Cicatrici profonde- Capitolo 5
"Sembrava così forte lui, come se niente potesse scalfirlo.
Invece dentro portava una cicatrice profonda,
proprio al centro del cuore,
dove chi avrebbe dovuto amarlo, lo aveva
abbandonato."
Mario
"Sono in ospedale, mamma ha dovuto fare una visita importante e non poteva lasciarmi a casa da solo. Da quando nonna è morta siamo rimasti io e lei. Ultimamente è molto stanca, ma dice che è perché lavora molto.
A farmi compagnia c'è una giovane infermiera, ha acconsentito che giocassi con una macchinina, che lei ha recuperato dal reparto pediatrico. Quando mi guarda sorride, è davvero molto dolce.
Faccio andare avanti e indietro la macchinina sul pavimento, mi piace tanto, è di colore rosso scuro. Sfreccia sulle piastrelle e fingo di prepararla per una gara sportiva.
Da una porta laterale del corridoio si apre una porta e vedo mamma insieme al dottore che l'ha visitata, l'infermiera si avvicina a loro e parlano sottovoce. Smetto immediatamente di giocare e guardo la mia mamma, ha gli occhi lucidi, come se avesse pianto. Ma che succede?
L'infermiera se ne va a passo spedito, mamma si avvicina a me e mi accarezza i capelli. La abbraccio, perché non voglio che sia triste. Vorrebbe parlare, ma sembra sempre incerta. Desidero solo che sorrida, perché è così bella ogni volta che lo fa.
Arriva una donna nella nostra direzione, ha gli occhiali e i capelli biondi corti. Il dottore le dice qualcosa e poi se ne va anche lui, lasciandoci soli con questa sconosciuta.
Lei si accovaccia alla mia altezza e cerca di sorridere, dice di essere una psicologa e vuole aiutarmi.
Prova a spiegarmi che la mamma è malata e deve curarsi, ma per farlo deve stare in ospedale. Non voglio stare senza di lei perché sarei solo. Non ho un papà come gli altri bambini della mia classe, forse perché non mi voleva bene.
Sento parlare di case accoglienza e famiglie affidatarie, non voglio andarmene senza di lei, glielo dico a quella donna, mentre sento che sto per piangere".
Mi sveglio scosso dal sogno: cerco di mettere a fuoco l'ambiente circostante, sbattendo un paio di volte gli occhi. Realizzo di essere sul divano, mentre le prime luci dell'alba filtrano tenui dalla portafinestra.
Sognare la malattia di mia madre mi ha turbato parecchio, per me quello fu un periodo difficile della mia infanzia. Riprendo fiato, imponendomi di calmarmi.
Due esili braccia mi cingono la vita, respiro il profumo di Nina e finalmente torna l'autocontrollo, anche il mio cuore rallenta la sua corsa.
<< Cosa c'è tesoro che non va? Parlami>>. La sua voce ancora impastata per il sonno mi fa pentire di averla svegliata, ma poi ricordo quando certi notti era vittima degli incubi sulla morte di Aaron e trovava conforto in me.
Le racconto il sogno che ho fatto, lei si morde il labbro, mentre ascolta le mie parole.
<< Deve essere stato terribile quello che hai passato quel giorno, avevi solo dieci anni e ti avevano detto che tua madre era malata>> mi bacia sulla spalla nuda, il calore delle sue labbra a contatto con la pelle mi fa stare meglio.
Ci stiamo curando a vicenda le ferite che la vita ci ha inferto. Infilo una mano tra i suoi capelli e la attiro a me, stringendomela tra le braccia.
<< Non volevo svegliarti, mi dispiace. Oggi devi anche lavorare>> mormoro.
Nina solleva la testa e fissa i suoi occhi castani nei miei
<< Non importa, tu molte volte hai fatto lo stesso con me>> le parole escono quasi come un sussurro.
Quanto è bella questa ragazza, ha un animo puro, difficile da trovare di questi tempi.
Avvicina il viso e ci baciamo, a contatto con le sue labbra mollo le catene e torno a respirare. Poggia le mani a ventaglio sul mio petto, mentre i baci si moltiplicano.
Non smettere mai Nina, perché mi fai sentire in paradiso. Noi non ci siamo dovuti cercare, ci è bastato riconoscerci. Siamo quella pazzia che vale più di mille ragioni, la complicità fatta di un linguaggio a due, che possiamo capire solo noi e nessun'altro. Un pensiero che ti assale da dentro con forza, che non puoi contenere. Volersi ancora e poi ancora. Mi hai fatto tuo, prendendoti tutto di me.
Si alza in piedi per sgranchirsi, la t-shirt che indossa le si solleva, mostrando il piercing all'ombelico. Le sue labbra sono gonfie per i baci e i capelli arruffati come una criniera.
<< Mowgli mi devi doppia dosa di caffeina>> sbadiglia e si stropiccia gli occhi, per poi sparire lungo il corridoio. Sento la porta del bagno chiudersi, così mi alzo e preparo la colazione.
Poso sul tavolo due tazze di caffè e dei biscotti, i preferiti di Nina.
Riempio la ciotola di croccantini per Lorelai, che esce dalla cuccia e, dopo essersi stirata, viene a mangiare.
Quando Nina torna da me indossa una canottiera verde lime e un paio di shorts di jeans. Prende posto sulla sedia e zucchera il caffè, mentre con l'altra mano addenta un biscotto.
<< Oggi sono a pranzo da mio padre, ci sarà anche Diego. So che tu incontri Fabrizio>>.
Annuisco, bevendo un lungo sorso di caffè. A quanto pare mio padre sta facendo sul serio e gliene sono grato.
Finiamo di fare colazione, poi vado a cambiarmi anche io. C'è la prendiamo comoda, con il fatto che ci siamo svegliati all'alba.
*
Alla fine ti abitui a certe mancanze nella vita, ti si radicano dentro e sono difficili da estirpare, si cuciono addosso e anche se impari a conviverci esse sono là, a testimoniare un vuoto difficile da colmare. Sono ancora leggermente scosso dal sogno che ho fatto, rivivere i momenti in cui mia madre scopre di essere malata mi fanno male anche a distanza di anni.
Fabrizio (continuo a chiamarlo così, perché lo conosco da pochi mesi e non mi sento di chiamarlo papà) la sua promessa l'ha mantenuta di rimanere in contatto e cercare di costruire un rapporto. Oggi è riuscito a ritagliarsi del tempo dal lavoro per venire a trovarmi. Anche se sarà difficile ricoprire il vuoto che lui stesso mi ha causato ben trent'anni fa, quando decise di lasciare mia madre incinta.
Ci ritroviamo a passeggiare sotto il sole nel parco Sempione qui a Milano, in questa mattinata di metà giugno. Procediamo in silenzio, fino ad una panchina posta sotto un albero. Non c'è molta gente in giro, essendo un giorno settimanale, sono quasi tutti al lavoro.
Mi siedo e proprio in quel momento davanti a me vedo passare un bambino che cammina insieme ai suoi genitori, ironia della sorte. Quante volte da piccolo avevo desiderato la stessa cosa? Ne ho perso il conto.
Le mancanze affettive lasciano ferite profonde difficili da lenire.
Vengo travolto dai ricordi, risucchiato come un vortice dal passato, da quelle cicatrici che non sono guarite del tutto, perché anche se hanno smesso di sanguinare, non significa che non facciano più male.
Fabrizio si è accorto della direzione che ha preso il mio sguardo, lo sento schiarirsi la voce, incerto se parlare o meno. Mi rendo conto che è nervoso, dato che si torce le mani e non riesce a stare fermo sulla panchina.
<< Mi sono perso tutto di te e me ne pento amaramente>>. Il suo tono di voce è tutto, fuorché calmo, come se dentro di sé stesse facendo una battaglia.
<< Non hai una minima idea di quante volte da bambino mi chiedessi perché non fossi presente. Ho iniziato a soffrire il tuo abbandono dalle scuole elementari, quando ero abbastanza grande da vedere gli altri bambini con un padre e io invece no. Quante volte al mio compleanno desideravo che ti facessi vivo, che mi dicessi che mi volevi bene, invece non ci sei mai stato. Mai una telefonata, mai un biglietto di auguri, per te era come se non esistessi. Mi hai cancellato dalla tua vita come si fa con gli sbagli. Tu non sai quanto ho patito tutto questo>> so di avere un tono amaro, ma non posso farci niente. È giusto che sappia come mi sono sentito.
<< Non ti merito, eppure hai deciso di ammettermi nella tua vita>> mormora, smettendo di torcersi le mani e lanciandomi un'occhiata furtiva.
<< Perché sono maturato e ho capito che non serve a nulla portare rancore, ho provato troppa rabbia da adolescente, che ho riversato prima nel pugilato e poi nelle canzoni. Certi dolori non se ne vanno, ma non si può restare schiavi del passato>>.
Con la mano sfioro la collana che mi ha regalato Nina, pensare a lei mi fa sempre sentire leggero.
Chi è fortemente sensibile come lei, avrà sempre una specie di riguardo per la sofferenza. Solo così si ha modo di avere contatto con la propria coscienza, arrivando ad abbattere il proprio ego. In questo modo si riuscirà a crescere
<< Ed Elena invece, come sta?>> Fabrizio mi strappa a questa serie di ragionamenti, con la sua domanda. Rimango spiazzato, perché di certo non me l'aspettavo.
Mio dio! Mi fa così strano parlare di mia madre con colui che l'ha abbandonata.
Scuoto la testa per l'assurdità di tutto questo.
<< Sai una cosa? Nonostante tutto quello che le hai fatto passare, dicendo di amarla e poi fuggendo via come un codardo quando hai saputo della gravidanza, lei non ti ha mai odiato. E ci ha provato, me lo confessò qualche anno fa. Eppure quella donna ha un cuore così grande che non ci è riuscita, perché anche se gli avevi spezzato il cuore, ne ha visto il lato positivo con la mia nascita.
Mi ha amato, sai? E non mi ha mai fatto sentire come un errore, andando anche contro la sua famiglia, che era di vecchio stampo e non aveva preso bene la notizia che lei fosse incita e tu sparito nel nulla.
Mi chiedi come sta e io ti rispondo: è una donna forte, tutto quello che le è piovuto addosso non l'ha spezzata.
Se c'è stato un altro uomo nella sua vita dopo che tu sei andato via? Certo, quando avevo all'incirca tredici anni aveva conosciuto qualcuno. Si erano frequentati, ma purtroppo costui quando ha saputo della mia esistenza ha preferito non andare oltre, non sentendosela di impegnarsi con una donna che aveva già un figlio>>.
Passo una mano tra i capelli, mentre dall'altra parte cala il silenzio. Probabilmente Fabrizio non si aspettava questa mia risposta. Ma per me la sincerità è importante ed ho ritenuto giusto che sapesse. Mamma non è molto fortunata in amore e piuttosto che soffrire preferisce rimanere sola. In questo mi ricorda Claudio Bandera.
Butto uno sguardo nell'erba ed è lì che noto un quadrifoglio spuntare, non ci penso due volte e mi chino per raccoglierlo. Me lo rigiro tra le dita, chiedendomi che cosa possa significare. Con delicatezza lo infilo nel portafoglio, quando sarò a casa gli cercherò una bustina di plastica dove inserirlo e me lo porterò con me per il Tour.
Ho passato tutta la vita come se mancasse un pezzo di un tassello importante nella mia vita e ora che ho incontrato Fabrizio sento che quel buco si sta chiudendo.
Angolo Autrice: Ripercorriamo un po' il passato di Mario.
Fabrizio sembra davvero tenerci a costruire un rapporto con il figlio, voi che dite?
Grazie per la lettura, vi lascio il link della canzone che accompagna questo capitolo.
(Se siete fan di Tedua, andatevelo a sentire. è una delle sue primissime canzoni, una perla).
https://youtu.be/DeF6XavMXqk
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