
− Sei adorabile. - è l'unica cosa che rispondo.
Distoglie lo sguardo con il naso che diventa rosso.
− Questa cosa è disgustosamente cliché. Mi fa quasi schifo. - sbotta, ma so che non lo intende davvero. Non dalla faccia tremendamente timida e soddisfatta che sta facendo.
Sorrido e basta, e penso che è proprio carino, questo sconosciuto.
Scrolla la testa come se volesse cancellare un pensiero dalla sua mente e poi indica un punto alla mia destra.
− Casa mia è di là. Se... se vuoi ancora venire. - mugugna.
Ricordate quando ho detto che ha un carattere aggressivo? Non era vero. Era una stronzata. Questa è letteralmente la cosa più tenera che io abbia mai visto nella vita. Nella. Vita.
Annuisco.
− Se mai ti dicessi di no portami al reparto psichiatrico, Kat. - ribatto.
Inarca le sopracciglia.
− Kat? -
− Che c'è, ti fa schifo? Se ti fa schifo non lo dico più. -
Sorride appena, le guance che si alzano impercettibilmente quando lo fa.
− Mi fa schifo, ma puoi... puoi dirlo. -
Quello che sta dicendo è che lo adora. Lo so.
Senza nemmeno ragionarci su gli prendo la mano, le dita che si incastrano fra le sue stranamente accondiscendenti.
− Ok, allora. Andiamo, o il bottone dei pantaloni non reggerà la pressione e dovrò camminare in mutande. -
Ridacchia facendo spallucce e mi segue quando inizio a camminare.
− Sei davvero stupido, lo sai? -
− Perfettamente. Non hai scoperto nulla di nuovo. -
Il palmo della sua mano sembra fatto apposta per stare a contatto con il mio, mi ritrovo a pensare quando irrigidisco la stretta. Non ha le mani piccole, né più grandi delle mie. Sono della misura perfetta.
− Da quanto canti con Denki? - è la prima cosa che chiedo, genuinamente interessato alla risposta.
Lo vedo pensarci un po' su, poi alza le spalle.
− Un paio di mesi, credo. Quel cretino del tuo amico mi ha pregato per quasi un anno, però. - ribatte, camminando tranquillamente al mio fianco e indicando con il capo un'altra strada, per farmi svoltare nella direzione giusta.
− Sei così desiderato? -
− Ma mi hai sentito cantare? Sono un dono per quegli idioti. - risponde, il tono arrogante ma anche profondamente ironico.
− In effetti. Sicuramente metti in piedi uno spettacolino degno di nota. -
Schiocca la lingua.
− Oh, sì che lo faccio. E pensare che volevo mollare tutto. -
Inarco le sopracciglia confuso.
− Come mai? -
− Dicono che sono insopportabile e che avermi in una band è un inferno. -
Mi fermo per un secondo e la mano libera vola al suo mento, inclinandolo indietro perché i suoi occhi incontrino perfettamente i miei.
Lo vedo increspare le labbra e so che sta per chiedermi che cazzo io stia facendo, ma taglio le sue parole chinandomi e premendo la bocca piano sulla sua.
Non protesta.
− Insopportabile, tu? Ma dove? Sei un pasticcino. -
Si gira dall'altra parte immediatamente, sperando che non veda la vampata di calore che gli tinge il viso. Inutile, perché i miei occhi la carpiscono all'istante.
− Che cazzata. - borbotta, piano.
Ridacchio e basta.
− Quella è casa mia. - dice poi dopo un secondo, indicando con il capo un edificio al fondo della via.
Squadro per un secondo la distanza che ci separa dalla porta, ad occhio e croce non più di cinque minuti, e decido che questo sconosciuto è troppo bello e io troppo impaziente per resistere ancora.
− Tieniti forte, Kat. - lo avverto, prima di prenderlo dalla vita, spiaccicarlo sulla mia spalla come un sacco di patate e iniziare a camminare più velocemente.
Non pesa molto, in effetti, o io sono abituato a cose ben più pesanti, perché non lo sento neanche mentre procedo a falcate ampie sul marciapiede.
Sono più alto di lui, e ho le gambe più lunghe e sicuramente non rammollite da un orgasmo avuto non più di dieci minuti fa, quindi so che così faremo più in fretta.
All'inizio è troppo scioccato per parlare, ma ci mette un attimo a riprendere la sua verve.
− Che cazzo fai? Mettimi giù! - urla, piegato a metà addosso a me.
Ridacchio.
− Su, resisti. Ancora un po' e siamo arrivati. -
− Ma che cazzo di bisogno c'era di prendermi in braccio? Idiota, stupido idiota! -
Appoggio la guancia di lato, contro la parte di Bakugō che si trova proprio a fianco della mia testa, il suo culo.
− Che cosa puoi saperne tu? Sei già venuto prima, io invece sono qui a soffrire come un cane. E poi la vista mi piace. - ribatto, lasciando un bacio rumoroso sulla superficie soda e morbida su cui sono appoggiato.
Caccia un urletto dalle labbra.
− Bastardo, lasciami andare. - ritenta, e sento persino io che questa volta il suo tono è meno convinto. Che deve mantenere la facciata da duro, ma non vuole che lo metta giù per niente al mondo.
Stringo di più le sue cosce e faccio l'ultimo paio di metri correndo, con Katsuki che mi grida con rinnovata irritazione di lasciarlo in pace e io che gli rido letteralmente addosso.
Mi sembra di vivere la vita di qualcun altro. Non ricordavo che fosse così divertente, la mia.
Non aspetto di lasciarlo scendere quando mi infilo nell'atrio grande del complesso di appartamenti. Devo immaginare che ci vivano solo studenti, quando intravedo una sala comune piena di persone della mia età che si girano con gli occhi sgranati a fissare me e il ragazzo che porto in spalla.
Mi arresto finalmente di fronte al primo ascensore.
− Piano? -
− Il quinto, ma ora mettimi giù, dai. C'è gente che conosco, non voglio fare una figura di merda. - lo sento borbottare.
Timido.
Faccio finta di non averlo sentito mentre mi infilo fra le porte automatiche che si aprono di fronte alla mia faccia.
Non c'è nessuno, dentro, fortunatamente.
Lo lascio scendere. O almeno, glielo faccio credere.
Gli permetto di scivolare giù dalla mia spalla, ma non appena è a livello delle mie anche afferro le cosce muscolose ma inaspettatamente morbide e le chiudo sui miei fianchi.
− Così va meglio? - chiedo, appoggiando il naso sul suo.
Fa il broncio ma si aggrappa con altrettanta enfasi attorno al mio collo.
− Mmh, non ne sono sicuro. - risponde.
Le nostre labbra sono ad un millimetro di distanza quando la porta si apre.
Potrei sul serio mettermi a correre, ma non lo faccio, tenendo Katsuki aggrappato a me mentre imbocco il corridoio.
− È il numero centosettanta, Capelli di Merda. - mi mugugna all'orecchio, il fiato poco distante dal mio collo e la bocca che ci si struscia pacatamente sopra.
Sembra un gatto che marca il territorio, da come si strofina su di me.
Non penso di essere mai stato più diretto e certo nel fare qualcosa, mentre taglio la strada ad un ragazzino bassino e minuto senza nemmeno girarmi a guardarlo.
− Kacchan! Cosa... cosa fai? - dice, quando lo supero, ma non me ne interesso.
Sento solo Bakugō ridacchiare contro il mio collo.
− Mettiti i tappi per le orecchie, Deku. - mormora, prima che svolti un'altra volta verso destra inseguendo i numeri sulle targhette delle porte e l'immagine del ragazzino dietro di noi scompaia con la stessa velocità con cui era arrivata.
Mi sembra un'era ma sono dieci secondi quelli che passano prima che veda il numero stampato nell'ottone del legno chiaro e capisca che forse, se Dio vuole, siamo arrivati.
− Chiavi. - chiedo, i jeans che stanno letteralmente per mandarmi a fare in culo ed esplodere da quanto cazzo li sento stretti.
Katsuki ha i movimenti felpati di un felino quando sposta la testa per metterla di fronte alla mia. Copre la distanza fra i nostri visi fermandosi giusto un minuscolo spazietto prima di baciarmi.
− Nella tasca sul retro dei pantaloni. - sussurra con un filo di voce.
Duro. Letteralmente, duro. In un universo parallelo potrebbe essere davvero il mio superpotere, visto in che cazzo di condizioni sono ridotto.
Una delle mie mani scende dalla sua vita e finalmente, dopo tanta, tantissima attesa, toccano.
Paradisiaco, infinitamente perfetto, deliziosamente morbido. Se qualcuno ne mettesse mai una versione antistress in commercio mi ci seppellirei vivo.
Ovviamente, visto che sono eccitato e, ricordiamocelo tutti, particolarmente impaziente, non riesco a fare a meno di stringere. Stringo forte le dita che affondano nella carne morbida coperta dai pantaloni e giusto la silhouette delle chiavi al fondo della tasca mi impedisce di denudarlo qui e ora e fargli qualsiasi osa abbia in mente.
Le afferro con le mani che mi sembrano di burro.
Non centro la serratura la prima volta che ci provo.
− Hey, ragazzone, rilassati. O non entrerà mai. - mormora ancora Katsuki e sa perfettamente che ha appena usato un doppio senso su di me che sono a tanto così da inginocchiarmi e chiedergli di camminarmi sopra.
Alzo gli occhi al cielo e poi, Dio grazie perché ti amo, la chiave scivola nella toppa, la serratura scatta e siamo in casa.
Ordinata, devo ammetterlo. È un appartamento piccolo disseminato ovunque di libri e bacchette della batteria spezzate attaccate al muro. Carino, un po' eccessivo, ma non lo è forse anche lui?
Kat scalcia via le scarpe e lo imito, poi appende - con estrema delicatezza, devo notare - la mia giacca all'appendiabiti e il tragitto verso quella che immagino sia la camera da letto è trafelato e quasi istantaneo.
Si lancia sul letto di schiena e mi sorride, quando mi avvicino, in un modo che mi fa venire i nodi allo stomaco. Mi fa mancare il fiato, da quanto è bello.
− Un secondo di più e sarei morto. - sospiro, quando finalmente, finalmente le mie mani affondano su un materasso, il mio corpo è in linea orizzontale e un paio di gambe si allacciano alla mia vita spingendomi verso il basso.
L'impatto fra le nostre labbra inizia in maniera delicata. Stranamente, ma dolcemente delicata.
Giusto il suo corpo che si accoccola contro il mio e la bocca che risponde.
− Mmh, ancora. - gli sento dire quando mi stacco.
E obbedisco perché, chi non obbedirebbe? Chi direbbe di no a questo?
Tutto profuma come lui, qua dentro. Le lenzuola scure, i cuscini buttati a caso, l'incavo del suo collo. Un odore così naturalmente dolciastro che mi fa sentire confuso e inebriato ogni secondo che lo respiro.
Non vorrei che mi desse la dipendenza. O forse lo vorrei. Non è il momento di porsi questa questione.
Lo bacio ancora, e ancora, e ancora. Insaziabile, soprattutto se si tratta di questo.
Vuole essere abbracciato e coccolato e trattato con delicatezza nonostante il suo carattere sia spigoloso, e questa cosa è di rara tenerezza. Trovo incredibilmente adorabile il modo bisognoso in cui si aggrappa a me e si rilassa nel contatto delle mie mani.
Infilo le mani sotto l'orlo della canottiera.
− Questa la togliamo, che dici? - propongo, e annuisce mordendosi il labbro.
Sempre più bello. La sua pelle brilla, e inizio a pensare che non siano le luci ma sua caratteristica personale. O potrei essere io a sognarmelo, anche. Non ne ho idea, davvero.
Appoggio piano le labbra sul suo sterno, e lo sento trattenere il fiato.
− Anche tu. - sbotta poi, e devo ammettere che non capisco.
− Anche io cosa? -
− Togliti la maglietta. -
Sorrido e non protesto.
Quando il tessuto sottile è finalmente scivolato via dal mio corpo, lo vedo spalancare gli occhi e fissarmi spudoratamente.
Ok, lo so. Non vado in palestra cinque volte a settimana per niente, ma c'è una vena famelica e impaziente negli occhi di Katsuki che vale molto più di qualsiasi complimento.
Nonostante il modo in cui guarda, non si azzarda ad appoggiare le mani.
− Puoi toccarmi, lo sai? - lo invito, e il suo naso diventa di nuovo deliziosamente rosso.
− Ce... certo che lo so! Che cazzo... che cazzo dici? - farfuglia, ma lascio correre quando i polpastrelli irrigiditi dai calli si appoggiano sulla mia pelle tesa.
Passa le mani sopra di me come se non vedesse l'ora di farlo e, incapace di trattenersi, si lascia andare in un versetto a metà fra la soddisfazione e l'eccitazione che mi fa sorridere.
− Non pensavo ti sarebbe piaciuto così tanto. - mi lascio scappare quando lo vedo mettere su un broncio adorabile.
− Mmh, stai zitto. -
Mi abbasso ancora verso di lui, la fronte sulla sua.
− Non penso che lo farò. - inizio a dire, ma le mani di Katsuki si chiudono ancora dietro il mio collo e mi premono contro di sé, le labbra che si aprono sulle mie.
Chi l'avrebbe mai detto, che un esserino del genere fosse così debole a qualcosa di così classico come dei semplici baci.
Sembra che non voglia fare altro.
Sembra.
Perché il suo bacino si alza e preme sul mio, la sua gola emette un gemito acuto quando la frizione si stringe fra noi e sento il suo corpo tremare impercettibilmente.
− Cazzo. - è tutto quello che bisbiglia, facendolo ancora, e ancora.
Non riesce a star fermo, si muove e si accalda fra le mie mani e non riesco a star fermo nemmeno io, le dita che sembrano volergli scavare letteralmente nella pelle.
Raggiungo il bottone dei suoi jeans, lo slaccio e questa volta mi concedo di sfilarglieli di dosso, osservandolo per un attimo così, steso sul letto in mutande che mi guarda.
I suoi fianchi sono meravigliosi. Il modo in cui l'elastico dei boxer ci affonda dentro potrebbe essere la cosa più eccitante che abbia mai visto, la pelle morbida e dall'aspetto delizioso a pochi centimetri da me mi manda letteralmente fuori di testa.
Bellissimo, Katsuki è bellissimo.
Prima di togliere altro, però, sono i miei pantaloni ad essere levati di mezzo. Che iniziava a diventare dolorosa, la situazione.
Li lancio in un angolo non meglio identificato della camera, e torno a rivolgere la mia attenzione a questo dolce sconosciuto che mi fissa nemmeno volesse davvero mangiarmi.
− Sei lento, cazzo. - borbotta, e alzo un angolo della bocca.
− Impaziente? -
Arrossisce ancora e non risponde, prima che realizzi tutti, tutti, tutti i miei desideri e incastri le dita sotto le mutande per togliersele.
È tutta la serata che lo ripeto, e lo so che sono pesante ma, il suo culo. Il suo culo, cazzo. Meraviglioso avvolto dai vestiti ma così, così è ancora meglio.
− Illegale. - sputo fuori catturato dalla marea di pensieri che catturano me e il mio - ormai non più tanto controllabile - basso ventre.
− Eh? -
Ci metto un secondo ad afferrarlo per la vita e girarlo pancia sotto sul letto, gli occhi che non riescono a staccarsi.
Affondo una mano sulla pelle morbida e non reprimo un gemito di pura, infinita soddisfazione che scende a cascata lungo la mia gola.
− Uccidetemi qui e ora e morirò felice. - continuo.
So che sto borbottando frasi senza senso, ma come potrei riuscire ad elaborare un pensiero cosciente di fronte a questo? Come?
Inaspettatamente, Katsuki non risponde male. Anzi, ridacchia persino.
− Convinto tu. - commenta, gli occhi che si girano un secondo verso di me assieme con la testa solo per trovarmi incantato di fronte alla cosa più bella che abbia mai visto.
Mi chino e mordo. Mordo letteralmente.
Non forte da fargli male ma appena per sentirlo irrigidirsi.
− Che cazzo fai? Mi fai male! -
Ridacchio e lo faccio ancora.
− Dimmi che non ti piace. - rispondo, mentre sento un tremito attraversargli il corpo. Si tende e si rilassa appena ad ogni secondo che lo tocco di più.
− Mmh... non... non mi piace. -
Sistemo le mani sulle sue cosce e le tiro su per averlo inarcato e dritto di fronte a me.
− Riprova. -
Lascio un bacio sull'interno coscia, un altro più in basso, un altro ancora poco distante.
− Non... non mi... cazzo! -
Di nuovo, mordicchio la pelle morbida.
− Ah-ah, non ho capito, scusami. Riprova ancora. -
Lo sento trattenere il fiato, quel poco che basta mentre affondo i denti un'altra volta, più forte di prima, e geme sotto di me.
− Ti odio. - borbotta, il viso distante dal mio che riesco a malapena a vedere, ma che sono sicuro essere rosso d'imbarazzo e impazienza.
Mi allontano in un attimo.
Rimarrei tutta la vita qui, ad adorare questo suo culo meraviglioso, ma non posso resistere ancora. Mi fa letteralmente male, l'erezione che ho fra le gambe.
− Lubrificante? - chiedo, aspettando che giri la testa per guardarmi.
Indica con lo sguardo il cassetto a fianco del letto.
− Là. -
Obbedisco senza problemi.
Noto per un attimo un paio di occhiali accanto alla bottiglietta che cerco e per un secondo immagino quanto sarebbe carino e adorabile con le lenti spesse davanti agli occhi affilati. Con una mia felpa addosso, magari, un caffè americano in mano e le labbra sottili piegate in quel sorriso che assomiglia ad un broncio.
Scaccio l'idea scuotendo la testa.
Non ora, Kirishima, non ora.
Ruoto il lubrificante sul palmo della mano e torno piuttosto contento alla mia occupazione precedente.
− Preservativo? - chiedo, mugugnando fra i denti.
Non lo dirò ad alta voce, ma vorrei tanto non poterlo usare. Che è dieci volte meglio. Ma la salute personale viene prima e per quanto sia trascendentalmente attratto da lui devo prendermi cura di me e di lui senza lasciarmi andare a qualsiasi idea malsana mi sia venuta in mente.
− Sono pulito. Ho fatto gli esami lo scorso mese e la mia vita sessuale... ecco... cazzo, hai capito dai. - borbotta.
− Sono pulito anch'io. Sei sicuro? -
− Sì, Capelli di Merda. -
Come non detto.
Cielo apriti perché la mia vita sta per diventare davvero qualcosa di invidiabile.
La prima cosa che faccio è ricoprire le dita di lubrificante e avvicinarle a lui. Si irrigidisce, quando sto per infilarle dentro.
− Fai... fai piano. - lo sento borbottare fra i denti.
Mi fermo, lascio che il movimento sia circolare sopra di lui e delicato.
− Hai paura che faccia male? -
− No! Forse. -
Sorrido e stampo un bacio rumoroso sul retro della sua gamba.
− Non preoccuparti, Kat. Rilassati, su. - mormoro, e aspetto con pazienza che la tensione si sciolga e mi inviti a continuare spingendo indietro il bacino.
Quando entra il primo dito potrei venire. No, davvero.
Stretto, meravigliosamente stretto.
Non vedo l'ora di sentire quanto è stretto sul mio, di cazzo.
Faccio pressione delicatamente e lo sento trattenere il respiro, ma non si lamenta. Anzi, dopo qualche spinta superficiale muove letteralmente le anche contro di me, come se volesse di più.
Il secondo dito entra con un po' di fatica, ma, di nuovo, non sento lamentele.
− Mmh, bravo, guarda come sei bravo. - sussurro, quando i suoi muscoli di rilassano per la seconda volta contro di me.
Geme quando sente il complimento. Geme e viene colpito da un microscopico spasmo.
Oh, lo so cos'è questo. Questo è un praise kink. Un eclatante, palese praise kink.
Stringo il braccio libero attorno alle sue gambe tenendolo su e muovo le dita appena più velocemente.
− E sei anche così bello, Kat. - mormoro e di nuovo, si contrae impercettibilmente.
Gira la testa di lato e i suoi occhi scintillano.
− Perché cazzo mi stai facendo i complimenti? - chiede, come se si vergognasse di ammettere che gli piace.
Aggiungo un terzo dito mentre lo fisso direttamente negli occhi e non perdo nemmeno un istante del suo viso attraversato da una vena di fastidio sostituita subito dal calore del piacere che gli si spande dentro.
− Rilassati, con calma. Sono così felice che tu stia facendo questo per me. - continuo, le pupille incollate alle sue e il tono di voce basso e roco.
Lo vedo nettamente.
Il modo in cui si stringe, e affonda i denti sul labbro inferiore.
Sta per dire qualcosa ma tutto quello che gli esce dalle labbra è un gemito strozzato.
− Vedi? Ti piace, lo sapevo. -
Spalanca gli occhi, vorrebbe negare ma non ne ha le forze, e poi in un attimo spinge indietro, contro la mia mano, le dita che riescono ormai ad entrare e uscire senza troppi problemi.
− Stai zitto. E scopami ora. - è tutto quello che borbotta, la bocca lievemente aperta in una sequela di versi soddisfatti quando sente le punte delle mie dita raggiungere quel punto che gli fa venire le gambe molli.
Ridacchio, e finalmente permetto alle mie dita di uscire da lui.
Mugugna, quando si sente stringere senza niente attorno a cui farlo.
− Muoviti, cazzo! - insiste.
Lo aiuto a girarsi di nuovo, e il suo viso ora è perfettamente di fronte al mio. Le palpebre pesanti, le ciglia che sbattono di fronte a me, un rossore delicato che gli tinge le guance e la bocca tormentata dai denti.
− Vieni qui. - ribatto.
Spalanca gli occhi per un secondo e poi capisce cosa intendo, quando più che felicemente stringe le braccia dietro il mio collo e mi bacia. Era un po' che non lo facevo, in effetti, quasi un quarto d'ora. Non vorrei mai che poi rimanesse senza.
Nonostante il clima sia teso, nonostante entrambi siamo profondamente impazienti, baciarlo mi fa un effetto strano. Mi fa venire le farfalle allo stomaco e mi fa venire voglia di farlo ancora e ancora.
Mi stacco giusto un secondo uno minuscolo, per guardare verso il basso e allinearmi con lui. Prima di spingermi dentro.
Ci stiamo baciando di nuovo, quando lo faccio.
La sua voce si piega in un gemito acuto, incontrollabile addosso alla mia che invece è più bassa, roca e gutturale. Aspetto che si sistemi, che si adatti all'intrusione senza smettere di baciarlo nemmeno un secondo.
Non avevo mai baciato qualcuno che conoscevo così poco. Certo, forse un paio di volte ma non... così. Non ininterrottamente. Non come se ne andasse della mia vita.
Forse questo Katsuki Bakugō mi piace un po' più del dovuto.
Mi invita a muovermi spingendosi contro di me.
La prima spinta è delicata. Un movimento dolce e superficiale giusto per provare. Ed è deliziosa. Katsuki è stretto attorno a me, strettissimo, le sue gambe che accompagnano il mio bacino ancorateci addosso, la voce che danza nell'aria.
− Cazzo! - lo sento esclamare, quando entro completamente e i suoi occhi ruotano involontariamente all'indietro.
− Ti piace così tanto? Lo dici continuamente. - gli faccio notare, reprimendo un gemito che esce comunque quando finisco di parlare.
Mi fissa dritto negli occhi, prima di sorridere. E non sorride come ha fatto prima, quando era imbarazzato né come quando era sul palco a cantare. No, sorride come se fosse davvero felice e volesse dichiaratamente sedurmi.
− Il tuo sì. - ribatte, la lingua che corre sulle labbra.
La spinta dopo è aggressiva. Non posso farci niente.
Non posso.
Il mio bacino non sta fermo.
Quella dopo è anche peggio, e quella dopo ancora lasciamo perdere. Non posso e, soprattutto, non voglio smettere.
− Eijirō, piano, cazzo... piano. - sento mugugnare, le dita che si aggrappano alle mie braccia e vi si affondano contro.
Lo bacio ancora. Mi abbasso e lo bacio ancora, ingoiando ogni gemito, ogni richiesta, ogni preghiera. Lo sento inchiodare le unghie alla mia schiena, strisciarle nell'enfasi del momento e no, non mi dà fastidio che sarò pieno di graffi domani mattina.
Per niente.
Mi piace, anzi.
− Vuoi ancora che mi fermi? - chiedo, staccandomi per riprendere fiato.
Scuote la testa, gli occhi lucidi, le labbra che tornano sulle mie in un secondo.
− Non... non smettere. -
Diventa tutto confuso, poi. Diventa tutto un miscuglio di gemiti, di fiati a mezza voce, di pelle che sbatte contro la pelle, di carne bianca e dita ruvide che la stringono.
Lo sento contrarsi dopo una spinta particolarmente profonda.
Getta la testa all'indietro, il collo bianco marchiato dai miei denti in bella vista.
− Sto per... sto per... cazzo! - riesce a dire.
E anche io. Anche io.
− Guardami. - sento mugugnare dalla mia stessa voce.
Si rivolge a me con il viso distrutto. Un miscuglio di rossore, labbra gonfie, lacrime agli occhi e saliva che bagna i lati della bocca.
Allunga un braccio verso di me, stringe il mio viso, ed è quando per l'ennesima volta della serata ci baciamo che veniamo entrambi.
Non so se sia più bello averlo, l'orgasmo, o vederlo che cattura Katsuki addosso a me. Non ne ho idea. Ma la sensazione è così forte che mi sembra di essere morto per un buon paio di minuti.
Le sue pareti che si stringono attorno a me, i denti che mi mordono il labbro, le mani che si aggrappano come se stesse per cadere.
Non ci riprendiamo subito.
Anzi, ci vuole un po', il fiatone che ci scuote entrambi mentre esco da lui e mi lascio andare sul materasso al suo fianco, lasciando che il mio sguardo vaghi su di lui.
− Lavarci... dobbiamo... lavarci. - borbotto.
Emette niente più di un mugolo poco convinto.
− Dormi... dormi qui? -
Mi si stringe il cuore mentre annuisco convinto. Mi si stringe così forte che non so nemmeno cosa voglia dire.
− Allora ti lavi domani. - continua.
Sono appiccicoso, lui è appiccicoso. Siamo sudati, e dovremmo davvero farci una doccia. Davvero.
Ma, spoiler, non me ne frega un cazzo.
No, assolutamente.
Mi limito ad alzarmi e passare un fazzoletto gentilmente offerto dalla casa sulla pancia di Katsuki che ringrazia mugugnando, prima di chinarmi a raccogliere i miei vestiti.
Lancio sul letto la maglietta mentre mi infilo le mutande.
Ho freddo, quando dormo.
Quando mi giro per prenderla, però, una faccia impunita mi accoglie, le mani che stringono il tessuto e lo lasciano andare sul loro stesso corpo.
Rimango in silenzio con la bocca spalancata.
− Che c'è, mi sta male, Capelli di Merda? - chiede, sapendo palesemente quale sia la risposta.
Scuoto la testa ammutolito.
Che niente gli starebbe male, visto com'è, ma questa gli sta decisamente da Dio.
Ridacchia quando si lascia andare di nuovo sul letto, aspettando che lo raggiunga, e non me lo faccio ripetere due volte.
Quando siamo finalmente là, vicini, si accoccola fra le mie braccia come se fosse nato per farlo.
Io odio dormire con le altre persone. Mi mette a disagio, il modo in cui i corpi addormentati si scontrano l'uno con l'altro e lo spazio sia sempre troppo poco.
Ma Katsuki è... perfetto? Non so cosa sia, se ancora la montagna di sensazioni che sto elaborando o il mio cervello che ha deciso di lasciarmi proprio ora, ma non c'è niente di scomodo in lui. Non nel modo in cui incastra la testa sulla mia spalla, non in quello con cui intreccia le caviglie alle mie. Appoggia un braccio disteso lungo il mio petto e mi fissa.
− Che cazzo c'è? Ti do fastidio? -
Sorrido.
Piccolo stronzetto adorabile.
Affondo le dita fra i suoi capelli morbidi, le muovo delicatamente.
− No. -
Posso sentirlo alzare gli angoli della bocca contro il mio pettorale.
− Perfetto allora. -
Un bacio solo. Mi lascia un bacio solo sulle labbra, prima di chiudere gli occhi e scomparire nel sonno. Lo guardo un'altra volta, prima di imitarlo.
"Ancora", è l'unica cosa che rimbomba nella mia mente, quando, alla fine, mi addormento.
Non so quanto tempo sia passato quando riapro gli occhi. La luce filtra dalle finestre, e so immediatamente che è mattina, ma non ho la minima idea dell'ora e meno ancora m'interessa. Non devo lavorare, oggi.
Katsuki dorme ancora. Dorme nella stessa esatta posizione in cui si è messo qualche ora fa, la mia maglietta alzata leggermente sulle cosce chiare e il viso disteso.
E io che pensavo fosse stato un sogno. Troppo bello per essere vero.
E invece.
Mi godo per un secondo la visione del suo faccino rilassato e mi sciolgo piano da lui tentando di non svegliarlo. Sembra mugugnare qualcosa ma non apre gli occhi e continua a dormire, alla fine.
Sono appiccicoso. E inizia a darmi fastidio, la cosa.
Si offenderà se faccio una doccia a casa sua? Probabile. Ma è carino quando è incazzato, quindi non vedo alcun problema.
Mi alzo e le mie gambe sono un po' molli, mentre mi infilo nella prima porta che trovo sperando che sia il bagno.
Lo è, grazie a dio. Attaccato alla camera da letto.
Menomale.
Trovo un solo asciugamano attaccato all'appendino a fianco della doccia e immagino che sia quello di Kat. Insomma, abbiamo passato le ultime ore avvinghiati e non penso di aver mai baciato qualcuno tanto quando ho baciato lui, quindi non sarà un gran dramma se prendo in prestito le sue cose, no?
Mi infilo sotto la doccia in un secondo. L'acqua è calda, scioglie il gel sui miei capelli arruffati e mi bagna lentamente i muscoli stanchi.
Ah, ne avevo bisogno.
Un rumore mi fa sobbalzare.
Il letto che scricchiola.
Sorrido appena all'idea di vedere Kat mezzo addormentato che mi guarda. Chissà com'è tenero.
Spremo un chilo di shampoo sulla mano - al profumo di vaniglia, ecco spiegato quell'odore dolce della sua pelle - e inizio a lavarmi i capelli con calma.
− Eijirō? - sento chiamare dall'altra stanza.
Mi sta cercando? Che carino.
Penso che devo lavarmi più in fretta.
Poi sento la sua voce di nuovo.
− Kyōka, porca troia, è scappato! - sento dire.
È al telefono, con Jirō? L'ha chiamata perché pensa che non ci sia più? E comunque non sono scappato.
Mi risciacquo i capelli e spiaccico il primo bagnoschiuma che trovo su tutto il mio corpo.
− No, ascoltami. Ieri sera era qui e ora non c'è più, tu come cazzo lo chiameresti? È scappato! - continuo a sentire.
Non posso sapere cosa risponde Jirō.
− Sì che sono incazzato! Era... era... io... −
La voce di Kat è... triste. Triste e arrabbiata. Tira su con il naso.
− Non sto piangendo, ok? No, è che mi da fastidio. Non pensavo che sarebbe scappato così, cazzo! - urla letteralmente alla cornetta.
Vorrei chiamarlo, dirgli che sono qui e che non mi permetterei mai di lasciarlo là, ma le parole non escono. Mi impappino e non dico nulla.
− Non sono stato stronzo! Pensavo... pensavo che gli piacesse. Che ne so che gli piacessi io magari. Che cazzo vuoi saperne tu? Stai con la tettona da anni, e nessuno ti ha mai mollato come una cretina dopo averti scopato come se fosse l'ultima cosa che voleva fare nella vita! -
Oh, piccolo, dolce Katsuki. Certo che mi piaci.
− Vaffanculo, Kyōka, vaffanculo! Cosa c'è che non va in me, eh? Faccio così schifo? Non chiedevo tanto... solo che... che rimanesse! - urla ancora.
Lascio che l'acqua trascini via ogni traccia di sapone in un secondo. Mi butto letteralmente fuori dalla doccia, l'asciugamano che corre ai miei fianchi.
Prima che possa entrare in camera sento l'ultima frase.
− Certo che mi piaceva! Che cazzo di domanda è? L'hai visto? E poi non avrei portato a casa uno stronzo qualsiasi, idiota! -
− Non sono scappato. - è la prima cosa che dico quando arrivo in camera sua, di fronte al letto.
Avevo ragione, è ancora più carino con gli occhiali. Non so perché li abbia messi, ma cadono pigri sul suo naso, gli coprono gli occhi che corrono a me in un attimo.
Stava piangendo.
Il suo viso è arrossato, le lacrime che inumidiscono il broncio offeso che ha in faccia, la bocca che si spalanca quando mi vede.
− Non sono scappato. - ripeto, un'altra volta.
Preme lo schermo del telefono e lo molla sul materasso, guardandomi ancora, come se non fossi vero. Non si preoccupa di nascondere il fatto che stesse piangendo di stizza come un bambino. Mi fissa e basta.
− Sono andato a farmi una doccia. Sarei tornato a letto, dopo. Non me ne andrei mai. - continuo.
− Mai? Mai mai? - è la prima cosa che dice.
Sorrido.
− Mai. -
Mi scorre gli occhi addosso e poi spalanca le braccia. Le apre e so cosa intende quando mi ci infilo in mezzo, quando mi trovo abbracciato dal suo corpicino caldo e insonnolito.
− Mi hai fatto venire un infarto, testa di cazzo. - borbotta.
Strofino la punta del naso contro la sua.
− Non volevo, Kat, non volevo. -
È lui a baciarmi per primo. Niente di profondo, solo un bacetto veloce sulle labbra.
− Idiota. -
− Decisamente. -
Ridacchia mentre ancora le gambe al mio bacino e mi stringe più forte.
Appoggio le labbra sulla sua guancia.
− Anche tu mi piaci, Kat. Mi piaci un sacco. Come potresti non piacermi? - mormoro al suo orecchio, vedendolo distogliere lo sguardo.
− Sicuro? - è l'unica cosa che risponde, un filo di voce.
− Sicurissimo. -
Il cuore mi batte nel petto come non aveva mai battuto. Non sto mentendo. È la verità.
− Esci con me. Un appuntamento. E poi magari facciamo ancora sesso e vengo a vederti cantare. Non so quando, appena puoi. - sputo fuori.
Si stacca dall'abbraccio per fissarmi dritto in faccia.
− Mi stai... mi stai chiedendo di metterci tipo... assieme? - chiede incredulo.
− No. Forse. Sì. Quando vuoi. Quando te la senti, non ho fretta. -
Spalanca gli occhi, e sorride. Sorride ancora ed è morbido, il modo in cui lo fa. Morbido e caldo.
− Ci conosciamo da mezza giornata e già vuoi metterti con me? -
Annuisco convinto.
Preme le labbra contro le mie.
− Guarda che non è facile starci, con me. Nemmeno mi conosci. - mi fa notare.
Alzo le sopracciglia.
− Ti sembro uno che si tira indietro? -
Ridacchia.
− No, quello no, Capelli di Merda. -
Lo bacio ancora, le labbra che si fondono pigramente alle sue.
− Allora? -
Arrossisce quando incontra i miei occhi, arrossisce delicatamente e annuisce piano.
− Ora tu ti alzi, ti metti qualcosa addosso, mi accompagni a prendere un caffè e mi tieni la mano per strada. E mi regali questa stupida maglietta e la tua giacca che mi piace un sacco e mi sta meglio che a te. E poi forse ti dirò di sì. -
Sorrido come un idiota.
− Promesso? -
− Promesso. −
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➠♡༊ beta-read by MonicaKatfish -owlsetter_ _meeryblack
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